27-8-2008
Ci sono questioni intorno alla clinica psicanalitica? Che cos’è la clinica psicanalitica, Eleonora? Intervento: un percorso intellettuale …
Sì, di che cosa si occupa prevalentemente, che cos’è in gioco?
Intervento: le proprie credenze …
Sì, quindi in termini più generali?
Intervento: il proprio pensiero, il proprio discorso …
Sì, brava …
Intervento: permette di cogliere il fondamento del proprio discorso …
Sei andata molto vicina, la clinica psicanalitica non è nient’altro che l’analisi del discorso, con analisi del discorso si intende il reperire quali sono le condizioni che hanno consentito e che consentono al discorso di produrre ciò che produce, sapere perché una persona pensa le cose che pensa. Si occupa di questo, naturalmente non è facile intendere una cosa del genere, sapere perché si pensano le cose che si pensano e non è facile perché sono date per acquisite, perché per ciascuno le cose che pensa sono ovvie e per il solo fatto che le pensi appaiono essere vere necessariamente, anche quando c’è il dubbio per esempio, talvolta può accadere che una persona abbia dei dubbi rispetto a ciò che pensa, può accadere però immagina sempre che ci sia una soluzione a questo dubbio e cioè che le cose stiano in un certo modo, una volta saputo come stanno le cose allora ogni cosa si risolve, ma non è così semplice in realtà perché ciò che sta a fondamento di tutto quanto e cioè ciò che si è stabilito, ciò che ha dato l’avvio al discorso questo è piuttosto complicato da reperire, ma la fortuna è che non è necessario reperirlo, se no sarebbe non soltanto difficilissimo ma addirittura improbabile. Non è necessario reperirlo perché nel momento stesso in cui si intende come funziona il linguaggio vale a dire come necessariamente un qualunque discorso si costruisce allora a quel punto c’è la consapevolezza che ciò che si è costruito è stato costruito dal linguaggio, quando si reperisce il funzionamento del linguaggio allora ciascuno ha la consapevolezza e soprattutto non può non averla che qualunque pensiero, qualunque paura, angoscia, timore, tremore, affanno, speranza, desiderio, piacere, godimento, errore, tutto questo è una produzione del linguaggio e questo significa che tutto questo che ho elencato prima è vero all’interno di un gioco, come dire è vero a condizione che si accettino come vere alcune premesse, se no non funziona più. Questa la parte difficile ed è difficile tenerne conto per questo ci vuole molto esercizio, difficile tenere conto in ciascun atto che è sempre un atto linguistico, del fatto che questo atto è un atto linguistico ed essendo un atto linguistico è la conclusione di un percorso, il quale percorso ha una premessa che sorregge tutto il discorso e questa premessa che sorregge tutto il discorso che ha condotto per esempio una paura, angoscia o qualunque altra cosa, questa premessa dunque è la conclusione di un altro discorso e così via lungo una catena la quale catena conduce a un punto di avvio di tutta la catena, cioè all’avviarsi del linguaggio e cioè alla prima affermazione ostensiva cioè “questo è questo”. La cosa più difficile è avere la possibilità di accorgersi che un’angoscia, una paura, un affanno in quanto conclusioni non fanno nient’altro che affermare che questo è questo, cioè che le cose stanno così come dico io, e torno a dirvi questa è la parte difficile, la più difficile anzi l’unica difficile. Che cosa impedisce a una cosa del genere di essere semplice, è la stessa cosa della quale Freud si accorse e cioè che la persona non vuole affatto abbandonare il suo modo di pensare perché è quello che la conduce a tutte quelle emozioni da sempre e che gli permettono di godere, usufruire e gioire di tutti gli affanni possibili e immaginabili, per cui sbarazzarsi di una cosa del genere oltre a essere difficile è anche necessario perché finché non si viene fuori da lì non si è compiuto quel passo che comporta un punto di non ritorno, intendo dire che nel momento in cui si è inteso il funzionamento del linguaggio e necessariamente di conseguenza il discorso da quel momento in poi non è più possibile avvertire, provare le cose di prima, non ci sono più le condizioni. Perché non ci siano più queste condizioni occorre che non siano più funzionali al discorso, perché non siano più funzionali al discorso occorre che non provochino queste forti emozioni, perché non provochino forti emozioni è necessario che si siano intese, se ne sia intesa la funzione, e qui entra in gioco la responsabilità che è uno dei punti cardine lungo un percorso analitico. La responsabilità: giungere ad accogliere il fatto ineluttabile oltreché inesorabile che tutto ciò che una persona pensa, tutto ciò che i suoi pensieri costruiscono è esattamente ciò che desidera, né più né meno. Ciò che i pensieri di una persona costruiscono vengono costruiti per un motivo sempre e necessariamente, e qual è il motivo del discorso? Produrre altri discorsi, produrre altre stringhe, altre sequenze, il discorso è soddisfatto unicamente da questo e di conseguenza la persona è soddisfatta unicamente da questo: dal produrre altre stringhe, altri discorsi, non c’è nient’altro che soddisfi le persone, niente, ricordatevelo bene, è l’unica cosa che le soddisfi perché la persona essendo fatta di linguaggio è soddisfatta esattamente da ciò che soddisfa il linguaggio e di conseguenza il discorso, vale a dire la produzione di altri discorsi, di altre sequenze le quali sequenze devono concludere con “questo è questo” cioè è così, “ho ragione io” le cose stanno così, è la sola cosa della quale gli umani sono soddisfatti, tutto il resto sono strumenti per arrivare a questo oppure sono varianti di questo, e non c’è nient’altro. Dalla dichiarazione d’amore alla dichiarazione di guerra sono tutti passaggi intermedi, tutti questi sono compiuti unicamente allo scopo di soddisfare il linguaggio che è ciò di cui gli umani sono fatti, ecco perché gli umano sono soddisfatti da questo, perché sono fatti di questo, non sono fatti di nient’altro e quindi se viene soddisfatto ciò di cui sono fatti sono soddisfatti gli umani necessariamente. Dunque la responsabilità: tutto ciò che i miei pensieri costruiscono, tutte le direzioni che seguono sono esattamente ciò che il mio discorso vuole fare, quindi io voglio fare: costruisco un pensiero che mi rende felice, va bene, di questo sono responsabile ma non degli eventi esterni in quanto tali perché qualunque evento esterno in quanto tale è assolutamente indifferente, non significa nulla: per questo accendino qui qualunque cosa accada nel circondario non cambia niente, perché? Perché non è in condizioni non solo di percepire variazioni di stato ma nemmeno di elaborarle, di inserirle all’interno di una sequenza che dia a queste variazioni di stato, fornisca a queste variazioni di stato un senso, un significato, se io costruisco un pensiero che mi rende felice, questo pensiero mi rende felice in base a certi giochi linguistici non è che mi renda felice così per niente, tant’è che alcune cose rendono felici alcune persone e invece rattristano altre, perché?
Intervento: …
Sì, la questione estetica dice che a una certa persona piace una certa cosa e a un’altra un’altra, ma per quale motivo? Perché questa cosa si inserisce all’interno di una sequenza di giochi che per una persona sono fatti in un certo modo per un’altra sono fatti in un altro e quindi il fatto che io cerchi un discorso che mi rende felice comporta che questo elemento che mi rende felice è tale per una serie di elementi che ho acquisiti nel corso degli anni per esempio, ma che mi appartengono tant’è che questa cosa rende felice solo me …
Intervento: una felicità relativa …
Ce n’è una assoluta che rende felici tutti simultaneamente?
Intervento: no …
Quindi sono tutte relative, più propriamente personali, riguardano la persona, così come la costruzione di un pensiero terrificante, la morte di tutte le persone care, tutte simultaneamente in modo atroce, anche questo pensiero è costruito da me, è ciò che desidero comunque. Tenete sempre conto che per il linguaggio qualunque cosa si costruisca è totalmente indifferente, è solo un sistema operativo che costruisce stringhe, che siano belle o brutte, questi giudizi estetici sorgono dopo, quando si produce un discorso il quale discorso sì ha acquisito dei parametri estetici e allora valuta “questa cosa fatta in questo modo, in questo momento è bella, quell’altra invece fatta in quest’altro modo è brutta”, in base a giochi linguistici che si sono appresi e accolti, ché non basta apprenderli occorre anche accoglierli se no non funzionano. La clinica psicanalitica si occupa esattamente di questo, di fare in modo, di porre le condizioni perché la persona possa accorgersi che qualunque cosa pensi, bella o brutta è totalmente indifferente, di questa cosa ne è responsabile, se è responsabile lo fa perché lo desidera, se lo desidera c’è un motivo e la clinica psicanalitica si occupa anche di intendere qual è il motivo cioè qual è la funzione di questa cosa, per esempio un pensieraccio ha la funzione di costruirne infiniti altri oltre a provocare o produrre delle immagini che per altri motivi producono altri discorsi, per esempio la fantasia di abbandono, comunissima, che cosa fa? Costruisce ogni volta un pensiero che dice che qualunque cosa accada comunque sono stato abbandonato perché le persone che sono qui non mi vogliono più bene anzi mi disprezzano, non vogliono stare con me, se mi vedono mi evitano, questo naturalmente indipendentemente da qualunque cosa pensino le altre persone naturalmente, è un mio pensiero, è ovvio che io dovrò attribuire invece a tutte le varie persone la responsabilità, sono loro, non io che mi costruisco questa fantasia e quindi cosa succede a questo punto? Succede che dovendo, perché sono io che lo desidero, dovendo costruire questa fantasia di abbandono la costruirò sempre e comunque, anche se sono in mezzo a persone che mi amano comunque io riuscirò a costruire una fantasia di abbandono. Se io voglio convincermi di essere abbandonato posso farlo e posso trovare anzi troverò infinite conferme, infinite per una cosa del genere o per il suo contrario naturalmente. Dunque la responsabilità, la responsabilità è il pilastro, si regge direi quasi tutto su questo sulla responsabilità: accogliere la responsabilità di ciò che si pensa, se io faccio questo è perché lo desidero, cosa vuole dire che lo desidero? Vuole dire che i miei pensieri lo costruiscono, desiderare vuole dire questo, il desiderio non è altro che la direzione che prendono i miei pensieri, il mio discorso, se va in una certa direzione, ecco quella direzione la chiamo desiderio. Gli umani escogitano un sistema per potere pensare che la colpa sia degli altri e quindi non ci sia la propria responsabilità, semplicemente dicendo non è vero che io voglio essere abbandonato, detto questo io sono tranquillo: “non voglio essere abbandonato”, naturalmente faccio di tutto per esserlo chiunque altro se ne accorge ovviamente però dicendo questo posso continuare a pensare di essere abbandonato, è l’unica condizione per cui io possa continuare a pensarlo, cioè che non sia colpa mia ma sia colpa degli altri che sono cattivi, malvagi, sciagurati e non mi apprezzano per quello che valgo. La responsabilità, questa scrivetela a caratteri cubitali perché è la chiave di tutto, naturalmente perché questa responsabilità possa accadere nel proprio discorso occorre che ci siano degli strumenti, degli elementi che noi siamo pronti a fornire che riguardano il modo in cui il linguaggio funziona, se gli umani sono fatti, come sono fatti di linguaggio, allora qualunque cosa accade nel loro discorso è fatto è costruito dal loro discorso, è ovvio che ci sono eventi che non dipendono da me, per esempio il fatto che i carri armati sovietici abbiano invaso la Georgia non è dipeso da me tuttavia il modo in cui io penso la cosa qualunque cosa pensi questo invece dipende da me, e cioè stabilire che abbiano fatto bene, male, che siano delle canaglie o che siano degli eroi. Tutto questo è totalmente arbitrario e dipende da me. Naturalmente se non esistesse il linguaggio i russi non avrebbero mai invaso la Georgia in nessun modo perché non sarebbe stato possibile in nessun modo costruire giochi linguistici, quegli infiniti giochi linguistici che sono necessari per pensare, per decidere una cosa del genere …
Intervento: non ci sarebbero neanche i russi …
No, non più di quanto ci siano per il mio orologio, il che porta naturalmente ad altre considerazioni di più ampio respiro che adesso per quanto riguarda la clinica psicanalitica non ci interessano ma mi interessava soltanto dirvi l’essenziale che riguarda la clinica psicanalitica, un riassunto delle cose dette in questi giorni. Un’analisi si occupa di questo: la persona inizia a parlare, racconta, il racconto può essere più o meno lungo a seconda dei casi, a seconda della struttura di discorso, esaurito il racconto cioè quando “la persona” tra virgolette non ha più niente da raccontare, supponiamo che sia così, è solo un modo di dire, a quel punto incomincia a occuparsi di quello che dice, di quello che ha detto, incomincia ad accorgersi di ciò che sta dicendo e cioè del fatto che le cose che dice procedono da altri pensieri non vengono da niente, non sono la testimonianza pura e semplice di una realtà esterna nuda e cruda ma procedono da altri pensieri come direbbe il luogo comune “come lui è fatto” o lei a seconda dei casi ed è fatto in un certo modo in base a tutte le informazioni che ha acquisite e accolte naturalmente, e inizia a tenere conto che c’è un motivo per cui pensa le cose che pensa e questo motivo non sono i fatti esterni ma viene dal suo discorso, da quel momento in poi inizia l’analisi propriamente detta e cioè l’analisi del discorso, del suo discorso, delle cose che si trova a pensare, cioè incomincia a sapere perché pensa le cose che pensa e non semplicemente “sono abbandonato perché sono tutti dei disgraziati che non mi vogliono bene e non mi apprezzano per quello che valgo”, e che gli altri non c’entrano niente, è una mia costruzione personale indipendentemente dal fatto che gli altri mi amino o mi odino, cosa che potrebbe diventare assolutamente irrilevante: mi vogliono bene, va bene, non mi vogliono bene, va bene. Questo fa dunque la clinica psicanalitica. C’è qualche dubbio, qualche perplessità, qualche domanda? Qualche questione, qualche ampliamento? Qualche chiarimento? Delucidazione? Dubbio?
Intervento: penso che l’elemento della responsabilità sia l’elemento chiave perché tutto il resto l’abbiamo sentito, la questione dell’analisi però l’ascolto, l’ascolto ad un certo punto può comportare la questione della responsabilità questo è assolutamente inatteso …
Sì, tutto è costruito per eliminare la responsabilità, addirittura nel discorso paranoico la responsabilità non esiste mai, se cade dalle mie mani questo mio orologio e si rompe non è colpa mia ma è l’orologio che è scivoloso e quindi è caduto ma non è colpa mia”. La responsabilità come ho detto prima è un pilastro, se non si accoglie questo non si fa un passo nell’analisi ma si continua a pensare che è senz’altro colpa degli altri, come pensano tutti, e non si intende assolutamente niente, si gira in tondo …
Intervento: sono fatto così quindi penso così …
Anche questo è un modo per eludere la responsabilità, sì esattamente …
Intervento: anche il senso di colpa in un certo modo elude la responsabilità … anche ritenersi responsabili di tutto …
Questo è il discorso ossessivo che ama invece ritenersi responsabile e attribuire a sé tutte le colpe per cui spesso come abbiamo detto altre volte l’ossessiva e il paranoico vanno perfettamente d’accordo, l’uno attribuisce tutte le colpe l’altra se le assume tutte, è perfetto, cosa che regge si ma per qualche tempo, fino a che uno dei due non sta più al gioco e allora c’è la rottura immediata e irreversibile perché l’altro ha tradito. Va bene, considerate attentamente le cose che vi ho dette molto rapidamente e sommariamente questa sera perché sono importanti, dopodiché incominciate a elaborare le vostre conferenze.