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31-10-2007

 

Intervento: il discorso della sofferenza della donna è qualcosa che mi ha interessato di più perché è una cosa abbastanza normale… le donne si divertono soffrendo…

Intervento: come mai questo tipo di sofferenza viene ripetuta? Perché si ritrova in situazioni ricorrenti…

Lei ha qualche ipotesi a questo riguardo del perché avvenga una cosa del genere?

Intervento: probabilmente è perché noi donne se non soffriamo è come se non ci sentissimo vive ed è strano che cerchino questo tipo di emozione se non soffrissero è come se non vivessero e bisognerebbe capire perché… l’amore va vissuto non con la sofferenza…

Ognuno lo può vivere come gli pare, perché lo deve proibire? Se vuole soffrire…

Intervento: sì però si diceva che se va tutto bene è come se poi la cosa non fosse più attraente… chissà come mai ha questo alone di fascino, di attrazione… vorrei capire il meccanismo, la dinamica… comincio ad avere la percezione che è possibile non soffrire…

È una possibilità certo. In un certo senso è l’introduzione della conferenza di Sandro di giovedì 8-11 “La paura dell’amore” che in genere interviene proprio per questo motivo: siccome ho sofferto una volta, due volte, cento, allora a questo punto allora ci vado cauto, ho paura di innamorarmi perché se mi innamorerò allora per induzione “ho sofferto in amore tutte le volte quindi soffrirò anche la prossima” anche se poi delle volte accade che ha sofferto una volta “quindi soffrirò tutte le prossime” perché? Eppure la persona è assolutamente sicura, convinta di questo come se fosse una certezza, e allora la questione che potrebbe essere interessante è perché è così sicura? Per esempio io sono sicuro che fra tre secondi accenderò una sigaretta, ecco che questa mia previsione si è verificata, come ho fatto? Sono un indovino?

Intervento: no, in questo caso no…

Perché in questo caso no? E se fosse la stessa cosa? C’è questa possibilità, che in un certo senso la persona abbia “deciso” che soffrirà, in effetti non lo può sapere, come fa ad esserne certa? Da dove viene tanta certezza? Se non dal fatto che è esattamente ciò che vuole fare, e se lo vuole fare allora sicuramente avverrà. Però al tempo stesso dobbiamo tenere conto del fatto che dice di non volerlo e allora abbiamo una situazione che è bizzarra ché da una parte la persona dice di non volere soffrire, se poi si considera un minimo la questione ci si rende conto che ha fatto di tutto perché si verificasse quella certa cosa e cioè una tragedia e quindi la sofferenza susseguente, e allora dobbiamo considerare entrambe le cose: da una parte il fatto che dice di non volere soffrire e dall’altra che si mette ciascuna volta nelle condizioni migliori perché questo si possa verificare, come mai avviene una cosa del genere? Ciò che possiamo dire è che desidera entrambe le cose sia quella che ammette di desiderare sia quella che invece non ammette di desiderare, ma di fatto poi la compie e quindi la prima cosa che dobbiamo considerare è che desidera, vuole entrambe le cose, però di una ne ammette la responsabilità cioè di non volere soffrire dell’altra no. Però c’è sicuramente la sua complicità se ciascuna volta si mette nelle condizioni ideali per potere soffrire come se volesse effettivamente quella conclusione, perché una persona vuole soffrire? A che scopo? Ci sono una serie di vantaggi nella sofferenza, notevoli, addirittura superiori alla gioia…

Intervento: per richiamare l’attenzione…

Ecco, di questo già ne parlava Freud a proposito dell’identificazione, ricorda Nadia? L’esempio delle fanciulline in un collegio, a un certo punto una riceve la lettera del fidanzato che la lascia, e lei la fanciullina chiaramente scoppia in lacrime, da quel momento tutte le sue amiche le si fanno intorno e soffrono insieme con lei. Tuttavia non c’è bisogno di soffrire per consolare l’amica, è che questa sofferenza rende quella fanciullina in quel momento al centro dell’attenzione perché tutte sono intorno a lei e in effetti Freud sottolinea questo aspetto, dopodiché c’è anche un altro tornaconto notevole: si sente viva, importante finalmente qualcosa è accaduto di importante anche a lei e non solo alle altre. Tutto questo la rende la persona più interessante in quel momento, è un momento unico e raramente una persona si trova al centro dell’interesse di tutti in quella maniera tant’è che esistono persone al mondo che vogliono avere il monopolio della sofferenza per cui, per esempio, lei Stefania comunica ad una amica, a una conoscente “l’altro giorno mi è venuto male ad una spalla” e l’amica immediatamente: “sapessi io…”, come dire che la sua sofferenza è niente a fronte di quell’altra, perché vuole avere la sofferenza maggiore, visto e considerato che da sempre si considera molto superficialmente che le persone non vogliono soffrire, perché invece dice di soffrire di più? Vuole assolutamente che la sua sofferenza sia riconosciuta da tutti, considerata quella superiore e di conseguenza più importante, perché? La sofferenza non è così mal considerata dagli umani, al punto che alcune religioni tra cui anche quella cristiana, cattolica in particolare, ne hanno fatto una virtù, chi più soffre più vale agli occhi di dio, per cui non è così sorprendente il fatto che una persona desideri soffrire, non dovrebbe esserlo…

Intervento: e chi prova piacere?

Piacere nel fare soffrire?

Intervento: sì far soffrire se stesso…

Ce ne sono più di quanti lei immagina che amano soffrire, in questo caso la sofferenza ha un utilizzo maggiore in alcuni casi la sofferenza è l’unico modo per sentirsi importanti, per essere qualcuno, per sentirsi vivi e quindi è una cosa alla quale non si rinuncia, si deve continuamente esternare, manifestare e gli altri devono, hanno l’obbligo di accogliere questa sofferenza, dare importanza a questa sofferenza e di conseguenza alla persona…

Intervento: anche Freud nei saggi sul masochismo parla di masochismo femmineo in qualche modo, accosta questo godere della sofferenza alla donna…

Intervento: ma è proprio vero che le donne vogliono soffrire? Non esistono delle categorie?

Diciamo che è di una tale frequenza che ha indotto alcuni a considerare la questione, le stesse donne interpellate hanno il più delle volte manifestato questa necessità al punto che addirittura in alcuni casi se l’amore non fa soffrire vale poco, deve fare soffrire. Prima citavo la religione cristiana, il cattolicesimo dove la sofferenza ha assunto un valore catartico: “tu donna partorirai con dolore”

Intervento: non c’è una specie di induzione culturale?

In parte sì, ma il problema della suggestione è che non sempre funziona, e non con tutto, con alcune cose sì e altre no, così come gli insegnamenti dei genitori alcuni funzionano per tutta la vita altri non funzionano neanche al momento in cui vengono detti, come mai questa differenza così sostanziale? Come se una persona cogliesse alcune cose e altre no e poi d’altra parte non è che stiamo dicendo che le donne debbano soffrire anzi, facciamo di tutto perché se vogliono possano cessare di farlo, la questione è che in moltissimi casi accade e a noi interessa sapere perché…

Intervento: ho avuto esperienza purtroppo con molte donne che amano soffrire per mettersi al centro dell’attenzione sì perché avevano uno spessore morale… una carenza di risorse interiori, di interesse, la mancanza di ricchezza interiore… la risorsa di usare la sofferenza come mezzo di comunicazione per diventare qualcuno…

Come dicevo prima vi sono alcune persone che hanno solo questo modo per sentirsi importanti è chiaro che a questo punto diventa un problema perché è come se fossero costrette a trovare qualunque cosa pur di soffrire e di conseguenza essere importanti…

Intervento: però questo gioco di sofferenza infligge anche agli altri sofferenza perché è come quasi un virus che si espande…

Una sorta di identificazione certo, se quella persona ha trovato questo modo ed è risultata importante allora lo faccio anch’io…

Intervento: ricatti…

Quella è un’altra questione…

Intervento:

Intervento: per l’organizzazione sociale cioè c’è effettivamente una sofferenza inflitta dalla contingenza, dal lavoro, dallo sfruttamento, da una realtà esterna ma la ricerca della sofferenza come modo di vita, di vivere penso sia un’altra cosa rispetto alla sofferenza inflitta dall’esterno…

È chiaro che la sofferenza inflitta in alcuni casi non è cercata, ma ciò che a noi interessa di più non è soltanto sapere, anche certo è il punto di partenza che le fanciulle amano la sofferenza ma anche alcuni fanciulli, va a periodi poi c’è stato il periodo in cui i fanciulli anche loro dovevano mostrarsi sofferenti, magri emaciati, pallidi …quasi con un piede nella fossa, così gli sembrava di essere più attraenti ma per lo stesso motivo, perché la sofferenza richiama, esige l’attenzione, perché? Questa è una bella questione. Qualcuno ha parlato di ricatto, utilizzare la sofferenza come ricatto: se sto male allora tu devi fare qualcosa per me, aldilà del fatto che non è così automatico: se stai male sono affari tuoi, per esempio, però il cristiano è stato addestrato a occuparsi del bene altrui, che lo voglia oppure no lui se ne deve occupare comunque lo facevano anche intorno all’anno mille se ne occupavano e anche dopo fino al cinque o sei cento poi li hanno costretti a smettere di occuparsi del bene altrui però dicevo costringere l’altro ad occuparsi di me è una cosa importante nel senso che se io riesco a costringerlo ho il potere su di lui, e questo non è indifferente, se io ho questa arma di ricatto allora la uso e così ho tutti quanti in mio potere o almeno alcune persone, almeno quelle che mi stanno più vicine però intanto riesco ad avere l’idea, di essere, di avere un controllo, controllare la situazione per esempio, in ogni caso avere un potere su qualcuno ed in alcuni casi per una persona è l’unico potere che una persona riesce ad avere sul prossimo, nessuno la considera però se sviene in mezzo a una piazza c’è la possibilità che qualcuno si occupi di lui. Forse si tratta di qualche cosa alla base di questa sofferenza che ha che fare con la necessità di esercitare un controllo sull’altro, di un potere, proprio ieri parlavamo del potere a proposito dell’amore, l’amore è una delle situazioni dove l’esercizio di potere si manifesta in modo notevole, l’altro deve essere piegato non con la forza, generalmente, se no si chiama stupro, ma con la persuasione. È come se ciascuna volta ci si trovasse di fronte a un esercizio di potere, da sempre, da che mondo è mondo, da quando esistono gli umani, ma perché esiste questa necessità di piegare l’altro? Questa è la questione centrale perché se non ci fosse questa necessità allora gli umani sarebbero sicuramente differenti e un’infinità di cose che hanno fatte e combinate in questi ultimi tre mila anni non sarebbero mai state fatte, le guerre tanto per dirne una e qui ecco che compare la questione centrale e cioè quella cosa di cui gli umani sono fatti, di cosa sono fatti gli umani Stefania? Sono fatti di linguaggio Stefania, quella cosa che consente loro di esistere, consente loro di dire di esistere, di pensare di esistere, di gioire di esistere o di rattristarsi di esistere e di pensare per esempio di essere fatti di carne e ossa, di pensare di essere mortali, di pensare di essere immortali a seconda delle fantasie, di pensare qualunque cosa e il suo contrario senza questa cosa che chiamiamo linguaggio non ci sarebbe niente, assolutamente niente, non solo non ci sarebbe, possiamo aggiungere che non ci sarebbe mai stato niente né potrà mai esserci in futuro niente. Basta come quadro generale? E se, come andiamo dicendo e ci appare inevitabile, gli umani sono fatti di linguaggio allora si muoveranno esattamente così come è fatto il linguaggio perché non possono fare altrimenti, questa è stata la cosa più notevole che è stata reperita in questi ultimi decenni, in questo ultimo decennio potremmo dire e cioè intanto la considerazione che gli umani sono fatti letteralmente di linguaggio, perché se non ci fosse il linguaggio non sarebbero mai esistiti perché non ci sarebbe mai stato qualcuno per cui sarebbero esistiti e quindi a questo punto parlare di esistenza di qualcosa è assolutamente improprio, un non senso, ma anche in assenza di linguaggio nulla potrebbe prodursi, farsi, pensarsi, dirsi. Una volta che il linguaggio si è avviato, generalmente questo avviene nei primi anni, quando si avvia il linguaggio dopo non c’è più ritorno, come dire che si passa un punto da cui non c’è ritorno una volta che il linguaggio si è installato non è più possibile tornare indietro e da quel momento qualunque cosa è vincolata al linguaggio, non c’è più uscita. Questa struttura che chiamiamo linguaggio è quella che consente quindi tutto, qualunque cosa, anche di pensare che esista qualcosa che non è linguaggio, per esempio, se non ci fosse linguaggio non si potrebbe neanche porre la questione e questo linguaggio dunque essendo tanto importante merita di essere considerato e intendere come funziona, perché sapendo come funziona il linguaggio sappiamo esattamente come funzionano gli umani e perché fanno tutto quello che fanno, ecco perché è importante il linguaggio, non è questione come taluni possono immaginare prettamente accademica, è qualcosa di più: il linguaggio è propriamente la struttura che fa muovere gli umani e quindi come è fatto il linguaggio così si muovono gli umani, e non c’è alternativa, non possono fare altrimenti ché non possono pensare altrimenti, non è possibile pensare senza il linguaggio e quindi il modo in cui il linguaggio “pensa” così pensano gli umani, è impossibile pensare in modo illogico già diceva qualcuno un po’ di tempo fa, o si pensa in questo modo, cioè come funziona il linguaggio, o non si pensa e se non si pensa allora non si può pensare niente, certo c’è una reazione, alcuni corpi sono provvisti di reazioni, possono reagire però a questo punto la cosa perde di ogni interesse, qualunque cosa reagisce, anche un bicchiere, se lo faccio cadere si spacca, reagisce a un impatto o la testa di una persona può reagire a un impatto fortissimo e spaccarsi in due o tre pezzi, ma questo non ci riguarda minimamente e cioè le reazioni che alcuni oggetti hanno di per sé e anche qui poi ci sarebbe da fare tutto un discorso nel senso che tutto ciò che accade comunque noi possiamo considerarlo, valutarlo al di fuori di questa considerazione, valutazione le cose esisterebbero lo stesso? Nadia? O non sarebbe mai esistito niente? Per rispondere in modo corretto a una domanda del genere dobbiamo prima stabilire cosa intendiamo con esistenza ovviamente se no non andiamo molto lontani, e in effetti l’esistenza è un concetto in prima istanza, un concetto che il nostro pensiero applica ad alcune cose, altrettanto prodotti del pensiero. Ecco perché giungere concludere che in assenza di linguaggio non esisterebbe niente in realtà è corretto perché è il linguaggio stesso che costruisce la nozione di esistenza, quindi senza linguaggio niente esistenza, più corretto di così… per questo dicevo che è importante conoscere come funziona il linguaggio, e allora conoscendo il funzionamento del linguaggio è possibile rispondere a qualunque domanda, sapete perché? Perché qualunque domanda è costruita con il linguaggio e quindi l’unico che può rispondere è sempre il linguaggio, nessun altro, visto che è lui che ha costruito la domanda a chi ci rivolgiamo per rispondere?

Intervento: pensavo che comunque bisogna avere un minimo di interesse… se non si ha interesse per il pensiero non è che si può comprendere questo discorso…

Sì, per questo poniamo delle condizioni perché si produca questo interesse e una volta prodotto possa essere alimentato in modo da avere un maggior numero di interlocutori. Trovare interlocutori non è facile, come forse ciascuno di voi ha avuto modo di esperire lungo la propria esistenza, pochi sono dei buoni interlocutori, persone con cui la parola considera se stessa, e parlando di cose che magari hanno qualche interesse c’è la possibilità di venire a scoprire o a inventare altre cose e cioè fare muovere il linguaggio, praticarlo, è un esercizio che chiamiamo intellettuale visto che si chiama così lo chiameremo così, ed è senza fine, senza limiti perché se non c’è uscita dal linguaggio tuttavia il linguaggio può costruire infinite cose, non ha un limite, è chiuso, è un sistema chiuso e aperto al tempo stesso, è chiuso perché non c’è uscita perché per uscire devo sempre usarlo, ma anche un sistema aperto perché all’interno di questo sistema è possibile costruire tutto, pensate a tutto ciò che è stato detto pensato in questi ultimi tre mila anni…

Intervento: guerra, amore e guerra… visto che ieri sera la lotta era il tema principale…

Certo, tutto ciò è stato costruito dagli umani per via del fatto che hanno il linguaggio…

Intervento: gli animali hanno il loro modo di comunicare…

Sì, però Cristina occorre andare cauti con certe affermazioni perché vede dipende anche qui da ciò che si intende con comunicazione…

Intervento:…

Ma non possono variare la loro condotta questa era la questione che pose Benveniste perché, diceva lui, non possiamo parlare del linguaggio delle api per esempio, perché loro vanno in una direzione, forse a naso, poi tornano indietro e segnalano la posizione abbastanza precisa alle altre api le quali partono in gruppo e vanno a raccogliere il polline, ma può un’ape ingannare le altre? Per ghiribizzo suo? Benveniste diceva questo per stabilire che in effetti il linguaggio è quella cosa che consente di variare la propria condotta a piacimento, l’ape non lo può fare, l’ape insieme a qualunque altro animale. La comunicazione è una questione complessa perché come spesso accade dipende ciò che si intende con una certa cosa tutto ciò che se ne potrà trarre come conclusione, per esempio i computer comunicano tra loro, se per esempio intendiamo con comunicazione una trasmissione di informazioni tale che l’emittente modifichi il ricevente allora se accogliamo questa definizione che per altro è spesso accolta allora anche una pallottola comunica in quanto passa da un emittente, raggiunge un ricevente e lo modifica magari, in modo definitivo, per cui occorre, un po’ come fanno i logici che sono costretti a fare questa operazione, ogni volta precisare in modo assolutamente inequivocabile che cosa intendono con quel termine e allora poi vanno avanti, può essere discutibile quella definizione però useranno quella e soltanto quella proprio per evitare equivoci che invece intervengono continuamente parlando, una persona dice una cosa e quell’altra capisce il contrario. Questo per dire che cosa c’è a fondamento della sofferenza, per rispondere alla domanda perché gli umani soffrono, a che scopo? Abbiamo detto per ottenere una certa cosa ma perché la vogliono ottenere, a che scopo?

Intervento: la sofferenza è anche una sorta di esigenza di verità, per esempio, un uomo che soffre per amore è assolutamente certo… non ha dubbi di soffrire e non ha dubbi sull’oggetto d’amore, sull’oggetto del desiderio quasi che la sofferenza desse anche l’opportunità di questa certezza…

Sì, è una garanzia di certezza e siccome gli umani, pare che da sempre vadano in giro cercando certezze, la sofferenza gliene offre una, a portata di mano, facile da ottenere, facile da mantenere, insomma offre notevoli vantaggi, alcune donne hanno questa occupazione cioè il loro lavoro è questo: soffrire in modo da essere compatite, commiserate e soprattutto circondate da affetto e gesti consolatori…

Intervento: e se si isola? Si sentono inferiori?

È una possibilità e quindi?

Intervento: che ci ricavano?

Il tornaconto direbbe Freud…

Intervento: chi si isola non è al centro dell’attenzione, è solo, quale motivazione può avere?

Ciò che lei dice è relativamente frequente, nel caso della depressione per esempio avviene proprio così: una persona si isola non vuole più parlare con nessuno, non vuole vedere nessuno, non gli importa più niente di niente, eppure anche in questo caso ha raggiunto una certezza poiché lui sa, soltanto lui sa come stanno esattamente le cose, il mondo è una catastrofe, da sempre non è andato che peggiorando, gli umani sono la peggiore genia che possa infettare questo pianeta, soltanto io me ne sono accorto, gli altri non mi capiscono né hanno nessuna possibilità di capire niente per cui è inutile che stia a parlare con loro perché non capiranno, d’altra parte basta aprire un qualunque giornale… certo il mondo va male, oppure va bene, oppure non va affatto a seconda di ciò che si vuole considerare, in ogni caso il depresso è colui che suppone di detenere la verità, lui si è accorto di come stanno le cose e tutti gli altri no, e questo offre un vantaggio notevole. È un po’ come il profeta, Cristo, Maometto e altri personaggi i quali portavano la verità, cosa diceva Cristo? Io sono la via, la verità, la vita, non è poco…

Intervento: era depresso?

Gesù Cristo? No, perché? Lei compie equazioni con troppa facilità. La questione importante è essere comunque possessori di una verità, per pensare di esserlo è sufficiente immaginare di riuscire a piegare il prossimo,oppure di possederla questa verità, nel caso di una struttura di discorso che è nota come paranoia, per esempio, in quel caso la verità è data come acquisita “io so come stanno le cose e voi non capite niente e quindi io siccome so tutto devo essere qui a spiegare a voi che non capite niente come stanno le cose” questo è il riassunto del modo di pensare del paranoico…

Intervento: si isola, ha bisogno dell’interlocutore?

È un “isolamento” tra virgolette nel senso che ha sempre bisogno di qualcuno che cerchi di trarlo dall’isolamento anche se lui dirà che non lo vuole ne ha bisogno, è come quando la fanciullina alla richiesta “che cos’hai?” risponde “niente” se è niente va bene così e invece no, ha bisogno che in seguito a questo niente lui continui a chiedere, domandare, interessarsi, occuparsi di lei e lei a fare finta di essere indispettita…

Intervento: l’utilizzo del termine niente posta in questi termini non lo troveremo mai sul vocabolario

No, ma funziona così, in effetti anche l’eremita che si vuole nascondere agli occhi del mondo e di essere in diretto contatto con dio in fondo pensa in ogni caso di essere importante, che è importante quello che fa se no non lo farebbe…

Intervento: come si fa a sbloccare tutti questi meccanismi?

Occorre incominciare a interrogarli, avere il desiderio di farlo e accogliere l’eventualità di mettersi in gioco e di accogliere la responsabilità di ciò che si pensa, in genere l’analisi è il sistema più rapido per ottenere un risultato del genere…

Intervento:…

Glielo si può suggerire certo, però occorre che sia quella persona a desiderare di farlo. È un percorso notevole lungo il quale si vengono a sapere infinite cose di sé che neanche si immagina che potessero esserci.