INDIETRO

 

 

28-7-2010

 

C’è qualche questione prima di proseguire, obiezioni? Perché un teorico, se è tale, mette sempre in discussione le cose che pensa, le conclusioni cui giunge …

Intervento: l’identità e il riconoscimento avviene così per una sorta di miracolo divino?

No, ma è ciò di cui volevo parlare questa sera. È la questione dell’istruzione, dell’identificazione, identificazione come istruzione, vale a dire che un’istruzione pone un elemento, per questo facevo l’esempio delle macchine, che potrebbe apparire più semplice, potrebbe, non è detto. Dunque in una macchina io pongo un’istruzione, dico alla macchina di stabilire una certa cosa, una volta che questa cosa è stabilita ovviamente devo fornire alla macchina anche la possibilità di riconoscere questa cosa, ma il riconoscimento che cos’è esattamente? È un’altra istruzione o è un processo? Se è un processo effettivamente occorrono degli strumenti per poterlo fare, dei passaggi con antecedenti e conseguenti, ma se io fornisco alla macchina insieme con un elemento qualunque anche il comando che obbliga questa macchina a identificare questo elemento, cioè stabilire, non trovare, ma stabilire che è identico a sé, e nel momento in cui lo stabilisce lo riconosce. Qui si potrebbe aprire una parentesi, ma non l’apriremo, che riguarda tutta la questione dell’identità: come si può provare l’identità, esiste l’identità? È una questione assolutamente irrisoria poiché identità è un’istruzione, un input, per cui non è né identico né differente ma è un comando, un comando con cui dico alla macchina di identificare cioè di rendere identico a sé questo elemento, perché identificare significa questo, nel momento in cui lo stabilisce, se si stabilisce qualche cosa si identifica per cui da questo punto, sì, parlare di riconoscimento forse non è il termine più appropriato perché rinvia a un conoscere di nuovo, cosa che non avviene in un comando, per esempio, un comando non riconosce di nuovo ma impone e cioè questo elemento ponendosi si identifica perché si pone come identità. Questo avviene per l’istruzione che è l’istruzione fondamentale, in effetti una volta partita questa istruzione che identifica un elemento qualunque esso sia, però non è che lo identifica nel senso che qui c’è l’elemento e io lo identifico, questa identificazione è un comando, appartiene all’istruzione stessa, adesso diciamola un po’ così, in modo un po’ animistico, è come se io dicessi: comando che questa cosa sia questa cosa e non sia nient’altro che questa, non la riconosco ma la stabilisco …

Intervento: conoscere invece di riconoscere?

Nemmeno, non direi neanche conoscere, qui siamo ancora al di qua della conoscenza, sono soltanto comandi, i comandi non conoscono né riconoscono ma pongono, ordinano, sono delle istruzioni. Nelle macchine funziona così, bisogna vedere se nel linguaggio funziona in questo modo oppure no, anche perché questa istruzione il linguaggio non può riceverla da qualcun altro, deve essere contenuta all’interno di un’istruzione che viene fornita, dicevamo la volta scorsa, da qualcuno perché per gli umani funziona così, dalla mamma in genere ma non necessariamente, e nella tautologia che si verifica, in questa tautologia c’è quella istruzione che identifica, una tautologia identifica qualcosa, A è A per esempio, e cioè consente o meglio impone l’identità, impone l’identificazione dicendo che A è A io non riconosco niente per il momento, semplicemente impongo un’identità, non conosco né riconosco. Ora provate a pensare la cosa nei termini più semplici possibili, immaginate di dovere costruire una macchina pensante fornendogli quelle istruzioni che le consentiranno di pensare, immetteremo il modo di pensare che abbiamo noi, d’altra parte non ne abbiamo altri. La prima cosa che dobbiamo fare è stabilire all’interno della macchina un comando, un comando che gli dice che A è A per esempio, la macchina per il momento non riconosce niente, non sa niente, non capisce niente, semplicemente accoglie questo input, questa istruzione A è A la immagazzina. A questo punto dobbiamo fare in modo che questa macchina possa giocare con questo A è A e allora gli immettiamo un altro comando che gli dice che, per esempio, adesso sto solo facendo un esempio prendetelo quindi come tale, gli dice che una qualunque cosa è sempre se stessa, allora abbiamo un primo comando che dice che A è A poi il secondo comando che dice che qualunque cosa è sempre se stessa, e gli diciamo anche che qualunque cosa A, B, C eccetera, gli forniamo tutte le lettere dell’alfabeto. A questo punto la macchina sa che qualunque cosa è se stessa quindi sa che A è A e quindi è stessa perché gli abbiamo dato questo comando, ora è capace di pensare? Non ancora, procede solo per tautologie, continua a ripetere che una qualunque cosa, un qualunque altro comando, per esempio C, sa che C è C perché glielo ho detto io. È chiaro che non sa altro, ma la macchina adesso ha la possibilità di stabilire tutte le tautologie, per tutte le lettere, non solo, ma avendogli detto che qualunque elemento è se stesso e che A è A può anche eventualmente, perché glielo dico io, dire che non solo A ma anche A1, A2, A3, … An e quindi ha un’altra istruzione ancora. Ora può incominciare a costruire delle stringhe e affermare, sempre in seguito al mio comando, che questa sequenza di stringhe è se stessa. Ovviamente è una forma di pensiero molto semplice, molto rozza. Immaginate che questa macchina io la metta in connessione con un’altra macchina alla quale ho dato gli stessi comandi, però questa macchina, per esempio, costruisce delle sequenze che possono variare per qualche motivo, per esempio la prima macchina costruisce una sequenza A1 … An, la seconda B1 …  Bn, a questo punto la prima macchina considera quello che ha fatto la seconda e verifica se quello che ha fatto la seconda è coerente con i suoi comandi, verificherà che è coerente con i suoi comandi perché tutte due sono state programmate alla stessa maniera: ha già la possibilità di costruire una decisione, ha deciso che questa seconda sequenza che ha fatto la seconda macchina è coerente con il programma. Possiamo anche a questo punto immettere un ulteriore comando, tenete conto che sono sempre comandi che io immetto nella macchina alla quale posso connettere anche una terza macchina, la terza macchina posso però programmarla in un altro modo e cioè immettergli soltanto, anzi immettergli un comando che dice che soltanto la sequenza A1 … A10, dopodiché si ferma, dico “fermati non andare oltre”. A questo punto questa terza macchina di fronte alla prima che invece può arrivare a An si fermerà, non saprà cosa fare, e allora io do un altro comando alla prima macchina e dico alla macchina “ quando vedi che la terza macchina non compie l’operazione che tu sai compiere” dì che questa macchina ha commesso un errore, è lo segnalo come falso, in questo caso 0, zero. Se invece tutto fila liscio chiamalo 1 e la macchina esegue obbediente, però a questo punto è capace già di valutare, certo sono operazioni straordinariamente facili per il momento però si incomincia così. Una macchina che è stata programmata in un altro modo ha la possibilità di essere riconosciuta dalla prima macchina, quella originaria, adesso diciamo così, come vera oppure falsa, vera se è coerente con il suo programma, falsa se non lo è, quindi decide: è una forma di pensiero? Sì, rozzo fin che volete, però in qualche modo decide in base sempre a delle istruzioni, a dei comandi che ha ricevuto. Ora per ritornare dalla macchina all’umano, che invece è più complesso naturalmente, più complesso perché? Rispondi tu Eleonora a questa semplice domanda, perché è più complesso di questa macchinetta di cui ho descritto molto rozzamente il funzionamento? Cosa diceva Turing? Diceva che se noi avessimo la possibilità di mandare in giro queste prime macchine e mettersi in relazione con infinite altre macchinette programmate in modi diversi potrebbe incominciare ad acquisire un’esperienza, perché io posso dare alla prima macchinetta originaria un comando che dice: “non considerare falso necessariamente se uno pensa in un altro modo, ma immagazzina questo altro programma nel tuo data base” e la macchina obbedisce tranquillamente. Supponiamo dunque, come diceva Turing, che questa macchinetta vada in giro e incontri altre infinte macchinette programmate non necessariamente come lei, acquisisce altre informazioni naturalmente, ora è stata programmata in modo da sapere che qualsiasi cosa è se stessa e questo è un input fondamentale al quale non può rinunciare, perché a questo punto se dovesse rinunciare a questo input non capirebbe più niente la macchinetta. Invece dialogando con infinite altre macchinette si accorge di altre programmazioni, queste altre programmazioni può riconoscerle come dissimili dalla sua naturalmente però a questo punto noi abbiamo dato l’ordine di non considerarle necessariamente false ma di accogliere e immagazzinarne i dati, cosa se ne fa di questi dati? Una volta che immagazzina questi dati si accorge che pur avendo tutte all’origine un comando simile e cioè che qualche cosa deve essere se stessa perché se no non va da nessuna parte, ci sono altre lettere per esempio, altre macchine hanno altre lettere, possono costruire altre sequenze che lei non ha, a lei basta sapere che qualunque cosa è se stessa per cui anche quell’altra, anche se non ce l’ha nel suo data base può acquisirla, farla sua, sempre restando il fatto che non deve comunque contraddire il comando originario che dice che qualunque cosa deve essere se stessa … Intervento: è l’unico comando importante?

Sì, naturalmente possono a questo punto crearsi dei conflitti, se una macchinetta Q per esempio, ha lettere completamente differenti dalla prima macchinetta la prima saprà che comunque qualunque di questi elementi sarà identico a sé, però che se ne fa di questi nuovi elementi? Potrebbe per esempio questa macchina Q avere delle sequenze con delle varianti che non sono state impostate nella prima macchinetta, può immagazzinare questi dati ma non sa come utilizzarli ed è a questo punto, quando non sa come utilizzarli in nessun modo, che allora risponde al comando che le abbiamo dato previamente e chiama false queste cose, quelle che non riesce a utilizzare: se non riesce a utilizzarle le chiama false, se le utilizza le chiama vere …

Intervento: come se non riuscisse a confermare la tautologia …

Sì, non può confermarla perché questa nuova sequenza non ha un utilizzo, non sa come utilizzarla, occorrerebbe fornire alla prima macchinetta altre informazioni. La prima macchinetta che abbiamo costruita è molto limitata, non è che faccia chissà quali pensieri, e ha difficoltà a utilizzare cose che non riconosce e cioè che non fanno parte del sistema che la fa funzionare, e allora noi abbiamo deciso che a questo punto la prima macchinetta chiami questa cosa, che non sa come utilizzare, falsa, la chiama falsa perché abbiamo dato noi il comando: quando non riesce a utilizzarla e cioè non ha strumenti sufficienti per potere elaborare questi dati e ricondurli a una tautologia, la chiama falsa e blocca quella sequenza inutilizzabile, non sa cosa farsene …

Intervento: la blocca definitivamente?

È la stessa cosa che avviene quando molte persone che ci ascoltano in una conferenza, ascoltano quello che diciamo, capiscono le parole ma di queste sequenze non sanno cosa farsene, perché non hanno un utilizzo all’interno del loro sistema e quindi rimangono lì, inutilizzabili finché non trovano strumenti per poterle utilizzare, non essendo utilizzabili sono false, molto semplicemente. Questa prima macchinetta può essere naturalmente implementata da altre istruzioni ovviamente fino ad arrivare al punto in cui, se accuratamente e opportunamente implementata, può accogliere qualunque sequenza, nel senso che può arrivare questa prima macchinetta ad essere talmente implementata da sapere lei stessa quello che sta facendo, che è un antico discorso che facevamo quando parlavamo di macchine che possono arrivare a pensare …

Intervento: la macchina è programmata per leggere dati che vengono dall’esterno …

Sì e no, certo ha delle prime istruzioni, ma quando dialoga con altre macchine per esempio …

Intervento: sì in questo caso si parla di un riconoscimento di che cosa? Lei diceva “ciò che sta facendo” …

Questa è ancora un’altra questione, in effetti prima parlavo di riconoscimento di altre sequenze di altre macchine e riconosce il fatto che queste sequenze, per esempio, sono coerenti tra loro quindi utilizzabili, ma la questione del pensare se stessa che è poi ciò che la renderebbe simile agli umani questa è ancora un’altra questione …

Intervento: dovrebbe pensare l’istruzione …

Esattamente, che è quello che abbiamo fatto noi in questi anni in effetti, pensare all’istruzione …

Intervento: deve avere dei dati istruzioni per poter leggere le istruzioni, per conoscere le istruzioni mi sembra … invece io pensavo al pensiero che immettendo tutte le varie informazioni può cominciare a pensare senza avere la necessità di input esterni e quindi a pensare effettivamente …

Sì, negli umani questo avviene abbastanza rapidamente. C’è questo aspetto particolare, dicevamo la volta scorsa della necessità della conferma da parte di qualcuno, questo appare negli umani imprescindibile, appare cioè la necessità di qualcuno che dica “sì, è così” allora a quel punto è come se la macchina ricevesse una …

Intervento: posso pensare che sono istruzioni ma non sono le istruzioni …

Possono anche pensare le istruzioni, in effetti è quello che stiamo facendo in questo momento …

Intervento: non posso pensare le istruzioni in se stesse …

Le istruzioni noi le abbiamo dedotte e tratte dal funzionamento dello stesso linguaggio …

Intervento: però la macchina ciò che pensa sono comunque sempre dei dati, delle informazioni non le istruzioni …

Certo, però non è impossibile che la macchina possa arrivare a sapere quali sono le istruzioni che possiede e che la fanno funzionare. C’è una questione per altro interessante per altre considerazioni di ordine anche sociale se volete, la questione della punizione e del premio, lo stesso Turing dice che la macchina si addestra così, con premi e punizioni 0/1, falso/vero, di là prosegui, di là no.

Intervento: …

La macchina non può spegnersi, cioè questo programma non prevede lo spegnimento, mettiamola così. È chiaro che non potete raffrontare il modo in cui pensano gli umani a ciò che ho descritto come esempio, nei semplicissimi comandi che abbiamo dato a questa macchinetta ipotetica non c’era quello dell’arresto, per cui non esistendo, prosegue, prosegue costruendo altre sequenze, ma a che scopo? Nessuno, semplicemente esegue delle istruzioni, dei comandi. Turing ha inteso molte cose anche se lui continuava a pensare alla costruzione della macchina ché allora non c’erano macchine pensanti, è possibile costruire una macchina pensante Eleonora?

Intervento: non saprei da dove incominciare a costruire una macchina artificiale …

Perché come pensi che sia la tua? È artificiale anche quella, è stata costruita, addestrata.

Intervento: non so come funziona una macchina per cui …

Anche Turing non lo sapeva però ci ha pensato, ha considerato “come funzionano gli umani?” come vengono addestrati? E ha preso quel modello, non è che ne avesse altri, compreso il premio e la punizione, corrente che passa e poi si ferma. In effetti la possibilità di identificare un elemento è un’istruzione, identificare è un’istruzione non è un percorso, un processo, un’operazione, se fosse un processo occorrerebbe sapere da dove viene questo processo e di nuovo si tornerebbe alle istruzioni …

Intervento: identificare un elemento non è la stessa cosa che porre un elemento c’è già questo elemento …

No, lo stabilisce …

Intervento: lo stabilisce o lo identifica?

Stabilisce, cioè pone, impone meglio ancora l’identificazione, l’identificazione cioè “questo è questo”, è un comando, non è né un riconoscimento né una considerazione né un percorso, è un comando …

Intervento: parrebbe che ci siano diverse cose in quell’atto …

È un’identificazione. Quando abbiamo iniziato a parlare della macchinetta abbiamo detto che all’inizio non c’è niente, assolutamente niente, è vuota, non ha niente dentro, gli do un comando attraverso dei passaggi di corrente, Turing faceva così all’inizio, passaggi di corrente, e in questo modo ha fornito il primo comando. Supponiamo che questo primo comando consista in “A è A”, poi il secondo comando “qualsiasi cosa è se stessa” cioè qualsiasi cosa è qualsiasi cosa, poi gli do un comando che dice “A è qualsiasi cosa, ma non solo A, anche B, C, D sono una qualsiasi cosa, e poi anche A1, A2, A3,… An poi anche B1, B2, B3,… Bn all’infinito”, do questi comandi e allora la macchina incomincia a decidere, perché glielo ho detto io, che se B allora B è coerente va bene, va bene perché si attiene alle istruzioni che ha ricevute e se si attiene alle istruzioni va bene …

Intervento: per quanto riguarda le istruzioni che diamo alla macchina al momento in cui forniamo queste istruzioni c’è anche un’identità …

Glielo dico io che è identico, e lui si comporta di conseguenza, dicendogli che una cosa è se stessa gli dico anche che, per esempio A è A , perché? Come lo sa? Perché gli ho detto che qualsiasi cosa è se stessa e quindi A è A perché gli ho detto anche che A è una qualsiasi cosa e anche B lo è e anche C all’infinito, a questo punto decide che l’uguaglianza “D è D” è coerente perché si attiene alle istruzioni, perché dire “qualsiasi cosa” è “qualsiasi cosa”, è identica a sé, è un comando, gli ho detto io di fare così e lui lo fa, non prende iniziative, non fa cose per cui non è programmato a meno che non abbia istruzioni straordinariamente sofisticate che riguardano appunto la cibernetica, ma questo è un altro discorso …

Intervento: glielo ho detto io perché l’ho dedotto dal funzionamento del linguaggio? questo comando è “A è se stessa” gliela immetto io nel computer per farlo funzionare … ma perché gli immetto questo comando?

Perché io penso così …

Intervento: io penso così perché l’ho dedotto dal funzionamento del linguaggio? se no un ermeneuta potrebbe dire, come diceva Verdiglione che A è sempre differente da sé, e allora funzionerebbe il computer?

No. Coloro che si occupano di ingegneria informatica possono non avere nozioni linguistiche molto elaborate e sapere che il linguaggio effettivamente funziona così, fanno come i logici, cioè gli umani pensano così naturalmente e chiuso il discorso. D’altra parte se lei dovesse insegnare a parlare a un bambino, gli insegnerebbe a parlare nel modo in cui parla lei, non ha altri modi …

Intervento: una Y in una macchina significa bicchiere, è un codice c’è poi la questione del relazionare questi segni perché è lì che interviene il relazionarsi …

Relazionarsi è ciò che indicavo prima con utilizzabilità, se è utilizzabile allora lo accoglie, se non è utilizzabile lo chiama falso. Ho fatto un esempio molto rozzo che non coincide, non collima con il pensiero degli umani …

Intervento: pensavo a un bambino al quale si insegna un minimo di vocabolario alcune identità che poi si possono relazionare a utilizzare …

Poi si espande e diventa ricchissimo …

Intervento: deve già funzionare il sistema per poter relazionare le cose …

Sì certo, questo avviene in seguito, mano a mano che si implementano le sequenze …

Intervento: mano a mano che il bambino acquisisce “esperienze” direbbe Turing …

Parlavamo solo dei comandi i più semplici possibili. Va bene, proseguiamo mercoledì prossimo, però rifletteteci su queste cose, le stiamo inventando qui, non esistono altrove.