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30-8-2001

 

Allora abbiamo detto la volta scorsa che avremmo risolto il problema, ricordate il problema? (…) si affermava che il linguaggio è un gioco e quindi non ha bisogno di cercare nessun obiettivo, cioè il linguaggio l’unico obiettivo che ha è quello di proseguire se stesso e quindi che di questo gioco ci sia una posta in gioco, ci sia una vincita o un accidente qualunque è assolutamente indifferente, lui comunque prosegue, al tempo stesso dicevamo tuttavia che noi stessi stiamo facendo un gioco per ottenere un risultato qualunque esso sia e senza questo obiettivo probabilmente non saremmo qui, così si diceva. Ora vediamo se è vero, in effetti la questione era più semplice di quanto ci apparisse, come funziona questo linguaggio di cui diciamo? Questione fondamentale, abbiamo detto che ci sono degli aspetti che abbiamo chiamato procedure, non c’era nessun motivo particolare per chiamarle così, ci è piaciuto farlo e bell’è fatto, abbiamo individuato nei principi aristotelici grosso modo, però c’è un altro elemento che è importante nel linguaggio e che combina queste procedure in modo da farle funzionare e cioè un sistema inferenziale. Sappiamo bene che in assenza di questo sistema inferenziale non sarebbe possibile considerare nulla, concludere nulla cioè affermare, ché una qualunque affermazione segue a qualcosa che precede, che consente di affermare ma se ciò che precede non trova una connessione con ciò che segue non si affermerà niente. Un sistema inferenziale potete considerarlo nel modo più semplice “ se A allora B”, dicevamo tempo fa che, forse anche nella Seconda Sofistica abbiamo accennato, che la questione dell’inferenza è importante e cioè che se dico allora dico qualcosa, cioè dicendo produco qualcosa necessariamente, atti linguistici ovviamente, nient’altro che questo, però dobbiamo considerare se questo sistema inferenziale è assolutamente strutturale al linguaggio cioè considerare se non può fare assolutamente a meno di questo aspetto, almeno provare a chiederci se potrebbe, difficile, potrebbe mai immaginarsi un linguaggio, una struttura del genere senza…

Intervento: perché possa funzionare

Senza un sistema inferenziale?

Intervento: difficile pensarlo

Perché? Dobbiamo sapere rispondere a questa domanda, perché? Perché il linguaggio, come stiamo ponendo, non può funzionare senza questo sistema inferenziale? Cosa sarebbe in assenza? Sarebbe un qualche cosa che non consente di trarre nessuna conclusione, di nessun tipo. Dunque senza sistema inferenziale non si potrebbe concludere nulla, abbiamo detto, ora potrebbe darsi la conoscenza? Parrebbe di no, dal momento che la conoscenza è una sequenza di conclusioni tratte da premesse, giuste o sballate che siano, adesso non ci importa niente, però non potrebbe darsi la conoscenza perché la conoscenza per esistere necessita di tale struttura, e la conoscenza qui la possiamo intendere nell’accezione più ampia e semplice del termine e cioè come una serie di conclusioni che seguono a delle premesse e che vengono accolte, è una definizione che non può non essere accolta, può essere ampliata, precisata, modificata ma non può non essere accolta perché se la conoscenza non fosse questo non sarebbe niente. Che cosa ha a che fare la conoscenza con il linguaggio? Abbiamo sempre detto che il linguaggio è la condizione della conoscenza, e che la conoscenza è un atto linguistico ovviamente, però adesso ci si pone un quesito, cioè la conoscenza segue a un qualche cosa che pare strutturale al linguaggio e cioè un sistema inferenziale, dobbiamo stabilire che questo sistema inferenziale è strutturale al linguaggio. Ora un modo c’è per compiere questa operazione, esattamente lo stesso criterio che abbiamo, grosso modo, che abbiamo utilizzato per affermare che qualsiasi cosa è necessariamente un atto linguistico e cioè il fatto che se non ci fosse un sistema inferenziale io non potrei pormi questa domanda, potrei pormi una domanda una qualunque, senza un sistema inferenziale, una qualunque domanda? No. Perché la domanda è strutturata in modo tale per cui ha la forma di un “se allora” . Anche quando domando a una persona quanti anni ha, ha la struttura del “se allora”: vedo una persona e dico questo signore sembra giovane, se è giovane dovrebbe avere sui trent’anni, e allora chiedo quanti anni ha per conferma, come per considerare se la mia protasi è esatta, la conclusione. La questione fondamentale è che non è pensabile il linguaggio senza un sistema inferenziale perché non consentirebbe di pensare, questa è la questione centrale, senza l’ inferenza non è possibile pensare e il pensiero non è altro che questo: una sequenza di inferenze organizzate e se possibile coerenti, se è possibile, detto questo e cioè se non esistesse un sistema inferenziale non sarebbe possibile pensare, vediamo se possiamo spingerci oltre, se non fosse possibile pensare, sarebbe possibile il linguaggio? Sappiamo che viceversa la risposta è no, ma a questo punto possiamo domandarci se il pensare e il linguaggio non sono la stessa cosa, abbiamo fatto un passo in più, una domanda in più, ora ciò che intendiamo con pensare qui sicuramente non ha tutte le articolazioni le elaborazioni che ha avuto in moltissimi casi, non ultimo Heidegger però diciamo del pensare unicamente ciò che non può non dirsi, qualunque altra cosa la tralasciamo perché è negabile, discutibile e cioè pensare non è altro che un sistema di inferenze che giungono a delle conclusioni che vengono accolte oppure no, tutto qui, detto questo, nessuno potrebbe essere in condizione di confutare una tale definizione perché se non si pensare questo del pensare, allora non si pensa niente. Fermatemi se c’è qualche questione perché se no io vado avanti come un treno, magari ci sono delle cose assolutamente scombinate delle quali non mi accorgo immediatamente, può succedere, ha trovato qualcosa di scombinato?

Intervento: direi che è perfetto… anche Peirce affermava qualcosa di questo genere, però non è riuscito a porre la questione in questi termini…

Il linguaggio non è altro che questo, i tre principi aristotelici organizzati in un sistema inferenziale, questo, perché in effetti ciò che consente di pensare… il linguaggio deve svolgersi, poniamo l’inferenza più banale “ se A allora B” presuppone che A sia identica a sé, e che escluda la contraria per potere affermare se A allora B e quindi non ci sia un’altra possibilità rispetto ad A, e neanche rispetto a B, ora organizzate tutto questo in un sistema inferenziale e avete il linguaggio, che consente appunto di mettere assieme delle cose, a questo punto questi sono i mattoni per costruire qualunque cosa, l’hardware, per usare una metafora informatica, sul quale può impiantarsi qualunque cosa e il suo contrario. Ora dunque siccome stiamo dando una dignità di necessità all’inferenza, necessità alla struttura del linguaggio, a questo punto come funziona l’inferenza? L’inferenza è “se A allora B” anche altro ovviamente, come dire c’è una premessa e c’è una conclusione, pensate a ciò che dicevamo la volta scorsa rispetto al gioco, e adesso consideratelo rispetto a ciò che stiamo dicendo adesso, un gioco se A allora B, qual è la conclusione di questo gioco? B. naturalmente, necessita di un secondo elemento per potere completarsi, per poter giungere a una conclusione, la quale sarà una premessa e così via all’infinito, allora il gioco ha un fine, il gioco linguistico, il fine adesso diciamo così in termini molto provvisori, è la conclusione di un’inferenza ciò a cui si giunge, ciò che si conclude, trovare dunque la conclusione del gioco, possiamo chiamarla vincita, possiamo chiamarla sfida, possiamo chiamarla quello che vi pare, però funziona così. Il gioco linguistico per essere tale necessita di una conclusione in quanto sistema inferenziale è fatto così. Perché è fatto così? Che ne so? Non ne ho la più pallida idea, so che è fatto così perché funziona così. Chiedersi perché è fatto così è come chiedersi da dove viene il linguaggio, qualunque risposta sensata è da me, qualunque altra lascia il tempo che trova. Allora a questo punto abbiamo risposto in termini per il momento soddisfacenti, così come ci si poneva giovedì scorso e cioè un gioco se è gioco linguistico necessita per potersi giocare di una premessa e di una conclusione perché è la sua struttura, ecco perché gli umani necessitano per giocare di un obiettivo, che non è altro che la conclusione di un qualunque gioco, quella conclusione chiaramente specifica di un gioco qualunque, la conclusione del poker è differente della conclusione del gioco della politica o di qualunque altro che ha regole diverse ma pur avendo regole diverse e quindi essendo giochi differenti ciò non di meno l’obiettivo è la conclusione del gioco cioè l’inferenza, d’altra parte potete pensare un gioco come la successione infinita di inferenze “se questo allora quest’altro” “qui allora qui” “se non qui allora qua quindi…” poi con tutte le variabili infinite ecc. però la vincita è la conclusione di una serie di inferenze, e occorre che sia una serie finita, se no gli umani si smarriscono e il gioco non diverte. In effetti se la serie è infinita crea qualche problema perché non c’è conclusione e se non c’è la conclusione cioè la possibile pare che non ci sia gioco. Forse non aveva tutti i torti il nostro amico Tommaso, santo, una delle cinque vie era proprio questa barrare la regressio ad infinitum , altrimenti non c’è gioco, se non c’è una conclusione il gioco non funziona, deve esserci…

Intervento: c’è la conclusione “non c’è conclusione”

Sì ma è già finito, non si gioca più, pensate alla regressio ad infinitum, non giocate più, è come il gioco del perché, la regressio ad infinitum è come il gioco del perché del bambino, perché questo, perché questo, perché questo? Si può andare in effetti all’infinito, senza fermarsi mai, ora il gioco dei bambini forse prevede una conclusione però, come vedete, risolto un problema se ne crea un altro, e in effetti è così il gioco necessita della conclusione, parrebbe di sì da quanto abbiamo detto, perché il dire che questo gioco non ha conclusione e quindi è questa la conclusione, non è gioco cioè il gioco non si fa più…

Intervento: dire che non c’è conclusione ha a che fare con il piacere in qualche modo

Falso

Intervento: appunto il linguaggio per proseguire non ha bisogno di questo…

La conclusione del gioco è data dalle regole, sono le regole che dicono qual è, a che punto il gioco è terminato e quindi non è che ci sia una regressio ad infinitum oppure no, c’è oppure non c’è, se le regole del gioco lo impongono, non è data di per sé…

Intervento: le regole del gioco che permettono questa conclusione non c’è conclusione

Si può fare certo però non crea altro gioco “non c’è conclusione” e allora? Come se quattro si mettono a giocare a poker non c’è nessun vincitore per definizione, già da quel punto lì non si gioca più, si fa altro non si gioca, affermare: “non c’è conclusione” cosa comporta? Dicevamo prima che la struttura del linguaggio prevede l’esistenza di una conclusione, una conclusione non è altro che il secondo elemento di un’inferenza banale se A allora B, a questo punto l’inferenza è conchiusa in sé, è una conclusione, il gioco che non ha conclusione è come quello che afferma se A finché non c’è un B questo A non ci dice assolutamente niente, non ha nessuna utilità, se affermo “non c’è conclusione” cosa affermo? Si potrebbe costruire un sofisma: costruisco un paradosso. Affermando che non c’è conclusione io ho stabilito qualcosa, ho negato la conclusione, oltre il fatto che qualcuno potrebbe domandare come lo so che non c’è conclusione? E sarebbe una bella domanda che mi costringerebbe ad arrampicarmi sui vetri, sì quindi in effetti per il gioco è indispensabile l’esistenza di una conclusione cioè se questo allora finalmente quest’altro, poi che sia la vincita o sia qualunque altra cosa non ci interessa adesso, quindi non basta come dicevamo la volta scorsa che nel gioco ci sia un rinvio di significanti, che è certamente necessario, se un elemento è un elemento linguistico è necessariamente connesso con un altro elemento linguistico e dicevamo che questo andamento di elementi linguistici è organizzato in un certo modo, la questione è che è organizzato in un sistema inferenziale, tutto qui, è questo che dà al linguaggio la sua esistenza, la sua peculiarità, la sua prerogativa, la sua forma e il suo contenuto, il pilastro di tutto ciò è il potere affermare che senza un sistema inferenziale il linguaggio non esiste, e mi pare arduo sostenere il contrario.

Intervento: affermare che il sistema inferenziale procede dal fatto che esiste il linguaggio non può essere altrimenti e significa che anche il gioco procede dal fatto che esiste un linguaggio… a partire da questo esercizio è su questa “ langue” che scopriamo la grammatica e quindi il gioco, la sintassi, cioè bisogna imparare le regole del gioco… la questione dell’umano giocare con il linguaggio per diventare padrone del linguaggio… non è tanto diventare “padrone” quanto padroneggiare le regole linguistiche… la conclusione non è necessaria però è il punto di partenza che fa sì… che dimostra che io sono padrone del linguaggio… come dire che l’inferenza che si può tradurre come il nesso causale, l’errore è quello di ritenere che sia prima, che ci sia da qualche parte un nesso causale, che non si scopra man mano che io parlo, che non sia qualcosa che io scopro nella grammatica come effetto, io invece ritengo che sia un effetto la conclusione, se io gioco c’è una conclusione se io non gioco non c’è nessuna conclusione del gioco e glielo porrei come obiezione nel senso che poi si fa un punto di partenza

Infatti, infatti la partenza è fondamentale, dicevo questo proponevo questa sorta di definizione cioè il linguaggio non è nient’altro che i tre principi aristotelici organizzati in un sistema inferenziale, a questo punto non è che pongo l’inferenza o prima o dopo o durante ma come un elemento strutturale di ciò che chiamiamo linguaggio, e senza il quale il linguaggio non funziona. Ora è chiaro che oltre a questo che indichiamo così come procedure per indicare l’hardware, ciò che fa funzionare occorre un altro aspetto, occorre tutta una serie di elementi, le regole per esempio, il bambino impara le regole? Non lo so che cosa fa esattamente, ma so che senza le regole il linguaggio non funziona, queste regole sono ciò che lo fanno girare, ma perché possa girare occorrono degli elementi necessariamente, che ho individuati in questi aspetti e cioè dicevamo così i tre principi aristotelici e un sistema inferenziale. Provi a pensare a una struttura che funzioni senza questi elementi, se non c’è sistema inferenziale esiste ancora linguaggio? Questa è la questione centrale (…) non una regola, esistono delle regole qualunque esse siano non ha nessuna importanza, le regole non sono altro, dicevamo anche l’altra volta, delle regole di esclusione cioè questo non lo puoi fare questo sì, nient’altro che questo, perché senza queste regole di esclusione è come dire che allora qualunque operazione, qualunque elemento linguistico potrebbe significare qualunque altro e a questo punto cesserebbe di funzionare il tutto, non potrebbe andare avanti, se la parola accendino significasse qualunque cosa e il suo contrario, non si potrebbe parlare, no, faccio un discorso molto più generico, molto più generale mi sto chiedendo a quali condizioni funziona questa struttura che chiamiamo linguaggio, quali sono gli elementi assolutamente necessari perché funzioni e senza i quali non funziona più necessariamente e ponevo questo che il sistema inferenziale è uno degli elementi che lo fanno funzionare, perché mi dà l’idea che senza riesca difficile pensare. Però per il momento mi pare molto difficile pensare il linguaggio che è l’essenza di un sistema inferenziale…

Intervento: è una cosa che mi interroga molto, non so se voi siate a conoscenza, i buddisti recitano all’infinito un’unica frase e dicono che questo provoca delle cose incredibili… la recitano per ore ed ore, è in sanscrito e significa “mi affido alla legge mistica di causa ed effetto” come se scegliessero di affidarsi all’induzione…

Si chiedono qualcosa intorno a questo principio di causa ed effetto?

Intervento: non molto di più, loro leggono testi buddisti…hanno dei risultati incredibili

Anche chi si converte al cattolicesimo…

Intervento: quello che mi interroga è che nel testo orientale già prima di Cristo…

Se lei pensa a certi pensatori greci sono andati anche oltre parlo di Gorgia, Zenone, Parmenide e siamo intorno a quelle date (500 a.c.) che forse hanno articolato di più la questione “causa-effetto” e alcuni, Gorgia ha posto delle questioni che non sono lontanissime da quelle che ci stiamo ponendo adesso, solo che…

Intervento: ma questo per dire che può essere una posizione molto interessante il dire, il pensare l’inferenza in opposizione al linguaggio

Non in opposizione, perché? È un elemento strutturale del linguaggio, prima dicevo, può figurarselo così: linguaggio = tre principi aristotelici + sistema inferenziale. È fatto di questo, non si può pensare un’inferenza senza il linguaggio e il linguaggio senza inferenza non esiste. Chiamiamo linguaggio quest’insieme di elementi, lo chiamiamo linguaggio, potremmo chiamarlo pippo però abbiamo questa parola linguaggio e funziona questa, il linguaggio è fatto di questo, senza questo non funziona più, si ferma e siccome questo non può darsi ecco che giungiamo a concludere, a considerare sempre usando un sistema inferenziale che è linguaggio, che il linguaggio necessita inesorabilmente di un sistema inferenziale per funzionare, non soltanto ma anche, e di regole, regole di esclusione e di formazione, questo è ciò di cui è fatto il linguaggio, con questi elementi lei costruisce tutto, assolutamente tutto, e se toglie uno solo di questi elementi, per questo dico strutturale, toglie uno solo di questi elementi non funziona più niente, si blocca tutto…

Intervento: tempo fa si leggeva il testo di Anscombre e Ducrot che affermavano che il senso naturale del linguaggio è un topos retorico e lei, allora, chiedeva loro come lo sapevano

Sì, sui proverbi, lo conosce quel testo? Jean-Claude Anscombre (a cura di), Théorie des tópoï, Kimé, Parigi 1995, è molto interessante in effetti porre il punto di partenza qualunque punto di partenza, anche di quello scientifico, anche di quello più accreditato comunque come un topos retorico, per questo ci era parso interessante, tutto ciò che appare come naturale come reale, non è altro che una figura retorica, questo affermavano con buone argomentazioni. Cominciare a pensare il linguaggio in questo modo, una struttura fatta così, è fatta così perché abbiamo considerato e stiamo considerando che se togliamo uno solo di questi elementi di cui stiamo dicendo, crolla tutto non funziona più niente, questo indurrebbe a pensare che ciascuno di questi elementi è assolutamente strutturale, il linguaggio è fatto di queste cose, non è altro che queste cose. Anche l’idea che non c’è conclusione è una figura retorica, non è una affermazione necessaria, logicamente non significa nulla, è una figura retorica, e quindi a questo punto qual è il passo successivo? Ricordate perché ci siamo posti questa domanda? Cioè se il gioco necessita di conclusione oppure no. Costruire proposizioni siamo partiti dalla clinica…

Intervento: siccome si pensava sempre un giocare contro qualcuno…

Sì questa, però era l’ultima questione, però questa era una domanda sorta da un’altra domanda precedente…

Intervento: che gli umani hanno bisogno sempre di costruire un problema e quindi giocare

Va bene, adesso lo sappiamo, perché non possono non farlo, perché sono linguaggio gli umani e il linguaggio è fatto così (…) avevamo anche citato Nietzsche “gli umani vogliono il pericolo e il gioco” ci si chiedeva come mai è così importante il gioco e siamo giunti a considerare che qualunque cosa facciano è un gioco e non può non essere un gioco, e adesso sappiamo perché è così importante perché il linguaggio cioè ciò di cui sono fatti li costringe a muoversi in quella direzione, e quindi sappiamo che non possono non giocare. Ora questa considerazione può indurci a costruire proposizioni che si avvalgono di questo cioè del fatto che gli umani non possono non giocare, procedendo così come stiamo procedendo cioè facendo in modo che qualunque cosa cui giungiamo proceda per deduzione da ciò che non può essere negato, come sempre e fino adesso stiamo procedendo in modo tale per cui qualunque negazione, o tentativo di negare ciò che stiamo affermando si ponga come una proposizione autocontraddittoria, a questo punto possiamo procedere tranquillamente. Sì la questione costruire proposizioni, questo rimane l’obiettivo finale, proposizioni che non possano non essere accolte, e sicuramente tener conto di questo può esserci d’aiuto. Ci stavamo chiedendo che cosa gli umani non possono non fare, non possono non parlare e quindi non possono non giocare e pertanto fornire loro un obiettivo, detto in modo ancora molto rozzo ovviamente, che dobbiamo trarre tutte le conclusioni che possiamo trarre, le implicazioni di quanto abbiamo detto questa sera, tutto ciò che può esserci utile…

Intervento: pensavo al gioco della politica

Si dice anche il gioco dell’economia in modo esplicito…

Intervento: non si può esimersi dal trasferire le regole, le regole… si tratta semplicemente di usare il linguaggio di coloro che stanno già giocando

Sì certo, certamente questo è un aspetto clinico di cui si tiene sempre conto, può essere utile utilizzare le stesse regole che sta utilizzando un analizzante per giungere per esempio a conclusioni opposte o mostrare altre implicazioni che a lui sfuggono, sicuramente, però la questione da cui siamo partiti, è l’impossibilità di accedere al sistema operativo da cui siamo partiti, trovare un qualche cosa che consenta di poter accedere in qualunque istante al sistema operativo e non soltanto ma non potere non farlo, questo è ciò da cui siamo partiti, perché si considerava che per poter avere accesso al sistema operativo cioè al linguaggio si deve considerare che qualunque cosa io faccia o non faccia questa è comunque un atto linguistico e abbia notevoli implicazioni, tali per esempio da cessare di avere paura, per dirne una. Ora la paura è abbastanza emblematica nei problemi degli umani, nel senso che è a base di moltissime cose. Va bene, possiamo fermarci qui questa sera, abbiamo fatto un bel passo avanti.