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30-1-2013

 

Intervento: la questione intorno al linguaggio è intesa, è compresa ma non è intesa nel suo fondamento…

È la stessa che si incontra nel persuadere un fondamentalista islamico, cristiano, che dio non esiste da nessuna parte. C’è una sorta di sordità in quel caso, qualunque argomentazione viene ricondotta a dio, nella questione di cui parlava lei viene ricondotta alla realtà, realtà che dice che comunque qualche cosa c’è, qualcosa c’è perché lo vedo, lo tocco, eccetera, e qualunque cosa voglia dirsi o mostrarsi, anche per esempio il discorso che facevamo tempo fa e cioè che se c’è qualche cosa questo qualche cosa c’è perché ha un significato che è qualche cosa e se è qualche cosa significa qualcosa, se significa vuole dire che è all’interno di una relazione di segni, se è in una relazione segnica vuol dire che è nel linguaggio. Questa potrebbe anche apparire un’argomentazione convincente, ma rimane sempre il fatto che comunque le cose ci sono, comunque, è come dire, che dio c’è, e il fedele, sia che sia fedele alla realtà o a dio, troverà sempre delle argomentazioni a suo vantaggio, per esempio che tutto ciò che stiamo dicendo qui è qualcosa che è voluta da dio, e non c’è modo di obiettare a una cosa del genere, perché non è argomentata. L’affermazione della esistenza della realtà non è argomentata, non c’è un’argomentazione, tutti credono all’esistenza della realtà ma nessuno sa dire che cos’è la realtà. Comunemente si considera che sia ciò che cade sotto i sensi, ciò che viene percepito, ma come dicevamo questo non dice che cos’è la realtà ma soltanto che si sta utilizzando un certo criterio per dire che cosa si intende con realtà, ma di che cosa si tratti esattamente questo nessuno l’ha mai potuto dire, né i filosofi, né i fisici, né nessun altro, né i linguisti, avvertendo tuttavia che c’è qualche cosa che impedisce di arrivare a dire che cos’è. Lacan per esempio dice che “c’è del reale che resiste” poi in Verdiglione sarà “la materia” materia che resiste, ma a che cosa? Alla significazione, alla comprensione, cioè se io voglio descrivere un qualunque aggeggio, se voglio dire che cos’è, comunque qualcosa resisterà, e ciò che resiste Verdiglione l’ha chiamata “materia”. Ma questo di nuovo non dice nulla. Un discorso che sostenga la realtà per quello che è, è soltanto un atto di fede. Quindi direi che ciò che è possibile fare non è tanto dire che la realtà non è questo ma è quest’altro, quanto porre delle obiezioni, incrinare il concetto di realtà in modo tale che qualcuno possa incominciare a riflettere sulla cosa, più di questo pare difficile. Quando si parla di realtà, come dicevo, non solo non si sa esattamente a che cosa ci si stia riferendo, ma si allude a un qualche cosa che semplicemente è condiviso, è un gioco che è condiviso da tutti, da sempre, e una delle possibilità cui mi riferivo prima è fare intendere che anche la realtà insieme a qualunque altra cosa è un gioco, e mostrare che è fatta come un gioco. È chiaro che non è semplice, e la difficoltà sta nel fatto che presuppone o comunque comporta un modo totalmente differente di pensare. Nel medio evo non era neanche pensabile che dio non esistesse, non solo non era pensabile ma anche era proibito, adesso non è più proibito pensare che la realtà non ci sia fuori dal linguaggio. C’è in quanto significante, la realtà è un sostantivo femminile singolare, c’è nella parola, è la parola che la produce mano a mano, non c’è altro modo di intendere la realtà, che è il nocciolo duro del pensiero occidentale che ha prodotto la metafisica appunto, che si è occupata di sapere qual è l’Essere dell’ente, e poi dalla fisica, che non si occupa di sapere che cos’è la realtà ma soltanto si occupa di dominarla…

Intervento: mi sembra anche abbastanza importante, per il funzionamento del linguaggio la realtà, perché se non ci fosse questo concetto, questo significante utilizzato parlando non ci sarebbe la possibilità di avere una garanzia sulle cose che si dicono.

Sì, esattamente, questo è l’altro aspetto che va preso in considerazione. Quando una persona vuole che altri credano a quello che dice fa riferimento alla realtà, cioè le cose stanno così “lo vedi come sono, sono così”, ed è la funzione che ha la realtà, praticamente ha soltanto questa, cioè di garantire della verità di ciò che si afferma. Questo è uno degli altri motivi per cui è così difficile sbarazzarsene, come se in assenza di una cosa del genere ciò che si dice non avesse più nessun riferimento, nessun referente, ma soprattutto nessuna garanzia, come di fatto è. Fuori dalle regole dei giochi linguistici, fuori di questo non c’è niente, e perché non c’è niente? Perché fuori da questi giochi linguistici cioè fuori dal linguaggio posso soltanto credere, pensare, avere fede che esista qualche cosa, ma non posso dimostrare assolutamente niente, e poi a cosa serve credere che esista qualcosa fuori dal linguaggio? Se non appunto a imporre un proprio potere “le cose stanno come dico io perché è così”. Ma questa utilità è molto cara agli umani, perché se gli si leva la possibilità di esercitare un potere sotto qualunque forma, in qualunque modo, è come se non avessero più niente da fare, né più alcun luogo dove appoggiare il piede per andare avanti, che è ciò che spesso ci viene detto anche nelle conferenze, è come togliere tutto, e togliendo tutto si toglie apparentemente la possibilità stessa di continuare a vivere, a esistere, perché l’esistenza è pensata solo in quel modo, come un muoversi all’interno di un ambito che viene chiamato “realtà”…

Intervento: pensavo alla questione delle emozioni e alla loro onnipotenza nei confronti dell’uomo… È talmente inesprimibile un’emozione è qualcosa che provi. Il criterio di verità delle emozioni qual è?

Se una cosa ti emoziona, intanto mettiamola così, questa cosa per te è importante oppure no? Oppure è una cosa di cui non ti importa assolutamente niente? È importante. E se diciamo che è importante cosa stiamo dicendo? Che ha un valore per te. E come mai glielo hai attribuito questo valore? Glielo hai attribuito perché questa cosa, essendo connessa con altre, significa per te qualcosa di ben preciso, cioè significa, letteralmente, perché infatti se per te non significasse niente non ti produrrebbe nessuna emozione, ma se significa qualche cosa allora il discorso è più complesso, perché vuole dire che rinvia comunque a qualche altra cosa che è all’interno di una combinatoria che muove da una premessa e compie dei passaggi e giunge a una conclusione, perché è inserita all’interno di una combinatoria di segni e un segno è ciò che rappresenta qualcosa per qualcuno, e quindi perché qualcosa ti emozioni deve essere considerata all’interno del tuo discorso assolutamente vera. Solo a questa condizione diventa “importante”, che significhi per te delle cose importanti, se no non significa niente, come il fatto che qui fuori stia passando qualcuno adesso non ti da nessuna emozione perché non significa niente, cioè non ha nessun rinvio, nessun aggancio che per te abbia importanza. Qualche cosa ha importanza perché procede da altre storie, da altri agganci, da altri rinvii, insomma, per farla breve, senza quella struttura che chiamiamo linguaggio, non c’è nessuna emozione. L’emozione è un modo in cui gli umani reagiscono a una situazione particolare, dove accade, per esempio, qualcosa di fortemente desiderato, e se accade ecco che si produce quella cosa che chiamiamo emozione…

Intervento: questo sarebbe il carattere umano, le emozioni, che manca nel nostro discorso…

Ma quale sarebbe il carattere umano?

Intervento: se togli le emozioni rimane appunto una macchina…

Supponiamo che una macchina, un computer, io lo programmi in modo tale che quando c’è un conflitto di file il sistema si arresti, e la macchina scriva a caratteri cubitali “sto soffrendo”, se dice questo, se fa questo allora la macchina prova dei sentimenti? Prova a negarlo se sei capace. La macchina l’ha imparato perché glielo ho insegnato io…

Intervento: dipende da come si definisce “sentimento”.

Come dice Wittgenstein anche quello lo si impara. Vedo che la mamma è preoccupata, vedo lo sguardo, vedo la faccia preoccupata eccetera e imparo che lì c’è da avere paura, o da preoccuparsi, e la prossima volta mi preoccuperò anch’io, e allora incomincio ad avere quelle cose che si chiamano emozioni, sentimenti. Sono tutte che posso insegnare a fare a una macchina, esattamente così come è stato insegnato fare a me. Si dice spesso che le macchine sono costruite dagli umani, ma anche gli umani sono costruiti dagli umani…

Intervento: la consapevolezza…

Gli si può mettere anche quella volendo, gli si possono immettere anche delle reazioni che hanno gli umani. Non lo si fa, come dicevamo l’altra volta, perché nessuno ha nessun interesse a fare in modo che una macchina pensi nel modo squinternato e sgangherato in cui pensano gli umani. Sarebbe come se, quando accendi il computer, anziché caricare tutti i programmi lui incominciasse a cantare la marsigliese, ma non interessa che canti la marsigliese, voglio che faccia quello che deve fare, per cui non lo programmerò mai per fare queste cose. Negli umani la cosa è più complessa perché le informazioni di cui sono a disposizione sono talmente tante e le combinazioni così varie e vaste che effettivamente possono anche fare questo, e cioè cantare la marsigliese, perché? Perché si connette con un’altra serie di storie che gli ricordano la nonna e a quando era piccola, questo si connette con un’altra storia eccetera, e attraverso una serie di passaggi velocissimi giunge a concludere che se fa una certa cosa allora canta la marsigliese…

Intervento: io ritengo che la psicanalisi sia sorta e coltivata sull’economia delle emozioni infatti una delle obiezioni del nostro discorso è che si è troppo razionali, la psicanalisi è nata sulla sofferenza e insiste a fare un’economia delle emozioni…

Intervento: però Freud per esempio riguardo a queste cose ha scritto per esempio “al di là del principio di piacere” come dire al di là del bene e del male e quindi questo già allude a qualcosa che ha a che fare con la macchina, la macchina se non gli immetti il bene e il male…

Neanche l’umano se non gli si immettono le informazioni di bene e male. Una via potrebbe essere proprio questa, e cioè che per avere delle emozioni per esempio, occorre che alla persona siano state fornite delle informazioni o, più propriamente, se proprio dovessimo essere precisi, occorre che gli vengano fornite delle informazioni che poi possono costruire altri dati, perché se nessuno dicesse a un bambino o a una macchina, è la stessa cosa, che cos’è il bene e che cos’è il male, che deve perseguire il bene e allontanarsi dal male, e che quando succede un qualche cosa che danneggia il suo fisico allora prova dolore, allora proverebbe dolore? Probabilmente avrebbe una reazione, certo i nervi si muovono in un certo modo, però non sarebbe più quel dolore che noi chiamiamo “dolore”, ma sarebbe un’altra cosa, così come non sapremmo mai cosa provano gli animali, cosa prova una lucertola quando le tagliano la coda, prova dolore? È ciò che noi inferiamo in base a ciò che abbiamo imparato, la nostra esperienza, per loro il concetto di dolore non esiste, ha una reazione sì certo, anche una lampadina quando cade per terra si spacca, quindi ha una reazione. Con “dolore” oramai intendiamo una certa cosa che procede da una quantità enorme di altre informazioni, di giochi linguistici che abbiamo imparati con gli anni, tenete conto che un umano riceve input e informazioni ininterrottamente durante l’arco della sua giornata, questo mette le persone nelle condizioni di acquisire una quantità sterminata di informazioni che vengono elaborate, cioè processate, quindi messe in connessione con altre informazioni secondo schemi ben precisi; queste nuove informazioni non possono per esempio andare contro informazioni ritenute vere presenti all’interno del sistema, e se questo accade è perché le nuove informazioni hanno la possibilità, attraverso altri agganci, di dimostrare che quell’altra è falsa, solo a questa condizione si può modificare il sistema. Anche le emozioni procedono da ciò che la persona ha imparato, tant’è che alcune cose emozionano una persona, ma le stesse cose non emozionano affatto un’altra persona, se la Juventus vince il campionato per molte persone è un’emozione grandissima, a me personalmente non importa assolutamente niente, e come mai avviene questo fenomeno? Perché muoviamo da premesse differenti, perché ci sono discorsi differenti, perché il sistema che io ho costruito, questo sistema che è fatto di linguaggio, fra le varie cose che importano non prevede quella per una serie di percorsi, di cose, che sono anche riproducibili entro certi limiti; una persona può sapere perché pensa quello che pensa, non è facile però può farlo. La questione delle informazioni, può apparire un po’ meccanica, cibernetica, però è fondamentale perché se non ci sono informazioni, se la persona non sa, non ha acquisito, nessuno ha insegnato alla persona cos’è il bene, il male eccetera, il bene e il male non ci sono, e allora a questo punto la stessa realtà, se nessuno mi ha insegnato che cos’è attraverso varie cose, attraverso anche degli esempi, attraverso il vedere, attraverso questi canali attraverso i quali passano informazioni che per gli umani sono i cinque sensi, non posso saperne nulla. La realtà viene insegnata, fa parte di quel “pacchetto” di informazioni che viene fornito all’infante, il quale a questo punto ha questa informazione e quindi la utilizzerà così come gli è stato insegnato. È il caso di insistere su questo aspetto e cioè sulle informazioni, che sono necessarie perché un umano sia un umano anziché un pezzo di cosa inerte, informazioni, sì le informazioni sono importantissime, però forse hanno anche un’altra portata, e cioè il fatto che gli umani vengono addestrati a parlare, a pensare, attraverso una trasmissione di informazioni e di istruzioni per utilizzarle naturalmente, proprio come si fa con una macchina. Sembra che a questo punto non ci sia più nessuna differenza fra gli umani e le macchine in quanto a trasmissioni di dati e di informazioni, come dicevo negli umani la trasmissione avviene attraverso i cinque sensi, i canali di cui dispone…

Intervento: c’è la demonizzazione della macchina…

C’è una questione importante e riguarda il fatto che l’uomo sia naturale. Nel momento in cui gli umani incominciano a parlare, e di conseguenza a muoversi in un certo modo, solo allora possono inventarsi la natura. Per un leone che corre nella savana non c’è nessuna natura, non c’è neanche la savana, non c’è neanche lui, perché ci siano tutte queste cose occorre che l’uomo non sia naturale. Paradossalmente perché possa esserci la natura occorre che non ci sia, e cioè che l’umano non sia naturale. Se non avesse mai parlato sarebbe naturale? No, perché non esisterebbe né lui né la natura a questo punto, non esisterebbe il concetto di natura, non esisterebbe niente. Le persone vivono immerse in quella cosa che si chiama realtà, il problema è che accade, se non ci si sofferma a riflettere, di subirla questa realtà, e allora ecco che diventa pesante, diventa arcigna, diventa insopportabile, mentre è possibile vivere le varie cose anche quelle considerate tragiche o comunque meno belle sicuramente con più leggerezza, con meno paura. La paura molto spesso è la paura di perdere il potere su qualcosa o su qualcuno, perdere i beni, perdere gli affetti, perdere la considerazione, perdere il rispetto. Per molti il rispetto è considerato la cosa più importante, molti muoiono a causa del rispetto. Cosa significa non portare rispetto? Che non lo riconosce o non gli riconosce il valore che lui immagina di avere e che in effetti se altri non riconoscono non si ha, perché se io ho potere su qualcuno è perché questo qualcuno me lo riconosce, perché se no, non c’è niente. Molte cose che gli umani fanno sono fatte per ottenere rispetto, rispetto quindi considerazione, per valere per altri, che sia una rapina o vincere il premio Nobel per la letteratura, in entrambi i casi l’obiettivo è lo stesso: ottenere riconoscimento e rispetto, magari in modo differente certo, ma l’obiettivo è lo stesso. Perché uno vuole conquistare il mondo? Per avere la considerazione, per essere importante per qualcuno, se no non gliene importerebbe assolutamente niente. Sembra che sia la cosa più importante di qualunque altra avere potere, e per avere potere occorre che le persone credano nella realtà, perché se cessassero di credere in questa cosa che si chiama realtà sarebbe impossibile esercitare il potere, per il semplice fatto che se io ho potere su qualcuno è perché si ritiene che quello che io dico, faccio, penso, sia vero, ed è vero se corrisponde a come stanno le cose, cioè alla realtà. Ma il potere non è nient’altro che la messa in atto del funzionamento del linguaggio che deve concludere ogni sequenza con un’affermazione che sia vera per potere, da lì, partire per costruire un’altra sequenza, perché se la conclusione non viene accolta come vera non può essere utilizzata e quindi occorre che ciò che si dice risulti essere vero, e da qui ancora la necessità che altri lo confermino.