28-12-2005
Allora, che cosa state leggendo?
Intervento: Aristotele,
le Confutazioni Sofistiche, pag.
227… parliamo ora delle confutazioni sofistiche e delle confutazioni che
sembrano tali ma sono paralogismi non già confutazioni; cominceremo secondo la
natura delle cose dagli elementi primi, anzitutto è evidente che alcuni
sillogismi sono veramente tali e altri invece sembrano tali senza esserlo in
effetti come negli altri casi la confutazione tra realtà e apparenza si
verifica a causa di una certa somiglianza così avviene a proposito dei discorsi….
orbene allo stesso modo sillogismo e confutazione possono o sussistere
veramente oppure non sussistere…
Arriviamo al dunque…
Intervento: ma apparire tali per l’inesperienza di
qualcuno… in realtà il sillogismo deriva ed è costituito da alcuni elementi
posti in modo tale che si possa dire per necessità attraverso le premesse
stabilite alcunché diverso da tali premesse, la confutazione è invece un
sillogismo che deduce la proposizione contraddittoria ad un certa conclusione… orbene
i sofisti non compiono né l’una né l’altra cosa eppure sembrano compierle per
molte cause e gli schemi che si possono usare contro di loro il meglio fondato
e il più popolare è quello che argomenta attraverso la denominazione degli oggetti.
Dato infatti che non è possibile discutere presentando gli oggetti come tali e
che ci serviamo invece dei nomi come di simboli che sostituiscano gli oggetti
noi riteniamo allora che i risultati osservabili a proposito dei nomi si
verifichino altresì nel campo degli oggetti come avviene a coloro che fanno
calcoli usando dei ciottoli. Eppure le cose non stanno allo stesso modo nei due
casi in effetti limitato è il numero dei nomi come limitata è la quantità dei
discorsi mentre gli oggetti sono numericamente infiniti, è dunque necessario
che un medesimo discorso esprima parecchie cose e che un unico nome indichi più
oggetti e allora come rispetto all’esempio dato coloro che non sono abissini
nel maneggiare i ciottoli vengono ingannati da chi è esperto in materia, allo
stesso modo nel caso dei discorsi coloro che non hanno esperienza della forza e
del significato dei nomi incappano in ragionamenti errati sia discutendo essi
stessi sia ascoltando altri discutere…
Allora questo è quello che lui dice, dice che con gli
oggetti non si può giocare, si gioca con i nomi degli oggetti o meglio con i
discorsi definitori…
Intervento: pag. 235 I paralogismi poi che si
riferiscono alla mancata precisazione di che cosa sia il sillogismo e di che
cosa sia la confutazione traggono la loro origine da un difetto nella
definizione del sillogismo o della confutazione, in realtà la confutazione è la
prova della proposizione contraddittoria ad una certa conclusione, la
confutazione deve riferirsi ad un solo medesimo qualcosa che sia non un nome ma
un oggetto e deve riportarsi al nome usato dall’interlocutore, secondo il
significato da lui inteso e a prescindere da ogni sinonimia, la confutazione
deve discendere necessariamente dalle proposizioni concesse tra cui non va
enumerata quella fissata da principio come scopo della dimostrazione e deve
essere riferita secondo lo stesso punto di vista secondo lo stesso rapporto,
allo stesso modo e nel medesimo tempo…
Dove sarebbe la contraddizione?
Intervento: lui prima dice che in effetti non si
può giocare con gli oggetti perché si possono solo nominare e quindi esiste
soltanto la definizione e il gioco degli oggetti, dei nomi d egli oggetti poi
si ritrova a dire che invece dice che la confutazione deve riferirsi ad un
oggetto, per esempio, non al nome dell’oggetto e questo sia nelle Categorie
sia nel dell’Interpretazione e va avanti sempre in questo modo,
l’oggetto è un nome dell’oggetto e invece quando si confuta bisogna riferirsi
all’oggetto non al suo nome per esempio…
La confutazione è un sillogismo che discende dalla prima
affermazione e quindi certo che in questo caso si tratta di un oggetto “tale e
quale è” se no non sarebbe una proposizione che ha l’obiettivo di confutare, in
effetti non si confuta il nome, il nome è una convenzione per Aristotele, per
cui è l’oggetto che può essere vero o falso…
Intervento: sì ma l’oggetto
è sempre dato dal discorso…
Il discorso lo definisce, ma per Aristotele l’oggetto
c’è, è definito certo dal discorso però l’oggetto c’è…
Intervento: allora
perché dice che l’oggetto non si può mai “prendere” è sempre del nome che si
tratta?
È questo che consente di costruire anche una
confutazione, il fatto che sia possibile “apprenderlo” soltanto attraverso il
discorso, il discorso chiaramente può essere costruito in un modo oppure in un
altro, e quindi dimostrare o confutare a seconda dei casi, però effettivamente
non è il nome che viene confutato ma l’oggetto, anche se l’oggetto può essere
definito soltanto dal discorso…
Intervento: e infatti
lui parla solo ed esclusivamente del discorso e infatti tutte le varie
distinzioni che fa fra omonimia, sinonimia, ambiguità, solecismo sono tutte
legate al discorso a ciò che produce un discorso… è curiosa questa questione
perché poi afferma che i Sofisti giocano solo con i nomi e non si occupano
dell’oggetto
Esatto, per questo per lui sono paralogismi e non
sillogismi perché il sillogismo dovrebbe partire dall’oggetto…
Intervento: però tutto
questo lui lo costruisce a partire da deduzioni ferree… ma è ben certo di tutto
questo e allora perché fissa qualcosa che invece è ineffabile?
Ineffabile? Si possono costruire infiniti discorsi, però
se ne parla continuamente, non è ineffabile in realtà, e per lui l’oggetto
esiste, checché se ne pensi…
Intervento: io ho
cercato in Aristotele qualcosa che mi dicesse dove lui dice che l’oggetto
esiste in quanto tale, la sostanza, sostanze prime, sostanze seconde però per
esempio la sostanza non è l’oggetto
Intervento: l’oggetto
senza sostanza non esiste
Intervento: ma parliamo
sempre di discorsi definitori tutto sommato
Intervento: …quello che
sta dicendo è che dietro ai discorsi dei Sofisti non c’è nulla, nel suo c’è la
sostanza
Intervento: certo
perché deve esistere la vera scienza, il discorso che fa la scienza al giorno
d’oggi, lo stesso discorso, perché se no non ci sarebbe vera scienza
Intervento: la stessa
cosa tra parola piena e parola vuota
Sì, la questione è che noi abbiamo inserito al posto
dell’oggetto un altro elemento linguistico, cosa che Aristotele non fa, ché se
no avrebbe detto lui tutte le cose che abbiamo dette noi…
Intervento: mi sembra
stranissimo che non sia potuto arrivare… però
Se no non avremmo inventato niente, avrebbe già detto
tutto lui e bell’è fatto…
Intervento: infatti
quando fa le varie distinzioni tra eristica, dialettica, sofistica… la
dialettica è quella che deve dimostrare la verità o la falsità dell’oggetto
però lo dice lui stesso se non ci fosse questa necessità di sapere che cos’è la
confutazione che non è nient’altro che un sillogismo che prova la
contraddizione della conclusione e che se non si fosse la necessità di
dimostrare come ha fatto negli Analitici… lui stesso dice che non ci sarebbe
l’eristica per esempio, per salvare la vera scienza cioè il saggio
Sì il sillogismo scientifico è quello che muove da una
premessa certa, appunto l’oggetto scientifico, l’oggetto in sé, l’oggetto che è
dimostrato, che è provato…
Intervento: però parla
di proposizione e questa è una proposizione
Che poi non riesca ad individuarlo questo oggetto questo
è un altro discorso, in tutta la sua opera si muove almeno dal tentativo di
costruire, di partire da lì, anche per questo è stato accostato a una sorta di
teologia, il fatto di porre questo oggetto che in realtà mano a mano che cerca
di individuarlo gli sfugge, basta mettere dio al posto di questo oggetto ed è bella
che costruita una teologia. Ciò che abbiamo fatto è stato porre il linguaggio
come l’oggetto, l’oggetto che la filosofia ha sempre cercato, da Aristotele, ma
già altri prima di lui, come il fondamento di tutto, l’ipokeimenon, la sostanza come un elemento
linguistico e allora sì, certo, l’oggetto viene creato, prodotto dal
linguaggio, il nome stesso di oggetto non esisterebbe senza linguaggio, però
questo l’abbiamo fatto noi non Aristotele, Aristotele è arrivato fino ad un
certo punto, poi bisognava proseguire, come così abbiamo fatto…
Intervento: tutte le
costruzioni che fa… dice ci sono sei modi del discorso che abbiamo dedotto
sillogisticamente come l’ambiguità, l’omonimia, la divisione di termini congiunti,
la congiunzione di termini divisi, l’accentuazione, il solecismo sono sei
perché sono stati dedotti con un sillogismo cioè tutto quanto è posto come
deduzione
E quali altri strumenti aveva per compiere questa
operazione a suo avviso? Se non la deduzione, e noi stessi che strumento
abbiamo utilizzato e continuiamo a utilizzare se non la deduzione? Che è
l’unica che garantisce che si concluda in un modo certo, perché ciò che si
conclude è contenuto, per così dire, nella premessa e di lì non esce. Qualcun
altro che ha qualche questione intanto riguardo ad Aristotele o anche riguardo alle
cose che dicevamo la volta scorsa? Del corpo dicevamo, avete fatta qualche
considerazione a questo riguardo? Per esempio, chi parla del corpo? Il
linguaggio ovviamente, per rimanere con Aristotele il corpo sarebbe l’oggetto
di cui il linguaggio parla, però la questione che è sfuggita in buona parte ad
Aristotele e poi a tutti quelli che hanno fatto seguito è importante e riguarda
una domanda, e cioè: questo corpo in assenza di linguaggio esiste oppure no?
Così come qualunque oggetto naturalmente, se sì, che tipo di esistenza
possiede? Se no, ecco che allora Aristotele avrebbe compiuto quel passo che
invece non ha potuto compiere. Dire che il corpo esiste al di fuori del linguaggio
cioè anche in assenza di un linguaggio che ne parli pone dei problemi, dei
grossi problemi, intanto a questo punto dovremmo dire che cosa intendiamo con
esistenza, ovviamente, è la prima cosa che dobbiamo fare, è importante quando
si parla di qualcosa sapere di che cosa si sta parlando, non è del tutto
inutile anche se comunemente la cosa appare risibile, e quindi incominciare a
considerare che qualunque definizione si dia di esistenza rimarrà comunque una
definizione. Era l’uovo di colombo: definendo l’esistenza o qualunque altra
cosa in realtà che cosa si fa esattamente? Perché noi definiamo l’esistenza, va
bene, ma definiamo che cosa in realtà? Qualcosa che esiste prima che noi la
definiamo? È una questione che non va così da sé, se esiste come so che esiste?
E come se so se esiste fuori dal linguaggio di averla definita correttamente? Facciamo
questa ipotesi, che l’esistenza esista di per sé; l’esistenza esiste e io la
definisco, cioè costruisco un discorso che ne mostra tutte le varie caratteristiche,
prerogative etc. ma come so di avere definito l’esistenza? Proprio lei e non
un’altra cosa? Come faccio a saperlo? Se prima non so che cos’è l’esistenza? E
allora qualunque cosa io dirò dell’esistenza risulterà quanto meno arbitraria,
nel senso che ho definita qualche cosa che è un altro elemento linguistico ma
che non esiste al di fuori della mia definizione, perché abbiamo visto che se
anche esistesse per ipotesi, per assurdo, anche fuori della mia definizione,
allora non avrei la possibilità di sapere se ho definito effettivamente l’esistenza
o chi sa quale altra cosa invece. E allora io, definendo l’esistenza ho
costruita l’esistenza, che da quel momento in poi incomincia ad esistere, ma
finché non c’è un discorso che la definisce e quindi un discorso che la
inventa, che la crea l’esistenza non è. Non è niente. E quindi ciò che ho
costruito è si una definizione, ma che definisce un qualche cosa che non è
nient’altro che un elemento linguistico, io stabilisco un elemento linguistico
che nomino “esistenza”, e dico che esistenza è per esempio, a seconda del
momento e dell’umore della giornata, ciò che cade sotto i sensi oppure
qualunque cosa appartenga alla struttura del linguaggio, per esempio,
naturalmente entrambe queste affermazioni, all’interno di una elaborazione
teorica, occorre che siano provate, se no valgono nulla. Ma ecco che sorge un
ulteriore problema, come verranno provate? Dobbiamo avere un criterio per
poterlo fare, ma quale? Questo criterio occorre che risulti necessario, non
campato per aria, perché è in gioco la verità stessa dell’esistenza. Quale
criterio dunque? Qualunque criterio stabiliremo o decideremo di utilizzare sarà
costruito così come è costruito il linguaggio, cioè muoverà da un elemento che
comunemente si chiama premessa e poi attraverso passaggi coerenti tra loro,
fino a quell’altro che chiamiamo conclusione. Quindi, di nuovo, costruendo un
criterio avremo compiuta esattamente l’operazione precedente, e cioè avremo
costruito un discorso, ed è da qui che non si può uscire in nessun modo, è da
qui che siamo giunti alla considerazione che non c’è uscita dal linguaggio,
perché l’unico criterio che costruiremo o tutti i criteri che vorremmo
costruire saranno stati costruiti dal linguaggio. E perché abbiamo stabilito
che le regole che fanno funzionare il linguaggio sono quelle che ci consentono
di costruire qualunque criterio di verità? Perché è il linguaggio che
costruisce la nozione di verità, e pertanto ne costruisce anche le condizioni.
Ha costruito anche l’idea stessa di verità. Non come adæquatio rei et
intellectus, come voleva il suo amico Tommaso, ma come adeguamento alle regole
stesse che fanno funzionare il linguaggio. E cos’è che fa funzionare il
linguaggio?
Intervento: la verità
Come la verità? La verità è uno shifter. Sono le regole
che fanno funzionare il linguaggio, regole e procedure, un sistema inferenziale
e la possibilità di distinguere un elemento da un altro, con queste due cose è
possibile costruire il linguaggio e quindi qualunque cosa. E con questi
elementi come costruisco la verità? Molto semplicemente. Questo sistema
inferenziale consente di porre in sequenza gli elementi in un certo modo che,
come dicevamo l’altra volta, conduce a una posizione, a una conclusione che
consente di proseguire, se consente di proseguire, cioè se non contraddice la
premessa da cui è partito allora si chiamerà vera, se la contraddice allora non
potrà proseguire e allora si chiamerà falsa. Queste sono le regole del
linguaggio, è vero ciò che non contraddice le sue stesse condizioni, ma le
condizioni di qualunque cosa sono il linguaggio e quindi è vero ciò che non
contraddice il linguaggio cioè qualunque cosa che non neghi di sé di essere un
elemento linguistico, se lo nega allora è falso. Questo nell’ambito della
struttura del linguaggio ovviamente, ma tutto ciò che il linguaggio costruisce,
cioè i giochi linguistici, avrà la stessa struttura, però in questo caso
vengono negati alla sola condizione che neghino non l’esistenza di questo
elemento come elemento linguistico, ma che neghino una delle regole del gioco È
chiaro che parlando di linguaggio le regole del gioco sono quelle del
linguaggio, non altre, per esempio nel gioco delle carte se io dico che il mio
sette batte i quattro assi di Beatrice, nego una regola del gioco, ma non metto
in discussione l’esistenza del linguaggio perché mi attengo a un gioco
linguistico che è all’interno dello stesso funzionamento del linguaggio, però
la struttura è la stessa, cioè nego in questo caso le premesse da cui sono
partito, che nel caso del poker sono le regole del gioco, la struttura è
esattamente la stessa, solo che viene applicata ad un gioco specifico che sto
facendo in quel momento. Ci siamo sempre fin qui? Lo chiedo perché sono i
fondamenti di tutto ciò che andiamo dicendo, che è fondato su questa cosa…
Sandro ha in animo di scrivere qualcosa che illustri il discorso che andiamo
facendo in modo semplice, fluito, intuitivo, veloce, agile e cogente, come per
esempio mostrare che il corpo non può in nessun modo e in nessun caso esistere
al di fuori dal linguaggio, compiere questa operazione logicamente è semplice,
diventa più arduo invece porla in termini retorici, cioè fare in modo che una
persona possa, senza essere costretta a compiere passaggi logici complicati che
non riuscirà a seguire, possa accorgersi di una cosa del genere, ché se non c’è
linguaggio non c’è corpo, anzi non c’è mai stato…
Intervento: il corpo
funziona attraverso le regole del linguaggio
Sì, d’altra parte non ha nessun altro strumento per fare
qualunque cosa. Potremmo riprendere gli esercizi di retorica che facevamo
l’estate scorsa, in questo caso riguardo al corpo, per reperire dei sistemi,
dei discorsi più semplici quindi più facilmente intuibili, per il momento la
prova più potente è quella a contrario, cioè mostrare come in assenza di
linguaggio non si dia il corpo: passando dalla nozione di esistenza, se non c’è
il linguaggio posso dire che qualcosa esiste? Sappiamo che sì, lo possiamo dire
ovviamente ma non lo possiamo provare, perché dovremmo metterci fuori dal linguaggio
e a quel punto, da quella posizione, provare che il corpo esiste, ma con cosa
lo faremo? Non lo possiamo fare, e quindi abbiamo posta questa affermazione che
dice che il corpo esiste fuori dal linguaggio tra la vastissima categoria dei
non sensi, siccome non significa niente, così come l’esistenza di dio…
Intervento: ho letto un
vecchio saggio di Benedetto sedicesimo… la polemica…
Sì, questa operazione potrebbe farla Benedetto
sedicesimo anche rispetto al discorso che facciamo noi, in fondo potrebbe
accogliere tutto tranne il fatto che il linguaggio non è un dono di dio, e
siamo punto a capo, perché un’affermazione del genere non può essere in nessun
modo sostenuta, ma si può fare proprio per questo motivo, perché è confutabile
ovviamente, quindi si può fargli fare qualunque cosa…
Intervento: il
creazionismo rischia di diventare una sorta di… qualcosa di imprendibile
rispetto alla scienza… c’è tutto un movimento culturale… ho la vaga impressione
che sia una discussione creata ad arte di modo che la gente si scanni, nel
senso che crea un certo clima culturale… un po’ come è imposta una visione
religiosa della guerra… il controllo di determinate zone
Sì, distrarre l’opinione pubblica certo, una volta si
usava la guerra per questo motivo, è sempre un ottimo sistema di distrazione, si
fa fronte comune di fronte al nemico, adesso con la televisione la guerra non è
più necessaria nel senso che costituisce comunque un buon elemento per fornire
motivi di discussione. Però la questione è se è il caso di compiere
un’operazione del genere, cioè trovare argomentazioni retoriche più persuasive
rispetto alla questione del corpo oppure non ce ne importa assolutamente niente,
anche questa è una possibilità…
Intervento: io ritengo che
comunque mi veniva in mente… le questioni che si pongono non nascono dal niente
che qualche cosa che le muove… il corpo come macchina per via della tecnologia…
il corpo e la mente… è una questione di immaginazione politica io non vedo molta
differenza fra quello che è la politica dei grandi sistemi da quello che è la
politica dell’individuo in qualche modo si condizionano… una sorta di deriva
paranoica… la questione religiosa mi sembra una sorta di velo… la guerra in Slovenia…
lui un lacaniano di nome… poneva questa questione come se alla base ci fosse la
questione della difesa dei diritti umani che non è per nulla… che è
assolutamente un qualche cosa che va al di là… è un qualche cosa di superiore e
questa è una posizione religiosa perché sembra che l’abbia voluta dio… una
volta si diceva che si faceva la guerra perché dio lo vuole adesso non lo si
dice ma è implicito… è gnostica la cosa…
Prenda lo stile di vita degli americani, chi garantisce
che quello stile di vita sia il migliore? È implicitamente dio a farlo, nessun
altro può garantire una cosa del genere, la struttura è sempre quella che ha
individuato Platone: la nobile menzogna. Però Sandro tutte queste cose dovrebbe
riuscire a porle in modo tale da essere uno scritto, ché potrebbe essere
interessante fare notare alcune cose che magari non sono evidenti a tutti…
Intervento: sto
cercando di ragionare… è come se io mi accorgessi che circola un messaggio… nulla
è per caso… il dibattito religioso è una pedina di un altro gioco…
Però se ci pensa bene la questione religiosa è la
questione del potere, del potere supremo, l’obiettivo è il potere, che è una
questione religiosa, anche se adesso gli eserciti non partono con le croci…
Intervento: il discorso
religioso è ciò che produce il disinteresse per la propria funzionalità, assolutamente
nessuna curiosità intellettuale
Non deve mai interrogare se stesso, è la condizione
fondamentale…
Intervento: se ne avesse
soltanto l’opportunità queste cose sparirebbero immediatamente
O almeno ci sarebbero le condizioni…
Intervento: la cosa più
interessante è trovare il collegamento con la questione del discorso… però
Lei prima diceva che nulla avviene per caso, in un certo
senso sì, e in un altro no, molte cose avvengono per il solo motivo di
proseguire a parlare, poi può esserci una connessione qualche volta con qualche
cosa, ma forse non necessariamente, cercare il motivo che ci sta sotto e poi il
motivo che sta ancora più sotto… credo che in molti casi il motivo sia soltanto
questo, costruire delle proposizioni per proseguire a parlare, quindi inventarsi,
così come avviene spesso, inventarsi dei problemi per potere risolverli pur essendo
e rimanendo una questione di potere, una struttura religiosa che crede nel
potere, che crede nell’avere ragione dell’altro in un modo o in un altro piegandolo
alla propria ragione, che sia una ragione prettamente religiosa o economica o
sociale questo è marginale, però forse in molti casi non c’è nessun motivo
sotto che muove…
Intervento: ho capito
cosa vuol dire non è che io voglia fare della dietrologia… quello che invece mi
appare è che dietro a ogni cosa c’è una causa che non è… mi incuriosisce è come
funziona la nobile menzogna… è chiaro che certe cose non possono essere dette
perché si sa che la reazione dell’opinione pubblica non sarebbe favorevole,
perché non si è detto chiaro e tondo che si voleva andare lì semplicemente per
il petrolio? Se non si è detta questa cosa ci sarà un motivo…
Certe volte sembra che avvenga come accade per alcuni
genitori, che tacciono delle cose ai bambini perché non devono sapere, mentre i
bambini sanno benissimo, però non si dicono perché non è bello, non è che non
lo sappiano, lo sanno bene, ma devono fare come se non lo sapessero.