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30-6-2010

 

Avete riflettuto su ciò di cui dicevamo la volta scorsa la questione della negazione? Se la negazione sia o non sia presente nelle istruzioni. Avevamo detto di no, ma avevamo anche detto che ci avremmo pensato un po’ meglio. Allora partiamo da qui, poi riprenderemo anche la questione della negazione:

 

(28) ma a cosa si riferisce una proposizione vera, che cosa afferma esattamente? Affermando se stessa come vera indica che le proposizioni alle quali si riferisce sono accolte dal gioco e che pertanto questo può proseguire. Una proposizione può riferirsi o più propriamente dire di qualcosa che non sia un’altra proposizione? Questa appare che sia una questione importante e pertanto merita di essere ….ciò che intendiamo con proposizione non è altro che la produzione di un gioco fatto di regole di esclusione dicevamo qua di formazione e regole inferenziali in tal senso la questione dovrebbe essere posta in questi termini: un gioco qualunque può dire di qualcosa che non appartenga alle sue regole? Che sia previsto dalle sue regole?

 

La questione della negazione potrebbe apparire anche una questione marginale, ma non è una questione così irrilevante come potrebbe apparire, perché riflettere su questo fa intendere meglio la questione dell’istruzione. Che cosa intendiamo con istruzione, perché se diciamo che non c’è negazione tra queste istruzioni allora queste istruzioni non comprendono regole di esclusione, non ci sono regole di esclusione ci sono soltanto regole di composizione, cioè per costruire sequenze coerenti con se stesse. Che cosa vuole dire coerenti con se stesse? Che continuano in definitiva ad affermare una premessa da cui sono partite e una premessa, nel caso del linguaggio, è una tautologia. Diciamo “questo è questo”, quindi si forma a partire da una tautologia e questa tautologia continua ad affermare se stessa. C’è anche l’eventualità che gli umani per tutta la loro esistenza facciano soltanto questo. Gli elementi in più a questo punto li potremmo indicare come elementi retorici, la domanda fondamentale è questa: è necessaria la negazione per il funzionamento del linguaggio oppure no? La volta scorsa dicevamo di no, non è necessario per costruire sequenze e quindi catene di proposizioni che continuano ad affermare ininterrottamente la stessa cosa, sotto varie forme. Andiamo dicendo da tempo che gli umani continuano ad affermare “questo è questo” in vario modo, in varie forme. La questione della negazione posta in questi termini è come se diventasse una questione prettamente retorica, vale a dire che trae lo spunto dal fatto che il linguaggio esclude e non considera minimamente qualunque cosa non gli appartenga. Per dirla in modo più appropriato: continua a riprodurre e quindi a ripetere all’infinito la sua struttura, la struttura del linguaggio, che è quella di costruire proposizioni, identità cioè tautologie, costruendo tautologie non ha di fatto la necessità di inserire o di utilizzare la negazione perché tautologie che proseguono una dietro l’altra non hanno niente da negare, continuano a dire la stessa cosa …

Intervento: allora ci sarebbe una sola istruzione e il sistema inferenziale?

Praticamente sì, il linguaggio non prevede che qualcosa sia fuori di lui perché sono soltanto istruzioni per costruire proposizioni quindi non può interessargli costruire cose che parlino di qualcosa che è fuori di sé, non è prevista questa cosa, quando diventa prevista? Quando costruendo proposizioni costruisce ovviamente dei giochi, giochi linguistici, questi giochi linguistici a questo punto possono prevedere anche proposizioni che affermano che qualcosa è fuori da questa struttura, come fanno queste proposizioni ad affermare una cosa del genere? Una volta che la struttura originaria, cioè il linguaggio, la logica, ha costruito delle proposizioni, il modo in cui si combinano queste proposizioni, alla logica, al linguaggio, non interessa più, adesso perdonate il modo un po’ animistico del discorso, però giusto per spiegare, non interessa dunque minimamente quello che avviene, il discorso cioè la costruzione di giochi linguistici è un discorso differente da quello della semplicissima e breve sequenza di istruzioni perché a questo punto una proposizione può affermare, come dicevamo prima, che qualcosa è fuori dal linguaggio o comunque che qualcosa è fuori da un certo insieme. Voglio dire che in base alle semplici istruzioni di cui è fatto il linguaggio, il discorso può interrogare il linguaggio, cioè può interrogare queste istruzioni e di conseguenza anche se stesso, è a questo punto che può costruire proposizioni o che accada di costruire proposizioni che interrogano la struttura del linguaggio e quindi anche il “di fuori della parola” per così dire, il “di fuori del linguaggio”. Il principio di non contraddizione a questo punto noi lo poniamo come un elemento retorico e non logico …

Intervento: quindi non è più un’istruzione come dice lei, la questione del vero e il falso, il falso potrebbe porsi come la negazione, la questione della verità si pone al momento stesso in cui il linguaggio si è già installato, la verità …

La verità no, non appartiene alle istruzioni …

Intervento: anche il vero è il falso è un discorso retorico?

Sì, la logica, quella dei manuali, pone la negazione come uno degli elementi fondamentali, pone per esempio A, non A, e quindi già c’è una negazione escludendo la possibilità che queste due cose possano essere vere simultaneamente, ora pere poter inserire la negazione cioè per potere affermare queste cose, la logica stessa è costretta a utilizzare quelle istruzioni che consentono di costruire una negazione, per esempio per potere affermare che “non (A e non A)” all’inizio dicevo che questi discorsi possono servire a intendere meglio la questione delle istruzioni, qui le istruzioni sono ridotte a comandi che consentono la possibilità di costruire proposizioni, compresa, per esempio, quella che dice che “non (A e non A)” principio di non contraddizione, che è praticamente un’asserzione di identità come implicazione, e cioè “se A allora A” …

Intervento: non è previsto che sia una proposizione all’interno di questo sistema?

Sì, se ci pensate bene l’avviarsi del linguaggio ha esattamente questo andamento …

Intervento: il sistema inferenziale pone già due cose …

Ma anche l’identità pone due cose come identiche a sé, dobbiamo pensare non a tutta la filosofia che è stata costruita sull’identità, la differenza eccetera, ma a semplici istruzioni, comandi …

Intervento: …

Potrebbe essere originario soltanto il “se A allora A” che è un’altra forma di identità in un certo senso, pensate a ciò che avviene quando si installa il linguaggio: quando avviene questo comando, uno dei primi comandi, cioè il “questo è questo” non esiste ancora la possibilità che non sia così. Quando la mamma o chi per lei fornisce questo comando, questa istruzione, non c’è un’alternativa, non esiste perché è in quel momento stesso che incomincia a esistere il “questo in quanto questo”, non c’è nessun altra possibilità, dopo ci saranno tutte le possibilità che volete, ma non in quel momento. Non è prevista neanche la non esistenza. L’istruzione fondamentale è ciò che fa funzionare il linguaggio, funzionando costruisce qualunque cosa, si tratta di intendere qual è il passo che consente, dall’istruzione che potrebbe essere semplicemente un’identità o come abbiamo detto, una tautologia, “se A allora A” per esempio, dunque come sia possibile da qui inserire altri elementi. Appare un’istruzione chiusa in se stessa ma in effetti partendo da “questo è questo” e cioè da una qualunque tautologia si possono costruire altre tautologie. Appare necessario, perché il linguaggio funzioni, che l’istruzione ponga l’identità e la possibilità di riconoscerla. Il non riconoscimento dell’identità arresta il sistema, e indichiamo questo arresto come “negazione” o “falso”. Se il comando stabilisce soltanto l’identità, qualunque altra possibilità è esclusa: il non riconoscimento dell’identità arresterebbe il sistema, il linguaggio cesserebbe di procedere, cioè di funzionare, cioè di esistere. Indichiamo in questo il motivo per cui non può darsi la negazione come istruzione. A questo punto il linguaggio può soltanto procedere, cioè costruire proposizioni, in questo caso tautologie. La tautologia è ciò che l’istruzione “identità” costruisce, vale a dire il discorso. Se il discorso non riconosce qualcosa come tautologia si arresta, ma non si arresta ovviamente l’istruzione da cui procede poiché il linguaggio non può arrestarsi; non riconoscendo una affermazione come tautologia il discorso arresta quella direzione e procede in un’altra direzione, quella che conferma, “riconosce” come tautologia. In questo senso il processo deduttivo non è altro che la ricerca di una tautologia, trovata la tautologia, il discorso può procedere da questa per costruire altre tautologie, che hanno la precedente come premessa.

Intervento: quindi come faccio a dire che il non, non è un’istruzione?

Perché non è necessaria per la costruzione di una tautologia …

Intervento: però è necessaria per la costruzione di una contraddizione …

Sicuramente, però se il linguaggio si avvia con una tautologia, e supponiamo che continui a costruire sempre tautologie, però tautologie che possono anche opporsi fra loro, ma questo in seconda battuta, però ciò che ci interessa adesso è intendere oltre a questo cioè al fatto che il linguaggio si avvia con una tautologia, con un’affermazione di sé, in definitiva il linguaggio afferma se stesso semplicemente, come da qui sia possibile passare alla negazione …

Intervento: …

Lo proponi come un ragionamento, invece è solo un comando …

Intervento: solo istruzione e neanche inferenza perché se il linguaggio …

Intervento: non ci sarebbe neanche la tautologia senza inferenza cioè senza il passaggio da un elemento a un altro …

Intervento: dicendo che soltanto qualche cosa è un elemento linguistico oppure non esiste cioè è sufficiente semplicemente l’affermazione questa è l’istruzione tutto ciò che può essere prodotto anche il collegamento tra identità successive mi viene da pensare che sia soltanto la messa in atto dell’istruzione …

Tu dicevi che si dissolve la logica, non propriamente, solo che quella che è comunemente nota come tale che a questo punto diventa una retorica, ponendo la logica come ciò che consente la costruzione di una tautologia e da lì qualunque cosa. La logica comune ha inteso che bisogna partire da qualcosa che di fatto è una tautologia, o un assioma, cioè da qualcosa di vero, ma il concetto di vero / falso è un concetto che è proprio del discorso, non del linguaggio, il linguaggio è la condizione per costruire il vero e il falso. Se la negazione è posta in termini retorici allora è un modo, un modo per dire qualcosa e cioè che qualcosa è fuori da un insieme per esempio, è escluso da un insieme, cosa vuole dire che è escluso da un insieme? Supponiamo che l’istruzione costruisca questa tautologia: se A allora A, è in condizione questa costruzione di affermare che qualcosa non è A, per esempio? In qualche modo deve contenere delle informazioni tali che consentano a questa sequenza di potere distinguere una cosa da un’altra, una tautologia da un’altra, è un problema che ha interrogato gli umani da sempre, cioè da dove viene la negazione? Tant’è che non ha neanche un etimo propriamente, non si sa neanche da dove venga etimologicamente, ne œnum, dal latino, ma è soltanto spostare la questione. Tutto ciò deve trovare una sua collocazione a partire unicamente da delle istruzioni, finora ci appare che la negazione non sia necessaria al funzionamento perché di fatto il linguaggio potrebbe continuare a prodursi costruendo solo tautologie, perché a un certo punto esclude delle cose rispetto ad altre, che cosa esclude? Esclude ciò che non appartiene alla premessa, questo esclude. Cioè esclude che tutto ciò che non appartiene alla tautologia, però dicendo che non appartiene o affermiamo già una negazione oppure deriviamo la negazione dall’essere qualche cosa escluso dalla tautologia, cioè dall’essere fuori, non dal linguaggio ovviamente, ma da una tautologia …

Intervento: a me viene da pensare che c’è la tautologia e poi c’è un passaggio …

È ciò di cui stiamo dicendo …

Intervento: mi viene in mente la possibilità di distinguere da cui procede poi la negazione … A e A sono già due però è dall’uno al due che … quando c’è il due l’uno non è l’altro … il passaggio dall’uno al due il problema … il processo binario 0/1 …

Il sistema binario segue molto dopo, non so se in questo caso la metafora informatica ci aiuta. Quando stabilisco l’identità do un comando, dico che una cosa è identica a sé per esempio, questo chiaramente non è nulla di ontologico né di filosofico ma un’istruzione, un comando ed è la condizione che qualcosa sia identico a sé perché il linguaggio possa utilizzarlo, posso cioè costruire una tautologia, la questione si svolge a partire dall’identità, cioè qualcosa che è identico a sé, sempre come comando a meno e in questo comando c’è la possibilità di riconoscere, non soltanto di affermare, ma di riconoscere l’identità, stabilendola la istituisce, istituendola la conferma, la riconosce come tale …

Intervento: se io dico se A è A e B è B sono già distinti …

Sì, lei non si può confondere, però partendo da delle istruzioni molto semplici la questione potrebbe anche non porsi in realtà, mentre se io stabilisco l’identità e ho modo di verificare l’identità, la stabilisco e poi la verifico, l’assenza di identità questo costituisce la negazione …

Intervento: è già contenuta nella tautologia?

Nella tautologia è presente la possibilità di riconoscere l’identità, perché la tautologia può procedere finché riconosce l’identità, ma se rileva l’assenza di identità a questo punto produce la negazione, mettiamola così …

Intervento: nel dire “questo è questo” io affermo qualcosa …

Questa non è neanche una affermazione, nel momento in cui si produce è soltanto un comando, dopo diventa un’affermazione, e a questo punto anche una negazione eventualmente. Parlare di assenza di riconoscimento dell’identità in effetti collima con ciò che ha fatto, inventato la logica e il pensiero degli umani in tutti questi millenni, e cioè di fatto la negazione non è altro che il non riconoscere la conclusione come facente parte delle premesse dalle quali è stata prodotta, diceva anche Kant “è vero ciò che non è autocontraddittorio”, tutta la logica si fonda su questo, cioè se la conclusione nega la premessa cioè non appartiene alla premessa viene negata come falsa. Un sistema logico ha gli strumenti per riconoscere l’identità ovviamente, li ha costruiti, ma nell’avviarsi del linguaggio direi che è necessario che ci sia la possibilità di riconoscere l’identità, in caso contrario non potrebbe esistere la negazione ma neanche il linguaggio stesso; la negazione dunque interviene in seconda battuta, come possibilità che l’istruzione ha di riconoscere l’identità, se questo non si verifica, a livello del discorso, cioè di ciò che produce, in questo preciso frangente si produce la negazione, come dire: è identico allora procede, se rileva l’assenza di identità si arresta. Chiaramente nei giochi linguistici le cose diventano più complesse …

Intervento: …

Sì, non viene riconosciuto come identità e quindi si arresta e quindi la negazione è l’effetto dell’arrestarsi di un percorso di identità, di identificazione …

Intervento: A e A deve stabilire qualcosa … è un comando … deve ripetere continuamente A e A … Sì, è quello che fanno gli umani in definitiva, se ci si pensa bene per tutta la loro esistenza non fanno altro che questo …

Intervento: come è possibile che qualcosa non sia identificata?

Occorre che nell’istruzione ci sia la possibilità di riconoscere l’identità …

Intervento: come è possibile arrivare a un punto che si perde “questo è questo”?

Accade che questa istruzione venga fornita agli umani attraverso un criterio che non è prettamente astratto ma è visivo, allora la possibilità di identificazione può procedere dalla possibilità di riconoscere un termine come se stesso, un elemento, una cosa come se stessa, identica a sé. Questo è un “limite” tra virgolette che appartiene agli umani, verrebbe da domandarsi se una macchina potrebbe costruire all’infinito tautologie senza arrestarsi mai, e cioè costruire tutte le possibili varianti di tautologie a partire da un semplice e unico comando che dice di proseguire ripetendo l’identità, è ovvio che se questo deve avvenire nel cosiddetto mondo che ci circonda si incontrano o ostacoli che tecnicamente potrebbero anche non intervenire, ma gli umani cercano di ovviare a questo cercando di ricondurre comunque qualunque cosa a una sorta di identità, di stessità …

Intervento: anche perché non potrebbero fare diversamente …

No, sono programmati così.