27-7-2004
Ci sono
considerazioni circa le ultime cose che abbiamo dette?
Intervento: riprendo delle questioni in merito all’ultimo incontro. Parlavamo del
sogno e dicevamo che il sogno avviene perché si dorme. Questa è una questione
che mi interessava proseguire in modo…
Lo ha
fatto? A quali considerazioni è giunta?
Intervento: sono giunta alla considerazione che se il sogno è il custode del sogno,
diciamola così, ciò che permette all’umano di dormire…
Sì,
così diceva Freud…
Intervento: e diceva anche che il sogno è il desiderio che esprime la volontà di
dormire
La
realizzazione di un desiderio, il desiderio maggiore è quello di continuare a
dormire e allora?
Intervento: e noi l’abbiamo ripresa questa questione del sogno come il custode del
sogno perché le persone se sognano possono continuare a dormire e quindi tutto
sommato laddove interviene un desiderio che è il motore le persone continuano,
proprio per la funzione del sogno a dormire… comporta, comporta una immobilità
di pensiero… ecco io mi interrogavo sul pensiero… dicevamo anche che la
leggerezza viene dal poter giocare il gioco della realtà allo stesso modo in
cui si gioca il sogno con le sue regole che sono quelle del sogno… questa
leggerezza, però il sogno si interrompe quando interviene l’incubo, era questa
la questione mi interessava in termini analitici come se questo incubo fosse
più forte del desiderio di dormire, tanto è vero che l’appagamento di desiderio
che avviene con il sogno non tiene e c’è l’incubo, il risveglio assoluto. Per
quanto riguarda la questione dell’incubo e quindi del risveglio mi interessava
come giocavano questi due giochi, abbiamo detto tante volte del sogno di
angoscia e cioè come è possibile che l’appagamento di un desiderio finisca in
angoscia visto che l’appagamento di un desiderio dal linguaggio è definito
piacevole… ci sono diverse questioni perché il sogno non è riuscito nel suo
intento… è come se ci fossero due desideri che si contrappongono per cui
interviene l’incubo… non sono riuscita ad andare molto il là. Soprattutto la
questione dei due giochi con regole differenti… questa questione dell’angoscia
che interviene…
Cioè la
questione è questa: se il sogno è l’appagamento di un desiderio allora l’incubo
dovrebbe essere un desiderio? Come fa ad essere un desiderio l’incubo che è una
cosa bruttissima?
Intervento: un modo per vivere in modo soft cose che nella vita cosciente sarebbero
risultate pesanti, nell’elaborazione notturna anche se angosciante però in
qualche angolo del cervello c’è questa consapevolezza che si tratta di un sogno
e allora…
Una
sorta di scaramanzia dice?
Intervento: è come se fossero due giochi contrapposti che entrambi affermano delle
proposizioni vere
Intervento: Faioni una cosa perché il sogno deve essere l’appagamento di un
desiderio?
Deve
chiederlo a Beatrice, è lei che ha sostenuto questo…
Intervento: cioè secondo Freud è possibile ma quando noi sogniamo…
Intervento: io ho ripreso l’appagamento del
desiderio per considerare che il sogno è il custode del dormire, è ciò che
permette al sonno di proseguire perché al momento in cui c’è qualcosa che
disturba, Freud diceva per esempio qualcosa di fisico come la sete, ecco che
interviene il sogno ad appagare la sete, in cui bevo… in questo senso il sogno
mantiene il dormiente nel suo statuto perché al momento in cui interviene
qualcosa che disturba il sogno mostra la cosa appagata, in questo senso
l’appagamento di un desiderio, per esempio una bambina che aveva, che ha
desiderio di fragole molto semplicemente di notte si trova a mangiare le fragole,
tante fragole, in questo senso Freud ed io parlando del dormiente, cioè del
desiderio di dormire, per fare un certo gioco accolgo la questione, che mostra
con immagini l’esaudire il desiderio della bambina… che poi è una costruzione
di proposizioni vere…
Intervento:
diciamo che non sempre funziona così perché a volte…
Intervento: è chiaro non sempre e non tutto funziona così… qualcosa sì e qualcosa
no…
Intervento: dicevi dell’incubo… l’incubo comporta un terrore e il terrore alla fine
comporta il massimo appagamento… quindi l’incubo è molto più funzionale per la
ricerca di un appagamento perché può implicare un terrore per mezzo di elementi
che possono essere totalmente al di fuori della realtà, quindi è la ricerca del
massimo appagamento
Intervento: sogno come appagamento del
desiderio come è inteso dal luogo comune, desidero le fragole sono il
desiderio. Il desiderio non è propriamente e solamente in questo senso… il
desiderio è qualcosa che muove in una certa direzione… non necessariamente un
piatto di lasagne
Intervento: certo perché ci sia sogno occorre che sia funzionale alle premesse e
cioè al modo di pensare, riportavo la questione al linguaggio che deve
continuare a costruire proposizioni vere laddove interviene l’incubo è come se
fossero contrapposte due verità, due catene che continuano a costruirsi, come
se questi due giochi comportassero per le loro regole uno scontro per cui
interviene questo incubo che non è nient’altro che come diceva Gabriele un
appagamento di desiderio che parte da una premessa e conclude al modo in cui
conclude… lei Faioni ha parlato già tempo fa di due giochi
Avete
qualche questione così nel frattempo?
Intervento: stavo pensando alla persuasione… al modo di porre una verità e far sì
che sia accolta dall’altro
Quale
questione si poneva a questo riguardo?
Intervento: credo una cosa… è qualcosa che mi è stato presentato come verità
Anche,
è una possibilità, certo, lei si chiede come si fa a credere o come si fa a
persuadere qualcuno a credere? Quale delle due la interessa di più?
Intervento: il persuadere
Già, si
è mai occupata di retorica?
Intervento: no
La
retorica si occupa proprio di questo, costruire discorsi belli, ché un discorso
bello risulta più vero di uno brutto e quindi insegna a parlare bene, parlando
bene si è persuasivi, c’è qualcuno in particolare che vuole persuadere?
Intervento: per persuadere qualcuno bisogna che ci sia qualcuno che crede quindi…
Sì
certo, si persuade qualcuno per fargli credere qualcosa…
Intervento: la mamma che voleva persuadermi a mangiare i kiwi… il kiwi con i semini
come soldatini da mangiare
La
invitava al cannibalismo, e lei era affascinata da questa cosa? Paolo invece ha
fatto qualche riflessione?
Intervento: sull’incubo?
Non necessariamente,
ha riflettuto su qualche cosa? Capita di riflettere…
Intervento: no, no assolutamente evito di pensare…
C’è
qualche buon motivo?
Intervento: perché poi il tentativo è di diventare retorico con me stesso e allora
non faccio più… e allora cerco di pensare il meno possibile… però trovo
comunque interessante sia gli argomenti… cioè l’idea di chiudere il mondo là
fuori e ascoltare persone che parlano intensamente di cose in cui credono, è
una cosa bella… non capita spesso
Va
bene. Allora, sì Beatrice è partita riprendendo la questione che poneva Freud,
il sogno come appagamento del desiderio, è una possibilità che sia così…
Intervento: è il luogo comune
Sì è
vero, il luogo comune pensa questo, almeno il luogo comune psicanalitico. La
volta scorsa dicevamo del sogno che è strutturato come un gioco linguistico,
dove manca l’accesso ad un particolare gioco linguistico, che è quello che è
noto come realtà, e questo gli consente di muoversi con maggiore scioltezza
così come un gioco che ha meno limitazioni, ovviamente si muove molto più
facilmente, però da anche meno soddisfazioni un gioco più semplice da giocare,
tant’è che al risveglio accade di considerare che purtroppo era solo un sogno…
Intervento: oppure per fortuna era solo un sogno
Certo,
come dire che in ogni caso il sognante al risveglio ha la certezza di avere
sognato e che ciò che è accaduto nel sogno non ha a che fare con quest’altro
gioco con cui gioca almeno altrettante ore se non di più in genere, che è
quello che è noto come realtà. Dunque giochi linguistici differenti, abbiamo
detto che il sogno può muoversi più liberamente perché manca l’aggancio con
quest’altro gioco, quello che chiamiamo realtà. Ma che cosa realizza il sogno?
Forse la stessa cosa che realizza la veglia? Può darsi. Il sogno, diceva
Beatrice, evocando il nostro amico Sigmund è l’appagamento del desiderio e c’è
l’eventualità che anche la veglia faccia la stessa cosa. E anche questa è una
considerazione legittima. Tant’è che anche nella veglia ciascuno a modo suo
cerca di appagare ciò che ritiene essere il suo desiderio. E che cosa desidera
ciascuno? Cose diverse naturalmente, ma forse c’è un elemento in comune, oltre
ad essere desiderio…
Intervento: si muovono
Dove
vanno? Sì certo è una direzione, questo è fuori di dubbio, però questa
direzione Francesca di cosa è fatta? Ciascuno di questi desideri punta alla sua
soddisfazione ed è soddisfatto quando verifica che si sono attuate alcune
condizioni che rendono una serie, una sequenza di elementi veri, allora è
soddisfatto: per esempio una persona cerca un partner, adesso ce l’ha, la
condizione è soddisfatta. Ora non è che fa questo per chissà quale strano
motivo, è che il linguaggio di cui ciascuno è fatto funziona in questo modo,
deve costruire proposizioni vere, come dire che ciascuna volta che concludo,
questa conclusione deve essere riconosciuta dal discorso come vera se no non
viene accolta come conclusione, viene eliminata. Dunque la soddisfazione del
desiderio è questo concludere con una proposizione che è ritenuta vera. Se io
desidero un orologio allora mi darò da fare per ottenerlo, quando l’avrò
ottenuto allora questo gioco che sto facendo riconoscerà la proposizione che
“questo è il mio orologio” come vera e che quindi l’ha ottenuto, e quindi sono
soddisfatto, quindi il discorso è soddisfatto, questo gioco è soddisfatto così
come è soddisfatto il gioco del poker quando al termine si va a vedere e uno ha
il punteggio più alto degli altri, il gioco è soddisfatto, quella partita è
conclusa, se ne avvierà un’altra ma quella è conclusa. Stiamo considerando che
sia la veglia quanto il sogno hanno lo stesso obiettivo: soddisfare il
desiderio e sappiamo anche in cosa consiste soddisfare il desiderio,
nonostante, come dicevo prima, si configuri nei modi più disparati…
Intervento: però in questi termini vuol dire che si parte da una premessa e
conclude al “piacere” del soldatino, va avanti per tutta la vita a giocare in
questo modo, costruendo questa direzione, si cambiano le metafore o le
allegorie, cambiano gli oggetti. L’interrogazione è sulla premessa che quindi
va in una certa direzione e quindi una persona può continuare all’infinito a
giocare come giocava con i soldatini, traendo le soddisfazioni che trae. Quello
che stiamo dicendo o meglio la mia interrogazione invece verte intorno a
quell’altro gioco che ad un certo momento dice “non ho più soldatini per
giocare” e quindi interviene l’incubo
Allora
si dà da fare per procurarseli…
Intervento: io consideravo la questione invece in un altro modo come dire il gioco
dei soldatini, perché ci sia gioco dei soldatini occorre che ci sia una certa
premessa per cui gioco quel gioco, invece perché ci sia l’incubo occorre
un’altra premessa è come se io dividessi la questione come se una persona
potesse partire indisturbato da premesse diverse che concludono in modo
contrapposto, contraddittorio in questo caso… invece no è soltanto la paura di
perdere i soldatini
Intervento: lei una volta parlava della doppia verità di Averroè…
Intervento: devi avere gli incubi visto che ti interessa così tanto
Intervento: qualche volta però in questo caso è come se ci fossero due premesse
perché ci siano due verità e invece molto più semplicemente si tratta soltanto
della stessa premessa… nell’ottica del linguaggio e della sua struttura
l’obiettivo è soltanto quello di proseguire se stesso quindi sia il sogno, sia
l’incubo realizzano questo obiettivo… quindi mi sento di mettere sullo stesso
piano in questo senso, e anche le emozioni che producono possono essere
opposte, anche nel discorso che si faceva nell’inseguire la verità… sono
proposizioni che continuano che hanno un proseguimento in altre proposizioni
Intervento: però nella vita che ci sia l’incubo o che ci sia il poter continuare a
giocare ai soldatini è molto differente perché al momento in cui io sia
continuamente tratta dall’incubo e quindi da questo conflitto che permette la
mia vita, continuerò comunque a costruire questo conflitto e non sarà,
chiaramente nel luogo comune, benessere ma malessere. È chiaro che il benessere
e il malessere sono dei giochi, dei giochi linguistici pure loro e sono
prodotti da questa struttura in cui ci troviamo, mi interessava proprio perché
un analista poi si ritrova ad avere a che fare con delle persone che il più
delle volte denunciano un certo malessere, un certo disagio… è poi la questione
della sofferenza che mi pareva il caso di riprendere questa questione…
raggiungendo la proposizione vera che riconosce come tale… mi chiedevo se
l’enunciazione del desiderio non sia altro che l’enunciazione che le condizioni
di verità delle proposizioni che si costruiscono, come dire io desidero questo!
vale a dire tutto ciò che costruisco da quel momento in poi ma in funzione di
ciò che io ho stabilito, come se io avessi detto tutto ciò che ne segue da
questa cosa che io enuncio… la verità ciò che serve dipende da ciò che ho
enunciato come dire pone delle condizioni. Come dire che questa verità in qualche maniera, per
qualsiasi motivo, la pongo come premessa, cerco un partner e questo mi da
felicità benessere tutto quello che voglio
Allora
quando l’avrò trovato la proposizione che afferma che ho un partner sarà vera,
se no sarà falsa…
Intervento: La questione cerco un partner è la condizione perché ci sia la verità e
quindi la soddisfazione
Sì,
sarà verificata dalla presenza del partner certo…
Intervento: e arriviamo alla questione dell’incubo, la differenza fra sogno e
incubo se il sogno appaga il desiderio del dormiente, l’incubo produce il
risveglio…allora parlando in termini di verità e falsità, diceva Faioni prima
che l’incubo potrebbe intendersi produzione di qualcosa che può mettere in
discussione la verità di certe premesse e il risveglio ha questa funzione in
effetti quella di impedire che si produca quella proposizione che possa
falsificare qualcosa che invece io ritengo assolutamente vero
È un
po’ l’effetto che spesso si produce nelle nostre conferenze, l’incubo, e quindi
c’è il risveglio che comporta il pensare ad altro…
Intervento: io parlavo della veglia e riprendo anche la questione che poneva visto
che la veglia è anche un appagamento di desiderio, la ponevo nei termini di chi
per esempio dice che la mia vita è un incubo, perché qualunque desiderio che
enuncia non viene soddisfatto, come no? almeno una buona percentuale
Intervento: ma questo è dato da quelle premesse di quel discorso
Intervento: mi stavo interrogando, sto allargando un po’ il discorso per trovare
quegli elementi di sintesi per renderlo più semplice cioè trovare, diciamo
trasformare la questione un po’ evanescente e riportarli nei termini della
struttura del linguaggio… intendevo dire questo che all’inizio si parlava del
desiderio e ho sottolineato che non necessariamente è desiderio di qualcosa di
piacevole… ecco porre la
questione nei termini di funzione di verità… il desiderio enuncia quali sono le
possibilità che le proposizioni che si costruiscono possono risultare vere
oppure no, a me sembrava abbastanza interessante perché il desiderio dice dove
e a quali condizioni il discorso può proseguire, è vero che nel poker si
conclude una partita ma poi se ne comincia un’altra e il linguaggio conclude
continuamente ma rinvia comunque a un nuovo gioco, apre a un nuovo gioco
comunque, a una nuova partita… l’incubo in un certo qual modo mi da
l’impressione che invece arresti in qualche modo il discorso laddove la
premessa deve essere mantenuta in qualche modo ferma, fissata come se ciò che
si avverte è che se lasciando proseguire il discorso quella premessa non possa
più assolutamente stare in piedi, come una persona che non vuole sentire
parlare assolutamente di una determinata cosa, interrompe il discorso “non ne
voglio sentire parlare” sa benissimo che proseguendo quel discorso lì la sua
convinzione, la sua persuasione, la cosa di cui è persuaso che sia vera è in
pericolo, in qualche modo e allora preferisce interrompere il discorso e
l’incubo ha questa funzione… c’è un pericolo la presenza di un pericolo,
pericolo di che?
Intervento: anche della sua riuscita per esempio
Intervento: può narrare la storia di quest’incubo parlando di morte, parlando di
mostri, delle cose più diverse ma in quel caso riprendendo Freud non è altro
che una deformazione
Intervento: riprendendo Freud, l’incubo non è
una deformazione anzi è una certificazione che nel sogno sta accadendo qualcosa
di vero… non è una deformazione è proprio la realtà perché ha a che fare con
l’altro gioco…
Intervento: sì certo che è vero ma se appare un mostro a sette teste…
Intervento: è chiaro che il mostro a sette teste è funzionale… cioè l’incubo è
funzionale a mantenere la realtà e la fantasia cioè ad un mondo esterno di cui
non sono responsabile
Intervento: la questione centrale era quella di riportare la questione del sogno
nei termini di verità e falsità quindi di prosecuzione e di interruzione del
discorso
Intervento: non so se è interruzione del discorso per poter pensare ad altro…
Intervento: la questione fondamentale è che l’incubo porta al risveglio mentre
invece il sogno è l’appagamento del desiderio di dormire
Intervento: non sempre c’è il risveglio immediato
Intervento: se è un incubo… se è un brutto sogno lo si ricorda come un brutto
sogno, se è un incubo porta al risveglio
Intervento: vedi, per questo io avevo posto la questione delle premesse e mi
interrogavo se era la stessa premessa che funzionava in un certo modo oppure se
fossero due verità contrapposte cioè qualcosa alla quale io non posso
rinunciare data da questa contrapposizione continua, come se fossero due grandi
desideri che non partono da una stessa premessa però mi chiedevo in ordini e in
termini di linguaggio questo se è possibile perché allora…
Cosa si
rispondeva a questa domanda?
Intervento: al momento in cui giochiamo questo gioco non c’è contrapposizione se
non come gioco retorico perché la verità non è necessaria ma è la conclusione
di un certo gioco ma al momento in cui non si gioca questo gioco è chiaro che
possono esserci due premesse nel proprio discorso ed entrambe credute vere per
cui alla fine sono incompatibili l’una con l’altra ma questo non è chiarissimo
per questo parlavo di Averroè che non ho letto quindi la questione delle due
verità, ma non è possibile che in un discorso ci siano due verità nel senso che
io non posso affermare la verità di una certa direzione e allo stesso tempo
affermare il suo contrario
Questo
è possibile soltanto se sono due giochi diversi all’interno dello stesso gioco,
se, in base a quelle regole, la proposizione risulta vera, allora la sua
contraria è necessariamente falsa non può esserci un’altra verità perché
funziona il principio del terzo escluso: o è vera una cosa o il suo contrario
non possono essere vere entrambe, però in giochi diversi allora sì, e questo
anche la logica modale lo afferma per cui è possibile che una persona faccia
due giochi diversi e si trovi di fronte a due verità irrinunciabili e
altrettanto solide, diventa un problema al momento in cui, come accade spesso,
non ci si accorge che sono due giochi diversi, dove queste due verità sono
assolutamente possibili fra loro, invece immaginando che sia un unico gioco ci
si trova di fronte a un marasma generale, se è vera una cosa non può essere
vera anche quell’altra che è contraria, se desidero una cosa non posso
desiderare anche quest’altra che è il suo contrario, e allora sorgono i
problemi e cioè una persona non sa più quello che vuole ma in realtà quello che
vuole lo ha già espresso: vuole una cosa e anche l’altra, che si escludono se
appartengono allo stesso gioco, non si escludono affatto se invece ha
l’occasione di accorgersi che questi due desideri appartengono a due giochi
diversi, e che magari può farli entrambi volendo. Ma finché permane l’idea che
sia un unico gioco dove è possibile che una persona desideri unicamente una
certa cosa e non possa desiderare altro che quello allora c’è un problema:
desidero stare con qualcuno ma desidero stare da solo, per esempio, è una
contraddizione in termini, non può desiderare una cosa e il suo contrario, ma
queste due posizioni appartengono a giochi diversi che hanno regole diverse, il
fatto che si riferiscono ad un unico discorso è ciò che confonde la persona, che
sa di non potere desiderare due cose che sono opposte, ma se cessasse di
considerarsi una identità, una unità assoluta, se avesse l’occasione di
considerarsi come un discorso, il quale discorso produce una quantità enorme di
giochi linguistici diversi tra loro e quindi che giungono a conclusioni
diverse, allora potrebbe considerare che effettivamente desidera entrambe le
cose e non c’è nessuna contraddizione, magari può essere complicato da mettere
in atto una cosa del genere, ma il fatto che desideri due cose contrarie tra
loro non comporta nessuna stranezza, nessuna follia…
Intervento: sì in certi casi non comporta problemi però ci sono dei casi in cui
comporta problemi… di contraddizioni nella vita ce ne sono continuamente ma non
per questo si blocca un discorso
È una
delle situazioni più comuni trovarsi a desiderare cose che si ritengono come
dicevano una volta i francesi “incompossibili” però il discorso funziona così,
costruisce giochi che sono diversi anche se ciascuno di questi giochi è
assolutamente coerente i giochi tra loro possono non esserlo. La logica modale
si preoccupava di aggirare un problema logico che è appunto quello del terzo
escluso: “se una cosa è vera allora la sua contraria è necessariamente falsa”
però i modali dicevano che c’è modo, il terzo valore e allora lui, Jaskowski,
faceva l’esempio di una conversazione tra amici dove ciascuno di questi
sostiene una certa cosa che può essere benissimo in contrasto e in
contraddizione con quella che sostiene un altro, come dire che possono coesistere,
all’interno di un discorso, opinioni diverse, e quindi verità diverse, tuttavia
non può esistere all’interno di un singolo discorso una contraddizione, una
persona non può contraddire se stessa, se lo fa si arresta il suo discorso,
però all’interno di questa conversazione possono coesistere benissimo tesi
totalmente e diametralmente opposte. Ciò che vi sto dicendo è questo: che una
persona, che è fatta del discorso che va facendo, può trovarsi a considerare
che nel suo discorso esistono giochi diversi e pertanto giungono a conclusioni
differenti, l’abilità che dovrebbe possedere tale persona è nel sapere reperire
quali sono le premesse di ciascuno di questi giochi e considerare che se si
attiene a quelle premesse allora quel gioco giungerà a quella conclusione ma
che attenersi a quelle premesse non è necessario, perché tali premesse sono
arbitrarie, così come le sue conclusioni, e che pertanto non è costretto a
pensare in quel modo. In fondo un percorso analitico consente anche di giungere
a questo, a considerare che non si è costretti a giungere alle conclusioni a
cui si giunge perché sono arbitrarie e in ogni caso è sempre una decisione, e
quindi una responsabilità: non concludo così perché le cose stanno così ma
perché mi piace così e quindi decido così, che è diverso…
Intervento:…
Ci sono
delle premesse a cui non vuole o non intende rinunciare, e se considera queste
premesse come necessarie allora le conclusioni saranno ritenute altrettanto
necessarie, ma non possono due conclusioni necessarie e opposte convivere, da
qui il marasma, ma nessuna di queste conclusioni è necessaria. Il fatto che una
persona voglia avere il partner e allo stesso tempo voglia stare da sola non
comporta nessuna necessità, né in un caso né nell’altro, è una sua decisione,
per esempio questa che afferma che vuole assolutamente un partner muove da
certe premesse e queste premesse non sono necessarie ma arbitrarie, per cui c’è
l’occasione di poterle considerare in tutt’altro modo, non più come necessità
costrittiva…
Intervento: in fondo dice così anche Aristotele quando parla del terzo uomo
Sono in
buona compagnia, lo so, anche se Aristotele ha perso di vista alcune questioni
tutt’altro che marginali. Ma lei Francesca predilige la logica o la retorica?
Intervento: la logica
Bene,
vorrebbe anche dirci il perché?
Intervento:…
Cosa
crede? Non creda! Perché dunque?
Intervento: dico per me…
Anche,
sicuramente, vede se lei dice “credo che” allora, a questo punto, pone una
condizione, come dire: non sa se è così oppure no, le pare, per cui non lo
afferma con certezza e quindi cosa succede? Succede che in realtà pensa che sia
così, anche se premette questa premessa “credo”, e allora non si confronterà
con le conseguenze di ciò che lei afferma perché lei l’ha posta come una ipotesi,
può essere così come non essere così, però di fatto lei crede che sia così,
perché se no avrebbe affermato il contrario. Per tornare alla questione
analitica che in fondo ci interessa, ecco, costringere la persona a trasformare
il “credo” in “affermo” cosicché a questo punto la persona si confronta con ciò
che sta affermando, mentre finché si nasconde dietro “il credo che” non avrà
mai l’occasione di sapere effettivamente quello che pensa e quindi avere
l’opportunità di confrontarsi con quello che pensa, ché non si tratta né di
un’accusa, né di nulla del genere, o di cogliere l’altro in errore, non ce ne
importa assolutamente niente ma di porre le condizioni perché la persona si
interroghi su quello che ritiene essere vero e che fa precedere dal “credo”, in
fondo è una captatio benevolentiæ, in retorica si chiama così, “credo che”,
però non sappiamo, per cui potrebbe anche essere il contrario ma di fatto
invece sta affermando proprio quello e con quello è importante che si
confronti, ché se no non saprà mai quello che pensa e quindi non saprà mai
perché lo pensa, cioè non saprà mai niente di sé. Ecco quindi la logica, come
lei sa ci sono moltissime logiche però quella che abbiamo inventata è l’unica
che funzioni realmente perché qualunque logica si è sempre dovuta confrontare
con le sue fondamenta, ora su che cosa si basa la logica? La logica costruisce
anche dei criteri, come diceva giustamente lei, per sapere cosa è vero e cosa è
falso, ma questi criteri come sappiamo se sono veri o sono falsi? Invece questa
logica di cui stiamo parlando è l’unica che possa fornire tali criteri muovendo
unicamente da ciò stesso che consente di costruire un criterio, e cioè dalla
struttura del linguaggio. In effetti la questione che spesso si incontra,
questo opporre alle nostre argomentazioni la nozione di realtà, non tiene conto
che la nozione di realtà che ciascuno possiede, ritiene di possedere, è effetto
di una serie di argomentazioni logiche più o meno corrette, o più o meno
sgangherate, ma una serie di argomentazioni logiche per cui deduce che questa è
la realtà, da quel momento ci crede fortemente e quindi non si accorge che le
conclusioni cui giunge il suo ragionamento gli forniscono quello che per lui è
la realtà. Non è poco, però non ci fa caso, non ci bada, e quindi da quel
momento in poi fa come accade sempre, ché una conclusione logica coerente
essendo vera è di conseguenza la realtà, il reale. Come diceva Kant: ciò che
non è autocontraddittorio è vero, è reale, poi con una serie di malintesi
giunge a considerare che il reale esiste di per sé e non come una conclusione
di sue argomentazioni, e allora interviene la magia e quando interviene la
magia è sempre un problema perché non si può fare niente alla magia, da quel
momento in poi difende la realtà immaginando che sia un qualche cosa di
assolutamente necessario ed estraneo a lui, dimenticandosi che è qualcosa che
ha dedotto, oltreché prodotto. Così accade fin dalla notte dei tempi però noi
siamo qui per porre le cose in modo più interessante e cioè fare in modo che sia
possibile cessare di credere alla magia, non perché sia male, ma perché
costringe logicamente a girare in tondo e cioè a costruire altre magie o
superstizioni se preferisce, una volta che si crede a una si continua a
costruire su quella una quantità infinita di superstizioni e quindi si gira in
tondo, senza sapere assolutamente nulla di ciò che sta accadendo, di ciò che si
sta facendo…
Intervento: se fosse soddisfacente non ci sarebbe bisogno di creare un’alternativa
Si,
anche, però i problemi sorgono nel momento in cui, e quindi da subito, si
suppone che essendo una magia non si possa fare niente e quindi la si subisce,
ci si pone nella condizione dei succubi… prima si parlava di incubi… lei sa la
storia degli incubi e dei succubi?… erano i diavoli, e siccome i diavoli si
accompagnavano con le streghe allora erano incubi quelli che stavano di sopra e
succubi quelli che stavano di sotto… era così, non posso farci niente. Una nota
di folclore. Quando c’è la magia allora non si può fare nulla, si ritiene che
le cose siano così e che dipenda quindi da altro o da altri, ma mai da me…
Intervento: e allora interviene il sogno per continuare a dormire per riprendere la
metafora
Intendere
come funziona questo marchingegno che stiamo chiamando linguaggio, è ciò che
consente di non avere più bisogno di credere alle favole, o alla religione se
preferisce, che è la stessa cosa. Perché se io comincio a pensare che la causa
dei miei malanni sia qualcuno o qualcosa allora questo qualcuno o questo
qualcosa deve essere eliminato, ed ecco le guerre. Per esempio Saddam Hussein è
la causa delle nostre disgrazie, eliminato lui saremo felici come pasque, poi
si rivela che non è esattamente così, tant’è che le guerre esistono da quando
esistono gli umani, però se ci pensa bene ogni guerra è sempre l’ultima, è
fatta perché non ci siano più guerre, ciascuna, da quando esiste, perché la
struttura è quella ovviamente, se continuo a pensare che la causa di ciò che
ritengo essere il mio malanno sia qualcuno sarò sempre costretto a cercare
questo qualcuno per eliminarlo. Va bene. Cesare di cosa parleremo martedì
prossimo?
Intervento: questo aspetto del sogno
Allora
ci rifletta e ci dirà lei qualcosa.