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28-12-2004

 

Chi vuole fare il riassunto di questo ultimo anno di lavoro teorico? Qual è la questione che vi è parsa più importante, essenziale e degna di essere ulteriormente articolata?

Intervento: quella della responsabilità

E può dire anche perché?

Intervento: perché se non interviene la responsabilità nel proprio discorso ovviamente non si può neanche affermare che qualsiasi cosa è un gioco linguistico

Definisca la responsabilità.

Intervento: la responsabilità è quella che interviene al momento in cui qualsiasi cosa è un gioco linguistico, non basta saperlo ma occorre giocarlo

Quindi la responsabilità segue all’acquisizione del funzionamento del linguaggio, è posta in questi termini? Questo potrebbe essere un problema. Se un’analisi una persona dovesse prima acquisire tutti gli strumenti teorici che riguardano il funzionamento del linguaggio per poi arrivare alla responsabilità sarebbe un po’ complicato…

Intervento: io dicevo per noi, cioè per coloro che stanno costruendo il linguaggio è chiaro che una persona che entra in analisi…

E che ha paura dei topi, per esempio…

Intervento: sì però ci vuole sempre il linguaggio per affermare…

Sì, si stava considerando l’eventualità che fosse necessario acquisire prima tutti gli strumenti che riguardano il funzionamento del linguaggio, dopodiché accogliere la responsabilità, però una persona che inizia l’analisi può accadere che sia poco disponibile a cominciare a imparare il funzionamento del linguaggio…

Intervento: però è necessario che arrivi…

Per quanto riguarda il punto di arrivo su questo non c’è alcun dubbio, è ovvio che una persona deve giungere al funzionamento del linguaggio, questo è il punto di arrivo, stiamo parlando di quello di partenza…

Intervento: sia come sia deve sempre portare al linguaggio

Intervento: una persona occorre che giunga a sapere che ciò che sta funzionando sono i suoi pensieri… il primo approccio nel senso che quello che sta costruendo dopo di che appunto può intervenire come funziona il pensiero, se no, no e quindi il linguaggio

Dipende dalla persona, è difficile stabilire una legge. Supponete che venga da voi una persona che ha paura dei topi famosi, voi cominciate a porre la questione del linguaggio, questa persona dice che non ha nessuna intenzione di occuparsi del linguaggio ma vuole solo togliersi la paura dei topi, che fate? La mandate via? È una possibilità, certo, oppure trovate un’altra strada? Quale delle due? Dicevo che dipende dalla persona, ci sono persone che sono più sensibili alla questione teorica e pronte a cogliere le questioni e a riflettere, altre no, sono travolte dalle fantasie e quindi meno in condizioni di trovarsi a riflettere sulle questioni, le persone non sono tutte uguali, ci sono delle varianti. Come affrontare, come porre nell’analisi la questione della responsabilità? Come avevamo detto varie volte incominciando a fare considerare che in fondo la persona non è obbligata a pensare le cose che pensa, in definitiva si tratta di questo, nessuno l’ha costretta, naturalmente la persona pensa di essere costretta dagli eventi a pensare una cosa del genere però dopotutto lungo l’analisi c’è la possibilità di considerare che questi eventi non sono sempre del tutto casuali e cominciare da quelli che appaiono meno casuali. Lì si può cominciare a insinuare la responsabilità, senza la quale certamente è difficile andare avanti ché se uno continua a pensare che tutto accada perché gli altri sono cattivi e il mondo è malvagio non andiamo da nessuna parte. Il pensiero che alcune cose non avvengano così da sé, questo alcune persone sono in condizione di accoglierlo, talvolta è sufficiente creare una breccia. Per altri talvolta è più arduo aprire una breccia ché un discorso può apparire monolitico, granitico…

Intervento: certo ci si può accorgere come in alcuni casi si creano le situazioni

Se diventa chiaro per un caso poi è applicabile anche ad altri, se invece non è chiaro per un caso non verrà applicato a nessun altro. Perché la responsabilità? Non è altro che non potere non considerare che la verità che si sta cercando è all’interno di un gioco linguistico, quindi è strettamente legata a quel gioco linguistico e che cioè occorre cessare di cercare quella verità originaria che non si troverà, come dicevamo la volta scorsa, però dicevamo anche che è difficile abbandonare questa idea perché c’è “il ricordo” tra virgolette di una verità originaria, quella che ha dato avvio al linguaggio e una persona non rinuncia facilmente a una cosa del genere. Ci rinuncerà quando avrà acquisito il funzionamento del linguaggio e saprà come funziona…

Intervento: si diceva anche che il lavoro analitico tutto sommato da un lato serve alla persona per riportare questa verità originaria per cui crede ciascuna volta di trovarsi a fare i conti con qualcosa che è originario ma non è nient’altro che il suo discorso che parte da delle conclusioni che per lui hanno funzionato, funzionano di lì costruisce… questo lavoro analitico da un alato compie questa operazione per cui man mano tutte le questioni si individuano e quindi non sono più importanti, dall’altro però no mantengono la ricerca dell’originario, del paradiso terrestre, della felicità perduta o cose di questo genere…ecco al momento in cui si sa come il linguaggio deve proseguire e quindi la necessità di costruire delle proposizioni vere e le “becca” dove è abituato a passeggiare queste proposizioni beh già una volta dicevo questo è utile? Serve a qualche cosa? Lei diceva che bisogna avere le palle per rendere questi giochi non più interessanti e quindi per togliere l’interesse occorre che questi giochi si proseguano, non si fermino al limite che le regole del discorso hanno posto…

Non necessariamente devono farsi, vedere come funziona questo sì, ma farli…

Intervento: ma per intendere come funziona occorre avere dei giochi con cui trattare perché se non si hanno dei giochi come se ne può intendere le regole?

Se è già lì quel gioco non c’è bisogno di fare grandi cose, è già lì con le sue regole. Lei dice “è il caso di raccontare le proprie storie oppure no?”

Intervento: è questa la domanda

Sì e no. Sì nel senso che queste storie sono quelle che consentono di accorgersi di che cosa sono fatte, che cosa le sostiene, qual è la funzione soprattutto di queste storie, no perché una volta che ha inteso il funzionamento del linguaggio queste storie diventano obsolete, non hanno più necessità di ripetersi cioè hanno perso la loro funzione, altre cose hanno preso il posto così come si cessa di giocare ai soldatini e ci si dedica alla ricerca teorica, per esempio, altre cose più interessanti prendono il posto, cosa intendo dire con più interessanti? Che consentono una maggiore possibilità di confrontarsi con la struttura del linguaggio, di metterla in atto, di coglierne i vari aspetti, di inventare altre combinatorie. Naturalmente non c’è niente di male a continuare a fare i vecchi giochi a cui si è avvezzi, se uno vuole continuare a farli può farlo, che li faccia oppure no non è poi così importante, può accadere che ci si stufi di fare questi giochi in quanto non offrono più quell’emozione, quella novità, quel brivido che offrivano prima, quando si sa già come va a finire un gioco, tendenzialmente cessa di essere anche emozionante, come ciascuno sa, se un abile giocatore di carte gioca con uno che è assolutamente incapace non si diverte perché vincerà sempre e non trae nessun piacere da una cosa del genere. Vincere è giungere alla verità, quindi mano a mano che il gioco si fa più elaborato, più sofisticato, raggiungere la verità costruirla diventa sempre più complicato, costruire nuove proposizioni che risultino vere, quindi il gioco diventa più interessante per questo, perché diventa più interessante quando diventa più difficile concludere…

Intervento: questo si gioca solamente in ambito teorico quando man mano si costruisce una teoria del linguaggio

Sì certo, al di fuori di questo non si farà altro che proiettarsi sempre lo stesso film. Va bene, non c’è niente di male, però per poterlo proiettare all’infinito è come se dovesse ogni volta cancellarne un pezzo, in un certo senso, adesso lo dico così in modo un po’ rozzo, come se dovesse cancellare il finale per cui è come se non sapesse mai come va a finire, ma lo sa benissimo però è come se dovesse non saperlo come va a finire e allora può rileggere un giallo infinite volte se ogni volta non sa mai come va a finire, mentre come lei sa perfettamente il giallo una volta letto è finito, cioè non è rileggibile per la sua struttura non è come gli Analitici di Aristotele che è possibile rileggerli molte volte. È come se la persona dovesse costringersi in un certo senso a dimenticare ciascuna volta come va a finire, allora a questa condizione può proiettarsi il film infinite volte, e come fa a dimenticarsi come va a finire? È avvezzo a questo, ha fatto molto esercizio fin dall’infanzia e cioè è stato addestrato a non porsi mai domande oltre un certo limite molto ristretto, è stato addestrato in definitiva a non chiedere mai “perché”, a come funzionano le cose, perché devono essere così come gli altri dicono che sono ed è questo che consente alla persona di proiettarsi il film all’infinito, è come se non si accorgesse mai che alla fine del giallo quello è l’assassino e quindi ricomincia da capo e così via. Quando è che un gioco del genere stufa? Quando si accorge e sa e non può non sapere chi è l’assassino, cioè sa come va a finire, quando può accogliere questo elemento, certo perde il piacere della lettura del giallo, quel giallo non lo può più leggere però può dedicarsi a fare altro insomma…

Intervento: non si tratta di costruire un altro giallo ma della si tratta di intendere la struttura di un giallo

Sì, per cui in un certo senso letto uno, letto tutti, anche se ci sono delle piccole varianti ma la storia è sempre quella “c’è uno che ammazza un altro e non vuole che si sappia” e fa di tutto perché altri non lo sappiano, questa è la struttura generale invece gli altri si ingegnano per scoprirlo, però se ci pensate bene gli umani fanno questo qualunque cosa facciano, e costruiscono una storia come se non sapessero come va a finire…

Intervento: però ci mettono qualcosa di proprio di capacità di essere in grado di concludere quella storia

In un certo senso sì…

Intervento: in certi giochi altrimenti non si ripeterebbero così

Da una parte non sono stati addestrati a fare una cosa del genere e dall’altra non sapere come va a finire è la condizione per poterlo ripetere…

Intervento: una certa incapacità di sapere quello che manca è la stessa struttura diciamo perché può subentrare qualche cosa per cui io non sia in grado di gestirla in una certa maniera tutte queste varianti che non lo fanno riconoscere

Sì, è l’illusione che ogni volta che si fa quel gioco possa accadere il miracolo e finalmente ritrovare quella verità, quella verità da cui è partito, quella condizione, quella situazione da cui è partito il linguaggio, è un’illusione, in fondo perché dovrebbe ritrovarla?

Intervento: d’altra parte i luoghi comuni sono così legati l’uno con l’altro per cui un certo luogo comune richiama un altro luogo comune può essere anche questo l’interesse a volte che spinge a ripetere una storia

Può essere l’innesco per costruirci sopra altre storielle è ovvio, costruire sopra un castello di storie, anzi generalmente avviene così, è quasi la norma, però ritrovare quella verità come dicevamo l’altra volta “l’amore è sempre per la verità” l’amore per la storia, l’amore per qualcuno, per un’idea qualunque cosa non ha importanza quindi ricercare, ritrovare quella verità, pare che gli umani non facciano nient’altro né possono fare altro probabilmente, se non si intende il funzionamento del linguaggio non è possibile fare altro, non c’è nessuna possibilità se non quella e lo fanno all’infinito come si diceva…

Intervento: mi scusi però all’interno del gioco che si va facendo c’è sempre da inserire delle problematiche

Il gioco è fatto di questo di problematiche, c’è sempre cosa da superare…

Intervento: continuamente… vengono sempre ricercate delle problematiche dei problemi da risolvere per arrivare a questo gioco

Il gioco è un problema da risolvere, il gioco non è nient’altro che questo…

Intervento: giocandolo sempre tutte le volte bisogna inserire problematiche perché altrimenti questo gioco potrebbe avere più nessuna…

Sì, c’è sempre qualche variante certo, sia per esempio nel gioco delle carte sia nel gioco dell’amore, il fatto che la persona cambi per esempio e quindi ci sono altre aspettative, altre cose, e così il gioco delle carte come ciascuno sa, si gioca a carte continuamente eppure le carte sono sempre quelle, le regole sono sempre quelle ma le combinazioni sono sterminate. Per cui c’è sempre una piccola differenza, una differenza che sposta le cose e quindi rende più difficile trovare la verità. Nei giochi, quelli ludici, generalmente la si nasconde per poterla cercare, in altri invece la si deve trovare per cui non la si conosce prima. In che modo può tornarci utile sapere una cosa del genere cioè che gli umani amano la verità e si innamorano continuamente di tutto ciò che può condurli alla verità? O che li ha condotti a quella che suppongono essere tale? Beh, per un verso l’assoluta prevedibilità, una persona sarà costretta a cercare qualcosa di vero, qualcosa che ritiene essere vero cioè il suo discorso qualunque esso sia, cercare di concludere con una proposizione che afferma la verità, questo lo sappiamo con assoluta certezza perché non può fare altrimenti, ora qualunque argomento, qualunque occasione, qualunque pretesto ha qualche altra funzione oltre a questa, di portare la persona a giungere ad affermare una cosa che è vera? Tecnicamente no, non ha nessun altra funzione, dalla tragedia più immane alla gioia più leggiadra la funzione è sempre e soltanto questa, non ce ne possono essere altre. Appare arduo insinuare a una persona sprovvista di tutte queste informazioni una cosa del genere, però per il momento limitiamoci a considerare l’utilizzo per noi, per esempio il fatto che qualunque cosa ascoltiate, a questo punto interpretarla in un’altra storia, andare a cogliere qualche altro aspetto potrebbe non essere necessario visto che l’unico obiettivo del discorso che state ascoltando è quello di concludere con una proposizione vera e non ce ne sono altri, e quindi che dica quella cosa partendo da un elemento oppure da un altro, come dicevo prima tecnicamente potrebbe essere irrilevante, potrebbe essere di qualche utilità fare in modo che la persona possa considerare che magari le conclusioni cui giunge non sono così necessarie come pensava che fossero, per esempio. Anche se all’interno di quel gioco quello che lui afferma comunque è sempre vero, lo dicevamo anche tempo fa, è sempre vera anche la cosa più squinternata e più strampalata e più stralunata, comunque all’interno di quel gioco è vera, è vera per forza…

Intervento: se non fosse vera non ci sarebbe gioco

Esattamente, cioè non può sottrarsi alle regole del gioco che sta facendo, se continua a giocare quel gioco. Questo apparentemente può renderci il lavoro più complicato, e per qualche verso potrebbe anche essere, tuttavia potrebbe anche semplificarlo ché a questo punto che cosa diventa importante nell’ascolto di un discorso? Sappiamo che una persona costruisce delle cose e l’unico scopo è quello di potere concludere con proposizioni vere, nient’altro che questo. E se noi confermassimo che è assolutamente vero ciò che sta affermando così come è assolutamente vero il contrario. Ma sappiamo anche che ciò che lui afferma è vero, non è falso, non si inganna, così come non si ingannerebbe affermando il contrario, adesso l’ho detto in modo molto rozzo giusto per considerare una direzione ma potrebbe avere una certa efficacia una cosa del genere, mi è capitato raramente di metterla in atto una cosa del genere ma ho sempre rilevata una certa efficacia…

Intervento: bisogna che la persona sia in grado di costruire il contrario però

Non necessariamente, anzi il più delle volte non lo è affatto ma se noi l’aiutiamo in questo, invitandola a considerare che anche il contrario è altrettanto credibile, altrettanto vero ecco che è l’effetto di straniamento che si incontra di fronte ai paradossi, per esempio, uno rimane interdetto perché è vera una cosa e anche la sua negazione, sono indubitabilmente vere…

Intervento: dalle stesse premesse arriva a una conclusione opposta

Anziché portare la persona a considerare che quello che dice non è assolutamente vero, dire che quello che dice è assolutamente vero così come lo è il contrario, come dire perché le cose stanno anche così e allora chiede perché, come fa a essere il contrario? E glielo dite. A questo punto si crea un fenomeno che è noto alla retorica che è quello che, dicevo prima, si produce di fronte al paradosso cioè l’impossibilità di muoversi, è una sorta di paralisi l’effetto immediato, poi non è una paralisi naturalmente però è come se da lì non potesse più andare, per questo il suo stesso discorso la costringe a trovare altre soluzioni o abbandonare quella come una direzione impossibile. È chiaro che continua a essere praticabile ma non come una verità assoluta, può essere praticabile come non più l’unica direzione possibile, adesso non sto dicendo che dovete fare così, sto considerando una possibile direzione. Tendendo conto che magari non è sempre semplice, anche se in alcuni casi forse è utilizzabile, non sempre, però potrebbe essere un modo…

Intervento: per esempio la capacità del nevrotico a dimostrare a sé di essere un incapace già lo dimostra il fatto che nella costruzione della teoria del linguaggio è fermato da un sacco di questioni per cui costruisce la sua incapacità e tu glielo dici “come fai a costruire la tua incapacità? Visto che sei capace di costruirla?” come prosegue questo discorso? cioè il nevrotico è attratto dal fatto di essere capace ma nello stesso tempo il suo discorso come funziona?

Non è attratto dall’idea di essere capace o incapace, è attratto dall’affermare qualcosa che ritiene essere vero…

Intervento: però se questa persona trova la teoria dell’incapacità tutte le volte il suo discorso partirà da quelle che sono le conclusioni che sono nel suo discorso e ciascuna volta potrà esserci la possibilità di essere capace che è la contraria… adesso ho fatto un gioco così questo dovrebbe già essere un modo per creare una direzione ad un discorso che invece fruisce dell’incapacità per continuare a costruirsi…

Sì ho inteso, occorre porsi ciascuna volta di fronte al sapere che tutto ciò che si dice non è altro che un modo per potere affermare una verità e considerare il modo in cui lo sta facendo la persona, non tanto quello che dice ma il modo in cui sta cercando di imporre una verità e probabilmente è questo che distingue i vari discorsi, come si diceva tempo fa, ossessivo, isterico etc. il modo in cui afferma la sua verità, un ossessivo l’afferma negandola per esempio, in genere cioè l’afferma sottraendosene. Dunque vedere come sta affermando la sua verità, qualunque cosa dica a quel punto è irrilevante, che affermi l’incapacità, che affermi l’abbandono non ha grande importanza, sono solo figure con cui veste la verità…

Intervento: quando afferma la sua incapacità non si rende conto che la sta costruendo che è un paradosso non sarebbe in grado di affermarla

Forse l’intervento occorre che tenga soprattutto conto di questo: il modo in cui una persona sta cercando di affermare la verità…

Intervento: al momento in cui la persona afferma la verità qualsiasi essa sia che serve per proseguire, man mano che prosegue nell’analisi in questo gioco che cosa avviene? Avviene che la persona si trova ad avere sempre maggiori strumenti per cui questo modo…

Fino al punto in cui sarà in condizione di farlo da sé, questo in teoria…

Intervento: deve diventare un automatismo

Certo, per cui non può non sapere che qualunque cosa dica, qualunque cosa affermi in qualunque momento e per qualunque motivo non è altro che il suo discorso che necessariamente deve affermare una verità…

Intervento: prima dicevamo che la persona ripete il suo discorso all’infinito perché non lo può interrogare non è avvezzo e in molti tratti questo avviene quando si va in una questione e c’è la massima eccitazione, certe cose vengono “dimenticate” per quanto riguarda la responsabilità e quindi la teoria del linguaggio

Ci sono dei momenti in cui la persona non è in condizioni di ascoltare né di ascoltarsi, in quel caso è molto difficile intervenire occorre “semplicemente” tra virgolette fare in modo che la persona cessi di essere così travolta, così eccitata, l’unica cosa che si può fare è questo, in quel caso è come se fosse psicotizzata, non può fare niente…

Intervento: però qualcosa interviene poi per cui questa persona riprende il gioco e comincia a tenere conto di quelle che sono le questioni per cui sa che sta costruendo e riprende a parlare

Certo sì, l’automatismo è non potere non sapere che in ciascun instante non si fa nient’altro che quello, il discorso continua a fare quello, il mio discorso in questo instante sta facendo questo, come quello di ciascuno in ciascun istante…

Intervento: altro punto… pare di fronte allo sterminio di giochi che il linguaggio costruisce pare che non ci siano molte cose da dire al di fuori di quello, di come funziona, della responsabilità e cose di questo genere

Questo è un problema, perché in effetti l’unico sbocco è l’elaborazione teorica, non ce ne sono altri, sì può mettere una persona in condizione di vivere molto meglio e con molta leggerezza ma lo sbocco, quello per cui effettivamente trova la scommessa, l’elaborazione teorica che poi consiste nel trovarsi ciascuna volta a riflettere, a considerare, e a non poterlo non fare man mano che si dicono delle cose, di che cosa sono fatte, che cosa stanno producendo, quali aperture offrono. È una sorta di curiosità nei confronti del funzionamento del proprio discorso…

Intervento: praticamente un lavoro infinito, infinito per quanto riguarda le varie scommesse che ci si pone per proseguire… l’interrogazione è sempre su ciò che tu affermi al momento in cui dici qualcosa, il soggetto è sempre interrogato…

Intervento: mi è molto difficile intendere il funzionamento del linguaggio mi pare che l’abbiamo

Cos’è difficile?

Intervento: è difficile trovare modo di costruire ciascuna volta quello che mi deve portare a compiere nuovi passaggi ma non in quanto costruzioni di altri giochi linguistici, la costruzioni di altri giochi linguistici deve essere mirata a un percorso teorico

All’interno degli stessi giochi che si fanno da sempre. La questione, la domanda per quanto riguarda un’analista di fronte a una cosa del genere è perché una persona non può smettere di fare un certo gioco, non può, non vuole smettere di fare un certo gioco, quindi che cosa l’attrae così tanto?

Intervento: come io linguaggio funziono all’interno di un sistema operativo

Costruendo proposizioni che devono risultare vere all’interno di quel gioco, non c’è nient’altro…

Intervento: va bene devo costruire delle proposizioni vere quindi devo concludere…

Per esempio la persona dice “sì, sono incapace” va bene è vero e allora? A questo occorre che giunga, a questa domanda: “e allora?”, dopo che mi sono detto questo, che succede?

Intervento: e allora cosa fa il linguaggio, a quel punto lì?

Trova altro, perché se ha affermato questo va altrove, questo cessa di essere interessante, poi all’interno di quel gioco, dicevo prima occorre che giunga a questo “e allora?” cioè quali sono gli sbocchi una volta che ho affermato di essere incapace, cosa me ne faccio? Come funziona il nevrotico? Afferma una certa cosa ma non trae nessuna conseguenza da questo “sono incapace” quindi tutti devono aiutarmi”, ma il passo successivo sono incapace e quindi che succede adesso? Sono incapace. Bene! Sei incapace e allora? Che ce ne facciamo di questa affermazione? Come la utilizziamo? Come richiesta d’aiuto, perché altri rispondano a questa domanda, e perché dovrebbero farlo, in base a che cosa?

Intervento: vero, questa è la questione

Brava. Va bene allora, per quest’anno basta così.