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27 maggio 1999

 

 

Ci sono considerazioni riguardo alla conferenza di martedì scorso? Qualche effetto, suggerimenti, considerazioni?

Intervento:…

Sì, certo, ma come dicevamo tempo fa, la dipendenza è qualcosa che ognuno pratica a modo suo, si dipende da un'infinità di cose, da quello che uno crede, ad esempio, dalle sue certezze, da alcune superstizioni, dalla sua religiosità, nessuno dipende da qualcun altro. Può dipendere se crede allora si, altrimenti non dipende.

Intervento:…

Ecco però va un po’ ascoltata questa paura di dipendere da qualcuno e funziona allo stesso modo quando uno dice all'altra persona "ho paura d'innamorarmi di te" vuol dire che questo innamoramento è già in atto, la negazione sottolinea, nessuno gli ha chiesto niente, da dove viene questa paura? Uno ha paura quando c'è pericolo ma evidentemente sa già che le cose stanno così. E così la paura di dipendere dall'analista che possiamo anche intendere come una sorta di ricerca di dipendere da qualcuno, l'analista in particolare, uno che ha paura di dipendere dall'analista sicuramente dipenderà dall'analista.

Intervento: Non è che abbia paura di restare da solo, di dover pensare da solo?

Sì e questo è il risvolto. Lui ha bisogno di dipendere da qualcuno proprio per questo motivo, per questa paura. Sono facce della stessa questione, se io ho paura di stare da solo, di affrontare le varie cose ecco che allora voglio qualcuno che mi accudisca, però se non posso accogliere questa idea di qualcuno che mi accudisca per orgoglio allora lo capovolgo e lo annuncio come timore: "io temo che succeda questa cosa". Molto spesso quando uno teme una certa cosa senza alcun motivo, questo timore è una sua costruzione, costruisce una scena in cui dipende da qualcuno dopodiché, da una parte non può sbarazzarsene dall'altra non può accoglierla, il compromesso è dire me lo tengo. Io temo che un giorno, come dice il Papa, finirà il mondo, c'è scritto sui giornali

Intervento:…

Ha annunciato la fine del mondo, però non sappiamo quando. Una volta pensavano, verso il 980, 990 che l'anno Mille sarebbe coinciso con la fine del mondo dopodiché è stata un po’ abbandonata la corrente millenarista e anche in teologia hanno rivisto alcune cosette. Adesso ci avviciniamo al duemila. Dicevo del timore di qualche cosa, se uno teme che arrivi la fine del mondo beh in qualche modo questa idea è funzionale al suo discorso cioè la costruisce, costruisce l'idea della fine del mondo perché gli serve a qualche cosa dopodiché la usa, la usa temendola, perché non può dirsi io attendo la fine del mondo, sarebbe come a dire questa fine del mondo mi è utile, questo pensiero mi è utile per far che cosa? Qualunque cosa sia non ha importanza, non potendo accogliere l'utilità di questo pensiero, non potendoci nemmeno rinunciare ecco la via di mezzo "temo che accada..."Sì viene costruito un pensiero che non può essere accolto. Uno accoglie questo pensiero perché così può ricattare gli altri, perché può sentirsi parte della schiera degli eletti che sanno che arriverà la fine del mondo oppure ne approfitta per fare delle cose che aveva voglia di fare.

Intervento:…

Avevamo vista la cosa a proposito dei vari rovesciamenti, a proposito della gelosia. In alcuni casi, un esempio di come funziona ad esempio la dove c'è una componente omosessuale allora l'uomo è geloso della donna, teme che vada con un altro cioè teme che lei faccia ciò che lui, in realtà, vuole fare però non è ammesso non è riconosciuto da qui alcuni casi di gelosia assolutamente fuori dal mondo, senza alcun senso però teme che lui faccia ciò che lui vorrebbe fare ma che nessuno ammetterebbe mai e allora...questo per spiegare un po’ come funzione il timore in alcuni casi, non è una legge, però in alcuni casi funziona, ha questa struttura.

Intervento:…

Sì, gli psichiatri fanno dei cocktail di psicofarmaci che poi danno assuefazione.

Intervento:…

Queste sono considerazioni che non si possono fare nel discorso occidentale perché promette sempre il paradiso ed è fatto in modo tale per cui questa promessa il paradiso oppure la verità in alcuni casi il discorso filosofico per esempio può essere inteso come uno psicofarmaco, un potente psicofarmaco, perché di volta in volta illudendosi di trovare la verità, di trovare finalmente la risposta alla domanda fondamentale fornisce esattamente ciò che fornisce lo psicofarmaco cioè una sorta di tranquillità, siamo tranquilli perché comunque la verità o si è trovata per i credenti oppure la scienza sta lavorando per voi.

Intervento:…

Il discorso filosofico almeno quello più recente o ammette la propria incapacità e allora diventa come il pensiero debole, una sorta di approvazione.

Intervento:…

Sì, però, come dire, fornisce una risposta, fornisce qualcosa che tranquillizza, abbiamo fatto l'impossibile, la verità oggi non è reperibile e ciò che abbiamo trovato è quest'altra cosa, una sorta di adattamento, di aggiustamento a qualcosa che si suppone essere la verità e fornisce una specie di quiete, che il pensiero sia quieto. La filosofia paradossalmente anche se generalmente non fosse questo il suo intento, fornisce una sorta di aquietamento del pensiero perché anziché muovere dall'idea che qualunque cosa è un atto linguistico e quindi è sempre in elaborazione, sempre in atto, considera che una certa cosa non possa essere ulteriormente elaborata ma la ferma, ha raggiunto il suo obbiettivo così come la civiltà che poi, in effetti cosa fa? favorisce la dipendenza, favorisce la dipendenza dalla verità o da tutto ciò che comunque ruota intorno alla verità. Gli umani tendono alla verità e questo è un prodotto del pensiero religioso, sia nell'accezione più ristretta del termine, sia nell'accezione più ampia. La dipendenza dalla verità è una delle maggiori dipendenze del pensiero degli umani da sempre, sapere che cosa è vero e sapere che cosa è falso, cosa è bene e cosa è male. Questa dipendenza dalla verità fa credere che ci sia la possibilità di distinguere e che non sia soltanto un gioco linguistico se no la cosa si fa complicata. Se è un gioco linguistico allora ne sono responsabile, se io stabilisco che cosa è bene occorre che prenda atto del perché per me è un bene, del mio tornaconto.

Intervento:…

Sì, il discorso religioso è lo psicofarmaco per eccellenza. Anche Marx ha detto che la religione è l'oppio dei popoli, in definitiva la cosa poi funziona così, tenere buoni tutti quanti. Marx, almeno nell'analisi del discorso occidentale almeno per quanto riguarda il discorso occidentale e non soltanto, è abbastanza preciso. Lo psicofarmaco è qualcosa di fondamentale per il mantenimento del discorso occidentale, senza lo psicofarmaco crolla tutto e anche per questo motivo che il discorso che stiamo promuovendo è tanto importante, perché non si pone come uno psicofarmaco e cioè non promette la quiete, la tranquillità, l'instupidimento. Dicevo martedì che pensare è la cosa più difficile, più pericolosa che gli umani possono fare.

Intervento:…

Se il discorso che stiamo facendo avesse alcune migliaia di persone che lo seguissero allora comincerebbero ad interessarsi le autorità.

Intervento:…

Qualunque discorso che non si ponga come psicofarmaco è sospetto per definizione, mentre, come dicevo, il discorso filosofico se in buona parte è uno psicofarmaco non crea nessun problema.

Intervento:…

Questo se rapportato al pensiero anziché al comportamento, che poi sono varianti, è il pensiero corrente. Ciascuno ha le sue esigenze, le sue superstizioni, funziona regolarmente, tutto piano, senza il pensiero che, come dicevo martedì, è l'aspetto fondamentale. Ma pensiero in questa accezione, ciascuno parla di pensiero però se si pone il pensiero come aspetto irrinunciabile rispetto alle condizioni del pensiero stesso e, quindi, del linguaggio ecco che, allora, il discorso cambia. Dicevamo tempo fa, molte persone vengono alle conferenze e si allontanano perché avvertono un disagio, non è tanto una questione di dipendenza, ma un disagio rispetto all'eventualità di dover pensare, di qui l'opzione verso lo psicofarmaco, preferisco lo psicofarmaco, va bene così. È molto difficile mutare un modo di pensare come questo.

Intervento:…

Sì gli spot pubblicitari, in alcuni casi, bisognerebbe seguirli con attenzione, spesso sono emblematici del nuovo filone più accreditato, d'altra parte sono fatti per vendere, c'è gente che si da fare per cercare qual è il luogo comune più comune e su quello ci costruiscono una scenetta.

Intervento:…

Che cos'è il fastidio ? Potremmo definirlo. Il fastidio riguarda qualche cosa che domanda e che non ha risposta, una domanda a cui si vorrebbe rispondere ma che non trova nessuna risposta e allora infastidisce. Il fastidio è ciò che si prova in seguito ad una domanda del genere, qualcosa che continua a questionare, che produce inquietudine, ovviamente, allora ecco il fastidio. Come dire che siamo proprio agli antipodi del discorso che andiamo promuovendo, cioè la necessità di eliminare qualunque domanda che uno si ponga, o meglio, che si imponga e alla quale non si trova subito la risposta, lo psicofarmaco è la risposta più rapida, più immediata, chiaramente non risponde a niente però toglie in buona parte questo fastidio. La questione della domanda è fondamentale, qualcosa che interroga.

Intervento:…

Questo costituisce un problema non indifferente nel senso che se l'intenzione generalizzante è quella di eliminare ogni questione che si ponga tra il discorso che va direttamente in direzione opposta cioè che obbliga, tra virgolette, a considerare questa domanda non tanto per rispondere quanto per poter intendere quale questione si sta ponendo in atto che poi non è altro che l'utilizzo di un certo pensiero, di una certa cosa. Riflettevo su un aspetto diciamo sociologico fra virgolette è che, per esempio, trent'anni fa un'infinità di questioni erano svolte, elaborate, riflettute, ogni cosa che si poneva, poi c'è stato come una sorta del fallimento del pensiero. Veramente c'era l'illusione che il pensiero potesse compiere certe operazioni, una delusione rispetto al sessantotto, il pensiero ha fallito, quindi è inutile. Se osservate l'umanità circostante vi accorgete abbastanza facilmente che il pensiero viene bandito come una cosa assolutamente inutile. Non esiste neanche più in ambito filosofico, linguistico quasi niente se non rimasticamenti delle stesse storie.

Ma in che senso ha fallito il pensiero? Che cosa pensava? Dobbiamo considerare questo aspetto, il pensiero non può fallire in quanto non ha nessuna illusione ovviamente, non è altro che la continua ed irrinunciabile elaborazione di ciascun atto linguistico che interviene. Ma qual era l'illusione allora che è stata disillusa?

Intervento:…

Però hai posto l'accento sulla questione centrale in tutto ciò. In effetti il pensiero s'illude quando s'immagina di potere mutare le persone. Se invece non c'è assolutamente quest'illusione perché il pensiero non è altro che una ricerca teorica fine a se stessa, senza nessun obbiettivo, non ha in animo né il modo di pensare, può farlo così per gioco, ma non è questo l'obbiettivo allora non fallisce perché non si aspetta nulla dal prossimo così come accade per l'analista della parola, non si aspetta assolutamente nulla dal prossimo. Stiamo ponendo la questione in termini più radicali cioè riflettendo sull'eventualità che sia stato proprio questo il fallimento, la delusione rispetto ad un'illusione che riguardava una cosa assolutamente irrealizzabile, e allora ciascun pensiero che supponga, che ponga come obbiettivo di mutare il pensiero del prossimo, fallisce.

Intervento:…

Qui è un aspetto dell'analista della parola che stiamo valutando è proprio questo: non attendersi nulla dal prossimo, né che capisca né che non capisca. Né che parte dal preconcetto che sono tutti cretini né che sono tutti intelligenti. Non ha nessuna importanza né che siano cretini né che siano intelligenti. Questo personaggio che andiamo inventando prosegue per la sua strada, per ciò che non può non fare, cioè proseguire l'elaborazione teorica. Se altri sono interessati ad una cosa del genere bene sennò non importa, non è questo che lo ferma perché non ha nessuna illusione a riguardo. Né illusione, né delusione, assolutamente nulla. Però, come vi dicevo, giocare con la retorica e magari vedere se ci sono degli effetti sul pubblico, sulla persona ma non è questo l'obbiettivo, è un gioco come qualunque altro. In questo senso non trova nessuna delusione, perché non si è illuso.

Intervento:…

L'idea di cambiare il mondo è ancora un'idea, un risvolto, uno strascico religioso, è il discorso religioso che richiede questo. Infatti, chiedendo a qualunque cattolico o islamico pensa che un giorno la sua fede trionferà, se no non funziona la sua fede se non funziona questo, se è un vero fedele pensa questo, che un giorno tutti crederanno al vero Dio prima della fine del mondo sennò il tempo è scaduto e non ci siamo.

Intervento:…

Non è né una regressione né una conversione forse una reazione. Però non è tanto questo che intendevo dire cioè una sorta di anarchia generalizzata ma che ciascuno può fare dei giochi sapendo benissimo che ciò che sta facendo è un gioco, poi sì ci sono delle regole nella società così com'è costruita, occorre sottostare altrimenti ti schiaccia.

Intervento:…

Ecco, non credere in ciò che si fa, questo può essere un aspetto importante, non pensare che quella sia la verità cioè non cadere nella trappola del pensiero religioso, per esempio voglio vedere se riesco a persuadere un uditorio di duecento persone, poi se ci riesco non cambia niente, come quando gioco a poker con gli amici, se vinco una mano a poker non è che dopo succeda chissà che, succede niente assolutamente niente.

Intervento:…

Penso che se uno vuole mettersi così dalla parte del pessimista ha buoni motivi di pensare che le cose in effetti siano molto peggio della peggiore delle aspettative, ma molto peggio, nel senso che tutto ciò che accade, accade per qualche gruppo, qualche lobby, per interessi assolutamente personali, nella politica, nell'economia succedono cose molto peggiori di quanto si possa immaginare. Ciò che affiora ogni tanto non è che la punta di un iceberg, non siamo così ingenui, ovviamente, né ci attendiamo nulla, né dallo stato, né dal prossimo, in assoluto. Ci attendiamo dalle cose che siamo in grado di pensare, di svolgere. Non mi turba il fatto che alle conferenze ci siano quattro gatti, per un verso lo considero normale, per l'altro la questione si pone. Sì negli anni settanta c'era molta religiosità ma c'era anche molta curiosità. Quest'aspetto è fondamentale ed anche uno dei più difficili da praticare, questo che non è un disinteresse ma è un interesse ludico per le cose ritenute dai più serie, importanti. Qualunque cosa anche la più importante, la più essenziale non è altro che un gioco, una partita di poker. Certo va fatta seriamente, quando uno gioca a poker gioca seriamente ma sapendo benissimo che è un gioco quindi non si aspetta nulla, non si aspetta che vincendo la partita cambi il mondo, non cambierà assolutamente nulla, però continua a giocare.

Il problema che l'unico gioco che rimane ad un certo punto è questo, quello del pensiero gli altri stufano, non interessano più. Il discorso religioso è l'illusione per definizione

Intervento:…

Però questa manovra della fine del millennio e della fine del mondo, del Giubileo è una bella manovra. Va bene, ci vediamo giovedì prossimo.