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27-7-2000

 

Intervento: la questione del come si trae il discorso…Freud quando parla del rebus

Il rebus è un gioco, un gioco che consiste nel sostituire delle lettere a delle scene, a delle immagini. Cosa hanno a che fare queste scene e queste immagini col il discorso? (…) sì per questo ha parlato di rebus, perché si è parlato di rebus, si perché Beatrice ha parlato di rebus? (laddove si interroga del come si trae il proprio discorso e questo discorso si trae cioè a una proposizione ne segue un’altra, che continuano un certo discorso e quindi è come se seguisse per “concetti”, per cui una cosa è un’altra cosa…) sì, c’è qualche traccia di vero in tutto ciò, però il discorso da farsi è ancora al di qua perché non ci dice ancora nulla, di cosa lo muove, possiamo dire che in alcuni casi si muove in un modo simile, ma perché? (il discorso occidentale è pronto al rispondere al “come” appare) che cosa trascina il discorso in una direzione anziché un’altra, il discorso di chiunque? La risposta è semplice, l’abbiamo data un sacco di volte, il credere ciò che è ritenuto vero, cioè quelle proposizioni che sono ritenute vere e cioè extralinguistiche, (però se intervengono delle immagini sono immagini ritenute vere) le immagini sono proposizioni, quelle proposizioni ritenute vere, la proposizione ritenuta vera è una proposizione ritenuta fuori dal linguaggio e quindi identica a sé che costringe all’assenso, la verità in accezione più bieca, ora tutte le proposizioni che soddisfano a questa condizione cioè sono ritenute vere, sono quelle verso cui il discorso va, in effetti anche il discorso che stiamo facendo muove in questo modo e chiaramente ci sono delle differenze perché le proposizioni non sono ritenute vere ma hanno un’altra caratteristica e cioè sono non negabili o costringono ad un assenso ma logicamente, però anche qui il funzionamento è lo stesso cioè queste proposizioni, ritenute vere hanno questa funzione trascinano il discorso in quella direzione, quindi il discorso funziona così, va nella direzione che è imposta al discorso dalle proposizioni che hanno questa caratteristica. Ora dicevamo qualche tempo fa che occorre che nel discorso ci siano delle proposizioni simili tant’è che, dicemmo tempo fa, non ricordo quando, che la verità ha funzione in questi casi di shifters, qualcosa che dà una direzione, (quindi questo concettualmente sarebbe la direzione simile) sì, non è che sia possibile farne a meno, il linguaggio funziona così, dicevamo prima con Cesare che è il linguaggio che pilota se stesso, non c’è nient’altro e quindi il linguaggio si governa da sé, ma per funzionare necessita di qualche cosa che gli dia una direzione, questo qualcosa che gli dia una direzione di volta in volta sono o le proposizioni credute vere o quelle utili al raggiungimento di un certo fine (anche quelle ritenute vere sono utili al raggiungimento di un qualche fine) però nel primo caso sono ritenute vere, nel secondo no, io posso utilizzare una proposizione per ottenere un certo fine senza che queste proposizioni siano vere, dunque il linguaggio è fatto anche di questi elementi, quegli elementi che sono indispensabili per consentire al linguaggio di muoversi in una direzione anziché un’altra e pertanto ciò che muove il discorso occidentale sono alcuni elementi fondamentali, ritenuti veri e incontrollabili, uno fra questi per esempio che sia necessario credere qualcosa, che esista un bene, un giusto, tutti i luoghi comuni del discorso occidentale, ecco perché il discorso va in quella direzione, perché queste proposizioni funzionano all’interno del discorso come vere, funzionano da shifters, danno al discorso quella direzione, cos’hanno di differente queste proposizioni ritenute vere da quelle che stiamo utilizzando? Soprattutto il fatto che nel discorso occidentale queste proposizioni essendo credute vere impongono una direzione, il nostro discorso no, non la impongono, la indicano, ciascuno di noi è assolutamente libero di prendere una direzione oppure no, il discorso occidentale no, perché se è vero è costrittivo, non c’è scelta, cioè non può prendere un’altra direzione, non c’è, come si diceva la volta scorsa non c’è nessuna responsabilità, se è così allora non posso far altro che constatare che è così e quindi non posso che far altro che constatare che è così, il discorso che stiamo facendo ciascuno è sempre responsabile della decisione e della scelta che opera in ciascun istante, questa è la differenza fondamentale, dunque dicevo è questo ciò che muove il discorso ed è strutturale a questo punto direi quasi che ci sia una verità come shifters, la verità un elemento che funziona in questo modo, che dà la direzione al discorso, il discorso necessita di una direzione, nel senso che per esempio non può prendere due direzioni opposte, abbiamo detto molte volte, può farlo retoricamente ma perché c’è una direzione che si impone comunque e l’altra fa da dirimpettaio, come dicevo questa necessità fa parte del discorso, ora come possiamo utilizzare una cosa del genere? Perché noi ci si chiedeva come funzionava il discorso e perché prende una piega anziché un’altra per intendere come intervenire propriamente, ora dicevo questo in termini molto generali, poi ciascuno, il singolo ha delle vie preferenziali pur mantenendosi all’interno di queste grandi direttrici, comunque ha delle vie preferenziali, queste vie preferenziali sono mosse da altri elementi creduti veri che si vanno a innestare all’interno di queste grandi direttrici, uno crede che quelli con i capelli biondi siano più buoni di quelli con i capelli neri, qualcosa lo ha mosso a credere una cosa del genere, qualcosa che ha visto, che ha sentito, che ha immaginato però questa proposizione funziona all’interno del suo discorso come un indicatore, uno shifters, le nevrosi, le psicosi non sono altro che i modi per intendere quali sono le credenze all’interno delle quali funziona il discorso di ciascuno, a questo punto possiamo riprendere un discorso di qualche tempo fa e cioè la metafora dei vari programmi, una proposizione creduta vera dà l’input per costringere ad andare in quella direzione come un programma, ora sembrerebbe che l’unica via a questo punto sia quella di fare in modo che cessi di essere creduta vera, che potrebbe anche essere, l’unico modo per interrompere questo programma, però è nella più parte dei casi molto difficile compiere questa operazione dicevamo che questo sistema non accetta che facilmente la propria verità venga eliminata, come dire che il discorso si rifiuta di accogliere delle proposizioni che minacciano il suo proseguimento, togliere una di queste verità è come togliere la direzione, togliere la direzione è come se il discorso non potesse più procedere, da qui qualche difficoltà di taluni ad accogliere certe proposizioni che poi viene detto nei modi più svariati non ho più sentimenti, sono da solo, non riesco ad utilizzare, non posso utilizzare (rebus) però di fatto sembra che il linguaggio si autoprotegga eliminando tutto ciò che gli impedisce di proseguire e proposizioni come queste vengono considerate all’interno del discorso occidentale come proposizioni che hanno questa caratteristica e quindi vengono eliminate, per questo la più parte delle persone ascolta ciò che diciamo ma non si ferma nulla, pur dimostrando l’assoluta necessità logica di ciò che andiamo affermando ciò nonostante scivola via cioè non lascia niente, questo sistema autodifensivo per dirla così (blocca) Cosa sta pensando Cesare dica? (…) si tratta a questo punto di inserire un elemento quello che consente di verificare, più che constatare che il discorso non si fermerà anzi mostrare prima ancora che questo pensiero possa farsi, questa sensazione, considerazione che in questo modo anzi il pensiero viene accelerato, non fermato, questa potrebbe essere una via, come dire bloccare il sistema autodifensivo prima che possa entrare in azione quindi facendo funzionare quel discorso è molto probabile che detta in modo più preciso e teoricamente più corretto, mostrare molto chiaramente di cosa si tratta, mostrare a cosa serve… (…) si fare in modo che si installi perché se no, tutto questo sistema autodifensivo le annulla, come corpi estranei (…) il sistema autodifensivo del discorso occidentale generalmente è espresso dalla proposizione che chiede “cosa mi serve?” “cosa me ne faccio?” “che utilità ha?” in questo modo elimina tutto ciò che non è funzionale al discorso occidentale, ché il discorso occidentale è fatto in modo da accogliere solo ciò che gli è funzionale, ciò che non è funzionale al suo discorso viene eliminato, il discorso che andiamo facendo non è funzionale al discorso occidentale e pertanto viene eliminato (però per renderlo funzionale al discorso occidentale in qualche modo rendere la stessa proposizione funzionale e cioè rispondere alla domanda a che cosa mi serve?) il problema è che non può essere funzionale al discorso occidentale in nessun modo, ma per piegare questa domanda fare in modo da far intravedere un’altra utilità che può sì echeggiare nel discorso occidentale ma porta molto oltre, chiaramente facendo leva su ciò che nel discorso occidentale è maggiormente tenuto in considerazione, cioè la capacità qualunque essa sia, rendere ciascuno come dicono più capace e meglio capace (questa credenza nella capacità è ciò che permette questo scivolamento a cosa mi rende capace, qui si apre una voragine perché è ciò che permette l’attesa della capacità e se io attendo, è la questione dell’attesa) sì stiamo considerando sempre le stesse questioni in un certo senso, stiamo percorrendo vari giri in modo da trovare un aspetto migliore, certo considerando continuamente sempre la stessa questione, che ad un certo punto già da tempo è irrinunciabile (tolta questa apertura tra la non capacità e la capacità ci sia soltanto la prova al non sono capace) (sembra ci sia un referente a cui ci si attiene per esempio del sapere) sì la retorica ci insegna da un paio di milioni di anni che è preferibile non attaccare di petto la verità altrui ma utilizzarla per provare la propria, un po’ come ho accennato all’ultima conferenza, affrontare la verità altrui volgendola a proprio favore, il problema nel discorso che stiamo facendo è che ad un certo punto non è possibile non accorgersi dell’impatto che c’è anche se viene fatto in modo così morbido, ché se l’avversario lo si piega attraverso la ragione ce se ne fa un nemico, nove volte su dieci che si sentirà umiliato, battuto e quindi ci si fa un nemico come abbiamo fatto in questi ultimi dieci anni, ora se invece dobbiamo farci degli amici bisogna andare in un’altra direzione in un modo più “morbido” ma tra virgolette, più morbido ma non necessariamente un po’ come dicevo prima, nell’ultima conferenza cercare di far giungere la persona stessa a quelle conclusioni a cui noi vogliamo che giunga, senza imporgli nulla o senza dargli l’impressione che questo avvenga. Chi è sufficientemente abile a fare una cosa del genere? (è una questione di capacità) che occorre acquisire perché non abbiamo tempo da perdere (…) che se la persona giunge lei a questa conclusione immagina che sia una sua vittoria il frutto rigoglioso del suo ragionamento e quindi si dà una grande pacca sulle spalle e dice “guarda come sono stato bravo” (…) se ne ha a male, giustamente se vado lì e faccio la figura del cretino me ne sto a casa e guardo Pippo Baudo (…) possiamo prendere un testo e smontarlo dobbiamo valutare se questo può tornarci utile oppure no di questo si tratta magari sì, bisogna rifletterci e in effetti le conferenze che faremo se le faremo, penso di sì, avranno questo andamento puntando sempre di più allo stile di questa conferenza in modo che alla fine le persone siano convinte di essere riuscite ad avere delle pensate straordinarie “guarda come sono stato bravo” attrarre in modo efficace, studiare bene le singole argomentazioni una ad una (in un analisi dove si tratta di una singola persona) per un verso dicevamo tempo fa è più semplice, per l’altro è più complesso (una persona deve fare dei passaggi) però quando si fa quel passo si è da soli in un certo senso, non lo può fare l’altro al suo posto, così come quando si pensa si è da soli, non si può pensare in compagnia (si deve confrontare con quella questione ) però il discorso che stiamo facendo è ancora al di qua, bisogna porre le condizioni perché le persone possano cominciare a porsi questioni di questo genere, se non hanno nessuno strumento non fanno niente (per potere porre l’altro… riguarda l’incapacità) occorre esser capaci, abbiamo fatto un sacco di esercizi di retorica in questi ultimi anni, sempre tenendo conto anche dell’aspetto teorico, bisogna proseguire le cose che abbiamo detto questa sera danno già una direzione del come un discorso pilota se stesso e attraverso quali vie quali elementi gli consentono prendere una direzione cioè quegli elementi veri o creduti tali, nel nostro discorso sono quegli elementi che sono non negabili, forniscono una costrizione logica e che non può essere altrimenti, il linguaggio è fatto così non c’è via d’uscita, però anche il nostro discorso funziona così, sono quegli elementi che danno la direzione e quindi consentono al discorso di proseguire.