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28-4-2010

 

Potremmo proporre un caso clinico, qualunque magagna sia non ha importanza, e mostrare come questo percorso, attraverso dei passaggi, attraverso un preciso tipo di intervento, giunge a dissolvere il cosiddetto problema. Una delle difficoltà maggiori che incontrano le persone che ci ascoltano, è che non ne hanno mai sentito parlare il più delle volte di psicanalisi, di linguistica o di logica, e quindi a connettere ciò che facciamo, cioè la questione del linguaggio, alla psicanalisi. Questo salto risulta per i più assolutamente incomprensibile e allora già la volta scorsa abbiamo incominciato a porre la questione attraverso un passaggio che è quello di cui parla anche Freud nella metapsicologia, cioè il passaggio che dalla clinica porta alla teoria e che poi dalla teoria riconduce alla clinica. Mostrare cioè a partire da dettagli, da questioni cliniche, come queste questioni cliniche conducano a questioni teoriche che riguardano il linguaggio, il suo funzionamento, come la persona si trova a pensare. Quindi dalla questione clinica, alla questione teorica e dalla questione teorica ritornare alla questione clinica mostrando come in base alla teoria che si è costruita è possibile a questo punto affrontare questioni cliniche in tutt’altro modo e con ben altra efficacia. Questo potrebbe essere il percorso: utilizzare per esempio anche degli artifici retorici, prendete la questione dell’inconscio di Freud, poi ripresa da Lacan, poi ripresa da Verdiglione, la questione dell’inconscio retoricamente può essere utilizzata in questo modo: Freud pone l’inconscio come un’istanza dove non c’è contraddizione, dove non c’è il tempo, cioè non esiste il vero o il falso nell’inconscio, e a noi interessa sottolineare un aspetto. Sto dicendo questo che è una questione prettamente retorica: mostrare come Freud avesse colto molto precisamente una questione che riguarda l’assenza di vero e di falso nell’inconscio, ora noi parliamo di istruzioni e un’istruzione di fatto non è né vera né falsa, quindi potremmo dire, sempre retoricamente, ché logicamente ha pochi supporti, che Freud e anche Lacan hanno inteso in effetti, solo che non hanno portato alle estreme conseguenze una questione del genere e cioè che alla base di tutto c’è una qualche cosa che non è né vero né falso ma che è la condizione per potere costruire il vero e il falso, cioè per costruire concetti, così come il concetto di tempo, perché Freud dice che non c’è il tempo nell’inconscio, che è atemporale? Perché il fondamento è ciò che è la condizione stessa per potere pensare il tempo, per potere pensare qualunque cosa, che è esattamente ciò che noi indichiamo come linguaggio che è quella sequenza di istruzioni che consente di costruire qualunque cosa. Volendo si può utilizzare una cosa del genere retoricamente, e ci consente di dare alle persone che ci ascoltano un riferimento, come dire che Freud ha posto sì la questione però per una serie di motivi non ha potuto intendere quale ne fosse la trama teorica precisa lasciando una nozione abbastanza vaga, tuttavia cogliendo degli aspetti precisi: l’assenza di verofunzionalità all’interno dell’inconscio, della atemporalità dell’inconscio e altre storie possono intendersi perfettamente se si intende la teoria del linguaggio …

Intervento: la questione della verofunzionalità perché le fantasie stesse non sono sottoponibili a un criterio verofunzionale … noi poniamo la verofunzionalità le fantasie non lo sono ma pongono la condizione per costruire qualcosa di vero e di falso … Verdiglione e Lacan, dicevamo della poetica la volta scorsa e quindi l’intervento non era di tipo logico cioè sottoponibile a dei criteri di verofunzionalità ma la persona … in termini clinici ci si connette in modi assolutamente differenti non è più un agevolare quello che è lo spostamento di quelle che sono le proprie fantasie mostrando in un certo qual modo la falsità di quella realtà, come dire che il giudizio di vero o di falso avviene attraverso una funzione morale …

Intervento: non mi è chiara la questione dell’inconscio che non ha un criterio di verità, come fa a non averlo?

Per Freud l’inconscio è quella istanza che è comune a ciascuno, cioè non può non esserci, dove sono reperibili non soltanto quegli elementi che vengono rimossi dal discorso per qualsivoglia motivo ma c’è anche l’es, l’es a sua volta è quell’istanza che secondo Freud è rappresentata dalle pulsioni, la pulsione sessuale per esempio Freud la attribuisce all’es …

Intervento: però la questione morale …

È come se l’inconscio fosse al di qua, al di qua della pensabilità del tempo, del vero e del falso, lui ha tratta questa considerazione dal fatto che per esempio nei sogni, che sono per lui la manifestazione più evidente dell’inconscio, mettono insieme cose che sono tra loro contraddittorie e situazioni che connettono insieme il passato il presente, mescolati senza nessun criterio cronologico ed è questo che l’ha indotto a pensare che negli umani c’è un’istanza psichica che non conosce il vero e il falso e non conosce il tempo …

Intervento: ma se dice che è quello che è nell’inconscio che crea tutte le più grandi problematiche, non dice che parte da dei pensieri inconsci?

Sì ma questi pensieri, e qui si aggancia anche l’elaborazione di Lacan, questi pensieri vengono costruiti dall’inconscio e soprattutto da quella che lui chiama un’altra scena, un’altra scena che avviene costantemente parlando a fianco a ciò che si dice, questa scena è fatta di fantasmi prevalentemente, di ricordi, di immagini, di sogni e quest’altra scena, che è una sequenza di pensieri che secondo Freud non sono organizzati né ordinati in una linearità cronologica consequenziale, non necessariamente, si possono presentare nel modo più disparato per cui a fianco alla razionalità Freud pone l’inconscio che è non logico, perché gli umani, così lui ha rilevato, compiono azioni, prendono decisioni che non sono razionali ma dettate da qualche altra cosa, questa altra cosa lui l’ha chiamata inconscio. Per esempio un lapsus, un atto mancato: una persona non vuole rompere una certa cosa perché ci tiene, cionondimeno la rompe, quindi a fianco alla sua intenzione di mantenere quell’oggetto sano e salvo c’è un altro pensiero che interviene e questo altro pensiero è inconscio. Tuttavia l'inconscio pilota il suo comportamento. Ora tutto questo è abbastanza discutibile, però torno a dirvi retoricamente può funzionare il fatto di affermare che Freud aveva inteso che c’è qualche cosa che è al di là del tempo, al di là della logica, che sarebbe l’inconscio, e che invece di fatto si tratta semplicemente di istruzioni che non sono nient’altro che il linguaggio, e che lui stesso nella stessa metapsicologia, e anche dopo, riprende la questione del linguaggio per esempio nei sogni e cioè di come le parole si connettono fra loro per paronomasie, per assonanze etc., tutta l’Interpretazione dei sogni così come la Psicopatologia, il Motto di spirito sono un esempio continuo di come le parole si agganciano fra loro al punto che Lacan disse agli psicanalisti: se volete diventare psicanalisti, fate parole crociate. Naturalmente non è necessario ma giusto per dire quanto già per loro fosse importante il linguaggio cioè intendere come le parole si connettono tra loro. Tutto questo, se posto all’interno della una struttura di una conferenza dove si muove dal caso clinico per giungere alla questione teorica, e poi dalla questione teorica ritornare al caso clinico per mostrare come di fatto è possibile dissolvere qualunque cosa, questo potrebbe essere efficace.