30-12-1999
Nessuna questione? Allora proseguiamo il discorso
intorno alla direzione del discorso, dicevamo che non è sostenibile il fatto
che un pensiero, un discorso sia pilotato da altro se non ciò stesso che ne è
la condizione, quindi dal linguaggio in definitiva e ponevamo delle obiezioni a
buona parte della teoria psicanalitica, laddove questa afferma che una persona
fa una certa cosa perché c’è una tale fantasia, però tale fantasia in che cosa
consiste? Di questo la letteratura psicanalitica si è poco occupata pur
cercando l’origine di una fantasia…un fantasia l’abbiamo detto mille volte non
è altro che una serie di proposizioni che vanno in una certa direzione,
attenendoci al discorso che facevamo la volta scorsa, questo discorso è mosso
dalle stesse condizioni di cui è fatto e quindi intanto dalle procedure e dalle
regole ovviamente e poi da ciò che le regole a mano a mano che si costruiscono
impongono al discorso, voglio dire che ciò che il discorso costruisce viene
adoperato, dal discorso stesso, legittimamente come un punto da cui partire per
dire altro, il discorso funziona così: uno afferma delle cose e da queste cose
che ha affermato ne afferma altre e così via. Il fatto che alcune cose vengano
affermate comporta, affermate e fermate proprio nel discorso, comporta che il
discorso le acquisisca come necessarie al proseguimento e fin qui non ha
neanche torto, però necessarie al proseguimento del discorso, non necessarie e
basta, perché intendendole come necessarie e cioè come ineluttabili (affermanti
la verità) sì, comporta appunto l’idea che queste cose non siano altro che
l’espressione di qualche cosa che necessariamente è e non possa non essere,
qualcosa fuori dalla parola, mentre sono cose necessarie al proseguimento del
discorso, questo comporta che una fantasia, una qualunque fantasia non sia
altro che un elemento che è messo lì perché il discorso prosegua come un
qualunque altro elemento, cioè a che scopo serve una certa affermazione? a fare
proseguire il discorso, a che scopo serve una certa negazione? A fare
proseguire il discorso, questa è la finalità di qualunque cosa si affermi, e
logicamente non possiamo affermare nient’altro che questo, poi all’interno di
questa struttura retorica la persona afferma un certo numero di cose e
immaginando che siano necessarie di per sé allora immagina che ne conseguano
altre necessità, è così che si costruisce una superstizione, perché immagina
che una certa cosa sia necessaria di per sé, è necessario che i genitori amino
i figli, per esempio, è una cosa naturale così è sempre stato e deve essere
così, va bene, allora a partire da questa proposizione io ne costruisco altre
le quali seguiranno sempre fantasmaticamente necessariamente all’assioma e
quindi se credo quello credo anche questo. La questione fondamentale in un
analisi è giungere a potere considerare che qualunque discorso si stia facendo,
l’unico scopo di questo discorso è quello di proseguire il linguaggio,
proseguire la parola nient’altro che questo. Cosa comporta una cosa del genere?
Che non possiamo più affermare che la persona dice delle cose perché ha avuto
un trauma infantile, no dice queste cose soltanto per proseguire a parlare, poi
la volta scorsa ci eravamo fermati sulla domanda “perché queste cose anziché
altre?” e avevamo cominciato a dire che l’assioma da cui muove non è
esattamente identico per tutti, facevamo l’esempio “io credo in dio” per
ciascuna persona questo si configura in modo assolutamente specifico, per cui
di fatto una qualunque affermazione che venga fatta segue logicamente a quelle
precedenti, né potrebbe essere altrimenti. Ora non è che questo consenta poi di
potere prevedere l’andamento di un discorso se non in linee molto generali
(segue logicamente significa che è un elemento che si aggiunge oppure una
conclusione che trae il discorso?) non si escludono certo in genere sì è la
conclusione che trae, dice questo allora quest’altro, se i genitori devono
amare i figli allora tutto quello che diranno sarà per il mio bene, quindi se
lo dicono per il mio bene allora è così e che devo fare così per esempio, o
qualunque altra cosa, però ci sono varie implicazioni in una cosa del genere
che inducono anche a una riflessione intorno alla tecnica psicanalitica, la
persona afferma certe cose, si tratta allora di intendere a che cosa sono
connesse queste cose, cioè costruire una storia intorno a questa affermazione
oppure, oppure fare in modo che constati che ciò che sta dicendo non ha nessuna
altra funzione se non proseguire il linguaggio, certo può anche costruire una
storia però a questo punto questa storia che costruisce che funzione ha?
Aggiungere altri elementi sì, certo ma a che scopo? domanda legittima a meno
che questo non abbia appunto l’utilità di condurre la persona a constatare che
tutto ciò che dice non ha nessun altra funzione se non proseguire il discorso,
il fatto che voglia soffrire, che voglia stare bene, stare male, tutto questo
non significa assolutamente niente, che il discorso prosegua non implica come,
cioè non ha nessuna importanza, ciascuno pone le cose in modo tale perché il
discorso prosegua, il come può essere assolutamente marginale e irrilevante,
una persona prosegue il discorso cercando la sofferenza… (ciò implica delle
cose, se una persona prosegue il discorso cercando la sofferenza perché è
l’unica cosa che sa dire e fare però chiaramente lasciarla fare certo ma
occorre che si accorga poi, perché se no questa è una prova per rigettare il
percorso che sta facendo) chiaro, sì stavo riflettendo su una questione
differente cioè rispetto proprio alla tecnica analitica cioè se sia
preferibile, come dire? fare in modo che intenda da dove viene questa
sofferenza, una questione oppure baypassare semplicemente la questione e
puntare direttamente alla considerazione che questa sofferenza non è
nient’altro che la necessità di proseguire il discorso, che poi si chiami
sofferenza, gioia, piacere, entusiasmo che differenza fa? sto portando le cose
un po’ alle estreme conseguenze, ma dovete cominciare a pensare che la
sofferenza, il piacere, la gioia, l’entusiasmo di per sé non sono assolutamente
niente, sono soltanto delle enunciazioni, delle enunciazioni che servono al
linguaggio per proseguire, che non hanno nessuna valenza, nessun valore,
nessuna portata, assolutamente nessuna, come se uno dicesse “domani devo andare
a Milano, oppure domani devo andare a Pavia” va bene. Incominciare a pensare in
termini molto radicali ciò andiamo facendo, una persona che enuncia di soffrire
terribilmente non sta dicendo nulla di fatto se non qualcosa che le consente di
proseguire il discorso che naturalmente non è né bene né male, che non è
niente, dice di soffrire tantissimo, cosa vuol dire questa cosa? non vuol dire
nulla salvo che è un modo come un altro, né più né meno perché il discorso
prosegua. È tenendo conto di questi aspetti che, sto ancora ponendo come
questione, mi stavo domandando se sia il caso oppure no di per esempio reperire
“le fonti” tra virgolette di una fantasia oppure se è assolutamente marginale.
Diceva Beatrice occorre che una persona si accorga certo, ma è costruendo altre
storie a fianco a questa che si accorge oppure no? Oppure, è una questione che
dovremmo elaborare perché è difficile dare una risposta così d’acchito, è una
questione, oppure trovare, reperire una tecnica, perché no? Che possa
consentire di considerare che a null’altro serve se non a proseguire il
discorso, ora è chiaro che per una qualunque persona approcciare una cosa del
genere è piuttosto arduo, anzi arduissimo, direi è assolutamente inaccoglibile
e allora in questo caso potrebbe anche farsi un’operazione del genere cioè
utilizzare questa serie di racconti che una persona fa lungo un’analisi,
qualunque essi siano non ha nessuna importanza per ottenere e raggiungere lo
scopo di cui dicevo prima, cioè ciascuna volta prendere il discorso e per esempio
mostrare che altri discorsi ancora possono costruirsi e poi infiniti altri,
però questo non giunge e non consente di intendere ciò che andiamo dicendo,
occorre che noi troviamo e solo noi possiamo farlo, un modo, una tecnica, è una
questione antica però è sempre presente in qualche modo, una tecnica che
consenta a una persona che lo voglia fare ovviamente, perché questa è la
condizione fondamentale se non lo vuole fare non c’è verso, come un
integralista gli si può dire qualunque cosa non mi interessa io continuo a
credere quello che mi pare, a questo punto pochi strumenti abbiamo, però
muoviamo dalla supposizione che la persona intenda elaborare e svolgere il
proprio discorso, trovare una costruzione che consenta di inserire questo
elemento all’interno del suo discorso e cioè che sta parlando soltanto perché
il discorso prosegua e non c’è nient’altro nel mondo e né fuori, è dura, è dura
perché è togliere l’aspetto religioso, e questo l’abbiamo detto un sacco di
volte che nella più parte dei casi è quasi impossibile perché gli umani
sembrano fatti di questo…però come costruire una cosa del genere? Come
inventarla vi rendete conto che una persona può prendere l’altra considerare
tutta una serie di aspetti ma l’altra persona si rivolge talvolta a voi non per
questioni teoriche ma perché ha gli acciacchi e quindi non vuole sentire
nient’altro se non parlare dei suoi acciacchi, come dire che mettersi lì a fare
disquisizioni teoriche può essere controproducente, l’altra volta dicevamo di
portare alle estreme conseguenze questi acciacchi, certo, ma non è così
semplice, continuiamo a ruotare intorno a qualche cosa che continua a sfuggire,
probabilmente è la questione centrale in tutto ciò che andiamo facendo, tutto
ciò che gli umani hanno cercato negli ultimi duemila anni, per questo è
abbastanza difficile trovarlo, però dobbiamo trovarlo, questa è la scommessa
fondamentale, trovarla comporta dare a tutto ciò che abbiamo detto in questi
ultimi anni, questa possibilità a chiunque lo voglia di potersi praticare,
vediamo un po’ cosa comporta che qualunque cosa si dica non ha nessun altro
scopo se non il proseguimento del linguaggio? Naturalmente la perdita dei
valori che gli umani danno alle cose, alle parole ecc… e quindi a sé e quindi
dire che io non sono altro che una stringa di significanti, non sono e non sono
stato e non sarò nient’altro che questo….perché gli umani non amano essere
considerati stringhe di significanti? Questa è già una questione che potrebbe
cominciare ad avvicinarsi al problema, perché dunque infastidisce così tanto?
Perché è importante che ciascuno ritenga di sé di essere importante per
qualcuno soprattutto e per sé in seconda battuta? Perché gli umani temono più
di ogni altra cosa di non essere considerati, stimati, apprezzati, amati ecc.
ecc... perché? Sembra un po’ questa la questione ad un certo punto, cosa
succede se un umano non può pensarsi tale? Cioè sappiamo cosa succede gli viene
la depressione, gli vengono un sacco di acciacchi, si avvilisce etc. però
perché? Cosa funziona? Cosa costringe uno a dovere pensare di sé di essere
importante per qualcuno? Fino a tutte le costruzioni faraoniche delle
religioni, l’istinto materno e tutte queste cose….l’istinto materno non è altro
che il desiderio fortissimo di avere qualcuno che ha necessità assoluta di me,
è fatto di questo chiaramente, cioè essere necessario per qualcuno….ma a che
scopo? Perché se voi considerate ciò che andiamo dicendo effettivamente sembra
viaggiare in una direzione assolutamente opposta a questo e cioè toglie tutto
ciò che per gli umani è motivo di esistenza, tant’è che molti dicono adesso non
servo più a nessuno, a cosa serve la mia vita? Questione, sì luoghi comuni,
sono banali certo, però sono quelli di cui gli umani vivono e quindi dobbiamo
intendere molto bene una cosa del genere per potere proseguire, tenendo sempre
conto che tutte queste operazioni servono unicamente a fare proseguire il
linguaggio, però perché in questa direzione? Che tende invece almeno così
idealmente a farlo arrestare, come se raggiunto un certo obiettivo tutto il
resto non avesse più senso, come se quasi il discorso si arrestasse sull’ultima
questione, sulle cose più importanti e cioè per potere pensarsi importanti e
avere tutti questi valori di cui gli umani si servono generalmente è necessario
che esista qualcosa fuori dalla parola, assolutamente necessario, ecco la
condizione (e soffermarsi sull’ io come costruzione di se stessi, perché a
volte si delega sempre all’altro questa operazione… sono stimato, amato… senza
il mondo esterno cioè io sono bastante, cioè io parlo… la consapevolezza di
sé…) ma la questione è un po’ complessa perché posta in questi termini potrebbe
anche evocare strutture ontologiche quelle dell’io in quanto tale, io non è
altro che un’istanza grammaticale e serve al linguaggio per costruirsi ma così
come una qualunque istanza grammaticale, teoria grammaticale in questo caso non
ha un referente. Quando lei dice io, di fatto usa una categoria grammaticale
che consente la costruzione di un certo discorso ma non ha nessun referente, questo
è fondamentale, mentre nel pensiero comune l’io ha un referente, chiaramente
questo referente è autoreferente in quanto io non può essere infinite sono le
cose….che io penso, che io avverto, che io credo, che io faccio e via dicendo e
quindi ripeto all’infinito questa istanza grammaticale, che non ha nessun altro
scopo che se non fare funzionare il discorso cioè differenziare dei discorsi da
altri, e cioè potremmo chiamarlo un operatore deittico, cioè quegli elementi
che servono a indicare la direzione che prende un discorso, se io dico “sto
fumando” è diverso che dire “Cesare sta fumando, tu stai fumando etc.” un
elemento che come tale serve a stabilire delle differenze in modo tale che il
linguaggio possa funzionare, però torno a dire non ha nessun referente
all’infuori di sé, cioè non si riferisce a niente e quindi l’io differisce
dall’altro perché sono differenti le categorie grammaticali, che hanno funzioni
differenti all’interno del discorso, per cui lo fanno funzionare in modo
diverso, così come il prima e dopo, categorie grammaticali che servono a
distinguere delle proposizioni da altre, se queste categorie grammaticali non
esistessero il linguaggio non potrebbe funzionare, però il linguaggio comune in
effetti suppone invece che l’io sia una categoria ontologica cioè corrisponda a
qualcosa, abbia un referente fuori dalla categoria grammaticale e questo
referente non sia nella parola, questa è la condizione, come dire io esisto
anche fuori dal linguaggio (dio esisto fuori dal linguaggio) però la questione
che sta affrontando è molto complessa, ci va qualche tempo per intendersi anche
perché non c’è nulla, se voi andate a cercare nella letteratura non trovate
assolutamente niente, quindi la questione è per esempio, perché gli umani
vogliono essere importanti, o si credono tali (o non si credono tali. È la
stessa storia) sì con tutte le infinite varianti, ipotesi, considerazioni? (…)
Cesare qualche pensiero? (portare le persone a fare domande e nelle risposte
inserire elementi) ha idea di come porre in atto questa cosa? (…) però lei sta
riflettendo su un obiettivo non sul mezzo per raggiungere… lei giustamente dice
di muovere l’interesse, la curiosità intellettuale e quindi porre le condizioni
perché cominci a svolgere in un certo modo il suo discorso, certo, però è il
modo, cioè come portare alla curiosità, risulta non semplice, tenendo conto
della forte religiosità che c’è nel discorso. Sì come avete notato dicevamo
prima la questione della tecnica che è molto difficile perché è come dire che
ciò che stiamo ponendo è esattamente il contrario di ciò che afferma il
discorso occidentale, il discorso religioso (…) sì difatti cosa diceva Cesare
adesso lo utilizzeremo anche nelle conferenze in modo… parleremo del discorso
ossessivo un paio di volte e poi approcciando il discorso schizofrenico
comincio a porre questioni teoriche e riprendere quindi conferenze che vertono
intorno al discorso che stiamo facendo. Forse la cosa che più incuriosisce è un
discorso nuovo, più che fare cose intorno a questioni cliniche che sembrano non
essere di grande interesse ultimamente, invece fare un discorso diverso
potrebbe incuriosire così come ha funzionato in effetti le persone si sono
avvicinate quando facevamo conferenze più teoriche, lo stesso Cesare, Roberto,
si sono avvicinati proprio per questo motivo cioè hanno avvertito che c’era
qualcosa di insolito e che li ha incuriositi. La nostra risorsa è il nostro
discorso, è inutile che andiamo a cercare chissà dove, su quello dobbiamo
puntare sempre e poi chiaramente di fianco la questione della tecnica poi si
tratta di porre in atto ciò che andiamo dicendo laddove ci sia una specifica
domanda d’analisi, molte volte di guarigione, ho male qui “mi guarisca”, non è
un bel modo di partire ma il più delle volte avviene così e di questo occorre
tenere conto. Nell’ultima conferenza quando dissi che è sorprendente il fatto
che le persone non inizino l’analisi enunciando come problema il fatto di
credere… non era tanto una boutade, in effetti è questa la questione e cioè ciò
che si tratta di svolgere in un’analisi è la religiosità della persona, il
fatto che creda in dio o qualunque altra cosa, questo nient’altro che
questo….come se la risposta a tutte le domande che vi pone l’analizzante
“perché sto male, perché così?” “perché credo in dio” adesso adotto questa
formulazione, ma la risposta è questa e con questa occorre confrontarsi;
l’analisi non è altro che un percorso in cui si svolge e si intende e si
dissolve la struttura religiosa, nient’altro che questo, quindi ciò che
dicevamo prima perché le persone vogliono essere importanti direi che segue
necessariamente a una struttura religiosa in cui si trovano, se c’è la
struttura religiosa allora necessariamente la persona vuole essere importante,
perché crede che esista qualcosa fuori dalla parola e quindi a questo qualcosa
fuori dalla parola vuole aggrapparsi, vuole agganciarsi in quanto verità
assoluta per esempio o qualunque altra cosa del genere e quindi essere
importanti per qualcuno e vuole essere confermato in questa verità. Già. E in
effetti forse accennavamo già la volta scorsa questo nuovo anno che si apre lo
dedicheremo alla religione, non alla religione in quanto tale ma alla
struttura, come funziona, tutto ciò che dobbiamo sapere che occorre che
sappiamo della struttura del discorso religioso, tutto, perché è questo che si
oppone….il nostro discorso spezza la struttura del discorso religioso e la
rende impossibile, non fa nient’altro che questo ma questo lo fa e quindi
dobbiamo lavorare molto sulla struttura del discorso religioso e riprendere
anche cose che abbiamo detto “perché la religione” abbiamo cominciato a dire
delle cose abbastanza precise ma non ancora a sufficienza, bisogna andare
ancora oltre perché lì sta la chiave di volta di tutto il discorso occidentale
e quindi ciò che si oppone da parte di chiunque altro, tutte le obiezioni che
ci vengono rivolte sono obiezioni che muovono dal discorso religioso.