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30 gennaio 2019

 

La struttura originaria di E. Severino

 

L’ultima volta siamo rimasti su una questione importante. Severino stava dicendo che il toglimento della negazione non è altro che la stessa Aufhebung, che è il termine tedesco con cui Hegel indica il trapassare di qualcosa a un’altra cosa. Letteralmente, Aufhebung sarebbe il sollevamento, il trapasso: c’è la tesi e l’antitesi, queste due cose sono in contrapposizione e trapassano in un’altra cosa, che è la relazione tra i due. Per usare i termini di Severino, è il passare dalla posizione astratta dei due elementi alla posizione concreta in cui quei due elementi si uniscono. Infatti, faceva l’esempio di z e non-z, tesi e antitesi. Ora, come si riduce questa antitesi rispetto alla tesi? Perché se prendiamo questi due termini, z e non-z, c’è una contraddizione, ovviamente. Lui ci dice che z è propriamente nK (K è il temine opposto, quindi, non-z); dice, dunque, che z è nK, cioè, la z è non non-z, ma tra questa z e nK c’è una relazione particolare, imprescindibile, un’implicazione necessaria, perché se io non pongo nK insieme con z, è come se non ponessi z, perché z è fatto di nK, è fatto del fatto di non essere non-z. Quindi, a questo punto succede che questo non-z, che sarebbe l’opposto, l’antitesi di z, può venire tolto perché non-z è qualcosa che è implicito, come dice lui, in z: se è z vuol dire che non è non-z e, quindi, questo non-z va tolto. Va tolto perché non-z sarebbe nK, e questo nK è un elemento che è imprescindibile per potere affermare z, perché, come dicevo prima, se io non pongo z e nK, allora non pongo neanche z, e z è fatto di nK. Andiamo a pag. 385, paragrafo 10, La dialettica. a) Se dunque la posizione astratta… Posizione astratta vuol dire che è separato dalla sua negazione. . a) Se dunque la posizione astratta di z è astrattamente concepita, si produce un’autocontraddizione, il cui toglimento è immediato appunto perché l’implicazione necessaria tra z e nK è L-immediatamente posta… Che è esattamente ciò che vi dicevo: se io intendo astrattamente z e nK, cioè le pongo come due cose diverse, è chiaro che c’è una contraddizione, che è immediatamente tolta nel momento in cui mi accorgo che tra z e nK c’è un’implicazione necessaria. Non è arbitraria: se c’è z c’è necessariamente anche nK. Ciò significa che, poiché questa implicazione necessaria tra la forma e la materia del contrario è L-immediata, tale implicazione non può “derivare”, non può essere dedotta o mediata dal toglimento della contraddizione che si produce concependo astrattamente la forma come posta senza la materia. Sta dicendo che questa implicazione tra z e nK non è mediata da qualche cosa, questa implicazione è L-immediata, cioè è incontraddittoria. L-immediato vuol dire che è incontraddittorio: z non è non-z, uno dei due deve essere tolto, tertium non datur, e ciò che viene tolto è non-z. Ché anzi questa contraddizione (tra z e nK, se presi astrattamente, naturalmente) riesce a costituirsi solo in quanto la forma e la materia si implicano necessariamente: è appunto in quanto questa implicazione sussiste che si può affermare che il concetto di una posizione di z non implicante la posizione di nK, è un concepire non-z come z. È proprio perché c’è questa implicazione che, se io la pongo astrattamente, cioè non mi accorgo che sono necessariamente implicati questi due termini, solo a questa condizione posso concepire z come non-z, altrimenti non posso, perché se pongo z come non-z, dice lui, semplicemente non pongo z. Ma propriamente, l’immediatezza concreta è la relazione originaria tra l’implicazione necessaria e il toglimento della negazione autocontraddittoria dell’implicazione. Questa relazione originaria comporta che la negazione di z, cioè non-z, debba essere tolta necessariamente. Ordunque, la struttura del toglimento immediato di quella contraddizione è costituita da questi tre momenti… Che sono poi i tre momenti dell’Aufhebung: tesi, antitesi e sintesi. 1) momento dell’intelletto astratto, ossia del concetto astratto della posizione di z non implicate la posizione di nK;… Il primo momento è quello astratto in cui z non implica niente. Sarebbe il cominciamento, la prima posizione. 2) momento dialettico… C’è la posizione e poi la contrapposizione, la tesi e l’antitesi. …o negativo razionale, in cui la posizione di z, astrattamente concepita, si contraddice e si realizza come posizione di non-z (o come un non porre);… Dice che il secondo momento, quello dialettico, implica la posizione di non-z, che è la contrapposizione di z, sempre astrattamente concepita, in cui cioè io isolo questi termini. Infatti, nella tesi e nell’antitesi i due elementi sono astrattamente concepiti; solo nella sintesi diventa il concreto. 3) momento speculativo, o positivo razionale, in cui la contraddizione è tolta ponendo z come negazione di quel certo non-z che è K; ossia intendendo la posizione di z come necessariamente implicante la posizione di nK. Questo è il terzo momento, la sintesi, dove tolgo la contraddizione. E innanzitutto non ci sia più alcuna difficoltà a intendere come toglimento immediato, o come struttura dell’immediatezza logica, ciò che per lo Hegel è la stessa “mediazione”. Quando è toglimento immediato? Quando, se non lo tolgo, produco un’autocontraddizione e, quindi, è immediato: il fatto che z non sia non-z è immediato. Infatti, il toglimento di quella contraddizione è immediato perché l’implicazione necessaria tra z e nK è L-immediata, ed è in base a questa implicazione che quella contraddizione è tolta. Perché c’è questa implicazione, perché z implica nK; se lo implica allora z implica necessariamente non non-z, e quindi non-z viene tolto. Ossia, propriamente, l’immediato è la sintesi dell’implicazione e del toglimento. Vedete che, a questo punto, sta dicendo che l’immediato è una mediazione, perché se è una sintesi è una mediazione. E quell’immediatezza è mediazione, in quanto che, da un lato, z è in relazione e, in questo senso, è mediato da nK; e, dall’altro lato, questa relazione tra z e nK è in relazione e, in questo senso, è mediata o risulta dal toglimento della sua negazione. La negazione della relazione tra z e nK è appunto il concetto astratto della posizione di z… È soltanto il concetto astratto che può negare la relazione tra i due elementi. Infatti, il concetto prende i due elementi separati come se non avessero alcuna relazione tra loro. … sì che il concreto – che è appunto la relazione tra z e nK – negando la sua negazione, nega la contraddizione che scaturisce da questa sua negazione. Appunto il concreto nega la negazione di z perché lo lega a nK, e sappiamo che nK è non non-z. Siamo a pag. 388. Se la posizione astrattamente concepita… Astrattamente concepita vuol dire separata da nK. …ha come esito ciò che non è posizione di z… Questo è importante. La posizione di z, astrattamente concepita, significa che non sto ponendo z. È importante perché, se io pongo un qualche cosa ma lo pongo senza il toglimento della sua negazione, io non sto ponendo quella cosa. Per usare una metafora linguistica rifacendosi a De Saussure: prendo un significante – sappiamo che questo significante è in relazione differenziale con tutti gli altri significanti –; ora, se non tolgo tutti questi altri significanti, i quali devono esserci, perché se non ci fossero non ci sarebbe neanche quello, allora quel significate non lo posso porre, perché sarebbe come se quel significante significasse simultaneamente tutti i significanti di questo mondo e, quindi, a questo punto, non potrei neanche più parlare perché questo significante sarebbe tutti i significanti dell’universo, quelli che furono, che sono e che saranno. Se la posizione astrattamente concepita ha come esito ciò che non è posizione di z – e pertanto è contraddizione -, resta ancora da mostrare che questo altro da z si determini, qualora si verifichi un esito posizionale positivo, come il contrario di z. Dice che è ancora da vedere come questo qualcosa, che è in contrapposizione a z, di fatto si determini come il contrario di z. Invece, la posizione di z, concretamente concepita, è un immediato passare, o un immediato risolversi nella posizione di K (che è appunto il contrario di z), come tolto. Questo è il concreto. Si risolve, cioè, passa la z alla K in quanto tolta, vale a dire, la pone e la leva. Questo passare (è l’Aufhebung di Hegel) è l’essenziale contraddizione di ogni determinazione finita, o è l’essenziale contraddirsi dell’astratto nel concreto, ossia nell’intero. È chiaro che l’astratto è una contraddizione; se io mantengo z e nK come astratti mantengo la contraddizione, che il concreto toglie, perché il concreto mi dice che z e nK sono lo stesso. Se, invece, li separo, allora sono nella piena contraddizione. Nel caso presente, il passare è il contraddirsi dell’astratto z in quella concretezza che è costituita dalla relazione tra z e K come tolto. Sta dicendo la stessa cosa di prima. È chiaro che la “contraddizione”, qui, ha un significato diverso da quello della contraddizione che conviene al concetto astratto della posizione di z. La contraddizione non è infatti qui autocontraddizione – l’intrinseco contraddirsi di un unico termine –… Che è poi quello che lui alla fine cerca: l’autocontraddizione. Ciò che cercherà di fare adesso sarà di volgere una contraddizione in autocontraddizione. Questo perché solo se elimino l’autocontraddizione allora ho la certezza, l’incontrovertibile. …ma è la relazione stessa che sussiste tra i due termini “contraddittori”, e cioè tra z e K… C’è una contraddizione ma non un’autocontraddizione, non è una contraddizione intrinseca in z. …(che sono quei contraddittori in cui la contraddittorietà è determinata come contrarietà). Infatti, z e K li ha posti come contrari: z e non-z, sono contrari, logicamente si intende così. La contraddizione essenziale, di continuo intravista dallo Hegel, è dunque la stessa implicazione essenziale che sussiste tra z e K (o, in generale, tra un significato e l’orizzonte semantico che lo oltrepassa)… Un significato è l’orizzonte semantico che lo oltrepassa: se io pongo un significato, è chiaro che questo significato è una determinazione, ma c’è tutto un orizzonte che lo oltrepassa. Torniamo al significante: un significante è lì, ma c’è tutto un orizzonte di significanti che lo oltrepassa, che va oltre questo significante, e che non è quel significante lì. …per la quale la posizione di z è un immediato passare nella posizione di K come tolto. Ma ecco appunto che la contraddizione essenziale non è un’autocontraddizione: in quanto z non è un passare semplicemente in K, ma è un passare in K come tolto, cioè è passare in nK. Se il passare fosse semplicemente da z a K, z sarebbe posto come un non-z: come quel certo non-z che è K. (Lo speculativo – la contraddizione essenziale – appare in tal modo come toglimento della contraddizione – autocontraddizione – in un duplice senso: in quanto toglie la contraddizione che si produce concependo ciò che non è posizione di z come siffatta posizione;… Occorre, dice, togliere la contraddizione che si produce e che dice che z è non-z, cioè, che la posizione di z è non-z, che l’apparire di questa cosa non è l’apparire di questa cosa. E in quanto toglie la contraddizione che si produce concependo la contraddizione essenziale come un semplice passare da z a K, o a k(nz), come non tolto). Dunque z si contradice essenzialmente nel suo altro solo in quanto questo sia posto come il suo altro;… Qui sta la questione, perché se io pongo l’altro da z come l’altro rispetto a z è chiaro che c’è una contraddizione ma non un’autocontraddizione. …e K è posto come altro da z appunto in quanto z è posto come negazione di K, in quanto cioè la posizione di z implica essenzialmente la posizione di nK. E ciò in cui z si contraddice e si risolve è “più ricco” di z, stante che K, in quanto sintesi di k e di nZ, contiene z (come tolto) e in più il contrario di z. La questione sta qui: z si contraddice dal suo altro, cioè non-z; quindi, c’è una contraddizione ma non un’autocontraddizione, ma se questo non-z, dice, non è altro che il nK, cioè ciò che è z, allora succede che z, senza nK, comporta non più una contraddizione ma un’autocontraddizione, perché ponendo z senza nK non pongo z, in quanto nK è z. A questo punto, quindi, non c’è più, dice Severino, il contraddirsi di opposti, di contrari, ma c’è un’autocontraddizione; cioè, ha ridotto la contraddizione fra contrari, tra z e non-z, in un’autocontraddizione. Siamo a pag. 392, paragrafo 11, Limiti del contributo dello Hegel alla determinazione della struttura delle negazioni del fondamento. a) Il toglimento della contraddizione prodotta dal concetto astratto della posizione astratta di z presuppone il costituirsi della contraddizione, e questa presuppone a sua volta ciò che la produce, ossia il concetto astratto della posizione astratta di z. È quello che dicevamo prima: se considero la posizione astratta di z mi trovo in una contraddizione. Che cosa toglie la contraddizione? Il concreto, e cioè la posizione di z considerata come implicante necessariamente la posizione di nK. Questa posizione costituisce pertanto, in quanto astrattamente concepita, il cominciamento o l’inizio del “processo” in cui consiste il toglimento della contraddizione;… È quello che ci diceva quando, qualche pagina prima, parlava dei tre momenti, tesi, antitesi e sintesi: momento dell’intelletto astratto, ossia del concetto astratto della posizione di z non implicate la posizione di nK. Questo è il cominciamento, cioè la posizione: io pongo questo, lo pongo e, quindi, non c’è la sua contraddizione, non c’è niente. Però, ponendo questo, se non pongo anche il suo contrario e compio poi l’Aufhebung, il porre questa cosa è autocontraddittoria, perché non ho tolto la sua negazione, quindi, permane accanto alla posizione anche la sua contraria. Questo è il cominciamento, si parte da lì, dall’astratto. Aveva già detto che si parte dall’astratto e non dal concreto. Il concreto è qualche cosa che interviene necessariamente quando qualcosa appare, ma perché appaia occorre che ci siano degli elementi che io astrattamente prendo in considerazione. Riprendendo l’esempio “questa lampada che è sul tavolo”: appare questo concreto perché astrattamente io distinguo la lampada dal tavolo, sennò non apparirebbe niente. Quindi, si parte sempre dall’astratto, da questo cominciamento. …il toglimento vale come risultato del processo – o, che è il medesimo, il risultato è la stessa implicazione tra z e nK. Questo è un processo, sta dicendo Severino, non è un qualche cosa di immediato. Ma poiché il risultato è qui quello stesso che toglie il cominciamento in quanto contraddittorio… Questo risultato coglie il cominciamento. Cos’è il cominciamento? È la tesi, il porre qualcosa. Questo processo toglie il cominciamento, lo toglie ponendolo come autocontraddittorio: se non c’è la sua negazione in quanto tolta, questo cominciamento, questa tesi, questa posizione è autocontraddittoria. In realtà, pongo qualcosa che, di fatto, non potrei porre. …il risultato non è un “fondato”, ma è un immediato risultare. Finché lo pongo come contraddittorio questo risultato non è un fondato. Il processo in cui consiste il toglimento della contraddittorietà del concetto astratto della posizione astratta di z… Cioè, del cominciamento: io pongo questa cosa. …è dunque, come è già stato osservato, struttura interna dell’immediatezza. O il cominciamento è il primo, la contraddizione il secondo, l’implicazione tra z e nK il terzo, semplicemente nel senso che questo terzo è in relazione al toglimento di quella contraddittorietà; e in questo senso è un risultato. Alla fine il risultato non è altro che il porre qualche cosa che, di fatto, non posso porre; posso porlo a condizione di porre la sua contraria e toglierla. Quindi, il porre qualche cosa è il risultato, questo cominciamento, il primo. Questa è un po' l’architettura della Fenomenologia dello spirito, e cioè il cominciamento è il risultato di un processo. Vedete che c’è una sorta di circolo ermeneutico, lo stesso circolo di cui parlava anche Peirce - la Primità senza la Terzità non c’è - è la stessa cosa. Non so se Peirce avesse letto Hegel. Ci sta dicendo, quindi, che il cominciamento è un risultato. Il fatto che io ponga qualcosa, questa immediatezza, è un risultato. Cosa che è notevole, perché che cosa ci fa capire qui Severino, che poi di fatto è Hegel? Che il primo passo non c’è senza il secondo, il quale non c’è senza il terzo. Ricordate il boccio, il fiore, il frutto? È un po’ la stessa cosa. Senza il frutto, ci sta dicendo, non c’è neanche il boccio, perché il destino del boccio è di essere fiore e di essere frutto; se non c’è il frutto, il boccio non è niente. Anche se lo fa Hegel, magari questo non è l’esempio migliore, comunque… (È chiaro poi che l’implicazione tra z e nK è quello stesso per cui la contraddittorietà del cominciamento è tolta… z è il cominciamento, nK è l’antitesi che viene tolta, quindi, questo cominciamento è contraddittorio. …solo in quanto essa implicazione sia concretamente intesa da un lato come (z=nK)=(nk=z), e dall’altro lato come individuazione dell’universale dell’incontraddittorietà. Ci ha mostrato qui quali sono i tre momenti fondamentali di tutta l’opera di Hegel, tesi, antitesi e sintesi, come, di fatto, per porre qualche cosa io debba eliminare il suo contrario, cioè ciò che questa cosa non è, e a questo punto produco una relazione tra questo qualche cosa e ciò che questo qualche cosa non è, in quanto tolto. A questo punto, quindi, ho posto qualche cosa, sennò di fatto non l’ho posto, cioè, l’ho posto ma non posso porlo finché non tolgo la contraddizione. Soltanto quando tolgo la contraddizione ho il concreto, e cioè non ho più due termini astratti contraddittori ma ho il concreto, e cioè un’affermazione incontraddittoria. Siamo a pag. 394. c) Il concreto svolgimento della Logica hegeliana intende mostrare la necessità che ogni determinazione logica complessa (ogni proposizione) sia o un orizzonte posizionale costituito dalla negazione determinata in cui si contraddice la determinatezza astrattamente assunta… O una determinazione costituita dal fatto che ho eliminato la sua contraria. …o un orizzonte posizionale costituito dalla sintesi concreta di determinazioni contrarie. Sintesi concreta vuol dire che prendo z e nK come concreto ma questo può essere accostato a un’altra determinazione concreta differente o contraria. In altri termini, ogni determinazione logica complessa sarebbe o un momento dialettico, o un momento speculativo. E, come è noto, nel senso che la stessa implicazione risultante dal toglimento della contraddizione provocata dall’assunzione astratta del semplice, si contraddice – qualora sia assunta astrattamente (e dovendo, per Hegel, essere a sua volta assunta astrattamente) – nella sua negazione determinata;… Qui si riferisce più propriamente a Hegel, e dice la stessa implicazione risultante dal toglimento della contraddizione provocata dall’assunzione astratta del semplice. Finché dei termini astrattamente, certo, ho la contraddizione. …e dovendo, per Hegel, essere a sua volta assunta astrattamente) – nella sua negazione determinata. Sta dicendo che per Hegel, comunque, ciascuna determinazione deve essere presa astrattamente. È vero, come posso prendere una determinazione se non astrattamente. Quando dico “questa lampada che è sul tavolo” la determinazione riguarda la lampada, come posso prendere questa lampada se non astrattamente? …e questa contraddizione è tolta in una nuova implicazione, e così via;… Questo è il processo hegeliano: ciascuna volta c’è un’astrazione, non posso non avere che un’astrazione, ma questa astrazione posso porla solo a condizione di togliere la contraria. Una volta che ho fatto questa operazione mi ritrovo un qualche cosa che a sua volta può essere preso astrattamente, e quindi ricomincia tutto il processo. Per Hegel questo è il processo dialettico …sino a che per un andamento necessario risulta quell’implicazione che, come totalità concreta, non lascia nulla fuori di sé, in cui possa contraddirsi. Il metodo si fa in tal modo sistema della totalità. Questa è l’idea di Hegel, cioè, attraverso questo metodo, questo processo, la sintesi a sua volta posso porla come una tesi, la quale avrà un’antitesi, e così via. Questo è il processo dialettico. Quando si conclude questo processo dialettico? Si conclude quanto la totalità è compresa all’interno di questo processo, cioè, non c’è più nulla con cui contraddirsi. Siamo a pag. 398. c) Lo sviluppo dialettico… Che è quello che vi ho illustrato prima: tesi, antitesi e una sintesi. Questa sintesi viene a questo punto presa astrattamente, ma in quanto astratta è lei stessa presa in una contraddizione. Questa sintesi ha una sua negazione e, quindi, devo togliere questa sua negazione per produrre un’altra sintesi, e così via. Lo sviluppo dialettico non si produce solo in relazione alle implicazioni analitiche o sintetiche a priori, ma anche in relazione alle implicazioni sintetiche a posteriori. Sintetiche a posteriori, cioè, il giudizio dell’esperienza. Questa estensione rossa è essenzialmente o necessariamente rossa: nel senso che se è possibile progettare questa estensione come non più rossa (onde appunto la connessione tra questa estensione e il suo colore rosso è sintetica a posteriori), ciò che si progetta come non più rosso non è – come altre volte si è avvertito – questa estensione… Come la lampada. Se io dico che questa che è sul tavolo, ma non c’è più il tavolo, allora questa lampada non è più questa lampada che è sul tavolo. …ma è una permanenza di questa estensione – permanenza che, proprio perché tale, non è questa estensione in quanto questa: ché altrimenti non si darebbe permanenza, ma identità. Cioè, questa lampada che è sul tavolo è questa lampada che è sul tavolo. Se io sposto la lampada, questa lampada che è sul tavolo non è più quella lampada lì, è un’altra. Pertanto, se si concepisce che una posizione di questa estensione, nella quale posizione non sia posto che questa estensione è rossa, sia posizione di questa estensione, si realizza un concetto astratto della posizione astratta di questa estensione. Se io non considero più questa lampada che è sul tavolo ma la porto da un’altra parte, è chiaro che considero solo l’aspetto astratto: c’è la lampada, il tavolo, tutto quello che volete, ma sono concetti astratti. La posizione, poi, è astratta, perché ponendo questa estensione senza porre il suo esser rossa si pone soltanto un momento astratto del concreto;… La lampada è un momento astratto del concreto; il concreto è questa lampada che è su tavolo. …sì che ciò che è posto non è questa estensione, ma un termine contraddittorio di questa estensione. Perché ogni volta che io pongo l’astratto, questo astratto che pongo è contraddittorio; è contraddittorio perché, ponendo soltanto l’astratto, tolgo la sua negazione, cioè, tolgo da questa lampada tutto ciò che non è questa lampada, non lo considero. Finché non lo considero, per toglierlo, affermare questa lampada, o questa estensione, è contraddittorio, perché non ho tolto la sua negazione. E il concetto di questa posizione astratta è astratta, appunto perché intende ciò che non è posizione di questa estensione, come una siffatta posizione. Se io dico “questa lampada che è sul tavolo”, questa lampada, che è la posizione astratta, se io la tolgo dal tavolo allora la posizione di questa lampada nel concreto non è più la posizione della lampada nel concreto ma è un’altra posizione. Quindi, togliendola, penso questa lampada in una posizione differente, non ha più nulla a che fare con quell’altra cosa. Come dire che ciascuna volta è essenziale intendere come un elemento sia posto concretamente nel dire, nel parlare, nel raccontare. Ciascun elemento è posto concretamente, vale a dire che, se io lo astraggo, questo elemento non è più quell’elemento: questa estensione, se non è rossa, non è più questa estensione; c’è sempre un’estensione ma è un’altra cosa. Il che ci rimanda, propriamente, a ciò che accade quando si ascolta un discorso: ciò che si dice in un discorso è quello che è all’interno del concreto in cui appare, nel suo concreto apparire. Astrarre un elemento da questo concreto apparire, per qualunque motivo, è togliere quell’elemento dal concreto, quindi astrarlo, quindi porlo in una posizione che non è più la posizione in cui era, e di conseguenza cambia il significato. In questo senso ascoltare significa anche cogliere un elemento in quanto concretamente posto in una certa posizione. Ci sono a questo punto delle implicazioni, che riguardano la questione dell’intero, ma di questo intero ne parlerà nel capitolo successivo. L’intero sarebbe l’elemento più tutto ciò che va oltre il significato: l’insieme di queste due cose è l’intero.