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31-3-2010

 

La volta scorsa parlavamo di istruzioni, cioè del linguaggio come sequenza di istruzioni, c’è una cosa che si può dire a questo riguardo: vero nel linguaggio non è nient’altro che ciò non contravviene le istruzioni di cui è fatto, e questo è l’unico criterio di verità, non ce ne sono altri. Qualunque criterio di verità è costruito sulla base di questo, che è ciò che mette in atto il linguaggio per funzionare, non c’è nessun riferimento a niente, semplicemente se non contravviene alle sue istruzioni allora è vero, se contravviene alle istruzioni, falso. Qualunque gioco prevede questa regola fondamentale, e cioè qualunque cosa concluda in ogni caso la riterrà vera se questa conclusione non contravviene alle istruzioni, alle regole del gioco in atto, questo è il criterio di verità non ce ne sono altri: la conclusione non contravviene alle istruzioni del gioco che sta facendo. Contravvenire alle istruzioni significa contravvenire a quelle cose che abbiamo stabilite che in realtà poi si riducono all’istruzione di identità, che non chiamiamo neanche più principio, ché è fuorviante, ma un’istruzione, l’istruzione di identità dalla quale si traggono naturalmente le altre due istruzioni: il terzo escluso e la non contraddizione. Contravvenire a una di queste istruzioni comporta la falsità come già dicevamo nello scritto sulla struttura logica del linguaggio. Lì dicevamo che chiama vero quel percorso che può proseguire, se prosegue lo chiama vero ma lo prosegue se questa direzione non contravviene le sue istruzioni, detta così forse è ancora più semplice di quanto fosse stata detta allora …

Intervento: ...

Di fronte a proposizioni false il linguaggio non cessa, certo che no, semplicemente non prosegue in quella direzione, è lo stesso motivo per cui una persona, come ho ricordato in varie occasioni, non può credere vero ciò che sa essere falso, è una questione grammaticale, e queste istruzioni dunque muovono dall’identità, dicevo, che è un sistema molto forte, molto costrittivo. Il linguaggio non consente delle mosse, le vieta tassativamente cioè non può proseguire in una certa direzione, e cioè dà delle indicazioni molto rigorose, molto rigide su quali mosse si possono compiere e quali no. Dunque un’istruzione che in nessun modo può essere contraddetta, e infatti abbiamo visto questi tentativi più o meno bislacchi della logica paraconsistente, della logica intuitiva, che sono state utilizzate allo scopo di sbarazzarsi del terzo escluso che è una delle restrizioni e costrizioni più potenti della logica tradizionale, la quale non ha fatto nient’altro, come ho detto varie volte, che ravvisare ciò che serve perché funzioni il discorso, ma non si è accorta che sono delle istruzioni. Questi tentativi, dicevo, sono fallimentari, abbiamo visto la volta scorsa che è impossibile eliminare il terzo escluso perché per eliminarlo, per costruire una teoria che lo elimini, devo utilizzare il terzo escluso. Per esempio la logica paraconsistente accoglie p e non p come teoremi all’interno di uno stesso sistema ma non può tuttavia accogliere che un singolo elemento sia affermato e negato simultaneamente, cioè afferma p e non p ma non può accogliere p e non p, cioè è autocontraddittoria. Ex falso quodlibet, dicevano i medioevali, dal falso è possibile dedurre qualunque cosa e il suo contrario, per esempio da p e non p posso dedurre tutto quello che mi pare perché dico una cosa e la contraddico, posso fare qualunque cosa, naturalmente non posso provarla. E quindi la logica paraconsistente e quella intuizionista di fatto non dicono assolutamente niente. Una delle ultime trovate viene invece dalla fisica, dalla fisica dei quanti, cosa dice la fisica dei quanti? Dice che è impossibile determinare la posizione della velocità di una particella nello stesso momento, per dirla in altri termini: è impossibile nel momento in cui si osserva qualche cosa, che questo qualche cosa che si osserva sia esattamente là dove era prima che si osservasse. Si fa spesso un esempio: mettiamo che una pallina che rimbalza, si mette in una camera oscura in modo da poterla fotografare in un momento T particolarissimo per stabilire quindi la posizione e la velocità, questa operazione è semplice ci sono delle macchine che lo fanno. Per fotografarla occorre un lampo di luce, ma questa luce di che cosa è fatta? Di fotoni, particelle di energia che colpiscono la pallina, colpendo la pallina modificano la traiettoria e la velocità, quindi se lui la ferma in quell’istante, l’osserva in quell’istante, ha già modificato il corso della pallina. Adesso l’ho detta in modo molto rozzo, se volete potete andare a riprendere il testo di Heisemberg. Dunque quella pallina è allo stesso tempo in una posizione e in un’altra, è in una certa posizione in base ai calcoli e in un’altra in base all’osservazione, quindi si trova simultaneamente in due posizioni, come dire che ci sono due verità. Come vi ho detto adesso la dico in modo molto spiccio: non è determinabile a causa dell’osservazione, cioè l’osservazione modifica l’osservato. Tutto questo ha indotto taluni a pensare che sia di fatto sostenibile una doppia verità relativa a una doppia posizione. Ma per potere stabilire una cosa del genere, e torniamo al discorso di prima, occorre che non ci sia nessuna ambiguità e cioè che il linguaggio funzioni e cioè che il terzo escluso impedisca la possibilità che ci sia una terza possibilità: o vero o falso. Queste teorie, come la fisica, o anche la logica come quella paraconsistente e moltissime altre sono retorica, costruzioni del linguaggio, vale a dire che la fisica, che la scienza in generale compresa la medicina, la meccanica, l’ingegneria, l’economia, tutto è retorica, né più né meno che retorica. Figure retoriche, vale a dire affermazioni che si situano all’interno di un certo gioco, così come la meccanica dei quanti: partendo da certi postulati si giunge a quelle conclusioni, chiaramente si parte da certi postulati quindi si sta facendo un gioco, i postulati non sono nient’altro che le regole di quel gioco, ci si attiene a quelle regole e si traggono quelle conclusioni. La logica è una, è semplicemente, torno a dirvi per la miliardesima volta, la sequenza di istruzioni di cui è fatto il linguaggio, cioè la logica è il linguaggio di fatto. Il criterio non è nient’altro che questo: non contravvenire alle istruzioni di cui è fatto il gioco, questo è l’unico criterio di verità, non ce ne sono altri, qualunque gioco facciate, per sapere se la conclusione cui pervenite è vera o è falsa dovete utilizzare questo criterio, non ce n’è nessun altro, nessun altro è pensabile ...

Intervento: secondo questo che diceva adesso il discorso della persona è soltanto retorica ...

Assolutamente sì.

Intervento: le considerazioni fisse che procedono in modo più o meno coerente con gli assiomi ...

Sì, sono assiomi se faccio della logica, postulati se faccio della fisica. Riprendiamo la questione antica, e sempre a scopo didattico, didascalico, della logica e della retorica. La logica è fatta di istruzioni, la retorica ciò che queste istruzioni costruiscono, qualunque cosa sia è totalmente indifferente, che sia la lista della spesa, una dichiarazione d’amore, il principio di indeterminazione di Heisemberg, è comunque retorica, qualunque cosa costruita da queste istruzioni è retorica. Retorica cioè figure, modi in cui si costruiscono cose, la retorica è questo, definisce il modo in cui si costruisce il discorso …

Intervento: ...

Sì, l’intoppo sta nel supporre che queste istruzioni invece siano delle realtà, realtà esterne quindi le cose siano così per altri motivi: la volontà di dio in generale. Le teorie sono state costruite senza tenere mai conto che essendo costruite dal linguaggio, anche la fisica più sofisticata come la fisica dei quanti o la teoria della relatività sono state costruite dal linguaggio e quindi sono vincolate alla struttura del linguaggio e la cosiddetta realtà che scoprono, o inventano, è la realtà che è consentita dal linguaggio, che è vincolata alla sua struttura e da lì non può uscire in nessun modo, e quindi non è la realtà, è un modo in cui si configura il linguaggio, uno dei modi in cui può configurarsi, può configurarsi. La teoria Tolemaica alla la teoria ancora di Dante: la terra posta al centro dell’universo con tutti i cieli che stanno sopra o la meccanica dei quanti, tutte queste sono costruzioni del linguaggio. Chiaramente modificando di volta in volta le regole di quel gioco si modifica il risultato, è ovvio, ma non dicono assolutamente niente, come quando dicevamo tempo fa che è possibile provare l’esistenza di dio, una volta che l’abbiamo provata non abbiamo provato l’esistenza di niente, semplicemente abbiamo costruita una sequenza di proposizioni e basta. È una questione importante riuscire a fare intendere che il criterio non è nient’altro che questo: cioè non contravvenire a delle istruzioni e queste istruzioni sono il linguaggio, se qualunque persona contravviene alle istruzioni del linguaggio costruisce un’affermazione falsa e non può proseguire. Perché se uno trova che una certa cosa è falsa allora non la prosegue? Perché? Perché è il linguaggio che glielo vieta, ché essendo fatto di linguaggio non può che attenersi alla sua struttura: non contravvenire alle istruzioni, di fatto non c’è nient’altro che questo, è l’unico modo perché il linguaggio possa andare avanti, se lo fa, siccome non può arrestarsi ovviamente trova un’altra direzione, un’altra direzione che non contravvenga alle regole del gioco che sta facendo. È questo che non si intende, anche quelle persone che si sono date da fare rispetto alla logica per trovare la possibilità per reintrodurre il terzo escluso non si sono mai accorte di quello che stavano facendo, della vanità di un’operazione del genere, che per poterla fare lo utilizzano. Tutte le teorie sono retorica, ed essendo retoriche muovano da affermazioni che sono totalmente arbitrarie. Considerate la nozione di indecidibile, che è il terzo valore di verità nella logica intuizionista: vero/falso/indecidibile, questo indecidibile di fatto non significa assolutamente niente perché in base alle regole che io stabilisco per fare un certo gioco può essere perfettamente deciso così, come ha fatto per esempio, per citarne solo uno, Bertrand Russel rispetto ai paradossi. Dicevo che basta inserire questo gioco all’interno di un altro gioco e il paradosso è bell’e risolto, lo risolveva con diversi piani e con delle restrizioni, per esempio proibendo l’autoreferenzialità, cioè una certa caratteristica non può applicarsi alla caratteristica stessa, non si può, ha deciso così e bell’e fatto, è una decisione, se non altro ha avuto l’ardire di prendere una decisione. Non c’è nessun altro motivo in realtà, cioè ha posto delle regole per un altro gioco, semplicemente, e d’altra parte se io dico che “Epimenide cretese dice che tutti i cretesi mentono” formulo apparentemente un paradosso ma queste due affermazioni posso considerarle affatto dissimili, cioè appartenenti a giochi diversi, e allora non c’è nessun paradosso. Non ci sono paradossi all’interno del linguaggio. È possibile costruire un paradosso unicamente nel discorso se si suppone che un elemento sia fuori del linguaggio, questa è la condizione per costruire un paradosso ma qualunque paradosso è risolvibile facilmente considerando che si tratta di giochi linguistici differenti. È ovvio che un elemento se inserito all’interno di un gioco o inserito all’interno di un altro cambia. Il linguaggio non può ammettere paradossi, può costruirli il discorso, ma tutti i paradossi hanno alla loro radice una proposizione che afferma che qualcosa è fuori dal linguaggio, se si trova fuori dal linguaggio allora ecco i paradossi, perché da quel punto non può più fare niente, non può rispondere ovviamente se è fuori del linguaggio, ma se è all’interno del linguaggio non c’è nessun paradosso, di nessun tipo, può porlo come ipotesi, per assurdo “se fosse fuori del linguaggio allora ci sarebbe il paradosso” ma fuori del linguaggio non possiamo fare niente e allora non c’è nessun paradosso ...

Intervento: ma Wittgenstein che si era avvicinato moltissimo alla questione nel Tractatus che è l’opera in cui lui tentava di parlare proprio delle istruzioni …

Riponete ciascun elemento là dove si trova necessariamente e ogni paradosso scompare, tutto diventa semplice perché non può contravvenire alle istruzioni di cui è fatto. Il paradosso è qualche cosa che apparentemente contravviene a queste istruzioni, apparentemente, di fatto non le contravviene. Nella misura in cui un elemento è immaginato fuori dal linguaggio ...

Intervento: nel discorso della persona quando due verità convivono, due verità ritenute entrambe necessarie ma opposte la regola, l’istruzione che viene violata è quella della non contraddizione perché una è in contrasto con l’altra, questa è l’istruzione che si contravviene?

Tertium non datur, non c’è una terza possibilità, o uno o l’altro ...

Intervento: quindi è sempre questa perché possono esistere perfettamente sono sempre all’interno del linguaggio ma non c’è la possibilità di concludere se non scegliendo una o l’altra?

La retorica può farlo in realtà, può farlo proprio perché esiste il terzo escluso naturalmente, può costruire dei termini antonimi per esempio, che si oppongono tra loro all’interno di uno stesso discorso come: "un caldo raggelante”. La retorica può farlo, così come t’odio e t’amo, quante volte una persona odia e ama allo stesso tempo? Alcuni aspetti li ama e altri li odia, semplicemente, in questo caso queste due verità sono molto complesse e sono fatte di elementi che andrebbero scomposti perché all’interno di una verità ci sono, per esempio, altre cose che non appartengono, la retorica può farlo, può farlo senza nessun problema, può affermare una cosa e il suo contrario per questo, dicevo, che anche la fisica e molte logiche non sono che retoriche in realtà …

Intervento: ...

No, ma la stessa cosa succede anche là dove è richiesto di dimostrare, come per esempio nella fisica, ovviamente può dimostrarlo in base ai postulati che ha stabiliti, cioè stabilisce delle regole per fare un certo gioco e si attiene a quelle regole, dipende cosa si intende con dimostrazione ...

Intervento: sì ma all’interno di un discorso per esempio quello della nevrosi, ciò che costruisce una nevrosi in qualche modo è una doppia verità, come se all’interno di quel discorso giocassero due verità differenti, ora la persona non è che si accorge immediatamente delle cose che vanno in conflitto fra di loro, occorre che la persona anche in questo caso sappia di essere un discorso in prima istanza, l’altra volta si parlava della memoria chimica quando si parlava delle informazioni che man mano essendo linguaggio il bambino apprende continuamente quindi, si diceva, potrebbe avere miliardi di informazioni però perché il suo discorso utilizza soltanto le cose in cui crede, in una sorta di economia? Perché sono quelle che permettono alla persona di credere alle cose che crede, di pensare quelle cose che pensa ...

Sono le prime verità, le prime tautologie su cui ha costruito la sua esistenza ...

Intervento: in effetti se non si può considerare il proprio discorso, quello che accade continuamente nel proprio discorso, come funziona, quali sono le proposizioni che intervengono ecco che è molto complesso intendere quali sono i giochi che vanno in conflitto …

Un esempio molto semplice: prendete un discorso ossessivo dove la persona deve continuamente tornare indietro per verificare se ha chiuso il gas. Lo "sa" che l’ha chiuso perché lo ha appena fatto, ma al tempo stesso non sa se lo ha chiuso e così deve tornare indietro a controllare. Sono due giochi diversi, il primo si attiene a un gioco che è quello comune a ciascuno, il cosiddetto gioco della realtà, cioè ha fatto una certa cosa, l’ha memorizzata, ha compiute certe operazioni e si attiene a quelle, e questo è un gioco. L’altro gioco invece è differente, non è il cosiddetto gioco della realtà ma ha regole diverse, in questo caso sono quelle che gli impongono fantasmaticamente di eliminare qualcosa o qualcuno facendo saltare per aria la casa, per esempio. In questo caso queste nuove regole intervengono a contrastare il gioco precedente, quello della realtà, gioco linguistico retorico anche questo naturalmente che ha delle sue regole, in base a ciò che io vedo e a ciò che mi ricordo stabilisco certe conseguenze, un gioco al pari di qualunque altro, invece l’altro che lo costringe a tornare indietro, ha regole diverse ché non si attiene più a quelle del gioco precedente ma lo contrastano perché interviene un’altra spinta, un’altra motivazione, un altro desiderio, un’altra intenzione che è quella di far saltare tutto. Non potendo accogliere una a svantaggio dell’altra deve accoglierle entrambe, come fa il discorso ossessivo, cioè non rinuncia al suo desiderio ma non può neanche rinunciare al gioco della realtà e quindi la risolve andando avanti e indietro ...

Intervento: e quindi è come se ci fossero due ordini di regole ...

Distinguiamo allora per evitare confusioni: chiamiamo le une istruzioni e le altre regole. Le istruzioni sono semplici, sono quelle che permettono di pensare, le regole sono quelle del gioco che sta facendo in quel momento, sono regole retoriche ...

Intervento: sono due giochi ben separati ...

Mentre crede di fare un gioco unico che è quello di chiudere il rubinetto del gas, che si scompone, per dirla così, in due giochi differenti, lui pensa che sia uno solo, ma in realtà sono due con regole diverse. La conoscenza di tutto ciò ovviamente sbarazza della necessità di dovere continuare a giocare due giochi pensando che sia uno solo, con tutte le conseguenze del caso. Va bene, ci fermiamo qui questa sera, abbiamo detto l’essenziale.