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30-11-2004

 

Intervento: a proposito del conflitto perché ci sia conflitto c’è bisogno della contrapposizione di due giochi, mi chiedevo se ciò potesse avere qualche fondamento logico… con cosa gioca un figlio? Con gli assiomi che provengono dalla madre, dalle istituzioni, da dio gioca solo con questo per cui questa contrapposizione… come è possibile che il gioco della madre e del figlio siano lo stesso gioco tanto per cui quando si trovano al conflitto si rispondono a vicenda ciascuno dicendo quello che vuole però le regole dei giochi che fanno appaiono un gioco solo e quindi un gioco in contrapposizione con l’altro

I giochi di carte per esempio, tranne il solitario, sono in contrapposizione, tutti e due fanno lo stesso gioco e ciascuno dei due cerca di sopraffare l’altro e quindi è lo stesso…

Intervento: però è lo stesso gioco

Sì, lo diceva lei prima, in effetti anche il figlio è contro quelle regole che combatte perché la mamma ha sempre ragione, ma fanno lo stesso gioco cioè accolgono le stesse regole solo che si trovano antagonisti per vedere chi dei due riesce a sopraffare l’altro, ma utilizzando sempre le stesse regole

Intervento: Freud parlava del principio di piacere e in fondo lui partiva dal corpo… come se tutto ciò che si dice finisse nel dire sensazioni corporee… è il corpo che determina il piacevole o il non piacevole, il gioco della mente e il gioco del corpo nel discorso occidentale sono distinti ma è come se si fondassero sul gioco del corpo cioè sulle particolari sensazioni corporee… l’esistenza è l’esistenza del corpo la paura fondamentale è che il corpo muoia… lei aveva già cominciato sensazioni freddo, termometro…

Si diceva del corpo come strumento, come mezzo che il linguaggio utilizza, in effetti le sensazioni, piacevole/spiacevole provengono da un addestramento in buona parte: ciascuno impara che alcune cosa sono buone e altre no, e viene insegnato per lo più tant’è che nessuno mangia scarafaggi né topi morti, perché no? In fondo sono proteine…

Intervento: schifo

Esatto, ma questo schifo da dove viene? Ché se ciascuno fosse stato addestrato a mangiare scarafaggi e topi fino dall’infanzia troverebbe gli scarafaggi e i suddetti topi assolutamente appetitosi, chiaro che se invece è allevato a spaghetti alla amatriciana e torte al cioccolato apprezzerà queste cose e quindi anche qui non è affatto una cosa naturale, è un addestramento…

Intervento: la mia natura… se a me piace una certa cosa è perché io sono fatto così

Questo è il luogo comune certo, che non significa niente, sono le cose in cui crede, è un modo di dire come quando si dice che “a pelle” una persona è antipatica. Sono modi di dire, sono quasi interiezioni, non significano niente…

Intervento:…

Sì, è possibile anche questo, ciascuno difende le cose in cui crede ovviamente ma rimane il fatto interessante che il corpo viene costruito dal linguaggio come uno strumento da utilizzare per costruire storie, proposizioni in definitiva, quindi tutte le cose che il mio corpo sente può sentirle perché c’è il linguaggio e da quel momento tutte le cose che sente vengono a contribuire alla costruzione di storie o al proseguimento del linguaggio più propriamente. Ora potremmo anche considerare perché il corpo ha assunto una portata così prioritaria su qualunque cosa riprendendo le considerazioni dell’altra volta e cioè sull’avvio, sull’avviarsi del linguaggio. Le prime istruzioni che vengono fornite, non potendo essere considerate né vere né false, sono prese come dati di fatto e solo in seguito saranno considerate esistenti di per sé e quindi vere. Ora anche le sensazioni che la persona avverte dal momento in cui si instaura il linguaggio, da quel momento in cui ha il linguaggio può considerare esistenti queste sensazioni, le può considerare esistenti perché può pensare a queste sensazioni e quindi inserirle all’interno di un sistema: questa è una sensazione piacevole e questa no. Dal quel momento il corpo diventa importante ma anche le sensazioni del corpo, al pari di altre, non sono né possono essere messe in dubbio, né in discussione soprattutto e per questo diventano automaticamente vere…

Intervento: al pari di altre?

Sono istruzioni che vengono fornite…

Intervento: è il corpo che le rileva

Le rileva perché c’è il linguaggio, come dicevo le sensazioni che trae dal corpo e le istruzioni che riceve per esempio dalla mamma: “non fare così perché se no succede cosà”, e quindi al pari di queste prime istruzioni rimangono cose assolutamente vere, reali come dicevamo, sono la matrice della nozione di realtà. E ciò che il corpo prova, cioè la sensazione attribuita al corpo, non viene né verrà mai messa in discussione perché è stato addestrato a non farlo. Le istruzioni che riceve sono tali per cui è indotto a pensare che le sensazioni che il corpo fornisce, o meglio queste altre istruzioni che vengono dal corpo, non siano mai menzognere, faccio un esempio banalissimo: la mamma chiede “hai freddo Pierino, hai caldo?” “hai freddo metti la maglia” “hai caldo togli la maglia” non mette mai in discussione ciò che il bambino sta dicendo “hai freddo, ma ne sei sicuro?” automaticamente è accolta come assolutamente vera…

Intervento: infatti il bambino impara ad avere caldo o freddo

Sì, anche questo è un addestramento, ciascuno da sempre è abituato a vivere in ambienti riscaldati, non è avvezzo a vivere all’addiaccio, le istruzioni che avrebbe tratte vivendo all’addiaccio sarebbero differenti, ora supponiamo per un momento che queste sensazioni procedano da un’istruzione, così come qualunque altra cosa che viene fornita, come dire “questo è questo” il tuo caldo è “il caldo”, il tuo freddo è “il freddo”, da quel momento riceve, l’umano piccolo, riceve un’istruzione fondamentale: quelle cose che gli hanno insegnato ad attribuire al suo corpo sono sempre vere e si comporta di conseguenza, esattamente allo stesso modo come “il questo è questo” di cui dicevamo, viene addestrato a pensare che quella è la realtà cioè che il freddo che sente è reale, che di per sé come proposizione non significa assolutamente niente, ma per lui invece significa, significa che sta dicendo il vero cioè che il suo discorso sta dicendo il vero, non sta mentendo, e che pertanto potrà proseguire in quella direzione sempre e comunque ed è la nozione di realtà, né più né meno, ecco perché è così reale la botta in testa, perché è stato addestrato a pensare fin da piccolo, fin da quando ha appreso il linguaggio che quello che sente è automaticamente e immediatamente e inconfutabilmente vero, perché nessuno gli ha mai insegnato a fare altrimenti né a pensare in un altro modo. Fa male? Sì e allora quello è “il male” non esiste l’alternativa “ti fa male, ma sei sicuro, potrebbe non essere così? Potresti ingannarti rispetto a ciò che senti” cosa che avviene continuamente per altro; è un addestramento, procede per istruzioni ma tutto ciò che viene insegnato come assolutamente e necessariamente vero in questo modo e cioè nel modo per cui può essere indotto un insegnamento, là dove non c’è la possibilità di metterlo in discussione diventa la base, diventa come dicevamo l’altra volta, la base su cui si costruisce il linguaggio, non è poco. Sono i fondamenti su cui il linguaggio comincia a costruire tutto quanto e questi fondamenti del linguaggio vengono chiamati realtà, per cui il fondamento del linguaggio è la realtà e non il contrario, come dicevamo la volta scorsa noi abbiamo deprogrammato questo sistema, ma il sistema funziona così…

Intervento:…

Le descrizioni che fa del corpo non sono soltanto descrizioni, anche sì, certo, ma soprattutto sono enunciazioni di uno stato di fatto, di uno stato di cose. Perché non viene mai messa in gioco una cosa del genere?

Intervento: è la realtà

Sì certo, ma perché? Perché non c’è nessun motivo per farlo, perché mettere in gioco i fondamenti stessi del linguaggio? I fondamenti stessi della mia esistenza? Io esisto, cosa devo mettere in discussione? È assolutamente vero, è la verità…

Intervento: se non ho nessun bisogno di mettere in gioco alcune cose com’è che…

Quando mai avviene una cosa del genere? Chi fa una cosa del genere, a parte noi?

Intervento: occorre che qualche cosa faccia traballare una certezza dopo di che considero gli effetti… oppure prendo l’occasione per considerare alcune altre cose… cosa occorre perché una cosa traballi? Anche una persona che entri in analisi può avvertire che qualche cosa non è più così automaticamente certo…

Il primo elemento è questo: il fatto che glielo stia dicendo lei, lui ha un’estrema fiducia, ché funziona come auctoritas e poi, e questo grazie a lei, di cominciare ad accorgersi di alcune cose che sta dicendo, magari sta dicendo cose che non pensava di dire e di cui non se ne sarebbe mai accorto di dire, se lei non glielo avesse fatto notare, e che queste cose sono in opposizione a quelle che invece afferma di credere, ecco che a quel punto incomincia a considerare l’eventualità che forse potrebbe non essere proprio così come pensava che fosse, che è esattamente il percorso che abbiamo cominciato a fare noi tutto sommato, se ci pensa bene, abbiamo cominciato a prendere i vari autori, a prenderli per buoni, a partire da Aristotele e poi altri, poi i linguisti, poi i logici…

Intervento: per la precisione abbiamo cominciato con Platone

A questo punto abbiamo incominciato a considerare la questione in termini logici, è stata in buona parte la logica che ci ha messi sulla buona strada e abbiamo continuato a utilizzare le stesse cose che le persone dicevano all’interno della loro stessa teoria, che è esattamente ciò che dicevo prima rispetto all’analizzante, utilizzare le stesse cose che la persona dice all’interno del suo discorso mostrandogli che ha detto cose che non sapeva di avere dette, e delle quali non si è mai accorto, accorgendosene ecco che si inserisce un elemento che, in alcuni casi, può essere dirompente, in altri casi no però è una specie di cuneo che si inserisce all’interno di una struttura e incomincia a incrinarla, a quel punto ciò che crede più fermamente comincia a diventare un ipotesi, una possibilità…

Intervento:…

Sì ha detto con assoluta sicurezza questo e poi ha anche affermato, sempre con assoluta sicurezza il suo contrario, come facciamo? Sono vere entrambe? Sono false entrambe? Si produce una sorta di conflitto, come è possibile che abbia detto una cosa che va contro cose che io stesso credo? Da dove arriva? Arriva sempre dallo stesso discorso…

Intervento: Eraclito: dal conflitto hanno origine tutte le cose, il conflitto come originario… il conflitto madre di tutte le cose…

È paradossale: madre di tutte le cose, se ci sono già le cose, ma quali cose? Se non ci sono già le cose non c’è nessun conflitto, è madre e figlia simultaneamente. Lei ha parlato di logica del conflitto quindi già ci ha messo sull’avviso, ce l’ha offerta su un piatto d’argento…

Intervento: conflitto sofistico, agone dialettico ma conflitto assolutamente quasi assolutamente necessario perché dal conflitto si produce qualcosa…

Sempre retoricamente si potrebbe obiettare che dai conflitti si producono morti, feriti, e le condizioni per i successivi conflitti…

Intervento: lei è arrivato alla fine… dalla differenza di due posizioni ne viene fuori una terza…

L’ha detto lei stesso, prima l’altro deve ammettere il suo torto, se non lo fa allora…

Intervento:…

Sì, quando l’avversario non ammette la sua sconfitta, cioè non ammette il torto, allora è come se non accogliesse le regole di quel gioco, a questo punto il gioco non può proseguire, ora tra amici si tronca la discussione, in altre occasioni si troncano i rapporti diplomatici, a seconda dei casi, o si tronca una relazione con la mamma, in ogni caso il conflitto non è più componibile perché l’altro non accetta più le regole del gioco…

Intervento: se la madre vieta al figlio di uscire il figlio può lasciar perdere se non è importante… se no fan la guerra

Sì ma sono sempre le stesse regole del gioco, altro invece sarebbe se la madre decidesse di uscire e il figlio glielo proibisse, allora farebbero giochi diversi…

Intervento:…

Non è pensabile perché in questo gioco la madre ha l’autorità e il figlio no, quindi sta alla madre concedere oppure no una certa cosa e tutto si svolge in questo ambito…

Intervento: la questione del conflitto… quando si parla di sacrificio si parla della necessità di non arrivare al conflitto… quando interviene la compassione la madre si immedesima nel figlio per qualche particolare per cui a quel punto lei chiude il conflitto cioè una certa direzione e comincia a capire il figlio ma ciò interviene quando intervengono certe regole… dipende dall’obiettivo del gioco ma è difficile intenderlo se non si sa qual è la premessa che sovrintende a quel gioco… l’esempio delle ragazzine che vogliono tutte il pianista si scannerebbero a vicenda ma poi si amano fra loro per un certo obiettivo

Ma qual è la questione in tutto questo?

Intervento: il conflitto che è qualcosa cui aspirare e invece in questo caso è differente…

È sempre un modo per risolvere il conflitto, e cioè per stabilire quale delle due è vera, rinuncio a pensare che B sia vera quindi accolgo che A sia vera, in ogni caso il conflitto è risolto…

Intervento: il sacrificio della madre per la risoluzione di un conflitto

Sì, per continuare a sentirsi importante per esempio, potrebbe anche pensare che in questo modo è lei che conduce il gioco, poi le fantasie possono essere tante, ma in ogni caso il conflitto è risolto…

Intervento:…

È un po’ come la questione della realtà, cioè attenersi alle regole del gioco, è come due persone che si sfidano con la spada E a un certo punto uno dei due estrae la pistola e spara, è considerato sleale, cioè non si è attenuto alle regole del gioco. Impedire di giocare è uno dei crimini peggiori…

Intervento: nel duello è un rimettersi al giudizio di dio

Esattamente, è lui che uccide, è un modo per raffigurare il funzionamento del linguaggio, se una certa proposizione consente di procedere, quella che vince è quella vera. Funziona così…

Intervento: se ci sono due discorsi c’è il conflitto… come dire l’uomo non è un animale sociale…

Esattamente.