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29-5-2001

 

C’è una questione a questo riguardo “che cosa serve?” l’altra sera mentre parlava Giorgio Codarini, mi ricordo che con Verdiglione e prima con Lacan con chiunque altro nessuno ha mai chiesto a cosa serve quello che state facendo, mai, con noi è invece una domanda che interviene spesso, perché mi sono domandato a mia volta? Ora considerate bene la questione in effetti il discorso da cui muoviamo e promuoviamo, cerchiamo di promuovere, se i librai ce lo consentono, muove invece da delle domande, come dire che abbiamo posto e continuiamo a porre domande radicali intorno ad discorso occidentale cosa che nessun altro fa, per esempio che cosa impediva a Giorgio Codarini di seguire il discorso che stavamo facendo, pur essendo molto semplice e pur avendo anche una formazione psicanalitica, il fatto che intorno alle cose che lui crede, e che pensa e che dice, il fatto che lui non si pone domande, lui dà per acquisito, adesso faccio un esempio, che esista per esempio un fantasma materno e che operi in un certo modo, e che esista l’inconscio e che esistano alcune cose alle quali lui crede, se voi riflettete bene siamo partiti proprio da domande intorno a queste cose fondamentali, intorno ai concetti fondamentali della psicanalisi, quindi cominciare con domandarsi intorno alle cose alle quali si crede, questa è la cosa più difficile, ché il discorso occidentale è sostenuto su questo sull’impossibilità di porsi domande intorno alle cose fondamentali alle quali si crede, se come facciamo noi qualcuno interviene e pone delle domande proprio lì, ecco la domanda che ci viene rivolta “a che cosa serve?” domandarsi tutte queste cose perché farsi tante domande? Questa è la domanda che ci viene posta continuamente, è con questo che dobbiamo fare i conti, con il fatto che le persone non desiderano affatto porsi delle domande intorno alle cose alle quali credono, e questo è stato…

Intervento: quello che a me pare la sensazione che io ho avuto questi termini che si pongono come una risposta a una domanda che già si è posta… per esempio rispetto alla teoria di Verdiglione o di Lacan ecc. si sapeva che cos’era, per questo non ci si chiedeva a che cosa serviva, si sapeva che era una psicanalisi che serviva per determinate cose, era un altro modo rispetto a qualche cosa di tradizionale, e in qualche modo la domanda “a che cosa serve?” la risposta a questa domanda era già implicita, la questione nostra invece qual è? Che non ci accontentiamo più, stiamo cercando degli spazi… cioè questo discorso che va alla base, cioè la struttura basilare di qualunque discorso, deve coinvolgere qualunque cosa e non solo la psicanalisi, rispetto a qualunque discorso come posso utilizzare ciò che so non essere, per esempio? Laddove invece nell’altro caso mi sembra funzioni come una sorta di circolo chiuso, io sto coltivando il mio giardinetto che arriva fino a lì, e fino a lì posso coltivare quello che voglio oltre mi è impossibile. La questione del “a che cosa serve?” è come la posso io utilizzare? Rispetto al discorso filosofico, al discorso scientifico, politico, alla medicina, quindi non si tratta più di fare una sorta di distruzione, di fare tabula rasa, ma di capire come funziona

Questo è importante, io ponevo la questione in termini forse più radicali, il porsi domande io so a che cosa serve e questo sapere non viene più interrogato, non ci si pone nessuna questione intorno a questo, ora in effetti una virata che potremmo imporre al discorso è questo, serve a fornire tutte quelle risposte alle quali gli umani non sono mai stati di rispondere, sia risposte intorno a domande personali, sia risposte a domande universali. Quindi in questo senso non è più una psicanalisi, non è più una psicanalisi perché non appoggia più sul fatto che ci sia un qualche cosa un disagio, un qualche cosa da togliere, ma le persone semplicemente vengono qui, per esempio per mettere in gioco un loro sapere, ciò che incontrano, ciò che trovano è un sapere assoluto, totale, questo saper assoluto, comporta poi degli effetti per cui le persone cessano di avere bisogno di seguire delle sciocchezze ora qua e ora là, possiamo parlare di terapia? Possiamo parlare di terapia anche quando uno vince una partita poker per esempio, con gli amici, si sente bene è contento, ho fatto della terapia? No ha giocato a poker, c’è un effetto di benessere, sicuramente, lo stesso benessere quando la persona incontra quando ha risolto un problema. Sta meglio, si sente bene. Questo facciamo, diamo le uniche risposte possibili a tutte le domande che possono porsi, che gli umani si pongono sia per quanto riguarda l’ambito cosiddetto personale, sia in ambito universale, scientifico qualunque. Cioè forniamo risposte innegabili, molto potenti, con questo rendiamo le persone sicure di sé, felici, per usare un termine che va per la maggiore, felici perché non hanno più bisogno di non esserlo, soddisfatte di sé, di cosa pensano, di come pensano…

Intervento: questo discorso porta a un bivio o prendere o lasciare

Non pone neanche questo, come dire questa è l’unica via praticabile qualunque altra è autocontraddittoria e pertanto non è praticabile, è una costrizione logica…

Intervento: gioca su questo equivoco il fatto di affermare qualcosa di non negabile impedisca altri discorsi, questo è l’equivoco e quindi occorre precisarlo meglio, però la sensazione è quella che facendo questo discorso è quella che si neghi tutto il resto, allora un conto è negare la superstizione, un conto è negare la possibilità di parlare, sono due cose differenti, in questo caso si sta negando la superstizione, non si sta negando il fatto di parlare, il fatto è che invece che chi si trova nella superstizione non ha più niente da dire e quindi si blocca. Mi piaceva il testo di Untersteiner “i Sofisti” dopo l’analisi del discorso e delle antilogie, non porta allo scetticismo e quindi alla nullificazione di tutto quello ma è una fioritura di tutto dalle arti, ai costumi a qualunque cosa che si voglia inventare, è quasi un grido quello che prorompe, non c’è più follia se una proposizione confuta la sua contraria) su cosa dovremmo lavorare a vostro parere? (lavorare sull’etica anche se lì si rischia di lavorare con un solo troncone

Sandro?

Intervento: la premessa… il discorso di Giorgio è il discorso della psicanalisi, almeno dell’ultima psicanalisi, è un discorso debole nel senso che punta… viene fatto passare come un discorso potente ma in effetti è una conseguenza di non apertura… in questi ultimi cento anni è passato che il pensiero forte sia un pensiero religioso di per sé

Si questo è il retaggio della metafisica, il pensiero debole è il pensiero della tolleranza, un pensiero buonista, dove tutto è permesso, dove tutto si può dire, siamo presi in questo equivoco, l’affermare un pensiero potente ma diverso da quello religioso è una via) è quello che stiamo facendo però non ha sortito un pubblico così folto. Che succede quando una persona si pone una domanda importante per sé e non riesce a trovare nessuna risposta ? in genere avviene qualcosa che è nota come disagio, togliere questo disagio comporta trovare l’elemento che risponda a questa domanda. C’è qualche cosa che forse abbiamo sottovalutato in tutto ciò. La questione è che rispetto a ciò che si è già risposto, gli umani sono pochissimo disponibili a rimetterla in discussione, pochissimi quasi niente perché il rischio di trovarsi in una condizione in cui non c’è una risposta è molto alto, per cui abbandonare ciò che si crede in alcuni casi appare una operazione impossibile, ricondurre questa cosa a cui si crede a domandare che è esattamente il percorso che abbiamo fatto, potrebbe aprire un varco nel quale inserire un altro discorso, un’altra risposta questa volta sì definitiva, una difficoltà, per usare così una cosa figurata, è fare in modo che la persona molli la presa di ciò che gli dà sicurezza, la molli per quell’attimo che gli consente di aggrapparsi a questa cosa che è molto più solida, ma questa operazione non la si fa, salvo casi rarissimi e disperati, oppure lungo una ricerca che abbiamo compiuto ma ha richiesto moltissimi anni, bisognerebbe che abbandoni ciò in cui crede, se uno abbandona ciò in cui crede, quando gli si pone una domanda il problema è che non gli si pone affatto questa domanda per cui non l’abbandonerà mai. È una questione tutt’altro che semplice, è possibile certo modificare o convertire una persona da una religione ad un’altra, però il problema è che ciò che noi forniamo come risposta non è avvertita come tale, da qui la domanda a che cosa serve? non è avvertita come una risposta cioè come quel qualcosa che si pone al posto di qualunque altra, e questo è un aspetto non il solo certo, e forse non è un aspetto da sopravalutare, in effetti noi lo possiamo fare e lo abbiamo fatto certe volte, portare le cose credute più fortemente a una condizione paradossale, per cui non è più credibile, nonostante questo non serve cioè non è sufficiente, la persona ha un attimo di smarrimento e poi si riaggancia semplicemente escludendo questa domanda che gli è stata posta, che la persona stessa nel coso stesso della sua esistenza può accadere che si ponga ma immediatamente la elimina, cosa avviene invece in una conversione religiosa? Avviene che la cosa a cui crede viene sostituita con un’altra ma che ha la stessa struttura praticamente uguale cambiano solo pochi termini, per cui in realtà non è successo un granché, che una da cristiano diventi buddista, islamico viceversa, come dire c’è sempre qualcosa che ha a fondamento e cioè qualcosa che non è messo in discussione. Ci siamo fatti troppe domande molte più di quanto le persone siano disponibili ad accogliere, ma la questione è sempre quella, stiamo lavorando e che immagino ci occuperà ancora per molto, costruire delle proposizioni molto semplici…questa sorta di allegoria che avevo fatto continua a funzionare e cioè inserire all’interno del sistema operativo qualcosa che lo sblocchi, fare qualcosa del genere è fare qualcosa che nessuno ha mai non solo mai fatto, ma neanche mai osato pensare di fare, ma dobbiamo farlo ché certo ciò che stiamo facendo, da più di un anno a questa parte e forse anche più, però non abbastanza, dobbiamo lavorare di più sui luoghi comuni, partire dai luoghi comuni sempre, cioè partire dal discorso occidentale, luogo comune, cos’è che ci impedisce di accedere al sistema operativo? Un luogo comune, che funziona come virus, né più né meno, che potremmo anche riassumere così che ci sia qualche cosa che non deve essere messo in discussione, il virus di cui vi parlo è qualcosa del genere, è che cosa non deve essere messo in discussione? Esattamente questa questione, questa proposizione, che esiste qualcosa che non deve essere messa in discussione, è questa che non deve essere messa in discussione, è un virus autoreferente…

Intervento: è la prova dell’esistenza di dio

Almeno sappiamo di cosa si tratta, più complicata perché si riferisce a se stessa, però continuo a pensare che sia possibile, non è poi lontano da ciò che diceva Tommaso, non è che possiamo andare all’indietro all’infinito dobbiamo fermarci ad un certo punto, qualunque teoria funziona così, dobbiamo fermarci ad un certo punto, che è la stessa cosa cioè c’è qualcosa che non deve essere messo in discussione, ancora chiamiamo in causa Giorgio, gli fischieranno le orecchie, per indicare una teoria quella di Verdiglione, cioè c’è necessariamente un origine cioè se siamo a questo punto allora c’è un’origine, ricordate nella Seconda Sofistica da qualche parte cosa vuol dire che c’è un prima vuol dire che c’è un dopo ma sono soltanto elementi linguistici, regole del linguaggio nient’altro che questo se non le penso regole del linguaggio ma entità, degli enti allora che succede? Che sono obbligato a pensare che prima mi trovo ad un certo punto necessariamente e se mi trovo ad un certo punto allora esiste un’origine necessariamente. No, sono solo regole del linguaggio, nient’altro che questo.