INDIETRO

 

 

 

10/1/1995

 

Cos’è la prosodia? Faremo una sorta di inciso alla lettura di Wittgenstein, qualcosa che mi ha suggerita la lettura di Wittgenstein. La prosodia si considera generalmente come l’insieme delle regole che definiscono la scansione, l’ordinamento ritmico e metrico della poesia, sarebbe letteralmente il verso cantato. Per cui, per cantare occorre un certo ritmo. Oggi si intendono come tratti prosodici tutti gli elementi che intervengono a determinare il ritmo, non necessariamente legato a un metro preciso, anzi. Si può ulteriormente svolgere la questione riflettendo intorno al ritmo del discorso. Ora, così come la prosodia, ciò che scandisce il ritmo del discorso è l’accentuazione. Nella metrica sono le sillabe accentate, o arsi, dove cade il ritmo, cioè il colpo, la battuta. Ora proviamo a dire questo: su che cosa, parlando, in un discorso, cade la battuta? Cosa vuol dire questo? In questo caso non si tratta soltanto dell’accento in un’accezione metrica o prosodica appunto, ma più propriamente di ciò che costituisce il colpo parlando, cioè la battuta o la caduta. Voi sapete che Verdiglione parla della prosodia del nome, nome come funzione, cioè ciò che costituisce nella parola l’atto di rimozione. Ciò che è rimosso costituisce qui, in questo caso, la battuta, il colpo, la caduta, ciò che scandisce, per così dire la prosodia, come se il nome, cioè la rimozione in questo caso, costituisse l’elemento prosodico. In altri termini ancora, la rimozione, in questa accezione costituisce ciò che nel discorso risulta accentato, e risultando accentato, costringe il discorso a una variazione. Nella prosodia una variazione di tono, in italiano per esempio una variazione di tono prodotta dall’accentuazione consente di distinguere, per esempio, ancora da ancòra, per notare cose differenti che vengono distinte da un tratto prosodico, in questo caso l’accento. Ora parlare di prosodia del nome consente di intendere forse con maggiore precisione un aspetto di ciò che indichiamo con ascolto, in questo senso: cosa mi consente di distinguere ancora da ancòra, che hanno connotazioni differenti, semanticamente differenti, l’accento, cioè questo tratto prosodico, cadendo l’accento in un certo punto dà, a un significante, un’accezione particolare. Ora, lungo un discorso, quale elemento è provvisto di questo tratto prosodico per cui risulta evidente la sua presenza nella combinatoria significante? Uno dei modi più diffusi per porre l’accento su una questione è un’altra figura retorica, si chiama ripetizione o iterazione. Come sapete nella retorica ci sono moltissime figure che si avvalgono di questo aspetto della ripetizione, l’anafora, l’epifora, l’antimetabole, la diafora, il poliptoto e molte altre, cioè figure dove un elemento viene ripetuto con funzioni differenti, o per rimarcare, oppure viene ripetuto in un’altra accezione, quindi per mettere in evidenza un tratto distintivo o una sottolineatura, come per esempio l’epanortosi, o l’epanalessi. L’epanortosi è un climax ascendente con una correzione. L’epanalessi è una sottolineatura di ciò che si sta dicendo, per esempio: la retorica è importante, e sottolineo importante...ecco questo dire “e sottolineo importante” è una ripetizione marcata, la sottolineo, l’enunciazione di questa marcatura è l’epanalessi. L’epanortosi dicevamo è un climax ascendente più una correzione: le cose che diciamo sono interessanti, che dico interessanti? Sono straordinarie, che dico straordinarie? Sono eccezionali! Ecco l’epanortosi. Ho detto a un certo punto che uno dei modi correnti per porre l’accento è quello della ripetizione, dell’iterazione, figure retoriche che hanno la funzione di insistere su un elemento, insistendo su un elemento lo pongono in evidenza, l’accentuano, così come dicevamo prima l’epanalessi è un’accentuazione (...). Si, si tratta in ciascun caso di un elemento, un tratto, di un artificio per porre in evidenza un aspetto. Ora sono molti gli aspetti che vengono evidenziati non solo questo, ma adesso ne consideriamo uno. Lì dove c’è l’accento c’è una marcatura, c’è una caduta, ma una caduta nel senso proprio del battere, e lì viene posta anche l’attenzione, anche nella prosodia antica questa serie di battute che formavano il ritmo davano al verso un andamento tale per cui era possibile cantare dei versi, proprio perché accentati in un certo modo, però ciò che stiamo dicendo adesso va al di là di questo, nel senso che si tratta di riflettere intorno a come interviene il ritmo nella parola, nel discorso. Un elemento può venire accentato, per esempio, o iterato per via della portata che ha per chi sta parlando, tant’è che dice che sottolinea un aspetto, e lo fa perché ritiene che questo aspetto sia importante, ma ascoltando un discorso voi vi trovate di fronte a due modi dell’accentuazione, uno è quello che abbiamo detto dell’iterazione, della ripetizione, e che può avvenire in varie forme, l’altro o gli altri, ne citiamo due, l’enfasi e l’aposiopesi o reticenza, cioè il tacere qualche cosa che si ritiene posto maggiormente in evidenza se taciuto. Dunque la prosodia indica che c’è un elemento che è posto in evidenza. Ora qui si dovrebbe aprire un discorso abbastanza complesso, che non facciamo ma accenniamo soltanto. Per reperire una variazione occorre che ci sia un modo previsto dove questa variazione non c’è, riconosco un accento perché c’è una sillaba accentata intanto, se fossero tutte simultaneamente accentate non potrei fare niente. Ma quando ciascuno di voi parla con qualcuno può trovarsi, per esempio, a insistere su un elemento o, come si suole anche dire, non a caso, a porre l’accento su un aspetto del discorso, lo accentua, come a indicare che interviene una variazione, qualche cosa che deve essere notata, il segno grafico dell’accento è posto lì perché deve esserne notata la presenza. Ora non è difficile, ascoltando una persona che parla, avvertire qual è l’elemento che insiste. Ma non è soltanto questo che importa, quanto piuttosto intendere, rispetto a ciò che stiamo dicendo, qual è il ritmo, che cosa fornisce il ritmo a un discorso che si va facendo, che si va svolgendo. In altri termini ancora, supponiamo che Alessio stia parlando con un suo amico, anzi chieda all’amico alcune cose intorno a un viaggio che ha fatto, un concerto che ha visto, ora questo amico di Alessio risponde alla domanda di Alessio nel senso che racconta questo concerto...supponiamo che sia andato a vedere i Nirvana, mentre Alessio non sia potuto andare. Allora raccontando questo concerto cosa succede? Succede che questo suo amico, parlando, si ritrova a dire, a porre l’accento su un aspetto della serata che non ha a che fare molto con il concerto, però insiste su questo aspetto, ha trovato una fanciulla per esempio, ma Alessio è interessato al concerto, vuole saper di più sui Nirvana, come e quali pezzi hanno suonato. Come dire che il discorso insiste su di un elemento che desta la sua attenzione, cioè si accorge che questa persona, pur dovendo parlare di una certa cosa, si trova invece a porre l’accento su un elemento che apparentemente non ha nulla a che fare con questo (con il concerto), allora potremmo dire che in questo caso l’andamento prosodico (...) Ora cosa può trarre da questo Alessio? Può trarre che c’è qualche cosa nel discorso del suo amico che lo costringe a insistere (che l’amico se ne accorga oppure no) su un aspetto, su un elemento, ma non soltanto, può accadere anche ad Alessio che, volendo raccontare qualcosa, il suo discorso invece insista su un elemento che apparentemente non ha nulla a che fare con il discorso che intendeva svolgere, ma qualcosa insiste su un altro elemento, come se il discorso a cui si vuole dare un ritmo particolare (cioè porre l’accento su alcuni elementi) si trovasse ritmato differentemente, cioè “batte” come si dice in musica, su altri elementi. Cosa avviene mentre lei ascolta un discorso qualunque? Avviene che ciascun discorso che lei ascolta ha un certo andamento, ha un certo ritmo, il ritmo è dato propriamente da questo, dagli elementi su cui batte il dire. Perché ci interessa tutto ciò? Perché considerare questo può, all’occasione, consentirci di ascoltare ciò che sta accadendo nel discorso con maggiore facilità, rapidità ed efficacia. È ovvio che per potere compiere questa operazione lei Alessio deve trovarsi in una disposizione particolare, a quali condizioni lei può ascoltare questo ritmo, questo andamento prosodico del discorso? A condizioni, per dirla così, che lei non presti orecchio al contenuto. Perché se pone al centro della sua attenzione il contenuto o quello che ritiene essere il contenuto, e cioè ciò che l’altro vuole dire, allora è occupato ad attribuire ai vari elementi linguistici che intervengono, dei referenti precisi, e sarà indotto, occupato ad attribuire a questi significati dei referenti. Cosa vuol dire Alessio attribuire ad un significante un referente? Vuol dire questo, adesso le spiego bene: un amico le parla, lei sente delle cose, queste cose le procurano delle immagini, delle scene, a questo punto lei è assolutamente convinto, sicuro che questa sia la scena che è accaduta. È come se la vedesse, perché se questa persona che le parla è un abile retore, farà in modo che avvenga proprio questo, attraverso quale figura? L’ipotiposi. È una figura retorica che consiste nell’illustrare un pensiero, un concetto, in modo tale da renderlo reale, proprio dipingerlo, come se lo vedesse di fronte a sé. Ecco, se è abile e fa una serie di ipotiposi lei sarà indotto a immaginarsi questa scena e a credere che questa scena che lei immagina corrisponda veramente a ciò che è avvenuto. Ma allora preso da questa scena, da questa immagine, sarà travolto da tutto ciò e si perde il meglio, cioè si perde il ritmo del discorso, l’andamento, l’andamento ritmico, prosodico. Perché avevamo accostato la prosodia al nome, quindi alla rimozione? Perché qual è l’elemento che insiste? Dove cade la battuta? Adesso le parlo così, in modo un po’ ipotipotico. Si apre come una voragine e quindi qualcosa questiona, qualcosa non riesce a chiudersi, non riesce a stabilirsi, a fermarsi, succede un’ira di dio rispetto a questo argomento, tanto interroga che insiste continuamente. Adesso non è che la rimozione sia una voragine, però è la simultaneità di due elementi, dove uno però risulta assente, ed è proprio per dire questa sua assenza che si apre tale voragine, dal momento che manca, che non è presente e non è sostituibile, non è rimpiazzabile, non si può chiudere con qualche cosa, ma resta aperta, ecco perché insiste, perché continua a interrogare. Da qui Alessio può intendere qual è la portata del cogliere la prosodia del discorso, ma alle condizioni di cui dicevamo prima, e cioè non essere travolti dal credere alla scena che si produce, come se fosse una sorta di ipostasi, di garanzia della realtà. Diceva bene, Alessio, non è facile, e perché non lo é Alessio, cosa direbbe di primo acchito? C’è qualcosa che può assomigliare a un’abitudine, per cui in effetti è come se fosse naturalmente indotto a muoversi e a pensare in quei termini, cioè a credere a delle immagini, come se queste fossero la rappresentazione della realtà, per questo si è immaginato che le parole fossero la rappresentazione della realtà, perché in effetti quando lei le sente si immagina una scena e crede che sia la realtà. Ora sarebbe un discorso lungo che in parte abbiamo già fatto, come avviene che parlando si producano delle immagini e queste immagini siano credute reali o, più che reali, una sorta di emanazione della realtà: qui c’è la realtà, la parola fa da tramite, dicendo “la realtà” la presentifica, ma si riferisce sempre a questa realtà, per cui dicendo, la parola è come se fosse un’affezione dell’anima, cosa che poi Aristotele non dice nel Perì Ermeneias: le parole sono segni dall’affezione dell’anima, non dice che sono sostanze, ma tant’è che poi ha dovuto, accorgendosi di qualche problema nell’attribuire alle parole un’immagine della realtà, ha dovuto ricorrere a dio come si fa in genere in questi casi, come garante. Dunque si producono immagini, la questione qui va posta in questo modo, cosa può fare pensare che le immagini non siano la realtà? Ecco, posta così forse è più interessante, cosa potrebbe fare pensare questo? C’è qualche cosa che potrebbe farlo pensare, il fatto che per altri queste parole producono altri immagini quindi altre realtà per così dire, per cui da un unico elemento si dipartono una quantità sterminata di realtà. Allora qual è quella che ci garantisce, in qualche modo, che tutte le altre abbiano qualche connessione con la realtà? E qui a questo punto ci introdurremmo nella questione centrale di Wittgenstein, quella dell’inferenza, che cosa consente di dedurre o di inferire o di concludere da una cosa un’altra. Però adesso possiamo ancora aggiungere qualche elemento intorno alla prosodia, dicevamo del disporsi all’ascolto del ritmo o del canto, canto che chiaramente segue un certo metro e ritmo. Può essere difficile distinguere il metro dal ritmo, se si vanno a vedere i testi, i manuali di metrica, di stilistica si trova che risulta arduo stabilire una differenza precisa tra metro e ritmo, la distinzione più accreditata oggi è che mentre il ritmo costituisce un andamento in atto, l’andamento prosodico in atto, possiamo dire del discorso, di una poesia, di un verso, il metro ne costituisce come l’immagine ideale, una sorta di modello che è lì, però poi di fatto quando si parla di metro, nel praticarlo si parla di ritmo, il modello resta molto astratto, il metro cioè la misura precisa, la battuta, il metro come misura. La metrica si faceva solo in latino, erano dei versi che venivano ritmati in un certo modo per poterli cantare. Ciascuno di voi può provare ad ascoltare la prosodia del discorso, cioè l’andamento ritmico, dove cadono le battute, che cosa scandisce il discorso, su che cosa insiste. Ecco, dicevamo prima a proposito dei modi di accentuazione, quello dell’iterazione, con tutte le numerosissime figure retoriche di iterazione...La scansione è data dalla posizione delle battute nel discorso, è ciò che è accentuato. Abbiamo detto che ci sono i modi che la retorica ha evidenziato per porre l’accento su un elemento, in questo caso non soltanto su una sillaba, ma su un significante o addirittura su un segmento, su un sintagma, queste sono l’iterazione, l’enfasi, tutte le figure di iterazione, quali l’aposiopesi ma anche altre, tutta le retorica costituisce un tentativo di catalogare i vari modi in cui un elemento interviene, potremmo dirla così accentato, e quindi tutti i modi in cui un elemento si evidenzia rispetto all’andamento ritmico...

- Intervento: Si può ascoltare la prosodia del discorso, quando in questo discorso c’è arrabbiatura?

Qui il modo di porre un elemento in evidenza è l’utilizzo della quarta parte della retorica, la ypocrisis o, actio in latino, cioè l’utilizzo della recitazione, la teatralità, nel film muto l’attore è costretto a fare tutta una rappresentazione, per potere porre l’accento, utilizzando anche il tono di voce, una persona che strepita...ma stavo dicendo, provate ad ascoltare senza curarvi minimamente del contenuto, badando unicamente al canto. Il canto cioè il suo ritmo...

- Intervento:...

Chi pone l’accento su un elemento è perché ritiene che abbia un contenuto particolare, ma chi lo ascolta no, non lo ritiene affatto perché non ha da attribuire nessun significato particolare a questo elemento, unicamente lo rileva. Viene fatto un discorso con grande enfasi perché si ritiene che sia importante, così se qualcuno ripete un elemento o fa tutta una serie di operazioni retoriche rispetto a un elemento è perché ritiene che lì, se non altro, meriti di soffermarsi. Ecco allora in questo caso avete di fronte a voi qualche cosa di assolutamente inaspettato, di insolito, cioè vi trovate di fronte come a dei versi, a una poesia, dove alcuni elementi scandiscono l’andamento del dire, e sono quelli su cui chi sta parlando pone l’accento, cioè ritiene particolarmente importante cioè dice, qualcosa che lo interroga, dice qualche cosa che questiona, a qualunque titolo. Adesso non ci interessa sapere se il fatto che questioni sia bene o male, può essere benissimo, anche in un discorso teorico può cogliersi questo aspetto.

- Intervento:...

Si, lì c’è la battuta, lì cade l’ictus per dirla in termini tecnici, la sillaba accentata. o arsi, tesi quando non è accentata. Per esempio Beatrice, porta un accento sulla terza, però lei non mette l’accento quando scrive, tutte le parole sono accentate, non potrebbero dirsi se no.

- Intervento:...

Sì, apre tutto un discorso da riprendere, se cioè fonicamente non sia possibile parlare senza accenti, allo stesso modo sia la presenza di questi elementi prosodici, un elemento, un sintagma o una proposizione, ciò che consenta al discorso di farsi, perché no? Questa è una questione che può considerarsi, non stiamo dicendo che sia così, ci si può riflettere. Ci riflettiamo fino a mercoledì prossimo.