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CORSO 30 MAGGIO 2007

 

Eleonora legge il suo testo.

Brava, hai fatto un buon testo. Ci sono questioni, considerazioni suggerimenti?

Intervento: Avrei aggiunto soprattutto alla fine: hai esposto molto bene la questione del pensiero in cui tutte le conclusioni sono assolutamente arbitrarie ma quelle conclusioni sono quelle che fanno combinare soprattutto dei grossi pasticci alle persone perché continuano a costruirei loro problemi ecco…

Conclude: i problemi nascono quando si giunge ad una conclusione che non è quella che ci si attende che sia e permangono in quanto le cose non si possono modificare perché urterebbero contro un’altra superstizione fino a giungere a bloccare una persona arrestare i suoi problemi e le sue azioni ma il problema è prodotto dal fatto che una certa premessa è considerata necessaria perché se fosse ritenuta arbitraria allora tutto scomparirebbe è questo perché la persona sarebbe costretta a prendersi la responsabilità di ciò che pensa e dice in quanto è stata lei a stabilire l’evolvere dei fatti del suo pensiero.

Cosa aggiungerebbe Stefania?

Intervento: Non saprei che cosa aggiungere, anche si in certi punti può sembrare ripetitiva la cosa però ripetere porta a far ricordare a far capire…

Come i filosofi, dicono quattro cose ma le ripetono per centosettanta pagine. Sarebbe interessante che ciascuno di voi intervenisse non soltanto per l’intervento di Eleonora ma per ciascuna volta di modo che le persone presenti avvertono che c’è un lavoro che c’è l’associazione che lavora non solo io…

Intervento: è un po’ il come, come intervenire cosa dire…

Quello che lei ritiene può essere un’aggiunta qualcosa del testo che ha ascoltato le ha fatto venire in mente o delle domande dei chiarimenti, per esempio io domani farò un sacco di domande si costruisce un testo in modo tale che inviti a fare domande e questo quando si vuole che le persone intervengano rispetto a certe questioni è un artificio retorico si può costruire un testo in modo da pilotare delle domande in una certa direzione oppure si può costruire un testo blindato che non consente nessuna domanda perché a ciascuna domanda possibile viene data una risposta e quindi la persona alla fine rimane così non c’è niente da aggiungere niente da togliere ma in genere si preferisce che ci sia un dibattito. Ecco questo testo è più chiuso che aperto, in effetti questo accade molto spesso quando il testo è scritto anziché parlato, si tende a chiuderlo a fare una cosa che è finita e quasi perfetta in sé. Qualche volta accade così, tanto le domande che vengono poste sono sempre le stesse sono vent’anni che facciamo conferenze, quindi si può costruire il testo in modo che sia data già la risposta e a questo punto si toglie la possibilità a chi ascolta di intervenire e adesso cosa chiedo ha già risposto a tutto non ho capito bene però ha già risposto…

Intervento: si può intervenire con delle considerazioni personali invece che con delle domande, la responsabilità personale…

Questo sì certo, questo è quello che dovete fare voi può riprenderla lei la questione della responsabilità…

Intervento: forse a un pubblico così diciamo un po’ estraneo fare un intervento più personale che tecnico formale può sembrare più interessante più vicino alla propria responsabilità…la propria storia il discorso dell’individuo…

Certo parlare di sequenze di proposizioni vogliono dire la stessa cosa però uno parla di storia immagina sapere di cosa sia se invece si parla di sequenze di proposizioni…

Intervento: si parla di esperienza psicanalitica quindi è importante sottolineare l’aspetto della storia di come si cerchi … di questa storia, però la cosa più rilevante è che a un certo punto la propria storia personale non interessa più ma interviene a questo punto lo studio della struttura della storia per cui si arriva in qualche modo a capire come si costruisce qualunque storia ed ecco che la persona che è in analisi negli anni nel racconto trova il modo per potere ascoltare qualunque storia e capire la struttura il funzionamento. È anche un modo per dare alla psicanalisi quella prospettiva un po’ diversa rispetto a quello che può essere una psicoterapia perché una psicoterapia racconta quello che fa ma è diverso perché ascolta una storia immaginando che la storia sia fatta di problemi e cerca la risoluzione di quel problema no, la psicanalisi perché si distanzia da questa perché ad un certo punto si abbandona la propria storia non la si ritiene più personale ma si comincia a d interessare a quello che è la costruzione della storia come si produce ecco perché uno che è in analisi dopo un certo periodo di tempo è come se la propria storia come diceva Eleonora non è più quel qualcosa di reale come uno legge un romanzo e a un certo punto legge altri romanzi…

Intervento: ha voglia di intendere altro come funzionano delle proposizioni…

Intervento: far arrivare alle persone anche quello che consiste il nostro lavoro in cosa consiste una psicanalisi…

Intervento: vanno a modificarsi le premesse della propria storia, la storia cessa di essere una cronologia di eventi divenuti da chissà quale combinazione ma qualcosa di arbitrario no…

Intervento: Però l’interessante è questo spostamento della propria storia cioè…ha modificato praticamente la propria storia non stanca mai perché ha sempre dei ripieghi … viene abbandonata una certa storia se ne produce un’altra ed ecco che queste storie sono diverse con premesse nuove per cui anche in un’analisi della propria storia sono sempre dei giochi linguistici nuovi che vengono inseriti che funzionano diversamente…

Intervento: Alla fine uno si accorge che sta parlando, che sta funzionando il linguaggio… è ciò che deve raccontare…

Intervento: soprattutto è quello che metti in atto sì è un racconto ma agisce in base a quello che racconta non è soltanto il racconto nel senso che è questo importante che le persone intendono non è un racconto ma la messa in atto delle proprie decisioni…

Intervento: in questo momento il racconto è la vita reale cioè quello che si dice acquista un valore di esistenza cioè diventa vero è proprio così…

Intervento: Al di là del proprio così in molti casi si immagina che si raccontino delle cose si racconti la propria storia vivendola così come un racconto e non ci si accorge di come si agisce per raccontarla no perché ci sia questo racconto è questo che vorrei mostrare abbastanza bene perché non è soltanto la storia che mi ritrovo a raccontare degli amori infelici non so quali possono essere i problemi della persona, del lavoro della difficoltà di trattare con il prossimo…

Intervento: Certo poi alla fine ci si accorge che è un problema teorico però l’azione che si compie per raccontare questa storia è nella parola…

Intervento: effettivamente si parla di sapere psicanalitico quindi è come se in qualche modo questo passaggio fosse già avvenuto avere comunque la consapevolezza che si tratta di qualcosa sì di una storia ma di qualcosa che comunque si è già accolto perché parliamo di sapere comunque di vivere determinati…

Intervento: Ma si mettono in atto quelle cose che si raccontano…

Intervento: effettivamente è avvenuto il passaggio altrimenti non sarebbe un sapere…

Intervento: se no la persona racconta all’infinito quale siano le sue… senza accorgersi che ciò che racconta è qualcosa che avviene è parte di quella persona può raccontare che si trova sempre ad agire in un certo modo fa queste cose perché racconta non crede di raccontare non di fare quelle cose; è questo è molto importante perché vedendo come si agisce ci si accorge del proprio modificarsi man mano dal racconto sì ma da quello che ..ci si accorge di come ci si modifica nel proprio modo di porsi nei confronti di questo mondo che ovviamente si costruisce questo sì…

Intervento: agire il proprio discorso interrogare questo racconto e accorgersi che questo racconto non è un racconto come siamo abituati ad ascoltar ma è un racconto che è fatto di un sacco di istanze che permettono la modifica dei propri pensieri e quindi del proprio agire nel mondo… l’agire è importante in tutto questo

Domani sarà l’intervento centrale quello di cui si tratta in effetti in tutto ciò che noi stiamo facendo in questi ultimi vent’anni e ciò di cui gli umani hanno fatto in questi ultimi duemila e cinquecento anni verrà riassunto perché nell’esperienza psicanalitica si tratta di mostrare che cosa si esperisce lungo l’analisi quindi mostrare che cosa sia l’analisi definirla e mostrare perché si definisce in questo modo anziché in un altro perché il modo in cui si definisce è quello necessario che sia. L’esperienza psicanalitica è qualcosa di totalmente differente da qualunque altro tipo di esperienza, non ce ne sono altre simili, è l’unica occasione in cui una persona ha l’opportunità di accorgersi di quello che sta dicendo non ci sono altre possibilità nessuno si accorge di quello che dice, le persone parlano ininterrottamente, almeno alcune, altre tacciono ma alcune parlano ininterrottamente senza rendersi conto minimamente di quello che stanno facendo, senza rendersi conto di quello che stanno dicendo del perché stanno dicendo quelle cose del modo in cui lo stanno dicendo, tutto ciò è totalmente sconosciuto, è come se fossero avvolti da qualcosa di magico che avviene e parlano della quale cosa non ne sanno nulla, appunto avviene magicamente, accorgersi di tutto ciò che avviene parlando già di per sé è una cosa notevole che non avviene in “natura”…

Intervento. però sembrerebbe che nel non accorgersi di ciò che si dice parrebbe che ci sia una sicurezza enorme eterna perché i luoghi comuni non vengono messi in discussione…

Dipende dalla struttura in cui si trova la persona se è un paranoico esibirà una certezza assoluta, se è un ossessivo esporrà continuamente il suo dubbio perenne se è una isterica invece dirà qual è la verità, non perché la sa lei detentrice della verità ma perché ne è il portavoce: le cose stanno così quindi bisogna fare così mentre per il paranoico è diverso non è che le cose stanno così le cose sono come dico io è diverso io so…

Intervento: possono esserci tutti e tre insieme?

Che ci siano in una persona simultaneamente questi aspetti? No, si escludono. Non è così necessario stabilire a quale gruppo appartengono le persone può essere anche irrilevante in effetti retoricamente potrebbe essere anche utile ma analiticamente non così tanto non è necessario, è la nosografia analitica che ha inventato Freud per suddividere a gruppi le persone in modo da poter rendere più semplice l’elaborazione teorica. È utile retoricamente nel senso che se lei conosce come pensa una persona e sa quali sono le cose in cui crede può manipolarla più facilmente , cosa che può apparire di grande interesse ma dopo un po’ cessa di avere qualunque interesse invece importa il procedere l’esperienza psicanalitica e cioè intendere che cosa accade mano a mano mentre la persona acquisisce informazioni che riguardano il suo modo di pensare, come passo dopo passo si modifica. E questa modificazione che avviene nella persona il più delle volte sono altri ad accorgersene prima della persona stessa per la quale la modifica magari è irrilevante, le persone che stanno attorno si accorgono che questa persona comincia ad essere differente nel modo in cui parla nel modo in cui ascolta già è sufficiente che persona non si precipiti a esibire il suo sapere o a dare giudizi o a dire al mondo intero come stanno le cose, già questo è sufficiente per farla apparire differente da tutte le altre, un mese fa non poteva…

Intervento: non è sempre propositivo…

Questo è un altro discorso, ma la persona acquisisce sempre di più la consapevolezza di ciò che sta avvenendo in lei mentre parla, e mano a mano si configura in lei una scena mentre parla che gli rende conto del da dove vengano le cose che sta dicendo, come se si accorgesse che vengono da una scena che il discorso. Faccio un esempio molto semplice giusto per fare intendere Stefania: mentre io parlo le mie parole creano una scena non soltanto in chi mi ascolta ma anche in me che parlo, per esempio un romanzo deve fare questo se non fa questo è un pessimo romanzo, parlando comunque si producono parole che si seguono l’una all’altra in una certa sequenza, ma questa sequenza di parole produce una scena fatta di immagini e queste immagini si agganciano con altre scene precedenti e incominciano a portarsele appresso, e tutte queste cose che si vengono a creare costituiscono la figura, la forma di ciò che seguirà perché ciò che ho costruito pilota quello che costruirò; come dicevo prima le persone generalmente non sanno nulla di tutto ciò, invece mentre parla ha l’opportunità, se presta attenzione alla scena che sta creando, di modificarla mentre si sta creando e soprattutto di sapere da dove vengono le cose che si stanno dicendo, che non vengono dalla realtà dei fatti ma da ciò che sta pensando in quel momento e il suo discorso ha evocato, per esempio come se procedendo compisse tutta una serie notevole di agganci e una quantità sterminata di elementi, una buona parte di questi può agganciarsi a qualcosa che è per lei importante, una voce può ricordarne un’altra, un modo di guardare un’altra, un modo di guardare può rievocare una certa situazione e questa a sua volta può agganciarsi con un’altra e può avere a disposizione una quantità sterminata di scene delle quali in genere non sa nulla; può invece venirle a sapere, può sapere tutto ciò. L’esperienza analitica è un esercizio, tutto ciò di cui stavo dicendo deve avvenire in modo automatico, come se non potesse non sapere in ciascuno istante quello che sta accadendo nei suoi pensieri, non può non saperlo e dunque non può non tenerne conto naturalmente; che significa tenerne conto? Intanto perde ogni aggancio a quella cosa che comunemente è nota come realtà, e si accorge che tutto ciò che si svolge non sono altro che giochi linguistici innescati l’uno dall’altro all’infinito e si accorge che per tutta la vita non ha fatto che nient’altro che questo, giochi linguistici, perché vive di questo perché anzi a un certo punto considera che questi giochi linguistici sono l’unica sua ricchezza perché non c’è nient’altro, e questo potrebbe non essere indifferente. A quel punto la ricchezza di cui dispone può porla in atto, la ricchezza che consiste nella sua libertà assoluta, totale e irreversibile, nel senso che non può più tornare indietro, una volta che ha acquisita la libertà non solo non può più tornare indietro ma non c’è neppure altro che possa interessare di più, pur sapendo che vive all’interno di un sistema fatto di infiniti giochi linguistici che conosce benissimo e che continua a mettere in atto per continuare a vivere all’interno di questo sistema ma sa che farlo dipende da lei, così come decidere di vivere per esempio dipende da lei, solo da lei, da qui la libertà estrema, assoluta e irreversibile dalla quale non c’è ritorno…

Intervento: Bisogna arrivarci…

È facile, occorre quello che ha descritto Eleonora: il percorso analitico e seguire i corsi qui all’associazione. Queste conversazioni sono irrinunciabili perché costituiscono l’occasione per portare il pensiero alle estreme conseguenze, non ci si ferma mai, oltre a essere una ginnastica intellettuale notevole; un’ottima ginnastica intellettuale sarebbe quella di confutare tutto quello che Eleonora ha descritto punto per punto, per mostrare che tutto quello che ha detto è falso, sarebbe una bellissima ginnastica intellettuale. Pensi di riuscire a farlo e poterlo fare rispetto a qualunque pensiero a qualunque convinzione a qualunque credenza, cosa accadrebbe? Se potesse farlo rispetto a qualunque cosa provare che è vero e simultaneamente provare che è falso con argomenti altrettanto cogenti cioè, potrebbe ancora credere in qualche cosa? Supponga che qualcuno le dica qualche cosa cercando di dissuaderla e supponiamo che lei sia più abile di questa persona sia a costruire argomentazioni a favore quanto a costruire argomentazioni contro, crederebbe a quello che le dicono? È improbabile, fortemente improbabile. Prenderebbe tutte queste cose per quelle che sono, dei giochi linguistici. La libertà consiste in questo: non avere più la necessità di credere qualunque cosa passi per la mente perché è vero, tutto ciò che si dice viene creduto immediatamente vero, qualunque cosa dica una persona o che l’ascolti perché il linguaggio funziona così, tutto ciò che si dice da quel momento esiste, si tende a fare questa equazione: esiste quindi è vero almeno fino a prova contraria però il fatto che sia preso come vero, se avviene questo, questo evento modifica la sua condotta e va a modificare tutta una serie di altre cose delle quali poi possono esserci una serie di conseguenze naturalmente…

Intervento: la difficoltà è quella di riuscire a distinguere ciò che si accoglie da ciò che non si accoglie nel senso che proprio perché si accoglie quello che l’altro dice non si riesce a capire bene a che punto si è, non ci si interroga non ci si pone alcuna domanda perché viene accolto da se stessi come qualcosa che non si pone neanche in discussione…

In modo apodittico, cioè immediatamente evidente, per esempio: la fanciulla dice: lui è la mia vita, quindi senza di lui io non vivo, lui mi lascia, se lui non c’è più io sono morta, non fa una grinza; è la premessa che è discutibile, il fatto che lui costituisca la sua vita. Però ho sentito che alcune fanciulle si sono trovate a pensarlo in alcune circostanze, poi le conseguenze sono state quelle che si attendevano: una catastrofe.