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27-5-2006

 

Nicola porta un articolo di Galimberti in cui ci sono affermazioni che riguardano l’istinto.

 

Cosa vuole che facciamo di questo? “L’istinto è una risposta rigida a degli stimoli” dice, se io prendo gli occhiali di Eleonora, li butto per terra e li pesto, gli occhiali di Eleonora si spaccano, questa reazione rigida a questa azione dovrebbe definire l’istinto, gli occhiali hanno l’istinto se sottoposti a una certa pressione, oppure come intendere l’istinto? Abbiamo parlato a lungo in questa sede del metodo, del metodo con cui considerare e riflettere sulle questioni e questo metodo di cui abbiamo parlato che cosa ci consente di fare in questa circostanza particolarissima? Di interrogare per esempio la nozione di istinto ovviamente, la definizione che fornisce qui Galimberti non è utilizzabile perché abbiamo visto che anche un bicchiere che si spacca ha una reazione rigida che è sempre la stessa e quindi dovrebbe ricadere negli istinti, però non si suppone generalmente che un bicchiere di vetro sia caratterizzato dal possedere degli istinti e quindi occorre modificare questa definizione cosa che è fattibilissima ovviamente, il problema si pone quando ci chiediamo perché abbiamo dato una certa definizione, in base a quale criterio? Questo criterio che abbiamo utilizzato è necessario? In altri termini ancora l’istinto è un quid che sta da qualche parte e che si tratta di trovare e di definire nel modo corretto oppure non è nient’altro che un concetto costruito dagli umani a motivo della loro necessità di fornire dei concetti a qualunque cosa incontrino? Ché di per sé non esiste, non c’è nessun istinto, c’è al momento in cui si crede ci sia un istinto, e allora naturalmente lo si definisce appunto come una reazione necessaria, una reazione comunque rigida e che non può essere modificata, effettivamente bastava aggiungere alla definizione di Galimberti “una reazione rigida a un certo stimolo da parte di un essere vivente” bastava quello per evitare considerazioni piuttosto banali, ma anche posta in questi termini “reazioni rigide a uno stimolo” qualunque essere organico, qualunque organismo è provvisto di una serie di input che lo fanno funzionare per cui se ha sete cercherà dell’acqua, se ha fame cercherà del cibo. Questi istinti come li chiama lui sono presenti anche nell’uomo, anche l’uomo quando ha sete cerca da bere, però non fornisce nessuna definizione di pulsione, in realtà neanche quella che fornisce Freud, è talmente vaga, talmente fumosa e inafferrabile da essere in realtà inutilizzabile poiché non avendo nessuna possibilità di articolare le questioni in termini precisi deve ricorrere a questioni magiche come la pulsione, come gli istinti o una qualunque cosa, potrebbe anche essere dio oppure gli extraterrestri che ci controllano dall’alto. Essendo gli umani meccanismi che funzionano per via di impulsi elettrochimici tutto sommato non è poi così strano che qualcuno possa controllare tutte le nostre azioni attraverso impulsi elettromagnetici, la fantascienza ci ha giocato e continua a giocarci tantissimo su queste cose e tra l’altro ponendo questioni che tecnicamente non sono del tutto impossibili, ma aldilà di queste amenità certo un animale se ha sete deve bere, l’uomo se ha sete può anche non farlo, può decidere di non farlo e questo sicuramente lo distingue ma lo decide in base a che cosa? In base a delle informazioni, una serie di considerazioni quindi di conclusioni. Questo gli consente di prendere delle decisioni, un animale non lo può fare. A un certo punto l’essere umano incomincia a parlare, da quel momento in poi il mondo intorno a lui incomincia a prendere forma, si configura perché incomincia a imparare e cioè a trarre delle conclusioni, a fare delle considerazioni, a questo punto le cose incominciano a esistere, prima, o in assenza di linguaggio naturalmente non è possibile porsi nessuna questione intorno all’esistenza, è ovvio, quindi porsi la domanda se comunque il mondo esterno esisterebbe per il bambino lo stesso è come chiedersi se esiste il mondo esterno per un topo, quando e se il topo ci spiegherà esattamente come pensa, come lui vede il mondo in modi chiari precisi e ineccepibili allora sapremo se il mondo esterno esiste per il topo in che forma e in che misura, fino ad allora possiamo dedicarci ad altro senza perdere tempo dietro ai topi. È soltanto nel momento in cui la persona incomincia ad avere la possibilità di parlare e cioè di costruire delle sequenze, sequenze che lo conducono a delle conclusioni cioè gli fanno dire è così oppure non è così, fino a quel momento non può fare niente e il mondo intorno a lui potremmo tranquillamente dire che non ha nessun rilievo, nessuna esistenza, nessuna esistenza tenendo conto del fatto che il termine esistenza che utilizziamo e che non possiamo non utilizzare è costruito in base a nostre conoscenze, è costruito da persone che avevano il linguaggio. A che punto esattamente si installa il linguaggio? Ha qualche interesse sapere se a tre anni, a due anni e tre mesi, tre anni e cinque mesi, sei giorni dodici ore e ventisette minuti? Due, tre anni più o meno è il tempo che occorre per quell’apprendimento dei primi rudimenti del linguaggio, certo a quel punto non è che il bambino possieda tutte le conoscenze e la proprietà di linguaggio, ma aggiunge nuovi elementi che vanno a modificare quelli precedenti però tutte queste argomentazioni, disquisizioni in realtà non significano niente, sono soltanto ipotesi, di fatto dire che esattamente a tre anni il bambino …

Intervento: a tre anni per le neuro scienze il bambino è formato e anche per la psicanalisi …

Quale psicanalisi? Quella di Galimberti? Questa è un’ipotesi, le neuro scienze non hanno niente per provare una cosa del genere, è un’ipotesi e un’ipotesi che non può essere confermata, e di fatto non può esserlo perché un bambino di tre anni non può fornire tutti quelli strumenti che i fisiologi si aspettano, non rimane che un’ipotesi. È possibile che intorno ai tre anni il bambino sia educato certo, per altro questi personaggi non sanno né possono dire perché in questo periodo accadono fenomeni così importanti, importanti per il bambino naturalmente, noi sappiamo benissimo perché sono così importanti e così determinanti ma loro no, di fatto dicono: “si a tre anni è già educato” ma perché? Cosa è successo?

Intervento: mi piacerebbe saperlo …

Allora tra poco glielo dirò. Dicevo della questione del metodo di cui abbiamo parlato, è fondamentale e io invito ciascuno ad andare a rileggere gli ultimi incontri che abbiamo fatti su questo perché è di grande importanza sapere interrogare le cose e avere gli strumenti per poterlo fare, cosa che non solo rende meno ingenui ma anche e soprattutto consente di esserlo rispetto ai propri pensieri, alle cose che si pensano e che si credono vere indipendentemente dal pensiero naturalmente, un metodo che qui nell’articolo di Galimberti non esiste, non c’è nessuna traccia, se no interrogherebbe le cose, si chiederebbe perché la neurofisiologia immagina che a tre anni succeda una cosa del genere, in base a quali criteri e poi i gesuiti, anche i gesuiti? E i domenicani? E i cistercensi? Non è più possibile né ammissibile che si proceda in questi termini e cioè facendo dei luoghi comuni dei criteri di verità:  “la ragione di fondo è il fatto che l’uomo definito da una tradizione bimillenaria …” quindi, sempre secondo Galimberti, la ragione di fondo è una tradizione “animale ragionevole” animale propriamente non è perché privo della caratteristica fondamentale, dell’istinto, ma questo non toglie il fatto che sia animale anche proprio facendo un’analisi logica del testo il fatto che in più abbia la ragione non toglie che sia animale, infatti proprio Aristotele lo chiamava animale “tutti gli animali sono mortali, l’uomo è animale, dunque l’uomo è mortale”. Non avere un metodo, cioè non sapere in effetti pensare comporta dei solecismi, delle sgrammaticature che comportano conclusioni sgangherate, come in questo caso, lui dice, per esempio, che la ragione di fondo è che l’uomo non è animale è una tradizione bimillenaria che lo considera irrazionale, che razza di considerazione è? Che cosa vuole dire? L’assenza di metodo porta a questi risultati e cioè a erigere il più stupido, più banale luogo comune a certezza, certezza filosofica o biologica, psicanalitica anche in alcuni casi

Intervento: è un autorità e quindi può dire tutto quello che vuole …

Va bene, anche Pippo Baudo lo è. Perché, dicevamo all’inizio, avvengono nei primi anni di vita cose così importanti per il bambino? E avvengono nel momento in cui incomincia a parlare naturalmente, perché se non parlasse allora non succederebbero mai. Galimberti parla di mappe cognitive “il bambino appena nato sa quello che deve fare ...”, anche l’uomo sa quello che deve fare, è quello che fa l’animale, poppare il latte materno, stare in piedi e procurarsi da mangiare e lo fa anche l’uomo anche se non è stato istruito nelle migliori università, perché non lo dovrebbe fare? Perché “educare” abbia un senso occorre che ci sia l’intenzione nel fare qualcosa, se no non ha nessun senso ma dicevo cosa avviene in questi primi anni? Incomincia a parlare, si incomincia ad acquisire qualche cosa e quindi la possibilità di pensare e quindi di trarre conclusioni, pensare in fondo è, questo trarre conclusioni, da una premessa naturalmente, questo l’abbiamo tratto dal funzionamento del linguaggio: occorre muovere da qualche cosa di sicuro, di certo, cioè qualcosa che funzioni come un elemento vero. La premessa da cui partire è fornita da qualcuno, non importa chi, ma che stabilisce una prima identità, cioè una prima verità, cioè “questo è questo” a questo punto dicevamo qualche tempo fa è possibile, se questo è questo, partire a costruire delle prime serie, anche se molto semplici, di argomentazioni, perché se questo è questo già c’è un’identità quindi non è altro, quindi non è altro da sé, quindi questo altro non è questo ma è altro e a questo punto c’è la possibilità di potere costruire da lì qualunque cosa, ma finché questo non si installa non c’è nessuna possibilità di pensare niente perché non c’è nessuna possibilità di trarre nessuna conclusione, e quindi nessuna inferenza, nessun “se … allora”. Ma senza il metodo di cui vi dicevo non c’è possibilità di pensare in termini di qualche interesse, ma si pensa in base fantasticherie, a ciò che passa per la mente in quel momento, si formulano delle ipotesi, ipotesi che non hanno nessuna possibilità di essere verificate e quindi un’ipotesi che non può mai essere verificata non ha nessun senso, è una superstizione e le superstizioni non sono esattamente ciò che interessa in ambito teorico, in ambito teorico occorre avere gli strumenti per procedere e gli strumenti li abbiamo stabiliti in questo metodo che abbiamo inventato e il metodo è quello che interroga qualunque cosa, qualunque cosa fino alle estreme conseguenze e sicuramente non si fonda su tradizioni millenarie né bimillenarie né trimillenarie e non si fonda sul sentito dire, su ciò che appare, può apparire qualunque cosa e il suo contrario indifferentemente, ma si basa unicamente sulla considerazione che qualunque deduzione, qualunque conclusione gli umani traggano è consentita da una struttura che è quella che chiamiamo linguaggio. Si tratta di intendere esattamente fino a che punto l’esistenza del linguaggio influisce su ciò che gli umani pensano, e abbiamo considerato non a torto che più che influire, determina totalmente ciò che pensano, ciò che credono e di conseguenza possiamo affermare con assoluta certezza che gli umani incominciano a essere tali, cioè esseri pensanti, nel momento in cui incominciano a parlare, se non parlassero non solo non sarebbero mai stati umani ma non si sarebbero mai potuti porre il problema se lo siano oppure no, non si sarebbe potuto neanche immaginare il concetto di umanità e una delle questioni più singolari è questa: se il linguaggio è la condizione per potere pensare qualunque cosa allora la sua struttura influisce nel modo in cui si pensa oppure no? Poiché il linguaggio è la condizione di qualunque pensiero allora la struttura del linguaggio cioè il modo in cui è fatto il linguaggio influenzerà il modo in cui si pensa? Poniamo la questione in termini più precisi: la struttura attraverso al quale funziona il linguaggio è necessariamente la stessa struttura attraverso la quale funziona il pensiero. Di conseguenza il pensiero non può in nessun modo articolarsi in un modo che sia diverso dal funzionamento del linguaggio; sappiamo come funziona il linguaggio, lo abbiamo dedotto dal suo funzionamento e cioè da che cosa necessariamente occorre che esista perché il linguaggio funzioni, sapendo come funziona il linguaggio sappiamo come deve funzionare il pensiero. Questo ci da modo di sapere esattamente come gli umani pensano cioè quale è la struttura del loro pensiero, poi naturalmente i dettagli cioè le varie superstizioni che vengono costruite possono essere varie, di varia foggia ma questo è irrilevante, però sappiamo che per pensare devono partire da una premessa che il discorso deve considerare vera e attraverso passaggi che non devono contraddire la premessa giungere a una conclusione, non possono fare altrimenti in nessun modo, e questo allora ci dice perché sono così importanti le prime cose, perché sono le prime verità che consentono al linguaggio di partire e quindi di funzionare e queste verità non hanno l’opportunità né l’occasione di essere messe in discussione perché non ci sono strumenti sufficientemente raffinati, articolati, elaborati e sofisticati che possano costituire un parametro, un criterio di verità, quindi tutto quanto viene preso come vero. Ecco perché avvengono cose così importanti, perché tutte le cose che accadono sono considerate delle verità e quindi degli elementi da cui partire e costruire segmenti di argomentazioni, per questo sono importanti, ma per potere rispondere a questa domanda occorre sapere come funziona il linguaggio, se no non si può fornire nessuna risposta e infatti non viene fornita. Dice il vero la biologia e lo dicono anche i gesuiti, ma perché esattamente nessuno lo sa dire e invece adesso lo sa …

Intervento: è di pertinenza del funzionamento del linguaggio se non si possono mettere in gioco …

Sì queste considerazioni sono semplici ma non intuitive, non di difficile comprensione eppure come dicevamo l’altra volta questo aspetto, e cioè considerare che gli umani sono fatti di linguaggio, nessuno l’ha mai fatto prima ed è curioso, è chiaro Nicola tutto ciò?

Intervento: sì … però facciamo un esempio … perché i bambini crescano in un certo modo nessuno sa dare una risposta …

Le ho appena risposto, per lo stesso motivo per cui gli umani da quando c’è traccia di loro cercano il potere, cercano la verità, cercano di prevalere gli uni sugli altri, perché lo fanno da quando esistono, lo hanno sempre fatto, perché? E non sono soltanto i bambini ma gli adulti perché scatenano le guerre? Perché vogliono dominare il mondo? Perché? Che se ne fanno? La struttura di cui sono fatti gli umani e cioè il linguaggio li porta a costruire necessariamente delle proposizioni che debbano risultare vere, non avendo la certezza che lo siano vere c’è bisogno per esempio di trovare del consenso, consenso di altri oltre al fatto che per avere ragione di qualcuno il modo più semplice è quello di piegarlo fisicamente e in effetti i bambini cosa fanno fra di loro quando giocano? Fanno la lotta, perché? Perché ciascuno dei bambini deve essere il più forte, perché deve prevalere sull’altro, letteralmente avere ragione dell’altro quindi imporsi, perché lo deve fare? Perché ormai questo bambino è già fatto così come è fatto il linguaggio che deve necessariamente concludere con qualche cosa di vero, per essere vero deve essere imposto sugli altri e una volta che è imposto sugli altri è contento, naturalmente poi dovrà compiere sfide più importanti, da piccolo gli basta atterrare il compagno di scuola poi da più grande vincere un concorso e poi diventare capo di industria e poi diventare il più grande produttore di software del mondo. Come abbiamo appena detto il linguaggio è la condizione di qualunque cosa, effettivamente il linguaggio può rispondere di qualunque cosa, non c’è cosa a cui non possa rispondere visto che è lui che l’ha prodotta, che l’ha costruita. Bene, proseguiremo mercoledì prossimo.