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27-9-2005

 

Intervento: mi sono un po’ riallacciata al discorso che abbiamo fatto l’altra volta, quello del vero… che poi è una illusione quel che si pensa…

Rispetto a che?

Intervento: tutti ci muoviamo per un fine... però alla fine il pensiero cambia da persona a persona… come anche di innamorarsi, si idealizza l’altra persona…

In genere sì, se la si ritiene brutta, inutile, irrilevante e fastidiosa è difficile che ci si innamori…

Intervento: però al momento in cui scatta qualcosa…

Ecco, cosa scatta?

Intervento: qualcosa che muove… non so

Che muove? Cos’è? Lei da cosa è mossa?

Intervento: non capisco se sono io a muovere o se è l’altra cosa che si muove

Lei ritiene che l’innamorarsi sia un’operazione che avviene al di fuori del linguaggio, si è mossi da qualche cosa che non è linguaggio, da qualche altra cosa mi sembra di avere inteso…

Intervento: chi lo sa…

Come chi lo sa? Lei.

Intervento: non si può sapere…

Perché no?

Intervento: perché va contro i sentimenti

Sapere una cosa del genere andrebbe contro i sentimenti? Però lei dice che non si può sapere, e quindi siamo salvi, i sentimenti sono salvi o non sappiamo neanche questo? Se sono salvi oppure no?

Intervento: è solo un’illusione siamo noi che decidiamo che quello…

Nella migliore delle ipotesi se non sono altri a indurre la nostra decisione, sì è lei che decide, e chi dovrebbe essere?

Intervento: il pericolo della persuasione si trova ovunque

Beh, ci si prova…

Intervento:…

Quale direzione? Di persuadere qualcun altro? Molto spesso sì avviene così certo, sì è vero, sì persuadere l’altro della propria verità, della propria bontà, di qualunque cosa certo, in fondo come si diceva anche la fanciullina che si addobba per uscire con il suo fanciullino fa questa operazione, si abbellisce e perché lo fa? Per rendere più gradevole qualcosa che l’altro vedrà, esattamente come la retorica abbellisce il discorso in modo che sia più gradevole e quindi più facilmente accoglibile che, come si sa da sempre, ciò che appare bello appare anche vero, quindi si raggiunge l’obiettivo prefissato…

Intervento: molta gente religiosa siccome crede che ci sia un dio allora crede che ci sia anche il male… non è questo il bene cioè il vero

Ciò che per lei è bene, qualunque cosa sia non ha importanza, è anche vero per lei, ed è ciò che perseguirà, qualunque cosa sia.

Intervento: cosa succede al momento in cui si giunge alla conoscenza del fatto che non esiste una verità?

Non esiste?

Intervento: non che non esiste la verità, cambia il programma, tutto il sistema cambia

Aspetti, rifletta bene su quello che dice, affermare che non esiste una verità è una affermazione vera o è falsa? Domanda legittima, ché se è falsa allora ciò che lei ha appena affermato è falso, se è vera allora ciò che ha appena affermato è vero…

Intervento: appunto è un gioco a seconda di come decido di muovermi posso fare ciò che voglio…

In alcuni casi sì, non sempre, però lei dice “la mia verità”, la sua verità non è altro che il suo bene, ciò che persegue e che ritiene sia importante, sia degno e che la faccia stare bene, il suo bene è questo quindi lo persegue, come ciascuno, ora questo che lei dice che è illusorio? Ma allora se fosse illusorio lo sarebbe rispetto a un bene superiore che la farebbe stare ancora meglio ma che lei, per esempio, ignora, non conosce, perché se lo conoscesse sicuramente lo perseguirebbe e allora questa sua verità personale, che è quella del suo bene, è debitrice nei confronti di una verità superiore, se esiste un bene superiore allora esiste una verità superiore, ma occorre che ci intendiamo su che cosa stiamo dicendo in questo caso con verità assoluta: una verità che non transige di essere messa in discussione, che non è possibile mettere in discussione né confutare in alcun modo, questa è la verità assoluta, ché se non è questa allora che cos’è?

Intervento: ma non c’è…  

Non sia frettolosa Francesca, pensi bene prima, lei dice che non c’è una verità assoluta cioè una verità come qualcosa che in nessun modo può essere negata e in effetti è quello che molti insieme con lei hanno pensato e pensano, tant’è vero che si sono ridotti a pensare che esistano, sì come diceva lei, delle verità particolari ciascuna volta, ma limitate al gioco che si sta facendo, non sono vere al di fuori di quel gioco, tutto l’ermeneutica dice questo, è sicura che sia così?

Intervento: sì

Bene, quindi sarebbe disposta a sostenere questa tesi a spada tratta? Che è quello che dovrà fare tra pochi secondi…

Intervento:…

Il bene che cos’è?

Intervento:…

Sì certo può crearselo da sé…

Intervento: dipende da come mi pongo vedrò questa realtà o bella o brutta

Certamente così avviene perlopiù…

Intervento: quell’oggetto di cui si parlava

In che modo lei giunge a concludere che una certa cosa è il suo bene? Ci giunge per caso o è una qualunque cosa, oppure è un pensiero, un ragionamento che lei fa, per esempio questa cosa mi fa male questa no, tra le due scelgo quella che non mi fa male, un esempio banalissimo di ragionamento, sceglie quella che non le fa male, poi fra due che non le fanno ce n’è una che le piace di più, sceglierà quella che le piacerà di più, cioè opera una scelta, si è mai chiesta come fa ad operare una scelta? Come avviene questo processo?

Intervento: in base a

Sì certo, anche ma il procedimento…

Intervento:…

Sì, anche le prove, però una prova occorre che sia inserita all’interno di un sistema per potere essere considerata una prova, per esempio, se io le dicessi: provo a vedere se questo aggeggio cadendo si spacca e poi per fare la prova mi accendo una sigaretta, è una prova? No, come facciamo a sapere che non è una prova? Perché non rientra nelle regole che noi abbiamo stabilite per decidere se un certo evento lo accoglieremo come prova di un certo fenomeno oppure no, e il fatto che io mi accenda la sigaretta non rientra fra le regole che abbiamo stabilite per verificare quella prova, quindi occorrono delle regole…

Intervento:…

Brava, ha detto una cosa interessante, e cioè il suo ragionamento trae il senso dalle regole del gioco in cui è inserito. Dunque per potere compiere una serie di passaggi che sono quelli che poi la conducono a decidere “sì questo è bene” oppure “no questo è male”, tutta questa serie di passaggi di che cosa è fatta a suo avviso?

Intervento: inferenze

Sì, dei semplicissimi “se… allora” lei vede un fanciullino e pensa “se gli sorrido allora lui mi guarderà”…

Intervento: quindi così… perché? perché in realtà? Ho un idea di questa persona ma non è la verità

Era solo un esempio, adesso non si soffermi sul fanciullino…

Intervento: ma così è come le altre cose

Aspetti, “se voglio vivere allora devo respirare” questa le pare più robusta?

Intervento: sì

È un’inferenza, “se …allora”, ora per compiere questa inferenza, cioè per giungere a qualunque conclusione lei deve utilizzare questo sistema, qualunque conclusione…

Intervento: per forza non c’è niente se non c’è la conclusione

Esatto, non potrebbe neanche pensare, quindi possiamo dire che questo sistema inferenziale è necessario che ci sia per potere esistere, pensare, fare qualunque cosa? Ovviamente si, perché se lo togliessimo non sapremmo neppure di pensare poiché non potremmo mai giungere a quella conclusione, giusto? Cosa c’è Francesca?

Intervento:…

Mentre lei in questo istante sta vagliando le cose che le dico, che cosa sta facendo esattamente? Sta mettendo a fronte le cose che io dico con quelle che lei sa e vede se eventualmente c’è qualcosa che ancora non ha pensato ma che in qualche modo collima con la verità di altre cose, perché solo a questa condizione le accoglierà come vere, se no, no, e questo è il modo in cui lei pensa, non solo lei, molti altri…

Intervento: queste inferenze è quello che poi ci permette di sopravvivere

Anche di vivere soprattutto, poi anche di sopravvivere alla bisogna, però di vivere, soprattutto di potere affermare che viviamo e affermando che viviamo concludere in seguito tutta una serie di cose, per esempio che preferisco vivere anziché morire, preferisco stare bene anziché stare male e quindi mi muoverò di conseguenza, perché io mi muovo di conseguenza a ciò che penso, se penso una cosa mi muovo in una direzione, se penso un’altra cosa mi muoverò in un’altra direzione e tutto questo pensare è sorretto, costruito, da questo sistema inferenziale, se non ci fosse saremo alla stregua poco più di questo posacenere, non sapremmo mai nulla di nulla, non potremmo pensare assolutamente niente. Ora le chiedo: questo sistema inferenziale è necessario che ci sia perché noi possiamo pensare oppure no? Parrebbe di sì…

Intervento:…

Non saremmo neanche questo perché non lo sapremmo. Se io affermo che questo sistema è necessario perché io possa pensare costruisco una proposizione che è vera, posso negare questa affermazione?

Intervento: no

Quindi ho costruito un’affermazione che non è negabile, che è necessario che sia vera e che non può non essere, e quindi abbiamo costruito quella che lei prima negava che esistesse: la verità assoluta, che risponde a questo criterio, non può essere negata in nessun modo. Quindi non c’è solo la sua verità particolare ma c’è anche la verità assoluta che per altro le sue singole verità vanno cercando inesorabilmente, così come lei cerca di concludere in modo vero, tant’è che adesso, in questo istante, lei sta considerando se le cose che io dico sono vere oppure no, perché lo fa? Perché non accoglie quello che dico magari sapendo che è falso? Perché non lo può fare?

Intervento:…

Certamente che può dirlo, però lei può credere vero ciò che sa essere falso? Se sa che è falso come fa a crederlo vero? Non lo può fare, c’è qualcosa che glielo impedisce ed è proprio il sistema inferenziale e cioè il linguaggio, la struttura stessa del linguaggio che le impedisce di credere vero ciò che sa essere falso. Ma cosa vuole dire che sa? Vuole dire che la conclusione cui è giunta rispetto a ciò che lei sa, è vera! A questo punto lo sa, è vero, è così, le cose stanno così, adesso siamo qui in questa stanza, vero o falso? Rispetto alle cose che lei conosce è vero. A questo punto, visto che abbiamo reperito una verità che ci appare assoluta, non ci resta che considerare che qualunque altra verità è debitrice proprio a una verità assoluta, che non è nient’altro che ciò che il discorso cerca: lei parlando cerca di giungere a una conclusione vera quando ragiona, quando pensa, quando discute, a qualcosa che lei può considerare vero tant’è che se giunge a una conclusione falsa la abbandona, non la persegue. sa che non è così quindi si dirige altrove, però lei non si è mai chiesta perché abbandona la conclusione che ha trovato essere falsa, la abbandona e basta, automaticamente, il linguaggio la costringe a fare questo, ad abbandonarla immediatamente perché non la può utilizzare, se è falsa non ha nessun utilizzo e quindi viene abbandonata. Quella vera invece no, quella se la tiene ben stretta, poi se dovrà mai giudicarla falsa in seguito, dopo avere ricevuto ulteriori informazioni allora la abbandonerà perché nel frattempo sarà diventata falsa e quindi non utilizzabile. Può considerare il falso in questo modo: come non utilizzabile dal discorso, se il discorso non può utilizzare qualcosa…

Intervento:…

Sì, certo, così come i mammiferi cercano l’ossigeno, in assenza di ossigeno hanno grossissime difficoltà tant’è che si dice che muoiono. Cercare la verità non è nient’altro che fare ciò che il linguaggio costringe a fare. Lei ha dei pensieri, una serie di cose di cui è fatta, però il sistema che utilizza per pensare è quello che utilizzano tutti, non possono utilizzarne altri perché non ne esistono, quando dicevamo del sistema inferenziale, non è che ci sono altri sistemi, qualunque sia la conclusione, qualunque sia il discorso, qualunque sia la posta in gioco in ogni caso utilizzerà sempre questo sistema…

Intervento: però in modo diverso

La struttura è la stessa…

Intervento: la struttura è la stessa però…

Certamente, se mi do un martellata su un dito mi farò del male, se mangio un cioccolatino mi farò del bene, sono entrambe strutture inferenziali del tipo “se… allora” poi quello che ci metto dentro per il sistema inferenziale in quanto tale è irrilevante, perché funziona comunque, comunque fa giungere a una conclusione…

Intervento:…

Questa è un’altra questione, certo che non può non funzionare, quindi bisogna trovare continuamente cose che alimentino questo sistema, che è un sistema linguistico, qualunque cosa compresa la sofferenza…

Intervento: la questione dell’illusione di cui parlava funziona proprio in funzione di qualche cosa che illusione non è… finché si crede a questa verità superiore inevitabile è trovarsi in questa illusione “non è come pensavo” come dire esiste un qualche cosa che è esattamente quello che è e io non sono riuscito a coglierlo quindi non è come mi aspettavo e quindi è una delusione rispetto all’illusione che porta a immobilizzare questa figura…

Sì, però siccome stiamo facendo esercizi di retorica, adesso Francesca, facciamo il contrario, cioè lei dovrà sostenere che qualunque cosa è un elemento linguistico, che tutto appartiene al linguaggio e che senza linguaggio non ci sarebbe niente, e io cercherò di impedire a lei di giungere a questa conclusione…

Intervento:…

Quindi lei Francesca sostiene che qualunque cosa appartiene al linguaggio, che non c’è uscita dal linguaggio, ma il dolore fisico esiste anche senza linguaggio, se lei si ferisce la mano…

Intervento: non ci riesco

È ancora un po’ prematuro dice

Intervento: per esempio quell’affermazione che ha fatto prima rispetto alla respirazione… è una bella questione…

Qual è la questione?

Intervento: e il respiro allora? Io non posso deciderlo di respirare… non riesco, non posso… il respirare è fuori dalla struttura

Chi saprebbe demolire questa argomentazione in quattro e quattr’otto? Beatrice…

Intervento: possiamo negare che la respirazione sia un atto linguistico? Non lo possiamo fare…

Sandro lo ha appena fatto…

Intervento: è fuori o dentro dalla struttura visto che gli umani non possono non respirare?

Così accoglie la tesi di Sandro che gli umani non possono non respirare, sembra un dato di fatto indiscutibile, una certezza…

Intervento: io volevo dire perché è più semplice considerare che il fuoco brucia è un atto linguistico e invece la questione del respirare no…

Perché questa affermazione che dice che se cesso di respirare allora muoio, perché non esisterebbe senza linguaggio? Come dire che senza linguaggio allora non morirei, che è assolutamente vero, senza linguaggio non morirei…

Intervento: non vivrei quindi non morirei senza linguaggio non cambia assolutamente nulla

Perché la fa tanto lunga quando

Intervento:…

Sì, e perché non vive Francesca senza linguaggio, perché non c’è vita?

Intervento:…

Direi che è il contrario, occorre la vita perché ci sia la morte…

Intervento: occorre il linguaggio perché esista la morte, questo volevo dire…

Sì, perché sia costruibile una proposizione che alluda all’assenza di linguaggio, che non è reperibile in nessun modo né esperibile, così come la morte non può esperirla in nessun modo, per cui senza linguaggio non c’è la vita, ché come sa che esiste la vita in assenza di linguaggio? Non lo sa. E se non lo sa esiste? Lei potrebbe dire sì, ma come lo sa? A questo punto non ha nessun modo di saperlo quindi può solo ipotizzarlo, auspicarlo, sperarlo, fantasticarlo, immaginarlo, desiderarlo ma non lo può sapere, cioè affermare che la vita esiste al di fuori del linguaggio è un atto di fede, comporta un atto di fede così come dire che dio esiste, è la stessa cosa…

Intervento:…

Appunto, brava, proprio così, e quindi senza linguaggio non si muore…

Intervento: senza linguaggio non si muore perché non ci sono gli strumenti per farlo

Esattamente, non c’è lo strumento che consente di morire…

Intervento:…

Questo è un altro discorso certo…

Intervento: dipende dalla verità assoluta

Per cui senza linguaggio sarebbe immortale? Vista che senza linguaggio non si muore? Domanda trabocchetto. No, perché non sarebbe neanche mortale, non sarebbe né mortale né immortale, non sarebbe niente, brava…

Intervento:…

Con il linguaggio? Sì, volendo sì, si è anche immortali certo, basta costruire un concetto di immortalità sufficientemente adeguato…

Intervento: però se la morte è intesa come termine del linguaggio quell’aspetto per cui finisce il linguaggio che come diceva lei non è esperibile

Badi bene, la morte non è l’uscita dal linguaggio, la morte è l’idea di assenza di linguaggio, è diverso…

Intervento: senza questa idea, per via di un linguaggio che non può terminare non c’è più neanche la morte

È un’idea che si può praticare oppure no…

Intervento: l’idea del vivere occorre soffermarcisi sull’idea del vivere, io vivo bene vivo male… la mia vita mentre fa le cose non c’è il pensiero della vita o comunque non è sempre presente e la vita non è altro che lo svolgersi del linguaggio

Sicuramente non c’è altra forma di vita…

Intervento:non si può stare da soli…

Da soli in che senso?

Intervento: solo con il pensiero

Io ci sono spesso, perché dice così?

Intervento: no, ha bisogno di comunicare

Il linguaggio per sua natura, passatemi questo termine bizzarro, ha bisogno di praticarsi e quindi acquisire degli input, attraverso il corpo prevalentemente, è uno strumento preferenziale, non è l’unico ma è quello preferenziale; tutte le sensazioni cosiddette che contribuiscono a costruire nuove proposizioni, queste sensazioni non hanno nessun’altra funzione che questa: contribuire a costruire proposizioni cioè a fare funzionare tutto il sistema…

Intervento: sì comunque Faioni il linguaggio non ha bisogno di avere un interlocutore per funzionare, mi pare, perché funziona benissimo… non necessariamente ha necessità che ci siano degli interlocutori per potersi dire, sì può giocare altri giochi con attori diversi, con altre persone però necessariamente il linguaggio non ha bisogno di…

No, teoricamente no, può funzionare anche da sé attraverso infinite possibilità e combinazioni e ricombinazioni certo, però che sia straordinariamente difficile questa è un’altra questione, con pochissime informazioni costruire tutta una serie di cose, però teoricamente è possibile, tant’è che una macchina come un computer funziona con sole due istruzioni per esempio, 0\1 e poi tutto il resto sono possibili combinazioni. Anche gli umani che funzionano, non come il computer ma il computer come gli umani, funzionano con queste due sole istruzioni: vero\falso. Nient’altro, non serve nient’altro…

Intervento:…

Porte che si aprono e si chiudono 0\1, come le macchine, e infatti le abbiamo inventate a nostra immagine e somiglianza, e non è casuale. Abbiamo necessità di queste due sole informazioni: vero\falso, da lì costruisce tutto quello che vuole, è un po’ come i dialoghi socratici, funzionano così, come una macchina: vero\falso, è una delle obiezioni di Aristotele a Platone. Avete letti i dialoghi platonici? Li legga quando le capita sono interessanti, si accorgerà che funzionano proprio così, dice per esempio, Francesca, è vero che gli umani per vivere devono associarsi? Sì o no? Si, bene, quindi delle due l’una, se sì allora se è vero che devono associarsi, devono associarsi con persone che parlino con loro o con persone che non parlino con loro? Persone che parlino con loro, bene! Se devono associarsi con persone che parlino con loro allora quelle cose che devono dire quelle persone occorre che siano cose nobili o possono essere cose di nessun interesse? Nobili! Ogni volta ci sono due possibilità di cui una viene esclusa…

Intervento: il procedimento diairetico…

Sì, l’obiezione che fece Aristotele, e infondo non aveva neanche tutti i torti, è che se si esclude una questo non significa automaticamente che l’altra sia vera. È quella più praticabile ma non per questo è vera…

Intervento: quindi tutto si muove in base al vero e al falso?

Non tutto, ma il linguaggio e quindi tutto, posta così è diversa. Comunque sì, queste istruzioni sono più che sufficienti, lei metta queste due istruzioni insieme con un sistema inferenziale e ha la possibilità di costruire qualunque cosa e il suo contrario, l’unica cosa che non potrà fare è uscirne da questo sistema, dal momento in cui è dentro non c’è più uscita, però tutto il resto lo può fare Tutto è stato costruito con questo: un sistema inferenziale e due istruzioni vero\falso…

Intervento: al momento in cui impara a parlare non può uscire… non può entrare impara…

La logica più banale, più elementare dice: “se A allora B”, se A è vero allora è vero anche B, e è già un’informazione, da lì può cominciare, poi si aggiunge un altro elemento, questa informazione: “se A allora B” la chiama A, se A è vero allora B è vero, la chiama C e così via…

Intervento: e se non si può sapere se è vero o meno?

Allora si fa come fanno gli umani, si fa finta che lo sia e funziona lo stesso però, come diceva giustamente all’inizio è un inganno, un inganno su cui si è costruito tutto il discorso occidentale il quale infatti non può esibire la verità delle premesse da cui muove, non lo può fare per cui impedisce a chiunque di andarle a cercare con infiniti sistemi, se può lo impedisce. Perché è una cosa che è considerata giustamente molto pericolosa, se uno potesse incominciare ad accorgersi dell’inganno cui è sottoposto, una serie infinta di inganni che muove da uno certo, cui è sottoposto da quando nasce praticamente, dai primi vagiti fino a quando muore, beh se ne avrebbe a male per cui è meglio che non lo sappia. Per cui è preferibile che le persone non sappiano, ma la perfezione di questo addestramento arriva a tal punto che sono le persone stesse che non vogliono sapere, qui si raggiunge il massimo livello di perfezione, sì non sono io che ti impedisco di sapere ma diventi tu che non vuoi sapere, è perfetto.