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30-11-2005

 

Si leggono brani da Searle “Atti linguistici” – Significato – pag. 74-75

Intervento: se non c’è un obiettivo deve costruirlo perché se no come fa a tenere conto di quello che sta dicendo visto che quello che va dicendo gli serve per produrre linguaggio, per continuare a parlare, non è obiettivo del linguaggio ma l’obiettivo di quella storia che sta raccontando, di quello che va dicendo…

In questo caso qual è il suo obiettivo?

Intervento: il mio obiettivo è quello di poter giocare il gioco del linguaggio perciò devo tenere conto continuamente mentre parlo di quello che vado facendo per giocare io questo gioco e non essere giocata, è la scommessa per il piacere, per il gusto di farlo

Sì perché effettivamente l’obiettivo segue la stessa via del gioco del dizionario in effetti, e questo ci dice che forse dovremmo riflettere meglio sulla funzione dell’obiettivo e considerare qual è l’obiettivo del linguaggio, intanto chiederci appunto che cosa intendiamo con obiettivo: ciò che il linguaggio vuole ottenere, vuole raggiungere, e sappiamo che cosa vuole il linguaggio, costruire proposizioni che risultino vere all’interno del gioco che sta facendo, cioè che mostrino di essere vere, e per essere vere è sufficiente che non contraddicano le premesse da cui partono a meno che non se ne accorga e se non se ne accorge è come se non le contraddicesse, quindi l’obiettivo potrebbe essere soltanto questo: parlare di qualche cosa e quindi deve costruire qualcosa di cui parlare, possono essere gli acciacchi o può essere una elaborazione teorica, cioè un argomento, anche perché non può parlare di niente…

Intervento: perché parlare di una cosa anziché l’altra visto che parlando dei suoi acciacchi può andare avanti all’infinito… è più interessante la ricerca teorica?

Supponiamo che io o chicchessia dica: “che bella giornata oggi!” l’altro potrebbe dire: “e allora?” ma perché uno dice una cosa del genere? A che scopo? Per comunicare che cosa? Che c’è il sole che brilla nel cielo? Ciascuno lo vede, non aggiunge nulla che l’altro già non sappia, togliamo l’eventualità che questo rientri all’interno di un codice particolare, come una parola d’ordine, perché uno dice una cosa del genere? La prima cosa che verrebbe da dire è: per dire qualcosa, pare quasi una funzione fatica “mantenere il contatto” con qualcuno, con l’interlocutore, come se il linguaggio avesse questa esigenza di fare sapere all’altro che c’è un contatto, ma perché far sapere all’altro che c’è un contatto? A che scopo? Come se dicesse che c’è la possibilità di parlare. Il discorso cerca qualche cosa per potere continuare a dire, certo può parlare anche da solo, questo è ovvio, però di fatto cerca preferibilmente un interlocutore che non sia se stesso, ma forse c’è anche un motivo per questo, in effetti il discorso si aspetta dall’altro qualcosa di nuovo rispetto alle cose che sa, potrebbe anche farlo da sé, però è il modo più veloce, più rapido, più comodo attendersi dall’altro una differenza sulla quale costruire proposizioni, e quindi cerca di mantenere il contatto con l’altro, con un altro discorso. È ovvio che non è solo questo, anche perché quando uno dice che “bella giornata” lo dice perché c’è qualcuno presente, se è da solo non lo dice, dunque si aspetta dall’altro un ritorno, se non c’è questo ritorno c’è il silenzio assoluto…

Intervento: è maleducato!

Sì, come dire che la funzione fatica è fallita, non ha creato il contatto, dire che l’altro è maleducato è come dire che non è stato al gioco, ché pure lui conosce le regole del gioco perché non sta a quel gioco? Che poi se vogliamo dirla tutta la domanda fondamentale è questa: “perché si parla?” e la risposta più immediata è questa: perché esiste il linguaggio, se non ci fosse non si parlerebbe, è lo stesso motivo per cui gli umani si annoiano, una persona che sta tutto il giorno da sola in casa, non c’è la radio, non c’è la televisione, non c’è il telefono non c’è niente, gli animali invece se stanno tutto il giorno in casa e dormono prevalentemente, non si pone la domanda: “che cosa faccio?”, non è inquieto perché non ha niente da fare, se non ha niente da fare dorme. La domanda: “che cosa faccio?” è tipica degli esseri umani, senza linguaggio non potrebbe porsi una domanda del genere perché non avrebbe la necessità di dovere parlare. Invece per gli umani è una questione fondamentale: trovare cose di cui parlare. Il linguaggio per funzionare deve parlare, come dire che il linguaggio deve trovare lui, cose di cui parlare, ma queste cose di cui parlare dove le va a cercare? È ovvio che non possono essere cose fuori dal linguaggio, sono cose che gli appartengono…

Intervento: perché non è sufficiente…

Per il momento è una possibilità, non basta dirlo, bisogna provarlo, però vediamo se ci sono altre cose intanto, sappiamo che ciò che costruisce deve risultare non contraddittorio con ciò da cui è partito, e questo è l’unico requisito che serve, però la questione torna a essere questa: “perché gli umani parlano?”

Intervento:…

Vero, mantenere un contatto, però perché questo? Perché mantenere questa possibilità?

Intervento: per lasciare la porta aperta per creare proposizioni

Certo che no, infatti la famosa conversazione da ascensore: “bella giornata oggi” e l’altro “sì proprio bella” cioè come conversazione potrebbe essere conclusa, in effetti è stata affermata qualche cosa ed è stato certificato che è vero, è una conversazione completa, c’è tutto, come se fosse il modello in un certo senso di qualunque tipo di conversazione, dalla più banale alla più complicata, cioè dire qualcosa e poi affermarlo, cioè dire che è vero…

Intervento: concludere

Sì, io affermo qualcosa affermandolo, lo fermo, cioè lo stabilisco, dicendo qualcosa posso anche non affermarlo tant’è che una domanda non afferma, chiede…

Intervento: l’esigenza che ci sia l’intervento della parola

Può spingersi ancora oltre, tra gli umani c’è l’esigenza di parlare, se incombe il silenzio si sente quel disagio di cui si diceva, se il silenzio incombe è un problema, come se ci si aspettasse di dovere parlare se c’è qualcun altro, mentre se si è da soli no, non c’è questa esigenza, è l’altra persona che impone la necessità di dovere parlare, perché?

Intervento: ci sono figure costruite dal linguaggio per esempio gli psicotici, quelli tosti che non sentono non hanno bisogno di parlare con altri come se l’inserimento di nuovi elementi li infastidisse

Sì, in quel caso lo psicotico sta parlando con qualcuno…

Intervento: sì certo l’interlocutore è il “suo amico”

Intervento: se ci fossero già tre persone in ascensore è già diverso

Se ci sono dieci persone non c’è nessun bisogno di parlare…

Intervento: nella copia “non ti accorgi di me” e quindi la parola diventa il veicolo…

La domanda che si pone, ché la funzione di un altro discorso è soltanto quella di certificare un discorso che si pone di fronte a un altro, la domanda è se la funzione di un altro discorso è soltanto quella di certificare il mio, cioè di confermare, è una possibilità anche questa…

Intervento:…

No, non è solo questo, deve essere confermato direttamente o indirettamente, esplicitamente o tacitamente, ma è una conferma che si cerca, in effetti lei diceva in assenza di dialogo magari parole ce ne sono, quelle che si chiamano comunicazioni di servizio. Però non è generalmente questo che si intende con dialogo, non è soddisfacente questo, ma forse se c’è il riferimento al fatto che non vengono confermate anche tacitamente… uno che vi sta ad ascoltare tacitamente conferma, a meno che non lo dica che non è d’accordo, se no in qualche modo conferma le cose, fa esistere, registra le cose che vengono dette, le registra nel senso che le certifica, è come se in un certo senso dicesse: è vero…

Intervento:…

Si e no, lì c’è già l’attesa di una risposta che certifichi la mia posizione…

Intervento: nel dialogo si parla di sé

La questione si mostra molto più complicata di come sembrava, rimane la questione: come funziona il discorso? Come accade che una persona parli, certo l’intenzione, ma perché il linguaggio per proseguire se stesso deve seguire certe vie? Ci sono tanti elementi che occorrono, sì certo il riconoscimento, se ci si trova con un'altra persona ci si aspetta che questa necessariamente dica qualcosa, questo è il frutto soltanto dell’addestramento? In questo caso il proprio discorso funziona, sono quelli gli elementi che fanno procedere e proseguire il discorso? Se io mi trovo da solo a considerare questioni intorno al linguaggio, in quel momento non ho bisogno di nessuno, i problemi e le difficoltà che le elaborazioni pongono sono sufficienti a farmi proseguire a pensare, quindi a parlare…

Intervento: se il problema costituisce il mio interlocutore…

A questo punto potremo anche dire Sandro che non ho bisogno di nessun interlocutore, perché è il mio discorso stesso che si pone delle questioni, le risolve, svolge, decide, e non c’è nessun interlocutore, non interloquisco con nessuno, è il discorso che conta, a questo punto volendo potremmo sbarazzarci dell’interlocutore, il discorso procede però…

Intervento: io mi sto interrogando su questione e vado a leggere quelli che sono i testi in cui quelle questioni sono trattate

Sì, ma è come se lei volesse a tutti costi mantenere presente l’interlocutore, possiamo dire che l’interlocutore è…

Intervento: che cosa stiamo facendo qui e adesso

Ognuno risponde per sé.