31-8-2006
Intervento: sto riflettendo sulla formazione dell’analista,
sull’intervento… lei dice che già dalla prima seduta
il problema viene esplicitato…
Accade spesso, anche
perché la persona quando si rivolge a uno psicanalista
per malanni vari, acciacchi di ogni genere, la prima cosa che espone è il suo
problema, cioè il motivo per cui viene lì, quello è il problema, in genere
avviene così e descrivendo il suo problema è possibile sapere qual è la
questione, che non sempre coincide con il problema…
Intervento: il problema non è la questione è un modo tra i tanti
di porre la questione… di fronte a quello che può essere un continuo lamento
rispetto a quello che è riconosciuto come il proprio problema e di fronte anche
a una forte resistenza per cui l’articolazione, il
ritornello continuo sul problema, come se ci fosse l’enunciazione del problema e
basta… diventa difficile provocare un’aggiunta… ci si può trovare di fronte a
più sedute in cui non succede assolutamente nulla se non la continua
ripetizione che la cosa è così… l’analista lascia parlare e a volte ci si può
trovare davanti a un silenzio che perdura anche dieci minuti… cosa poter fare
perché avvenga qualcosa?… mi sono trovato di fronte a una sorta di catatonia,
di terrore che parlando accada qualcosa…
Beh, se è così fa bene, in effetti occorre intendere perché una persona tace, ci
possono essere vari motivi in effetti. Una persona che ha iniziato l’analisi da
poco e che per qualche seduta tace praticamente sempre…
Intervento: oppure a volte il tentativo è di parlare di ciò che
non interessa…
Sì, avviene anche questo
certo, ma è difficile fare una catalogazione delle varie possibilità che si verificano lungo un’analisi, come dicevo la persona può
tacere per molti motivi: perché non gli viene in mente niente da dire, perché
come diceva lei ha il timore che parlando possa dire troppo, cioè più di quanto
vuole dire, o anche l’idea di avere esaurita la questione e quindi si aspetta
dall’analista la soluzione oppure per qualche motivo la persona ce l’ha con
l’analista, succede anche questo e allora non vuole parlare, avrebbe da dire ma
non vuole parlare quindi tace con ferma determinazione. Ora per esempio
rispetto alla scuola di psicanalisi nella quale mi sono formato la soluzione
più praticata era quella di interrompere la seduta di
fronte al silenzio, la persona tace, si interrompe e bell’e fatto, l’idea era
che questo silenzio comunque fosse carico di parole e che pertanto
l’interruzione della seduta ponesse la persona di fronte a questo silenzio e
quindi di conseguenza a tutte le parole che erano presenti ma che non si sono
dette, è un modo anche questo...
Intervento: creare il modo se è sempre quel modo, nel senso che
anche l’analizzante si aspetta quel modo e in certi momenti può fargli comodo
che si interrompa la seduta, quindi i modi devono essere
molteplici…
Anche questa è una
possibilità, in effetti se proseguire l’analisi oppure
no questa è una decisione che ciascuna volta prende l’analizzante, ma come
proseguire questo invece sta all’analista deciderlo. Ma dicevo dunque uno dei
modi è quello, io invece preferisco parlare, parlare e coinvolgere
l’analizzante nel discorso, ovviamente un discorso che lo riguarda al fine di
provocare nell’analizzante quasi una sorta di travolgimento, viene
travolto dalle parole e si ritrova a parlare senza neanche accorgersene. In
genere questo sistema funziona, e se ce l’ha con me
per qualche motivo a maggior ragione, se non sa di cosa parlare, beh, questioni
che lo riguardano l’analista sicuramente ne ha a disposizione e quindi può
porre per esempio l’ultima questione che è intervenuta nella seduta precedente
o in ciò che si è detto prima, è probabile che il silenzio dell’analizzante abbia
a che fare con qualcosa di cui parlava prima. Ma, come ho detto all’inizio, è sempre
molto difficile fare una catalogazione, si tratta di intendere di volta in
volta quello che sta avvenendo lì in quel momento anche perché ciò che è
avvenuto in un’altra circostanza può non avere nulla a che fare con ciò che sta
avvenendo in quel momento, pur rimanendo la direttrice fondamentale e cioè trovare il modo perché l’analizzante continui a
parlare, occorre trovare il modo perché lo faccia, offrirgli l’occasione per
continuare a parlare. E se, come accade, che l’analizzante parli di quello che
ha comprato facendo la spesa al pomeriggio, che non è
un argomento così emozionante, provate a chiedergli il perché vi racconta
questo, sicuramente vi dirà qualche cosa, qualche cosa che se è questo il motivo
cioè è questo il motivo per cui non vuole parlare beh verrà fuori, magari viene
fuori che mentre faceva la spesa è successo qualche cosa che l’ha disturbata,
dico così per dire ma qualunque cosa, purché prosegua a parlare. Ma perché ci interessa che prosegua a parlare? Anche
questo non è così evidente, perché se non parla non sappiamo nulla? Sì, certo, se
una persona non ci racconta le cose che pensa noi non
le sappiamo, ma davvero ci interessa sapere quello che pensa? Forse sì, forse
no. Ma se sì, perché? E se no, perché? Tenendo conto
del fatto che in fondo come abbiamo detto in varie circostanze l’obiettivo è
fare in modo che la persona che parla si accorga del
perché pensa le cose che pensa, l’obiettivo è questo, sapere quello che pensa
in realtà non è così determinante, può pensare qualunque cosa però non è
essenziale qui, si tratta di intendere bene che cosa vogliamo che succeda in
una analisi, ci interessa che la persona parli perché parlando trae piacere e
questo piacere la indurrà a proseguire, inizialmente una analisi funziona così
non c’è altro, è difficile che ci siano altre cose a meno che la persona abbia
già degli elementi precisi ma la persona che viene da noi perché ha un
problema, facevo l’esempio, la volta scorsa “nessuno mi ama” tanto per dirne
uno, questa persona magari capita da noi per puro caso e non sa assolutamente
nulla di psicanalisi, sarebbe potuta capitare da uno psichiatra, da uno
psicologo, da un neurologo, da un erborista, per questa persona che non sa assolutamente
nulla è irrilevante, e quindi il fatto che parli e che si trovi presa nel suo discorso
produce una sensazione piacevole e questa sensazione è quella che fa sì che la
persona continui a venire in analisi e insieme con questo anche una sorta di
beneficio che trae dal parlare, solo dal parlare, nient’altro che questo, però
chiedevo che cosa vogliamo che succeda in analisi? Che la persona intenda
perché pensa le cose che pensa, certo, ma per compiere questa
operazione tecnicamente non è necessario che ci racconti quello che
pensa, in teoria potrebbe non essere necessario, in fondo qualunque cosa pensi
il lavoro che facciamo è porre la persona nelle condizioni di sapere perché lo
pensa, ora sapere perché si pensa qualche cosa comporta intendere cosa ha
prodotto questi pensieri, quali sono le cose in cui la persona crede, in teoria
una persona potrebbe sostituire le cose che pensa con delle lettere “io penso
A” e credo fermamente in A, per cui se crede in A e questa A è sostenuta da
un’altra cosa che chiamiamo A1, la quale è vera in base a quale criterio?
Come dicevo tecnicamente potrebbe anche funzionare così, tecnicamente, poi di fatto non avviene e non avviene per il motivo di cui
dicevamo prima e cioè che la persona ha bisogno di parlare, raccontare i suoi
pensieri e perché ne ha bisogno? Per lo stesso motivo per cui
ne ha bisogno chiunque, cosa fa sì che si parli Beatrice?
Intervento: non può non parlare quindi…
Si, le cose che ritiene
essere vere, sono queste cose che deve dire e che non può non dire, non può non dire perché il linguaggio di cui è fatto
lo costringe a parlare e, sempre per via del linguaggio, è costretto a dire le
cose vere, le cose che ritiene essere vere, e non può non dirle. Quante volte
ciascuno di voi ha avvertita l’esigenza di raccontare
qualcosa a qualcuno al punto che non riusciva a tenerselo dentro, come si suole
dire, doveva assolutamente dirlo a qualcuno, perché? A che scopo? Perché quell’altro è così interessato? Magari non gliene importa niente, cionondimeno bisogna assolutamente dirglielo, “se
no scoppio” mi è accaduto di ascoltare, perché? Come se questa persona
fosse costretta a dire e qui torniamo alla questione
di un attimo fa, cioè che cosa fa in modo che le persone debbano dire tutte le
cose che hanno acquisite e che ritengono essere vere, sono queste le cose che
lo fanno dire continuamente, perché queste cose che ritiene essere vere deve
dirle a qualcuno, deve esporle. Eleonora, perché deve fare questa
operazione, anziché tenersele per sé tranquillamente?
Intervento: vorrebbe rendersi interessante con gli altri, può convincersi molto di più che quella questione è vera…
Sì, quello che dici è
vero, eppure c’è qualche cosa di ancora più forte, perché questa
esigenza può essere avvertita sia nel caso in cui la cosa sia
assolutamente vera, quindi il fatto che altri la certifichino oppure no è
indifferente, e anche nel caso in cui la persona ha già un potere assoluto
sull’altra persona, tu dici può rinsaldarlo, sì certo, però di fatto occorre
averlo già questo potere, cionondimeno questa esigenza rimane fortissima:
esibire la verità, ma perché esibirla all’altro? L’aspetto importante in parte
è quello che diceva Eleonora, e cioè mostrare che io
so e l’altro no, e questo appare essere fondamentale, questa idea,
indipendentemente dall’altro perché tu dici “essere importante per l’altro” sì
è verissimo quello che dici, ma talvolta non accade, cioè uno racconta una cosa
che per lui è importantissima e agli altri non importa niente, per cui non è
importante neanche per quei due minuti, anzi magari lo pigliano anche in giro
perché ha detto una fesseria. Ma nonostante questo per la
persona rimane impossibile non dire. Ora siccome è fatto di linguaggio non ci resta che considerare che è il linguaggio che lo
costringe a compiere questa operazione, e perché? Dicevamo: esibire il proprio
sapere, sì, esibire il proprio sapere è una delle
pochissime cose cui gli umani non rinunciano per niente al mondo, possono
rinunciare a qualunque cosa ma non a questa, perché il linguaggio ha questa
necessità di esibire il proprio sapere? Potrebbe tenerselo per sé ma non lo fa, almeno il più delle volte, ci sono
situazioni, persone che non hanno questa necessità, per esempio, raro ma può
accadere, ma dicevo perché questa urgenza assoluta del linguaggio?
Intervento: è l’unico modo per manifestare la propria esistenza…
Perché dovrebbe manifestarla? Questo sposta solo la
cosa in realtà…
Intervento: convalidare la propria esistenza a se stessi e agli
altri…
Ma perché dovrebbe avere
questa esigenza di manifestare agli altri la propria
esistenza?
Intervento: non tanto agli altri ma a se stesso…
Non lo sa forse? Non è venuto a conoscenza del fatto di esistere?
Intervento: vuole saperlo una volta per tutte…
Il fatto che gli
arrivino le bollette del telefono dovrebbe essere
testimonianza della sua esistenza, c’è almeno un ente per il quale esiste…
Intervento: il linguaggio che pensa se stesso è un sapere comunque sempre vulnerabile perché è strutturato da un
discorso che non pensa se stesso ma che immagina in qualche modo di essere agganciato
a qualche cosa che è appunto fuori dal linguaggio a questo modo diventa
vulnerabile non è sicuro questo sapere ha sempre da essere esternato…
Certe volte è
assolutamente sicuro, questo non la esime dall’avere questa urgenza
di dire, per esempio il fatto che una certa persona sia morta è una certezza
assoluta…
Intervento: che comunichi agli altri il mio sapere
mi conferisce una sorta di potere… un sapere che possiedo io e che eventualmente
elargisco agli altri…
Si mette nella posizione
della verità, e quindi di chi ha il dominio assoluto sul prossimo, certo…
Intervento: il fatto di essere confermato in questo sapere produce
piacere, è la certificazione della verità che produce sapere…
Da potere sull’altro
come diceva giustamente prima Eleonora: “in quei due
minuti sono interessante”, ma sono interessante perché ho potere sugli altri, perché
io so e tu non sai. In questo modo il linguaggio è soddisfatto in quanto
ponendosi come la verità e mostrando, esibendo la verità conclude
di fatto con una proposizione vera. Certo proseguendo lungo questo lavoro tale esigenza mano a mano viene meno, viene meno mano a mano
che si avverte, si intende che la verità, essendo una produzione del linguaggio
di volta in volta viene costruita da un gioco, una verità all’interno di un
certo gioco non significa niente per cui perdendo di valore ecco che non è più
una verità importantissima, assoluta, da esibire ma diventa una sciocchezza e
come tale non viene esibita però si avverte l’esigenza di mostrare un’altra
verità. Anche per questo motivo facciamo le conferenze, una verità necessaria,
ciò che non può non essere, dopotutto siamo fatti di
linguaggio e quindi ci muoviamo così come il linguaggio si muove.
Abbiamo detto tutto
questo per proseguire il discorso dell’analista della parola, per indicare che
questo è il motivo per cui si parla: esibire delle
verità, e questo fa l’analizzante, esibisce delle sue verità, anche se talvolta
può mascherarle più o meno consapevolmente, e se per qualche motivo
l’analizzante tace, come diceva Sandro all’inizio, beh è come se volesse tacere
qualcosa che per lui è importante perché è una cosa importante che si tace in
genere, che si omette, soprattutto in una circostanza in cui si è lì per
parlare di cose che riguardano la persona. Se così è per la persona
cioè la persona sta tacendo qualcosa di importante questa verrà fuori comunque
e, come dicevo prima, il modo che uso io, ma non è una legge, è parlare anziché
interrompere la seduta, e c’è un motivo per cui faccio questo: parlando, cioè
spostando l’attenzione della persona è come se il timore di dire una certa cosa
o di affrontare una certa questione fosse sviato, in fondo è un modo per dare
l’occasione a questa cosa di dirsi, magari in un altro modo, magari passando da
un’altra via, ma come dicevo non è una legge, non sto dicendo che si debba fare
questo. Che poi è un sistema antico e noto anche alla retorica: se c’è una cosa
che la persona non riesce a dire per qualche motivo
perché è spaventata emozionata, basta cominciare a parlare di qualche cosa e dopo
un po’ la questione arriva, è inevitabile, perché vuole dirsi e volendo dirsi
prima o poi si dice, trova il modo, basta lasciargli l’occasione…
Intervento: sì anche perché la persona non è che non vuole dirla,
al momento in cui non vuole dirla è già presente e conclusa la questione, il
più delle volte non riesce a dirla nel senso che la questione immediatamente si
frammenta in mille rivoli, certo è ovvio il giudizio è quello che non vuole dirla ma forse è proprio questo giudizio che fa parte di un
certo gioco a farla frammentare…
La parola, essendo ciò
di cui gli umani sono fatti, ha infinite virtù come si sa da sempre, lo sapeva
già Demostene della potenza che hanno le parole, che come
sai possono persuadere, possono dissuadere, possono rallegrare, rattristare,
disperare o rendere felici a seconda dell’uso che se ne fa, ciò che era
sfuggito a Demostene e anche a molti altri dopo di lui era il perché le parole
possono fare questo, non basta accorgersi che lo fanno, bisogna anche intendere
perché, e il motivo è molto semplice: perché dicendosi una qualunque cosa
questa cosa appare di per sé immediatamente vera, fino a prova contraria, ma se
uno dice qualcosa questa cosa è vera, e se non c’è la prova contraria è vera. Come
si sono potute abbindolare miliardi di persone da tre mila anni a questa parte?
Se non funzionasse così sarebbe stato impossibile,
basta dire qualcosa e questa cosa è creduta immediatamente, è creduta perché il
solo fatto che sia stata detta, è vera, ciò che si dice è vero, questo è il
criterio fondamentale e sappiamo anche perché avviene questo, sappiamo un sacco
di cose, perché al momento in cui il linguaggio si installa, tutto ciò che si
dice per il solo fatto che si è detto c’è, c’è quindi è vero, questo è il
passaggio immediato che avviene dopo, però intanto esiste, ed è questo il
motivo per cui le parole possono fare tutte queste cose, per il solo fatto che
qualcosa si dica, per il solo fatto che si sia detta allora è vera e di
conseguenza essendo vera viene inserita all’interno del proprio sistema come
una verità e quindi modifica in parte il sistema e di conseguenza ancora la mia
condotta. Per questo il giorno in cui elaboreremo il virus questo virus
entrando all’interno del sistema lo modificherà, verrà
accolto dal sistema come qualcosa di vero, di reale…
Intervento: quel qualcosa che si ascolta e che viene
accolto come qualcosa di vero non deve essere coerente con le premesse?
Certamente, deve essere
coerente e non contraddire le premesse su cui si fonda il mio sapere se no non viene accolta, è questo il motivo per cui il discorso
che facciamo non viene accolto, perché il discorso delle persone è fatto in
modo tale che ha una sorta di firewall, come i computer, se un elemento viene
inserito e non è coerente con il sistema operativo che lo accoglie, il sistema
operativo lo rigetta…
Intervento: perché venga accolto questo
discorso ovviamente occorre il virus?
Così appare per il
momento, poi vedremo, questo sarebbe il sistema immediato, per
cui si dice qualcosa a una persona e questa persona immediatamente viene
modificata. Questo avviene comunemente nella vita quotidiana, quando per
esempio una fanciulla suppone il suo fanciullo fedele,
devoto innamorato etc. e viene a scoprire che invece ha altre sei o sette
fanciulle, ecco che da quel momento si modifica la condotta della fanciulla
immediatamente, come mai viene modificata in tempo reale?
Intervento: e con effetto retroattivo
Sì certo, da quel
momento tutto ciò che immaginava, che pensava, che sapeva del suo fanciullo diventa immediatamente falso, ma anche
retroattivamente…
Intervento: è una questione importante perché è come se si
contrapponesse a tutta una serie di proposizioni che sono in piedi…
Ecco, ma qual è la
questione che a noi interessa, perché viene accolta
immediatamente questa cosa? Anche se non ha nessuna
prova…
Intervento: è come se funzionasse un criterio…
Ma anche se non c’è nessun criterio di verifica comunque viene accolta
immediatamente, è semplice perché è ciò che si aspetta, e cioè che ha sempre
desiderato, e finalmente si è verificato e quindi…
Intervento: ciò che si aspetta… c’entra la questione della
premessa questa affermazione che viene accolta come immediatamente vera, viene
accolta perché rafforza le premesse…
Perché è perfettamente
coerente con la premessa maggiore, la quale afferma che “tutti gli uomini
tradiscono” e quindi anche lui, per cui viene
confermata qualche cosa che in un certo senso sapeva già, ora che la premessa
maggiore sia vera oppure no questo è un altro discorso, però per la fanciulla
funziona…
Intervento: ciò che si cerca è sempre un rafforzamento delle
proprie convinzioni…
Qualunque cosa che sia coerente con la premessa certo, è un’ulteriore conferma:
anche in questo caso si è verificato così…
Intervento: ma il fatto che lo si creda
in termini assoluti non è in pratica così…
È come se la fanciulla in questione l’avesse sempre saputo per una serie
di motivi 1) c’è la considerazione che tutti gli uomini tradiscono…
Intervento: però non potrebbe tenere presente questa premessa la fanciulla…
Infatti può non tenerla presente, 2) il sapere di non
essere la donna più affascinante del pianeta, ce ne sono di più affascinanti e
quindi c’è sempre la possibilità che qualcuna intervenga… poi il fatto di non
sapere esattamente il perché quel fanciullo stia con lei, non lo sa, chiedete a
qualunque donna: “perché quell’uomo sta con te?” Non lo so. Questa è la
risposta. E quindi è come se lo sapesse da sempre che è una situazione
assolutamente aleatoria, per cui quando si verifica
ciò che si sa da sempre… che sa da sempre ma che da sempre attende e attende
perché? Per i motivi che sappiamo, l’ha detto in modo
preciso Eleonora prima, perché di colpo diventa interessantissima. Una fanciulla va dalle amiche, è appena stata abbandonata dal
suo fanciullo, sono tutte lì che la consolano, la sorreggono, che piangono
insieme con lei e danno contro al traditore. Per cui in fondo si trova in una
situazione assolutamente privilegiata, in poche altre circostanze una fanciulla è così coccolata, consolata e al centro
dell’attenzione, per cui come dicevo è una cosa che si attende anche perché in
genere segue a un periodo in cui invece tutto andava bene, e allora come
sappiamo si deve trovare qualche cosa che dia uno scossone, per cui quando la
fanciulla dice: “lo sapevo”, anche se non sapeva assolutamente nulla in un certo
senso ha ragione “lo sapeva”, lo sapeva perché lo attendeva…
Intervento: come se si verificasse la
deduzione qualcosa che parte da delle premesse che costruisce e non aggiungendo
assolutamente niente inferisse… la deduzione è questa da una tautologia si perviene
all’altra tautologia…
Sì certo, Cesare si
chiedeva perché era qualcosa aveva sempre desiderato, beh perché in qualche
modo ha sempre immaginato questa scena in cui è abbandonata dal suo uomo e
tutte le persone vanno lì e la coccolano e la considerano, la sorreggono, parlano con lei, diventa importante oltreché
interessante…
Intervento: come per un malanno…
Esattamente.