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27-9-2001

 

L’inferenza, l’implicazione

 

Di che cosa dobbiamo parlare questa sera?

Intervento: io continuerei sulla questione inferenziale dal punto di vista retorico

Dell’inferenza sì, stavamo dicendo una prova della necessità dell’inferenza cioè il fatto che l’inferenza è strutturale all’atto di parola, però la prova che abbiamo fornita non è così convincente, avevamo detto che se c’è un elemento linguistico all’ora ce n’è un altro però questa potrebbe anche essere colta da taluni come una petizione di principio e cioè utilizziamo ciò stesso che dobbiamo dimostrare all’interno della dimostrazione il che logicamente non è molto corretto, retoricamente sì ma logicamente no, e quindi occorre trovare una formula ancora più forte. Dunque cosa potrebbe essere assolutamente convincente a questo riguardo? Perché se non inferisco qualcosa il linguaggio e quindi il discorso non procede? In fondo è questa la questione, se non procede ovviamente, vista che l’inferenza serve per lo più ad affermare qualcosa e noi dicevamo che l’affermare qualcosa è strutturale al linguaggio, se il linguaggio non potesse affermare qualcosa cesserebbe di funzionare, però ciò che andiamo dicendo non è ancora sufficiente a provare una cosa del genere, sì verrebbe fatto di pensare che intuitivamente avviene una cosa del genere, però l’intuitivamente a noi interessa molto poco, visto che intuitivamente uno potrebbe affermare qualunque cosa e il suo contrario, dunque dobbiamo trovare una forma logica tale che affermi che l’inferenza è strutturale al linguaggio tale per cui una proposizione che la neghi sia autocontraddittoria, questo è ciò che dobbiamo ottenere, allora dunque perché il linguaggio sembra non potere procedere se non afferma qualche cosa? Allora procediamo così: supponiamo che non affermi qualcosa, parlo senza affermare? cosa avviene esattamente? Cosa è un discorso dove non si afferma assolutamente nulla? Per esempio una interiezione, una preghiera, una imprecazione, un accidente qualunque? Dove apparentemente non c’è nessuna inferenza. Però, però noi abbiamo considerato che se c’è un elemento linguistico allora necessariamente ce n’è un altro e fino a qui andiamo tranquilli, la prova che abbiamo fornito è inattaccabile, ciò che precede un qualunque elemento linguistico potrebbe esserne il motivo in effetti in un inferenza potremmo anche dire che il sillogismo indica l’implicazione se A allora B, A è il motivo di B se non ci fosse A non ci sarebbe neanche B, tant’è che se A allora B, se non A non B; che ci serve parlare del motivo? Il motivo come dice la parola stessa è ciò che muove, ciò che consente almeno la produzione di un secondo elemento, ciò che a noi interessa provare è che la connessione tra un elemento e un altro è una implicazione, il nostro obiettivo, operazione che potrebbe non essere semplicissima però risulta fondamentale… Come sappiamo l’implicazione, una banalissima implicazione se A allora B comporta che A sia la condizione di B e fin qui non diciamo un granché, come dire che un elemento linguistico è la condizione di un altro, per esempio in questo caso, che è un altro modo per affermare che se c’è un elemento linguistico allora ce n’è un altro. Potremmo dire che l’inferenza è la condizione per cui se c’è un elemento allora ce n’è un altro? Abbiamo detto che questa condizione non è altro che il linguaggio, ché se un elemento linguistico non fosse connesso con altri elementi linguistici sarebbe fuori dalla parola e questo non può darsi, ora considerate bene la questione, a quale condizione possiamo dire che un elemento è un elemento linguistico? Abbiamo visto in varie occasioni che sia inserito nel linguaggio ovviamente e cioè che proceda da un altro elemento linguistico, che segua un altro elemento linguistico, una delle condizioni perché il linguaggio funzioni abbiamo visto che necessariamente un elemento segue ad un altro elemento, che se non seguisse sarebbe fuori dal linguaggio, ma l’implicazione se A allora B non ci dice esattamente questo che B segue necessariamente da A? o che altro ci dice? Che se c’è A allora c’è B, quindi B segue la A. A questo punto potremmo dire che l’implicazione indica la necessità che un elemento segua ad un altro elemento linguistico o che a un elemento ne segua un altro, e cioè l’implicazione se A allora B non indica null’altro se non la necessità che B segua necessariamente da A e cioè un elemento linguistico segua necessariamente da un altro elemento linguistico, a questo punto noi abbiamo questo, che l’implicazione non è altro che una regola, possiamo dire così o una procedura forse, che indica semplicemente che a ciascun elemento ne segue un altro e questa necessità il linguaggio la pone sotto questa forma che è differente nei varie elementi se A allora B, in questo modo noi facciamo risalire la necessità dell’implicazione alla necessità che a un elemento segua necessariamente un altro elemento, a questo punto sì, qualunque proposizione che neghi una cosa del genere diventa autocontraddittoria perché se affermo che da un elemento non segue necessariamente un altro, nego praticamente il funzionamento del linguaggio, ma a questo punto la forma se A allora B non indica nient’altro che la forma attraverso la quale sono connessi gli elementi linguistici, poi ci sono anche altre forme: c’è la congiunzione, c’è la disgiunzione, ci sono altre cose però…

Intervento: quale la congiunzione?

 “e”, come dire che a questo punto l’implicazione come altri connettivi costituisce potremmo dirla la grammatica del linguaggio? E cioè che i vari connettivi costituiscono la grammatica o come taluni sostengono più la sintassi in questo caso e cioè quelle regole che dispongono il modo in cui le cose possono accostarsi tra loro oppure no, però ponendo la questione inferenziale insieme con altri connettivi si perde quella priorità che noi fornivamo all’inferenza anche se in questo modo la rendiamo strutturale, perché ricordate che il punto cui volevamo giungere era il potere dire con assoluta certezza che qualunque cosa si dica questa cosa afferma qualcosa, però in effetti pensate a qualunque connettivo afferma comunque qualcosa, se dico A e B affermo l’esistenza di questi due elementi, se li pongo in disgiunzione affermo almeno uno dei due…

Intervento: non capisco perché come avevamo detto la volta scorsa l’inferenza perda la priorità di fronte ad altri connettivi

Perché avevamo parlato solo dell’inferenza, adesso invece sistemiamo l’inferenza a fianco agli altri connettivi a pari merito, senza una priorità specifica però a noi interessava originariamente se ricordate potere stabilire che qualunque cosa si dica ciò che dico afferma qualcosa, ora in questo modo la cosa è abbastanza semplice perché qualunque tipo di connettivo e quindi di connessione fra elementi afferma comunque un elemento necessariamente che per connetterli, almeno uno deve essere affermato necessariamente quindi possiamo ora considerare che l’affermare qualcosa è strutturale al linguaggio, fa parte del suo modo di funzionare perché gli elementi sono connessi tra loro da connettivi e questi connettivi ciascuno di questi afferma necessariamente qualcosa l’esistenza di uno o più elementi, che possono essere contrapposti fra loro questo ci interessa assolutamente nulla. E questo già ci sarebbe sufficiente per quello che volevamo avanzare l’altro giovedì o quell’altro ancora però noi ci eravamo spinti oltre appunto nel proporre che qualunque cosa fosse in ogni caso necessariamente un’affermazione, se non vado errato Sandro aveva posto l’obiezione della frase musicale, per esempio, che pare non affermare alcunché, ora la questione può affrontarsi in un modo piuttosto semplice e cioè che la frase musicale non è altro che una sequenza di suoni, la quale sequenza di suoni è qualche cosa perché è inserita all’interno di una combinatoria linguistica la quale combinatoria linguistica provvede la frase musicale di un senso che può essere qualunque, evocativo, può essere un piacere, può essere un codice qualunque cosa però occorre che ci sia una struttura in cui qualunque cosa è inserito perché abbia un senso e questo senso glielo fornisce il linguaggio, non ce l’ha la frase musicale di per sé, qualunque cosa perché appartenga al linguaggio ha un senso, occorre che abbia un senso e abbia anche un motivo, l’altra volta parlavo del motivo senza dirvi nulla ma il motivo non è altro che l’antecedente di ciò che sto parlando, ecco dov’è il motivo, c’è un conseguente e c’è un antecedente, il motivo del conseguente non è altro che l’antecedente, adesso l’ho detto così in modo molto semplicistico ovviamente, poi è chiaro che nel discorso, nel linguaggio la cosa diventa molto più complessa ma adesso cerchiamo di intendere la struttura fondamentale, come dire che c’è sempre necessariamente un motivo perché ciascun elemento linguistico ha sempre necessariamente un antecedente non è isolato non può esserlo e il motivo non è nient’altro che questo l’antecedente, ciò che è la condizione di ciò che sto dicendo adesso per esempio la A per la B della famosa implicazione, la condizione di B è A, la condizione che sto affermando adesso è ciò che ho affermato in precedenza, come dire che non è possibile in nessun modo affermare qualcosa senza un motivo, cioè senza qualcosa che preceda, perché ci interessa una cosa del genere? Voi sapete bene che la psicanalisi da quando Freud l’ha inventata ha sempre cercato i motivi perché una persona pensa certe cose, perché ne dice delle altre immaginando che ci fosse un motivo per questo e di volta in volta è andata a cercarlo nell’inconscio o in altro qualcosa del genere, altri avevano obiettato che è una sorta di fantasia deterministica perché ci deve essere necessariamente un motivo? Taluni si domandavano perché ci deve essere un motivo? Perché non possono accadere le cose senza un motivo? Ed era difficile obiettare e rispondere a una domanda del genere, fino a cinque minuti fa, adesso possiamo affermare che il motivo c’è necessariamente e fa parte della struttura del linguaggio perché se c’è un elemento allora questo segue a un altro elemento, perché se non seguisse allora sarebbe fuori dal linguaggio, sarebbe isolato, adesso a noi non interessa sapere da quale elemento sarebbe isolato, non ci interessa minimamente ma sappiamo che necessariamente segue a un altro elemento linguistico, ché il linguaggio funziona così perché se no sarebbe fuori dal linguaggio e quindi non potremmo saperne nulla né dirne alcunché. A questo punto possiamo affermare con assoluta certezza che qualunque cosa si dica afferma necessariamente qualcosa perché possiamo affermarlo con assoluta certezza? Perché ciò che dico segue altri elementi, seguendo un altro elemento si pone l’inferenza come una conclusione di ciò che viene affermato, nell’inferenza se A allora B, A afferma B ovviamente, abbiamo visto che l’inferenza è strutturale al linguaggio si cercherà di verificare se la questione è prevalentemente sintattica o grammaticale ma questo lo faremo in seguito, perché un elemento non può essere isolato ma segue necessariamente a un altro ed è connesso ad un altro elemento, in particolare a quello che lo precede da un connettivo che sono quelli individuati dalla logica grosso modo, e abbiamo visto che ciascuno di questi connettivi afferma qualcosa, ora essendo un qualunque elemento connesso con il precedente da un connettivo necessariamente, che se no sarebbero disconnessi tra loro e questo non può darsi, allora necessariamente afferma qualcosa, e non ci sono santi, ecco perché possiamo affermarlo con assoluta certezza, in quanto se non fosse così il linguaggio cesserebbe di funzionare, gli elementi non sarebbe più connessi fra loro, non essendo connessi tutto si dissolve, in un milionesimo di secondo si avrebbe un effetto peggiore della bomba atomica, svanirebbe tutto. Bene, adesso, com’è di consuetudine confutate tutto quello che ho detto, cioè costruite proposizioni che affermano che ciò che io ho detto è falso, occorre esercizio, Beatrice una rapida confutazione… ma non fate nessun esercizio, nessuno sforzo…

Intervento: ho solo due domanda: la prima perché lei ha usato motivo e non causa per esempio?la domanda è un’affermazione?

La domanda domanda un’affermazione, la risposta è tale, motivo perché mi piaceva di più insomma, potevo usare protasi ma non mi piace come suona protasi evoca il dentista, invece motivo mi piace di più…

Intervento: la seconda domanda riguarda ciò che può capitare di ascoltare in un discorso, intervengono dei significanti, delle proposizioni ad un certo momento la persona parla di un qualcosa e poi inevitabilmente il discorso prosegue in tutt’altra direzione, avevamo detto che l’accadere di questo sconfinamento in altri discorsi, la direzione che prende il discorso è dovuto al fatto che lì c’è qualche cosa che la persona ha da affermare

Lei sostiene che non è così?

Intervento: non è che sostengo che non è così, sto facendo una domanda, il discorso della persona finisce sempre nelle stesse questioni

Ma qual è la domanda?

Intervento: posta la questione in questi termini…laddove il linguaggio funziona devo considerare quali sono i termini che si affiancano nel discorso

La persona che continua a ripetere le sue storie è lo stesso motivo per cui il bambino chiede di ripetere sempre la stessa storia? È questo che sta affermando? (…) e perché lo afferma?

Intervento: l’altra volta si era ripresentata la questione del piacere, il bambino vuole la stessa storia perché riguarda il suo piacere

Mentre sappiamo per banalissima esperienza che gli umani invece cercano cose nuove, tante volte vi sarà capitato di ascoltare qualcuno che lamenta “non mi accade mai nulla di nuovo” ? sì certo a questo punto uno può dare un calcio nello stinco, ecco una cosa nuova ma non è esattamente quello che si aspettava, come proseguire a questo punto? Ecco vuole cose nuove o vuole le stesse cose? (…) abbiamo detto, anzi stiamo considerando l’eventualità che gli umani traggono il loro piacere o quello che ritengono tale, nel potere affermare ciò che credono vero, perché allora cercare cose nuove? A che scopo? A meno che direbbe Beatrice queste cose che si vanno cercando non servano a nient’altro che ad confermare ciò che già si sa, oppure a trovare nuove verità sempre tenendo fermo che la nuova verità sia comunque una verità e quindi il suo reperimento non è altro che ciò che gli umani chiamano piacere, non era andato lontano Verdiglione a suo tempo parlando del piacere come soddisfazione e quindi il raggiungimento di qualche cosa, mancava solo il che cosa, raggiungere qualcosa? Perché? Adesso lo sappiamo perché, il piacere è la soddisfazione cioè il raggiungimento di un obiettivo, ma perché dovrei raggiungerlo, a che scopo? Invece sappiamo perché non posso non farlo, perché il linguaggio è strutturato in questo modo, e quindi finché la verità soddisfa certi requisiti, che poi sono personali riguardano le fantasie le storie, finché soddisfa questo va bene, quando non soddisfa più se ne cerca un altro, ma interviene sicuramente qualcosa che non soddisfa più a sufficienza, per qualche motivo che poi più in là vedremo se ci interesserà, forse sì perché ha una portata clinica ma per qualche motivo la verità che si è raggiunta e della quale si trae piacere e soddisfazione e quant’altro non è più soddisfacente, quale altro motivo ci ha condotti a questa ricerca? Questo, la verità che avevamo acquisita non era più soddisfacente, che cosa succede se si trova una verità che non è più confutabile? E quindi non può risultare insoddisfacente, per definizione?

Intervento: non si cerca più la verità

Per esempio, però il linguaggio comporta una ricerca comunque una conclusione di altre cose, il raggiungimento di altri obiettivi, esattamente ciò che stiamo facendo noi. Allora c’è qualcuno che ha qualche obiezione da pormi, Lodari?

Intervento: nell’interiezione, nell’ imprecazione io impreco per sottrarmi a quella situazione

Impreca perché l’ha avuta la martellata…

Intervento: certamente io la sento e quindi per sottrarmi da quel sentire… d’altra parte ci sono esperienze anche orientali che usano il tentativo di affidarsi alla parola perché si dica in altro modo ciò che sta accadendo, il problema comunque non è evitato perché… a me questo discorso non lascia soddisfatto perché intanto non credo che ci sia una verità come dire l’ultima soddisfazione cercato o la sento ma se la dico non è mai sufficiente occorre che continui a dire cioè… mi parrebbe che proprio strutturalmente la parola dice altro… poi incontra se mai un altro senso, ci sarebbe qui il primato del desiderio sulla soddisfazione perché se non c’è una deviazione del desiderio non c’è neppure una soddisfazione, la soddisfazione in quanto tale è comunque insoddisfacente

D’acchito direi questo: che c’è proprio un metodo nel procedere molto differente, per esempio lei afferma “la parola dicendosi dice altro” ora questa affermazione che abbiamo considerata certamente tempo fa è un’affermazione assolutamente arbitraria se non può essere provato che sia così o più propriamente se lei vuole può provare che è così oppure provare che non è così, a questo punto affermare che, faccio questo esempio, che ha appena evocato, che la parola dicendosi dice altro, potrebbe ma potrebbe non essere affatto così, è da domande del genere che siamo partiti a compiere questo percorso, tutto ciò che in effetti non può essere provato in nessun modo e quindi rimane assolutamente gratuito è stato scartato, scartato perché non utilizzabile lungo questo particolare procedere. Lei dice non credo che la verità sia una, anche questa affermazione può essere considerata attentamente, perché no? Lei si ponga questa domanda “perché no?” per una questione sentimentale? Romantica? Per un’impressione o perché ha dei motivi particolari molto precisi per poter affermare una cosa del genere, perché non può essere una? E in effetti la verità se vogliamo usare ancora questo termine occorre che sia qualcosa che è necessariamente se no è un’opinione, uno pensa che sia così non è niente, che sia necessaria e che cosa è necessaria? Come sa gli umani cercano da molto tempo qualche cosa che non può essere che altrimenti che così, ciò che abbiamo reperito risponde a questo requisito e cioè ciò che stiamo dicendo del linguaggio e in effetti non può essere altrimenti che così, ché se fosse altrimenti non potremmo fare assolutamente niente, quindi rendendo impraticabile qualunque altra posizione, ora a questo punto possiamo, se vogliamo, certo, affermare che la verità è questo cioè ciò che stiamo dicendo che qualsiasi elemento questo è necessariamente un atto linguistico, questa è l’unica affermazione della verità e in questo caso è vera non ce ne sono altri perché esclude qualunque altra possibilità ché le altre possibilità escludono l’esistenza del linguaggio e questo non si può fare, quindi se vuole, volendo, poi non è che ci interessi granché volendo possiamo anche affermare che la verità è una ed è questo, come dicevo prima a Beatrice, non ci sono santi. Detto questo non è che abbiamo fatto chissà che ma volendo potremmo farlo, bisogna sempre quando si afferma qualche cosa chiedersi se ciò che si sta affermando può essere sostenuto oppure no, ché se non può essere sostenuto allora o è perché non ci sono elementi sufficienti per farlo o non li ho ancora trovati, questo è possibile, oppure proprio non è sostenibile, è un’affermazione gratuita e a quel punto può affermare anche il contrario che differenza fa? Può dare sensazioni diverse ma questo è un altro discorso ancora, dà delle sensazioni se ci crede ma il fatto che ci creda in un percorso teorico non ha una grossa rilevanza, ecco allora procedere tenendo conto unicamente di ciò che può essere affermato, per questo prima dicevo che possiamo affermare con assoluta certezza e a questo punto possiamo come dire muovere da qui perché questo è così ed è così perché sono le strutture del linguaggio che lo impongono, non può essere altrimenti se fosse altrimenti il linguaggio cesserebbe di funzionare, e questo non può accadere, quindi ciò che sottolineo con questo è proprio un differente approccio alla questione è un metodo differente di approccio, dove affermazioni come questa “affermando che la parola dice altro” per esempio dice altro da sé, avrà sentita mille volte questa cosa, come lo sa? per esempio, questa è una domanda banale, come lo so? Perché l’ha detto qualcuno? Questo sposta solo la questione, lui come lo sa? In base a che cosa può affermare una cosa del genere? Posso provarlo sì, posso provare anche il contrario, se voglio, posso affermare che qualunque parola differisce da sé perché in qualunque momento io, per esempio, la ripeta, non ho nessuno strumento che mi certifichi che è esattamente quella precedente, per esempio, e quindi è necessariamente sempre differente da sé, perché non la posso mai fermare, e quindi io ho dimostrato che la parola è sempre differente da sé, ma se la parola non fosse identica a sé ciò che io affermo essere differente da sé, differirebbe da che cosa, esattamente? Da nulla e quindi non sarebbe differente da sé, anche queste sono considerazioni legittime, e che possono farsi ecco che allora questa affermazione che la parola differisce da sé, perde il suo utilizzo, quindi non significa niente rischia di assumere quella forma che hanno in questi giorni le affermazioni di Bush o di Bin Ladden, dio è con noi oppure è con loro…è chiaro che è possibile costruire bei discorsi che sostengono sia l’una cosa che l’altra, come nel caso della parola che differisce da sé. Ed è per questo motivo che molte di queste proposizioni, assiomi, affermazioni, aforismi quello che vi pare sono state abbandonate perché inutilizzabili, non ci portano da nessuna parte, tutto ciò che può essere dimostrato vero e dimostrato falso, non ha un utilizzo, intendo dire nel percorso che stiamo facendo, chiaramente, retoricamente sì, certo, la retorica si basa prevalentemente su questo, ecco perché intendiamo andare più cauti nell’affermare certe cose, che mettiamo e abbiamo messo soprattutto alla prova, interrogato queste affermazioni e interrogandole in moltissimi casi ci si è accorti che ciò che rimaneva è un atto di fede appunto, che è esattamente ciò che abbiamo deciso nelle nostre ricerche, un atto di fede, che abbiamo sostituito con la costrizione logica, e cioè ciò che il linguaggio costringe a dire, il che può essere anche considerato una questione estetica perché no? Ma questo è un altro discorso…

Intervento: io non intendo affatto contestare che ci sia inferenza, nesso causale… che non si possa ridurre alla sintassi o alla grammatica, non è questa la contestazione… il determinismo è a livello della struttura linguistica…

Ma quando parla di tempo di che cosa sta parlando esattamente?

Intervento: di ciò che è in gioco nel dire

Tutto ciò che è in gioco nel dire è il tempo?

Intervento: è reale

Dire che il tempo è ciò che è in gioco nel dire pare svuotare questa nozione di tempo, cosa è in gioco nel dire? Per esempio io potrei dire che nel dire è in gioco il principio del terzo escluso, per esempio, questo è il tempo oppure no? Oppure il tempo è qualche altra cosa di più specifico, e se sì, cosa? Come dire pongo la questione in termini differenti il tempo è un qualche cosa che esiste di per sé o non è altro che ciò che lei immagina che sia? Questa è forse la questione fondamentale, ha un significato di per sé, oppure significa di volta in volta ciò che lei immagina? Ritiene, suppone che abbia? La questione della definizione, la definizione che cos’è esattamente? Cosa definisce? Io parlo del tempo o di qualunque altra cosa ovviamente se ciò che dico non sono altro che elementi linguistici, significanti, i significanti traggono un senso dalla combinatoria in cui sono inseriti e cioè ciascuna volta il significato o il senso che do al tempo dipende da questo altro significante, dipenderà dalla combinatoria in cui è inserito e cioè ciò che intendo con tempo varierà di volta in volta e pare inevitabile che accada una cosa del genere a meno che il tempo non abbia appunto una sua identità fuori dal linguaggio, solo a questa condizione lei può affermare che il tempo è necessariamente questo, però questo è arduo da sostenersi. Ecco che allora parlare del tempo come di moltissime altre cose può farsi certamente però un po’ come fanno i logici, dicono “io dico questo però dicendo questo intendo questa cosa qui” cioè “sappiate che intendo dire questo e non altro” ma è una decisione, serve per una certa dimostrazione, per un percorso al di fuori di questo non significa assolutamente niente, come dire che non esiste un tempo da qualche parte, è ciò che lei pensa che sia né più né meno, temo che non si possa affermare nient’altro, se non ciò che di volta in volta si immagina che sia, come qualunque altra cosa, tranne l’unica cosa che riguarda la struttura di quel qualcosa che fa funzionare tutto questo accocco cioè il linguaggio allora a questo punto non lo posso più fare, perché non posso variare delle regole del linguaggio perché il linguaggio cessa di funzionare, io invece posso dire del tempo qualunque cosa e non cambia niente, cambia soltanto il discorso che vado facendo ma posso tranquillamente continuare a parlare prendendo il tempo per esempio molto banalmente come una successione di stati, così come insegnano alle elementari non cambia nulla, io posso continuare a parlare tranquillamente se invece modifico qualcosa che fa parte della struttura del linguaggio io non posso più parlare. Se per esempio qualunque significante significasse il tempo, che cosa dobbiamo intendere con tempo, allora non potrei più parlare ( io potrei continuare io ritengo che il tempo sia della locuzione, mi spiego: se io dico se A allora B intendo dire che ho posto prima A e poi B, quindi il tempo è interno al riferimento che faccio) in questo modo lei lo pone come una regola grammaticale, nient’altro che questo, il fatto che ci sia un prima e un dopo sono regole del linguaggio, regole grammaticali nient’altro che questo, nulla più di questo ma neanche nulla di meno ovviamente (…) certo sì, occorre certo che l’A sia identica a sé e quindi non sia B solo a questa condizione per esempio posso dire se A allora B, ci sono certo delle condizioni sono quelle che abbiamo chiamate procedure, regole certo che consentono al linguaggio di funzionare così come alto, basso, grande piccolo, prima, dopo, certo, strutture grammaticali e sintattiche, esattamente ciò di cui è fatto il linguaggio, sì. Sandro?

Intervento: c’è una sovrapposizione fra logica e retorica…

A suo parere al punto in cui ci troviamo cosa occorrerebbe considerare con attenzione?

Intervento: c’è l’esigenza partendo dai vari luoghi comuni cogliere…

Sì però ci serviva questo fondamento inattaccabile che qualunque cosa dica una persona che sta affermando assolutamente qualcosa, fa sempre questo anche retoricamente e quindi è importante per poter considerare con maggior attenzione l’andamento del suo discorso e sapere con assoluta certezza che è attratto da qualcosa in cui sta credendo, trae soddisfazione dall’affermarlo, (…) sì stiamo ponendo delle basi sulle quali costruire una tecnica e quindi questo è comunque l’obiettivo (…) se proprio vuole usare questo termine determinismo la sola cosa che determina è il linguaggio…

Intervento: confondere quello che è l’aspetto retorico con quello che è la struttura del linguaggio

Sì, bene, allora giovedì prossimo riprendiamo questioni cliniche cioè come utilizzare tutto questo nella costruzione della tecnica, tendendo conto delle cose che abbiamo acquisite ultimamente.