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30-3-2000

 

Su cosa state lavorando? Ricerche, studi, riflessioni, elaborazioni? Allora Beatrice su quali questioni stiamo lavorando? Cioè a quale punto dell’elaborazione teorica è giunta Beatrice?

Intervento: è sempre sul piacere e il dispiacere che mi sto interrogando, su quelle proposizioni che danno una direzione al mio discorso e cioè su quelle proposizioni che io posso accogliere o non accogliere, per cui se l’elemento che interviene veicola qualcosa che io chiamo spiacevole

Che succede?

Intervento: nulla ha, questo elemento spiacevole, più possibilità di intervenire…

E allora qual è la questione?

Intervento:…

Che si attarda sulle cose che dispiacciono… queste cose non è che attardano ma hanno qualcosa che stupisce… (ciò che dispiace stupisce? in cosa consiste tale stupore?) tale stupore stupisce per quell’attardarsi… (ha detto che si attarda perché si stupisce e adesso dice che si stupisce perché si attarda) Queste questioni che attardano, abbiamo detto, che hanno la funzione di stupire (così abbiamo detto, non sosteniamo una cosa del genere ma questo abbiamo ascoltato) queste questione su cui mi attardo… (perché sorprendono?) è un po’ come quando ci si attarda a chiedersi se si dà qualcosa fuori dalla parola per cui continuano a intervenire quegli elementi per cui si incomincia a giocare con le parole ( non abbiamo ancora inteso come avviene lo stupore in ciò che dispiace) gli elementi sono sempre quelli che riguardano il corpo tutto sommato… però non si intende nulla in questo modo la questione va posta in termini teorici precisi, cioè non tralasciando le connessioni tra ciò che si afferma e cioè primo che ci si attarda su ciò che dispiace, ci si attarda perché le cose che dispiacciono sorprendono, poi a questo punto interviene il corpo, che cos’è il corpo che sorprende? Cosa fa questo corpo? (come se questa fosse una sorpresa del corpo, che riguardasse il corpo) com’è che il corpo si sorprende? (appunto è inconciliabile questa cosa ) è un po’ animistica questa cosa? e pertanto? (è una proposizione fra le altre) pertanto non sappiamo come utilizzarla, un discorso coerente e preciso, rigoroso, così si fa, se no non si procede ci si ferma subito, e pertanto cosa a ha che fare questo corpo cioè questo corpo come interviene? è un significante ma qui sembra avere una connotazione particolare come veicolo di chissà quali cose (diciamo che immediatamente ciò che interviene come giudizio è che queste tiritere intervengono a giustificare questo stupore così come il corpo…) perché deve essere giustificato? (laddove…) Beatrice occorre porsi questioni quando si elabora teoricamente rispetto ad ogni affermazione, perché in caso contrario si procede, è vero molto rapidamente, ma non si arriva da nessuna parte, si gira in tondo… (lo stupore viene messo in connessione con il corpo ed è per questo che non riesco a trovare la connessione fra proposizioni) sì ma in base a che cosa viene messo in connessione con il corpo cioè con quale criterio, quale elemento ha deciso una cosa del genere? (perché di fronte a quelle storie che si incontrano paiono storie che più forniscono elementi di discorso, di parola) perché? È tutta una cosa magica fa , avviene tutto così magicamente (è per la questione della bacchetta magica) un discorso rigoroso, preciso lineare…..parte con grande impeto e poi smorza tutto, come avviene questo fenomeno? Facciamo questa ipotesi….come facciamo senza? (bacchetta magica) a cosa ci appelleremo… (la colpa è di Freud perché lui ce l’aveva, è la questione della capacità e dell’incapacità, gli elementi intervengono e ogni elemento è giudicato quell’elemento che serve per raggiungere l’obiettivo) sarebbe l’obiettivo? Perché se non ci si pone delle questioni intorno a ciò che si sta affermando è chiaro che ad un certo punto ci si ferma, ci si ferma perché ci si accorge ad un certo punto che è tutto magico che tutto sembra arrivare così, e allora c’è un contraccolpo… (il bisogno dello stupore è bisogno di quell’elemento che interviene a dare un senso per cui molte volte preclude il proseguire del discorso, questa intermittenza per cui ogni elemento a questo punto è non connesso con un altro elemento perché è come se cancellasse la connessione) è ovvio che lo stupore abbia questa funzione di cancellare ogni possibilità di poter affrontare la questione, però in questo modo come dicevo prima ci si arresta, perché non c’è nessuna questione, lo stupore toglie la questione, si rimane come incantati come Paolo sulla via di Damasco (uno può arrivare come Dante in paradiso e dire e allora? E in effetti interviene come secondo passaggio “e allora?” “a cosa mi serve una cosa del genere?” A quel punto è come se tutto perdesse di interesse di fronte alla visione) è la stessa tecnica che usa lo stato quando c’è un problema interno e per esempio scatena una guerra così qualunque altra cosa di interesse, interessi personali, politici, sociali ecc. perdono di interesse perché c’è una cosa che sorprende e lui deve rimanere sorpreso (con lo stupore ci si fa i conti abbastanza spesso in analisi e togliere questo gusto allo stupore, parlare della sensazione dello stupore, è molto difficoltoso) togliere questa funzione dello stupore cioè di arrestare il discorso, di arrestare il pensiero, l’elaborazione, la riflessione, se ha questa funzione allora è un problema, se invece non lo arresta invece lo stupore lui stesso viene svolto, viene elaborato in modo da non arrestare il discorso tragicamente, non restare lì catatonico (ci si chiede cosa interviene di fronte alla visione, di fronte alla vanità della visione e quindi all’elemento che non prosegue per conto suo senza necessità di spinte….è come se ci fosse una costruzione per arrivare allo stupore ma questa comporta immediatamente la decostruzione di tutto quanto e non resta niente…) supponiamo che l’analisi sia un percorso fatto per eliminare tutto ciò che impedisce di pensare, eliminare nel senso di elaborare di svolgere e cioè togliere la paura, allora a questo punto il compito dell’analisi è anche togliere questo stupore ma toglierlo nel senso che lo stupore non è più un rimedio alla paura, diciamola così, uno si stupisce e rimane così immobile, questo ha la funzione di far pensare e quindi di proseguire, in questo senso l’analisi e un percorso che elimina la paura (cioè nel senso di sensazione) no, la sensazione non può eliminarla, elimina l’aspetto paralizzante della sensazione, cioè laddove una sensazione interviene ha l’unico scopo di proseguire, ad esempio una paura arresta, arresta un percorso di fronte alla paura questa cosa che fa paura, qualunque cosa sia, diventa una specie di off limite oltre il quale non è possibile andare e comporta come abbiamo detto varie volte la superstizione che questa cosa esista fuori dal linguaggio (è come se questa paura comportasse la sconnessione come se l’elemento che interviene fosse sconnesso cioè non si potesse cogliere la connessione) sì l’elemento della paura è isolato in genere, per continuare a fare paura deve rimanere isolato, cioè essere considerato fuori dal linguaggio, solo a questa condizione può fare paura, c’è l’eventualità che in molti casi proprio è il rischio di perdere la paura a preoccupare alcune persone, togliendo la paura ciò che il percorso che stiamo facendo, non può non essere, togliendo la paura si incontra quella leggerezza, quella libertà di pensiero e quindi l’elemento che altrimenti (può avvenire che in certe occasioni ciascun elemento che si coglie sia l’elemento della paura, non importa quale elemento stia intervenendo per cui questo comporterebbe… se ogni elemento ha la funzione di mantenere questa paura e quindi l’attesa dello scioglimento della paura) va bene, Sandro su cosa sta lavorando? quale letture?

Intervento: questioni un po’ più politiche, sto leggendo un testo ritrovando alcune cose di Le Bon che sto rileggendo, e poi leggerò Psicologia delle Masse e analisi dell’Io, per verificare alcune cose… la questione che poi tra le altre cose veniva fuori adesso di Le Bon, mi interrogavo molto sull’aspetto retorico, parte da una sorta di assioma, per cui parla di una sorta di irrazionalità nel comportamento delle masse… dicendo che le masse non sono assolutamente convincibili tramite la logica, il ragionamento, ma sono suggestionabili… la questione su cui mi interrogavo il timore di perdere le emozioni mi sembra importante e la sto ritrovando in un’analisi, in cui viene posta la questione, per esempio, l’amore come qualche cosa che può essere messo in pericolo dall’analisi e quindi tutto ciò che l’amore comporta la passione, le emozioni… questo qualcosa trova nell’analisi quasi una sorta di nemico immaginando che l’analisi tolga questo immaginando quasi una sorta di rinuncia, per via dell’analista ma per via dell’analisi stessa, è come se sull’analisi funzionasse questa idea di interruzione del discorso, l’analisi servirebbe effettivamente a trovare quel qualcosa che interrompe il discorso, laddove invece queste emozioni aprono… lo stupore, la meraviglia per esempio, tante volte in modo un po’ ironico Tiziana mi accusa di cinismo, perché non mi lascio trasportare da facili emozioni, questo è una cosa abbastanza ricorrente e pensavo prima la questione delle emozioni come un qualche cosa che impedisce che il discorso si interrompa, in effetti la paura è un po’ quella che questa cosa si stabilisca, questo va un po’ contro a quello di cui si rifletteva la settimana scorsa, una sorta di paradosso, per esempio il raggiungimento della verità è sempre stato inteso come una sorta di liberazione, anche la persona che viene in analisi è in cerca di una sua verità, di fronte alla quale intervenga questa liberazione, laddove invece la verità parafrasando Lacan funziona come una sorta di padrone assoluto… esattamente per liberazione bisognerebbe intendere l’assoluta dipendenza, perché in fondo cercano qualcosa da cui dipendere nel proseguire. Da una parte c’è questa idea di perdere le emozioni come se le emozioni impedissero che il discorso si chiuda, dall’altra è sempre stato cercato qualcosa a chiudere il discorso

Sì questa è un po’ la tesi di Heidegger rispetto alla verità, che gli umani la cercano da sempre ma se la trovassero effettivamente sarebbero finiti, ci sarebbe un tale potere costrittivo da schiantarli, poi non è affatto così, della verità per dirla in termini spicci non gliene frega niente a nessuno…

Intervento: sì anche in una analisi subito c’è un fervore di voler trovare poi si dedicano alla discoteca, cioè non gliene importa più niente… rinunciare alle emozioni stavo per dire irrinunciabile ma vorrei dire sacrale, perché irrinunciabile? si rinuncia alle emozioni però si possono sacralizzare

La vita senza emozioni molti pensano che non sia una vita, una persona mi ha detto io non posso immaginare di fare a meno di queste cose…

Intervento: poi chissà per quale motivo una persona immagina che lungo l’analisi perda le emozioni perché? Io ho risposto che uno si può anche rassegnare

Sì certo ma da dove viene una idea del genere?

Intervento: analizzare una emozione (che se io analizzo un bicchiere di vino quello cessa di essere un bicchiere di vino?

No, però credo che giochi molto la fantasia a dare la fisicità alle cose cioè io produco queste cose che comportano queste emozioni e mi pare di toccare con mano, c’è questa paura…

Intervento: come se la razionalità o l’irrazionalità comportasse una sorta di libertà, laddove la razionalità è costrittiva… invece l’irrazionalità è qualcosa di assolutamente personale e quindi libero e qui c’è qualche inghippo perché è fra l’irrazionale e l’irrazionale che qualcosa si gioca

Ciò che io faccio, e quindi ne sono responsabile, a fronte invece la supposizione che una sensazione, una emozione oppure quello che si vuole sia qualcosa che, come diceva Cesare, che quasi viene dal corpo cioè non sia una mia responsabilità e quindi io provo delle emozioni ma non ne sono responsabile e il fatto di non esserlo che gioca un ruolo di primaria importanza, perché la gente ha paura della razionalità? Senza neanche bene, a volte, sapere di che cosa si tratta, l’idea è che la razionalità sia un ragionamento lineare di cui sono responsabile che è opera mia, e io sono giunto a questa conclusione, ora inserendosi questa responsabilità ecco che allora, sì, toglie questa aura di magia che talvolta hanno così nella vulgata le emozioni che vengono non si sa bene da dove, che arrivano, vanno, c’è l’eventualità che la questione della responsabilità sia una notevole componente di questo aspetto…

Intervento: la folla è irresponsabile però ciascuno nella folla ci sente assolutamente responsabile

Sì responsabile come si diceva prima della verità, nella ricerca della verità che rende irresponsabili intesa in questo senso, perché è una verità costrittiva, se è così devo fare così, non posso fare altro, le cose stanno così, invece la razionalità spesso nella fantasia popolare spesso ha questa connotazione di responsabilità, io ho costruito questa cosa e allora non è più una cosa che mi capita così magicamente ma è una mia costruzione… (posso farne a meno) posso farne a meno se voglio se non voglio no, non può farne a meno perché è una cosa che piomba così, è la natura o qualsiasi altra cosa e toglie la responsabilità, quindi la paura che non ci siano più emozioni, si tratta ancora di verificare bene però appare così d’acchito il timore di essere responsabili di tutto ciò che si dice e quindi di tutto ciò che si decide, mentre se tutto è un’emozione infatti si dice essere travolti dall’emozione, è una cosa che io non posso arginare e rispetto alla quale non posso fare niente ed è in effetti una struttura fortemente religiosa questa, dell’idea che ci sia un qualche cosa che muove e che io non posso gestire, controllare, fuori dal linguaggio poi in definitiva, quindi non ne sono responsabile (questa funzione del capo cui si contrappone la massa, è di quello che toglie la responsabilità chiaramente) spesso è messo al posto della verità nel caso del capo religioso colui che è o ha la verità a seconda dei casi di religione, per la religione buddista è colui che è la verità invece nel caso del cristianesimo non è il papa ma ha la verità perché parla di dio però gioca sempre questa verità costrittiva (il Papa è medium come Mosè) medium fa ballare il tavolino (colui che possiede un mana per cui l’uomo non può accedere alla luce, alla verità, quindi questo mediatore, sempre una questione di responsabilità…) (per cui un’emozione di cui mi sento responsabile non provo più stupore) sì ma non lo stupore nell’accezione di cui parlava Beatrice ma la piacevole sorpresa della continua costruzione messa in atto dal linguaggio, al pensiero che si è prodotto, pensate da dove è venuto, uno gioca con i propri pensieri (la costruzione di scene del tipo di cui alludevo in forma metaforica della scena spiacevole, dello stupro… cosa voglio dire… avviene di essere talmente stufi) sarebbe anche il caso che uno si stufi, a meno che non sia proprio lo stupro a provocare questa forte emozione, però in ogni caso avviene una cosa del genere, tutto è reale, tutto è fuori dal linguaggio, tutto quindi mi deresponsabilizza, lo stupro in effetti è la deresponsabilizzazione per antonomasia, è l’altro che mi ha costretto (il fatto che uno le può costruire e le può decostruire cioè può fare quello che vuole, non c’è nulla di magico, non sono più necessarie cioè prima c’era questo alone di magia, non vengono più per caso ma vengono dal mio discorso, diciamo che ci siano o non ci siano non sono più catastrofiche, prima o eri felice o eri infelice al massimo) sì prima era cercata perché toglie la responsabilità come dicevamo quindi era necessaria, adesso ha perso la necessità perché non ha più da togliere nessuna responsabilità (sì però il rischio di cui si diceva è il fatto che la persona che vive vicino è il fatto che se uno non intende questo discorso, sembra poi menefreghismo verso l’altra persona, prima “mi spiace perché…” Adesso non trovi neanche più questo problema perché non è più…”) ma non dovrebbe più porsi neanche quello del menefreghismo (sì neanche quello… cambia il discorso) sì come avviene talvolta in analisi, una persona racconta un fatto che gli sembra incredibile e l’analista non esplode in urla ed esclamazioni, apparentemente non gliene importa assolutamente nulla, certe volte anche non apparentemente, cioè non è la questione in quanto tale che gli interessa ma è il come quella persona se l’è costruita questa storia e poi l’ammanta con questa aura di deresponsabilizzazione per cui non c’entra niente lui “guarda un po’ cosa mi succede?” non solo ma anche lo stupore altrui conferma, conferma che cosa? la stranezza di una cosa del genere, che è talmente strana che io proprio non c’entro niente, che nessuno pensi (che questa produzione di stupore per innalzare la posta)