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31-5-2006

 

Volevamo inventare una psicanalisi nuova, ma siamo andati molto al di là dell’intendimento, ciò che abbiamo fatto in questi anni è andato talmente al di là del progetto iniziale che, in effetti, come dice giustamente Sandro, non sappiamo neanche più se ha a che fare con la psicanalisi. Con la psicanalisi ha ancora delle connessioni in quanto è un percorso che produce degli effetti nelle persone, diciamo che i vari malanni e acciacchi scompaiono, però non è solo questo, anche perché all’inizio, quando si avvia un’analisi, non c’è una grande differenza da qualunque altra analisi, una persona non sa niente, non è in condizioni di pensare niente. La persona incomincia a parlare e inizialmente ha un beneficio soltanto per il fatto che parla, indipendentemente da ciò che gli diciamo, per il solo fatto di parlare ne ha un beneficio e questo non è difficile da spiegare, ma al di là del beneficio interviene in seguito una sorta di ripiegamento sul proprio discorso, cioè diventa più attenta alle cose che dice e in base al modo in cui interveniamo incomincerà a credere che la via della guarigione consista nell’attenersi alle cose che diciamo, e questo avviene in qualunque psicanalisi, la guarigione avviene perché si crede nello psicanalista. Non c’è nessun altro motivo, però a questo punto ecco che le strade si dividono in modo irreversibile, poiché noi forniamo gli strumenti perché la persona possa considerare le cose stesse che andiamo dicendo, cosa che in nessun altra, chiamiamola scuola di psicanalisi, avviene. Nessuno può, né deve interrogare la teoria che sta seguendo, non lo deve fare, se lo facesse crollerebbe tutto, invece noi lo facciamo poiché la teoria che ci sorregge è basata sulla struttura del linguaggio e quindi si tratta di interrogare il linguaggio, non tanto la teoria ma il linguaggio stesso. Dove siamo arrivati noi? Certo al linguaggio e al suo funzionamento, possiamo andare oltre? In ambito logico no, e abbiamo anche dovuto inventare una logica che ci consentisse di andare oltre le conoscenze attuali, le varie logiche che esistono non sono sufficienti, non sono sufficienti perché sono state costruite come una sorta di sovrastruttura sopra un’altra struttura che è il linguaggio, che invece non è stato preso in considerazione. Noi abbiamo abbandonato praticamente ogni altra logica poiché inadeguata, accorgendoci che la logica di fatto non è altro che il funzionamento del linguaggio, è questa la logica, è questo che fa funzionare tutto, ci siamo trovati a definire il linguaggio attraverso il suo funzionamento perlopiù, di fronte alla domanda che cos’è il linguaggio, abbiamo iniziato a mostrarne il funzionamento, certo è il modo migliore per definire il linguaggio in ambito teorico, in ambito pubblico no, se noi definiamo il linguaggio attraverso il suo funzionamento nessuno capisce nulla di ciò che diciamo e questo è seccante. E poi la questione della tecnica, in ciò che andiamo facendo si è costruita anche una tecnica, in effetti possiamo chiamarla tecnica psicanalitica, visto che per il momento continuiamo a mantenere questo termine, per un motivo semplice, cioè che se utilizziamo altri termini, già nessuno capisce nulla di ciò che diciamo, se inseriamo un’altra cosa è finita, se invece manteniamo il termine psicanalisi la gente ha un’idea di cosa sia la psicanalisi, seppur vaga e squinternata, quello che fa una persona che guarisce dalle paure e dalle fobie, ecco, non fa niente più di questo, che non è un granché. Dunque che direzione prendere a questo punto? Visto che, come dicevo, per quanto riguarda l’aspetto logico siamo arrivati a fine corsa, non c’è altro da aggiungere, il funzionamento del linguaggio ormai è noto, certo si possono ancora cogliere altri aspetti che o non abbiamo colto oppure non abbiamo considerato nel modo migliore, questo è possibile, ma il funzionamento del sistema operativo questo ormai ci è noto, non ha più nessun segreto. Ciò che sappiamo di fatto è tantissimo, una quantità sterminata di elementi, sappiamo perfettamente come funziona il linguaggio, e come funziona? Il funzionamento del linguaggio è straordinariamente semplice: costruisce delle stringhe di elementi attraverso una grammatica e una sintassi, che costituiscono le regole di formazione all’interno di un sistema inferenziale. Il linguaggio costruendo queste stringhe fa in modo che tali stringhe possano considerare se stesse, questo è l’aspetto più considerevole del linguaggio, cioè quello che lo rende tale e cioè la possibilità di considerare le proprie stringhe, le proprie costruzioni e considerandole valutarne la correttezza e quindi la utilizzabilità per potere costruire altre stringhe, altre sequenze. Il linguaggio non è nient’altro che questo: una sequenza di stringhe costruite in base alle regole di formazione, nient’altro che questo, gli umani vivono di questo, sono fatti di questo, non lo sanno ma sono fatti di questo, di queste sequenze. Cosa fanno queste sequenze? Componendosi tra loro in base naturalmente alle regole di formazione definite soprattutto dalla sintassi e dalla grammatica, compongono stringhe più complesse che mantengono sempre la possibilità di interrogare se stesse, con un sistema che è quello della ricorsione e la possibilità di costruirne altre ancora più complesse. Cosa vuole dire più complesse? Vuole dire che si immettono all’interno di certe sequenze ordinate in un certo modo, sequenze che chiamiamo un gioco linguistico, altri giochi linguistici all’interno di un gioco linguistico, e all’interno di quest’altro altri ancora fino a costruire una sequenza di una tale complessità che agli umani stessi riesce talvolta difficile dipanare, cionondimeno è ciò che noi abbiamo fatto. Nel momento in cui si avvia il linguaggio, gli elementi come potete facilmente immaginare sono pochi, come un computer ha poche informazioni: vero/falso buono/cattivo o giusto/sbagliato, non sono molte le informazioni e sono soltanto quelle che consentono di costruire altre proposizioni e come sappiamo non ci sono ancora gli strumenti per valutare se queste informazioni che riceve sono vere o false, sono soltanto informazioni. Il linguaggio è in condizioni, al momento in cui si è installato, di immagazzinare queste informazioni e di poterle utilizzare, ma come le utilizza? Nel solo modo che conosce: vero/falso, naturalmente se non c’è la possibilità di inserire delle informazioni all’interno di un sistema, un criterio verofunzionale, tutto ciò che viene detto per il solo fatto che venga detto è vero, cioè esiste. In fondo originariamente la distinzione tra vero o esistente non esiste, non c’è, se esiste è vero o, più propriamente ancora, sono la stessa cosa, è semplicemente qualcosa che consente al linguaggio di andare avanti quindi tutto ciò che viene detto esiste e se esiste è vero, noi aggiungeremmo in questo momento “fino a prova contraria”, ma se non c’è la prova contraria… e all’inizio non può esserci è vero, in fondo molto kantianamente tutto ciò che non è autocontraddittorio è vero e se non c’è la possibilità di costruire una proposizione che contraddica quell’altra, l’altra è vera, esiste. Cosa intendiamo dicendo che esiste? Che consente al discorso di proseguire, come sappiamo se il discorso prosegue vuole dire che esiste, quindi è vero, in base a questo semplicissimo criterio il linguaggio può incominciare a costruire sequenze più complesse. Una sequenza più complessa è quella che incomincia ad accostare due affermazioni vere, cioè esistenti, e confrontarle tra loro, questo che chiamo confronto di fatto non è altro che un’inferenza. Muovendo da qualcosa che esiste, nel senso che è stato detto, e questa funzione rimarrà per tutta la vita, in fondo tutto ciò che si dice viene ritenuto vero, dopo ci saranno gli elementi, gli strumenti per considerare se lo è veramente oppure no, ma d’acchito viene ritenuto vero, si dice generalmente che non c’è motivo di dubitarne, che è un modo per esprimere questa prima forma in cui il linguaggio ha preso l’avvio, cioè ciò che si dice esiste, come sappiamo ciò che si dice è l’unica forma di esistenza, non c’è altro che esista: ciò che si dice, quindi se esiste è vero. Dunque un elemento che esiste costituisce la base da cui muove un’altra considerazione molto semplice: se una certa cosa è vera allora tutto ciò che appartiene a quella cosa sarà vero. Come lo so? Se ho cinque anni e non ho ancora nessun criterio verofunzionale a disposizione? Come faccio a sapere una cosa del genere? In effetti non lo so, in una certa accezione, lo so invece in un’altra accezione, potremmo dire che non posso non saperlo se sono nel linguaggio, non posso non saperlo perché funziono così, tutto ciò che appartiene a un certa cosa che è vera è vero, se A è vera tutto ciò che appartiene ad A è vera. Da dove il linguaggio trae questa considerazione? Dalla sua necessità di funzionare, il linguaggio non può negare ciò che ha stabilito che esiste, cioè ciò che ha detto, non lo può fare perché allora ciò che ha detto sarebbe un elemento linguistico e anche non lo sarebbe, e se non è un elemento linguistico non lo può utilizzare quindi al tempo stesso può utilizzarlo e non può utilizzarlo, ma se è un elemento linguistico allora non può negarne l’esistenza, salvo negare se stesso e questo il linguaggio non lo può fare, è uno dei suoi limiti, non può negare se stesso, ecco perché un bimbo di 5 anni sa che se A è vera anche tutto ciò che gli appartiene è vero, certo non lo dice in questi termini, però lo pratica. Il linguaggio incomincia a individuare cose che sono deducibili, diremmo noi, dalla A e cioè appartengono alla A, e se A è vera sono altrettanto vere, e da questa inferisce altre cose, cioè costruisce altre proposizioni, sequenze più complesse. Lungo la costruzione di queste sequenze incomincia a valutare che ci sono delle circostanze in cui alcune sequenze mano a mano che proseguono possono, diciamola così provvisoriamente, perdere la coerenza con quelle da cui sono partite, cioè diventare contraddittorie o false. Come può il linguaggio creare cose false? Di fatto non le crea, non si accorge che le regole di formazione di certi giochi linguistici sono differenti da altre, ora come può avvenire una cosa del genere? In teoria queste regole dovrebbero essere sempre le stesse e per il linguaggio lo sono ma non per il discorso, come accade che il discorso possa costruire giochi tra loro contraddittori? In teoria non potrebbe però lo fa. E come lo fa? Perché la domanda che ci si potrebbe porre è questa come è possibile che esista una contraddizione anche nel discorso? Non è una questione semplice. In fondo se ci pensate bene, costruendo a partire da elementi che sono stati dati come veri, se si attiene a un criterio deduttivo e cioè esplora tutto ciò che può trarsi da quella A, tutto ciò che può trarsi sarà necessariamente vero, quindi avviene un fenomeno ad un certo punto, e ciò che avviene è il fatto che ad un certo punto si produce un criterio verofunzionale, un criterio tale che è in condizioni di interrogare i primi elementi e valutarne la verità in base a qualche cosa. La questione è che il sistema operativo accoglie tutto ciò che si dice come vero per il solo fatto che si dice, sappiamo che non c’è nessun criterio verofunzionale ma queste informazioni che vengono fornite possono essere contraddittorie tra loro, la questione è a che punto, logicamente parlando, si crea un criterio verofunzionale?

Intervento: chiedendo perché e ricevendo delle risposte, quelle risposte gli serviranno per valutare altre cose che interrogheranno quindi in questo senso diciamo costruisce un criterio… si accorge, per esempio, un criterio funzionare per altre questioni…

Intervento: anche perché lui riconosce il proprio discorso, lo distingue da un altro discorso

Certo sì, perché ad un certo punto il linguaggio ha l’esigenza di cercare che cosa sostiene una certa affermazione, però forse c’è qualcosa di più radicale…

Intervento: come se di fronte alla contraddittorietà dei messaggi sapesse che comunque tra due una deve essere vera

Questo sicuramente…

Intervento: quindi c’è già questa conoscenza in qualche modo… anche perché il discorso ha la necessità di trovare delle differenze e quindi ad un certo momento è come se tutta una serie di elementi fossero soddisfatti e quindi finirebbe con il non funzionare più il linguaggio ad un certo momento… e quindi ha la necessità proprio della contraddizione quindi di fondare…

Intervento: una volta esplorata tutta la A… c’è una necessità di trovare altro da dire e questo altro può essere altro da A ecco che a questo punto un discorso nuovo con altri elementi è sempre un confronto con il discorso primitivo dice “come mai questa A è sempre vera oppure è vera anche la B il discorso nuovo che mi trovo a fare?” cioè quale accolgo tra i due, qual è più vero?

Sì è un problema, come fa a chiedersi qual è più vero? La questione è che il linguaggio si avvia partendo da alcuni elementi, una A che è data per vera, cosa vuole dire che è data per vera? Che non è interrogata perché non c’è nessun criterio, ma questa A può alla lunga mantenere la sua verità? Dovrebbe essere una verità assoluta e non lo è perché il più delle volte è una sciocchezza qualunque, sulla quale il bambino costruisce la sua esistenza, ora a questo punto perché si accorge che potrebbe non essere vera? Perché la raffronta con altre cose? Può darsi. Una volta che il linguaggio ha avviato la possibilità di un percorso, di una direzione, cioè da A a tutto ciò che segue può anche compiere il percorso inverso: da A a tutto ciò che la precede, in qualche modo se io da A giungo a C allora da A posso risalire a meno –C (chiamiamo così l’elemento da cui procede), ecco che allora così come la C segue alla B e alla A, la A deve seguire a –B e a –C, per fare il percorso inverso, e deve poterlo fare, ed è qui che qualcosa si incomincia a complicarsi perché cercando l’elemento che sostiene la A questo elemento può, e il più delle volte accade, non essere reperito e allora questa A diventa infondata, di conseguenza insoddisfacente; se è infondata, se cioè non ha un fondamento che è vero, allora anche la A vacilla, che è esattamente il percorso che hanno fatto gli umani da quando esistono, probabilmente a questo punto si va a cercare una A1 cioè un altro elemento, naturalmente dove lo si cerca? Dalle informazioni che si hanno, è ovvio, da altre informazioni che sono state acquisite cioè da altre cose che sono state dette, da me o da altri, in molti casi cambia poco, l’importante è che siano state dette, se sono dette esistono ma a quel punto, ed è quello forse, diceva Sandro prima, il momento in cui il bambino incomincia a chiedere il perché, cioè quando incomincia a fare questa sorta di percorso a ritroso e allora chiede ragione: “dici questo, ma questo viene da quello, quello viene da quest’altro” e sono i “perché”. Da quando c’è questa possibilità di incominciare il percorso a ritroso? Perché è lì che avviene qualcosa di importante, cioè si incomincia a chiedere ragione delle cose, inizia il pensare filosofico potremmo dire, prima non c’è, prima si acquisiscono informazioni e tutto ciò che viene detto è vero, esiste di per sé e quindi è vero, è come se ad un certo punto questa esistenza avesse bisogno di un sostegno per potere essere tale e quindi per poter essere vera, cosa occorre al linguaggio per potere compiere questa operazione? D’acchito direi il sistema inferenziale, come si acquisisce il sistema inferenziale? Fa parte del linguaggio?

Intervento: è come se ci fosse l’idea in questa traversata… di poter reperire la A fuori da un gioco linguistico… quando lei dice che qualche cosa comincia ad esistere questa A famosa… ma il semplice fatto che si ponga A si pone il linguaggio ma si pone già un particolare gioco linguistico… perché poi subentra qualche cosa che mette in discussione questa A… perché subentrano altri giochi linguistici che non è quello della A, per esempio, intendo dire che non c’è l’avvio del linguaggio senza un avvio contestuale del gioco linguistico e quindi questa A è vera in un certo gioco linguistico e in un’altra occasione questa A può non diventare più vera perché si è avviato anche un altro gioco linguistico… intendo dire che non c’è un porsi la A prima di un gioco linguistico come instaurarsi del linguaggio…

La A è inserita in un gioco linguistico, certo…

Intervento: successivamente si producono altri giochi linguistici, all’interno dei quali la A ha una funzione diversa, ha un’altra verità, per esempio, per cui facendo due giochi linguistici, nel tempo, in cui queste due A entrano in contraddizione, allora il ragazzino deve chiedersi perché… ma la cosa più importante rispetto a questo l’instaurarsi del linguaggio è contestuale all’instaurarsi di un gioco linguistico…

Certo, infatti questo ha delle implicazioni notevoli, collegate ciò che dicevo prima, e cioè il fatto che queste A1, A2, A3 che vengono acquisite mano a mano siano delle verità sgangherate, per cui facilmente negabili. Tecnicamente sarebbe forse possibile invece, se venissero forniti elementi non contraddittori tra loro, cioè ponendo fino dall’inizio la verità assoluta…

Intervento: non ci sarebbe “l’errore” non ci sarebbe la possibilità, dall’inizio, di cominciare il discorso con quelle verità sgangherate

No, certo che no, ma non per questo non esisterebbe la negazione o la contraddizione, ma esisterebbe all’interno di sequenze retoriche, non più logiche, cioè per la costruzione di figure retoriche. È possibile costruire delle sequenze in totale assenza di negazione, senza cioè che nessuna sequenza vada mai in conflitto con un’altra? Muovendo da una sequenza che è necessaria e deducendo da questa altre sequenze altrettanto necessarie, senza uscire da questa necessità…

Intervento: qualunque affermazione pone una direzione: afferma quello ed esclude l’altro

È vero, è una questione fantascientifica, ma a quel punto non esclude, perché non esiste ciò che non è dedotto immediatamente da ciò che è necessario…

Intervento: sono elementi linguistici

Sì, è ovvio che si devono escludere una serie di questioni, così come noi facciamo infatti, mano a mano si procede…

Intervento: sì però al momento in cui qualsiasi cosa è un elemento linguistico il linguaggio prosegue, forse questa negazione si potrebbe chiamarla in un altro modo

Se sapesse procedere costruendo soltanto proposizioni coerenti con quella, tecnicamente potrebbe non avere bisogno di negare alcunché, di non sapere neppure che cosa sia la negazione…

Intervento: l’idea di ciò che non è necessario…

Ciò che non è necessario cioè che non appartiene al linguaggio…

Intervento: il funzionamento di una macchina… mi sembra che sia più utile intendere la contraddizione ossia…

Il problema sorge nel momento in cui si suppone una verità sgangherata come necessaria, ecco che allora alla prima prova crolla tutto, c’è una contraddizione con tutto ciò che questo comporta: drammi e tragedie di ogni sorta, tradimenti etc. ci si sente traditi da ciò che si sapeva, da ciò che si supponeva di sapere…

Intervento: questo “linguaggio necessario” ha già all’interno di sé: A non è B, però è sempre un elemento linguistico nel senso che serve a proseguire il discorso ma non c’è nulla fuori dalla parola…

E invece no, ciò che ho detto prima non è possibile, per funzionare ciascun elemento deve potere distinguersi da ciascun altro quindi individuarsi rispetto a ciascun altro, quindi distinguendosi deve riconoscersi differente da un altro e cioè potere affermare “non sono quell’altro” e quindi deve potere negare…

Intervento: sì, però se la negazione è un elemento linguistico allo stesso modo ed esiste perché costruita dalla struttura, cioè questo è possibile e anche la distinzione fra elementi linguistici, non c’è nulla di metafisico… questo “non” è una procedura all’interno del linguaggio e quindi è vero serve al suo funzionamento, a compiere queste operazioni e serve a far proseguire il discorso… il linguaggio non ha bisogno della negazione per proseguire ne ha bisogno per…

Sta per autocontraddirsi: non ne ha bisogno ma ne ha bisogno…

Intervento: però Faioni che differenza c’è fra negazione e distinzione… si potrebbe utilizzare distinzione, ogni elemento deve essere distinto da un altro per funzionare perciò non nego quell’elemento che è distinto, è un altro elemento

È implicita la negazione perché questa distinzione le consente di stabilire che A non è B, A deve essere uguale ad A, e B deve essere uguale a B, però A non deve essere uguale a B, questo è ciò che le consente di distinguere A da B, sono diversi e cioè io posso dire che A non è B, in questo modo lo nego, e costruisco la negazione: A non è B, perché se lo fosse allora sarebbe anche, per una serie di passaggi…

Intervento: si può dire anche che A è distinto da B e B distinto da A

Cesare come lo sa che sono diversi?

Intervento: sono elementi linguistici e per funzionare il linguaggio necessariamente un elemento deve essere diverso da un altro, distinto diciamo

Ma come fa a distinguerli?

Intervento: in funzione del suo utilizzo per costruire un gioco linguistico, utilizzerò…

Ma siamo ancora al di qua, e lei deve potere distinguere A da B, lei può chiamare uno A e l’altro B e utilizzarli allo stesso modo…

Intervento:…

Ci deve essere qualcosa che impedisce di farlo se no non funzionerebbe più, può chiamarlo A, B, C come le pare e poi può utilizzarli allo stesso modo, ma qualcosa deve impedirle di fare questa operazione perché il linguaggio funzioni e ciò che glielo impedisce è la negazione, quella che chiamiamo negazione cioè A non è B…

Intervento: sì questo è il fondamento della nostra teoria fra le altre cose

Sì, occorre che ciascun elemento sia distinguibile da ciascun altro e perché sia distinguibile occorre che il linguaggio lo ponga come differente e cioè affermi con assoluta certezza che A non è B, ma come so che è diverso? In base a che cosa? Perché lo vedo? Non è un granché come criterio, deve esserci qualcosa che impedisce che ci sia identità tra A e B e deve essere una procedura, qualcosa che c’è necessariamente e non può non esserci, perché se no non funzionerebbe…

Intervento: la questione in Platone che dice: l’elemento che segue… ma esiste la negazione?

Indipendentemente dal fatto che esista oppure no è necessaria al funzionamento del linguaggio, senza, il linguaggio non funzionerebbe, a quel punto non sarebbe niente perché lei non sarebbe in condizione di considerare niente…

Intervento: ma c’è una questione che mi interroga perché… è ovvio che la negazione è necessaria per distinguere un elemento da un altro, anche per distinguere la stessa A da un’altra A… al momento in cui noi affermiamo che il linguaggio al momento in cui pone un elemento linguistico cioè dice una cosa, pone un elemento che è un elemento linguistico e ha un’esistenza linguistica

Un’esistenza linguistica è ridondante…

Intervento: pone l’esistenza, va bene e a quel punto non lo può negare perché se lo negasse, il linguaggio smetterebbe di funzionare… e smettendo di funzionare… siamo di nuovo al punto di partenza

Esatto, va bene, proseguiremo mercoledì.