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27-1-2010

 

Intervento: nell’ultimo incontro lei ha ricostruito in poche battute la teoria del linguaggio, ha detto l’essenziale “gli umani in quanto parlanti parlano, non possono non parlare, ininterrottamente, e quello che fanno è affermare continuamente delle cose, direi che tutto il lavoro che abbiamo compiuto in vent’anni è condensato in queste stringhe di proposizioni e quindi è importante contare su queste brevi sequenze per proseguire, per elaborare e quindi chiedere conto ciascuna volta ai propri pensieri ciò che occorre per proseguire, nel senso che se è possibile per il proprio pensiero continuamente avere queste sequenze, queste istruzioni, queste premesse necessarie per proseguire, per non fermarsi perché non ci sia all’interno del proprio discorso qualcosa che funziona come vero fuori dal mio pensiero, quindi fuori dalla mia responsabilità ecco che è facile muoversi, consideravo anche la questione di queste sequenze brevissime che “gli umani parlano, non possono non farlo e continuamente affermano” qui tutto è necessario per affrontare quelle che sono le questioni che fermano il proprio discorso, lo bloccano su delle postazioni che non hanno nulla di necessario che sono assolutamente arbitrarie, ecco tenere conto di queste premesse mi pareva essenziale …

Sarebbe interessante se ciascuno si trovasse ogni volta che parla a porsi la domanda: “perché sto parlando?” certo giustificazioni ne trova immediatamente, però la domanda può essere posta in termini più precisi, rigorosi, più autentici per così dire, domandarsi perché di fatto sta parlando, a che scopo, e dopo le prime risposte che avvengono immediatamente magari si affaccia qualche altra cosa più interessante, per esempio volere affermare qualcosa, ma a che scopo? Tutto questo potrebbe, anzi dovrebbe costituire una sorta di automatismo, qualcosa che non si può non fare, che avviene da sé ogni volta che si parla. Antonella ha qualche questione da porre?

Intervento: affermare la verità … ciascuno vuole imporre la propria verità, cioè credere, vuole credere sempre di più quindi io affermo se l’altro vuole credere se no … e questa è l’alternativa del parlare non parlare per non esprimere dei pensieri …

Il fatto di non esprimerli non vuol dire che non ci siano, sì, Sandro ha qualche cosa da aggiungere? Intervento: riflettevo sulle questioni della mia conferenza di martedì, la funzione dello psicofarmaco che ha diverse funzioni, la principale funzione è di mantenere la verità acquisita cioè quella che pilota i pensieri della persona, dicevamo all’inizio si parla per affermare, per stabilire come stanno le cose, confermare ciascuna volta la propria verità quindi riaffermare continuamente … lo psicofarmaco ha la funzione di rafforzare le difese … nello psicotico l’utilizzo dello psicofarmaco ... quando c’erano i manicomi il così detto pazzo veniva isolato e questo aveva una funzione di salvaguardia della società, il pazzo non si mostrava come non si mostra il male della società e aveva la funzione di salvaguardare il concetto di normalità … al momento in cui è sparito il manicomio è accaduto la stessa cosa che accade quando manca il nemico, quando manca il nemico sono tutti possibili nemici. Venendo meno il manicomio si instaurata una sorta di psichiatrizzazione della società per cui tutti sono diventati dei disagiati e tutti quanti in qualche modo hanno bisogno dello psicofarmaco … lo psicofarmaco è diventato un prodotto di largo consumo …

Intervento: è come il nemico se il nemico è al di là della barricata io che sono di qua sono nel giusto…

È anche possibile che tutto questo meccanismo sia stato innescato quando è scomparso il nemico ufficiale, e cioè i Russi, quando cadde il muro di Berlino, tolto il nemico ufficiale ecco che chiunque diventa il nemico, qualunque cosa diventa nemico e infatti oggi stiamo vivendo in una situazione del genere e della quale cosa occorrerebbe anche tenere conto, in effetti si genera una sorta di clima di terrore, qualunque cosa è un pericolo, qualunque cosa è un nemico in modo da mantenere tutti quanti nello spavento, nella paura costante …

Intervento: se il nemico è al di là della barricata io che sono di qua so di essere dalla parte giusta e quindi questo possiamo trasferirlo in termini “io sono normale” l’esistenza del nemico, del matto da una sicurezza al concetto di normalità, di verità …

Intervento: è sempre una questione di responsabilità la creazione del mondo esterno anche in analisi è molto difficile non raccontare il mondo esterno continuamente, è anche vero che si pensa sempre all’altro che esercita il potere, che afferma della verità alle quali io sono tenuto ad accondiscendere se mi va e se no, no però su quello che io credo, sulle cose mie, sui miei pensieri ecco che in questo caso è molto difficile praticare il linguaggio a questo punto, perché è sempre l’altro il nemico che esercita la verità, però nel pensiero non c’è la contropartita nel senso che questo discorso lo posso rivolgere al mio pensiero …

Intervento: nel momento in cui non c’è più il nemico mi chiedevo questo e quindi non c’è più la rappresentazione del male, lì il male ha una sua identità, a questo punto anche la mia verità ha dei problemi … mi devo allora inventare il nemico per avere una maggiore garanzia rispetto alla verità … è come se senza nemico le mie verità fossero sempre …

Intervento: è come se in quel caso io fossi un elemento falso che quindi non può più produrre nulla di vero su cui costruire …

Intervento: allora devo trovare delle cose da dire, e ogni piccola cosa diventa un problema …

Intervento: nella conferenza che Faioni aveva fatto a “Esprimersi” aveva detto che un giorno anche l’innamoramento sarà considerato qualche cosa di …

C’è una questione che è interessante in tutto ciò e cioè la necessità di una verità forte, creduta da tutti e supportata dall’auctoritas, è una questione infantile: quando il linguaggio si installa è ovvio che la prima o le prime verità sono verità molto forti, forti nel senso di fortemente credute e in nessun modo messe in discussione anche perché non ci sono gli strumenti per farlo e quindi sono assolute, ora comunemente, generalmente queste prime verità sono quelle fornite dai genitori perché sono le persone che stanno più vicine, quelle con cui un bambino ha a che fare, e quindi tutto ciò che pensa, che lo fa muovere è supportato da alcune verità molto forti alle quali si attiene, in molti casi avviene dopo un certo numero di anni se queste verità molto forti, per qualche motivo, non sono più supportate dall’autorità allora si abbandonano spesso a vantaggio, per esempio, di un gruppo, un gruppo di persone, non essendo più quella verità così forte e cominciando a sgretolarsi, si cerca una verità che tragga la propria forza non più dall’autorità ma dal numero, e così avviene molto spesso quando il ragazzo o la ragazza ha una certa età e incomincia a staccarsi dai genitori per cercare nuove compagnie, nuove amicizie, cerca cioè in un sostituto, qualche cosa che possa sostituire le verità che ha incominciato a mettere in discussione e non è che rimanga senza, la cerca, ed è il periodo in cui in effetti è molto facile per un giovane seguire ideali forti, facilissimo. Questo avviene sempre perché è un effetto del funzionamento del linguaggio, se il linguaggio è supportato da qualcosa di forte e questo qualcosa di forte regge, continua a funzionare come premessa per costruire qualunque cosa non c’è bisogno di altro, quando questo qualcosa di forte incomincia a sgretolarsi o a vacillare ecco che c’è la necessità di cercare qualche altra verità che funzioni in un modo altrettanto forte. A questo punto si può considerare la questione anche in ambito sociologico, se si vuole, riallacciandomi al discorso di prima: dicevate che l’identità, l’identità è frutto dell’individuazione del nemico, sapete che in guerra ci si mette una divisa per evitare di spararsi l’uno con l’altro, serve a questo, anche, stabilire dunque l’identità a partire dall’altro che è diverso da me naturalmente e questa costituisce una verità forte, certamente creduta. Dunque il funzionamento del linguaggio ha la necessità di avere qualche cosa di forte, di solido, di stabilito che è ciò che comunemente si chiama il bisogno di avere certezze che non è un fatto puramente casuale, è il linguaggio che costringe ad agire in questo modo e cioè avere una premessa, anche una sola, ma che sia assolutamente fuori discussione, se anche quella viene messa in discussione ecco che c’è il problema, c’è lo smarrimento iniziale e poi la ricerca di qualche altra cosa, che si trova, perché di cose ce ne sono infinite, c’è l’imbarazzo della scelta, naturalmente si trova quella che è più consona alle proprie fantasie ovviamente, anche perché questa scelta comunque di quest’altra verità così forte risulta sempre una decisione estetica, non è mai così costrittiva, non è costretta da niente, è un fatto puramente estetico …

Intervento: Lei parla di verità forte …

È un modo di dire, è fortemente creduta …

Intervento: le grandi dittature nascono immediatamente dopo una crisi, una crisi dei valori …verità forte che si presenta come soluzione alla crisi … un innamoramento o una conversione religiosa a seguito di un periodo depressivo, infatti se una persona depressa ha l’occasione di innamorarsi o di convertirsi a una nuova religione sparisce immediatamente tutto l’ambaradan che c’era prima …

Intervento: in questo senso l’innamoramento non è quello che si trova rifugiandosi nello psicofarmaco, come soluzione al senso di inadeguatezza …

Intervento: lo psicofarmaco è una soluzione ma una soluzione come rassegnazione … lo psicofarmaco è quello che non nega la realtà, la realtà è questa non resta che sopportarla … anche a livello culturale esiste una forma di rassegnazione, non c’è possibilità di cambiamento neanche a livello sociale …

C’è ancora una questione, che riprende ciò che dicevo prima, cioè la necessità di una verità forte come premessa che muove a reperire quelle più antiche e più forti. Recentemente avrete seguito una sorta di dibattito intorno all’eventualità di proibire oppure no alle donne islamiche di indossare il burka in Francia e forse anche qui in Italia adesso, e qual è la motivazione? La motivazione è che questa cosa va contro i valori nazionali, però i valori nazionali immediatamente rinviano a una identità nazionale. La questione dell’identità nazionale, dell’identità tout court, ci rimanda immediatamente all’identità cioè al “questo è questo”, io sono questo, un ritorno grosso modo alla prima verità, quindi la più solida, la più creduta e la più affidabile, quindi in assenza di altre questioni che possono fare riflettere, elaborare etc. si ritorna a qualcosa di molto infantile, al “questo è questo”, all’identità “io sono io” ne parlavamo proprio l’altro giorno con Cesare di questa storia del burka, che di per sé in fondo, se una donna vuole mettersi il burka perché no? Se lo vuole fare, può anche mettersi una caffettiera in testa se vuole, sarà una cosa singolare ma non può essere proibita per legge, e invece sì, e il tutto per difendere l’identità, per difendere in fondo una fantasia infantile, la prima premessa, il “questo è questo” alla quale si ritorna nei momenti di sconforto generale, quando le altre verità hanno mostrato il fianco ecco l’identità, ed ecco come diceva anche Sandro dopo periodi di crisi in Italia, in Germania, per parlare delle più recenti e appariscenti anche laddove le varie verità vengono messe in discussione e non c’è più un riferimento forte, ecco che si ritorna al “questo è questo” che si configura attraverso l’identità nazionale cioè le cose più antiche, le tradizioni che richiamano una fantasia infantile, appunto il: “questo è questo”. Certo l’idea è di tornare all’origine cioè a ciò che ha costituito il punto di partenza …

Intervento: per costruire …

Intervento: no, c’è l’idea forte di credere a qualcosa …

Intervento: sì perché partendo dal questo è questo riaffermo la verità assoluta e questo è il punto di riferimento per ricostruire altre cose …

Intervento: no, ha bisogno di credere …

Intervento: ha bisogno di costruire perché quando qualcosa è andato distrutto bisogna ritornare alle radici …

E per costruire ci vuole una premessa solida, che nella vulgata funziona così. La persona che si trova a che fare con il proprio discorso che cosa cerca in momenti di smarrimento? Tecnicamente dovrebbe cercare le prime verità, le prime premesse e cioè in effetti cerca una identità, cerca un’identità, di stabilire quindi qualche cosa, di tornare a qualche cosa di assolutamente fermo, stabile, sicuro, e lo va a cercare all’origine, come sempre, infatti mi ha sorpreso questa cosa di fare una legge che proibisca alle donne di indossare il burka perché va contro i valori della nazione, all’identità nazionale, ovviamente i valori sono di identità nazionale …

Intervento: al depresso vacillano i valori, è entrato in crisi …

E torna la religione, probabilmente si aggancia a fantasie antiche della sua infanzia dove gli insegnavano ad andare in chiesa; sarebbe interessante vedere in ciascun caso come e cosa si configura per la persona, quali fantasie va a ripescare, quali fantasie antiche, che sono le più forti e che a quel punto si rafforzano ancora di più, infatti una persona che abbraccia una fede in seguito a una crisi diventa di un fondamentalismo fuori del comune, impossibile da sradicare in nessun modo.

Intervento: la verità gioca in questi termini è come se la verità fosse nelle prime fantasie …

Nelle prime premesse, anzi nella prima direi, cioè il “questo è questo” …

Intervento: questa prima identità è un’identità linguistica …

Certo, e infatti il problema sorge nel momento in cui si costruisce il “questo è questo” come figura della realtà, diventa la realtà delle cose perché non è possibile tenere conto che invece è un’istruzione, un comando, e dunque diventa la realtà, la realtà non è altro che il “questo è questo” inteso naturalmente fuori dal linguaggio e preso non più come un’istruzione ma come un cosiddetto dato di fatto: non è un dato di fatto ma è un’istruzione, e un’istruzione di per sé non è né vera né falsa, serve solo a giocare e nient’altro, questo è e a questo serve, solo a giocare, a fare funzionare questo gioco che chiamiamo linguaggio, ma si configura invece come la realtà, qualcosa che a questo punto esiste da sé, è stato creato dal linguaggio però da quel momento in poi esiste da solo, come se fosse “causa sui” …

Intervento: non è più la verità come shifter …

Vedete, ogni cosa trova, come abbiamo detto tante volte la sua spiegazione nella struttura del linguaggio, nel suo funzionamento, visto che ogni cosa è costruita dal linguaggio è lui che ne risponde …

Intervento: una persona stressata è sempre molto attiva …

Lo stress oggi è una cosa molto frequente e molto di moda, ma a quali condizioni una persona si stressa? Cosa deve accadere perché si verifichi questo fenomeno: ipertensione, agitazione maniacale, questa è una delle componenti più frequenti: ansia di prestazione …

Intervento: non è previsto che la persona elabori e analizzi l’aspettativa esterna …

Intervento: l’idea che ci siano delle aspettative nei propri confronti è l’idea di essere desiderati in qualche modo quindi l’idea di essere importanti, se sono io che sono in corsa di fronte a tanta gente che sta ferma … gli altri si aspettano qualcosa da me quindi sono io che sono desiderato quindi cioè io voglio essere desiderato … è un altro modo per affermare la propria verità se sono desiderato è perché c’è una mia verità in gioco, valgo …

E anche appartenere alla normalità, è appartenere al gruppo dominante quindi quello che sta nel giusto, nel vero, cose facilmente riconducibili a questioni molto semplici. Lo psicofarmaco dovrebbe alleviare l’ansia di prestazione, credo che sia questo il suo utilizzo: la persona smette di pensarci mentre è sotto l’aspetto rimbambente dello psicofarmaco, anche un pugno sul naso può togliere questa idea provvisoriamente, ma poi torna naturalmente. Vedete quali effetti devastanti produce l’idea che la verità di cui ci si suppone portatori possa vacillare, in alcuni casi effetti devastanti, devastanti perché a quel punto la persona è disposta ad accogliere qualunque cosa, come è avvenuto, idee fra le più squinternate, il fascismo, il nazismo etc., e adesso anche quel fenomeno singolare che una volta non si sarebbe potuto verificare e cioè fare passare qualunque cosa, anche la più stupida basta che venga detta e immediatamente è accolta, effettivamente in assenza di una verità forte c’è la ricerca dell’identità, però a questo punto l’identità può essere fatta passare con qualunque cosa, anche con le scempiaggini più inverosimili, qualunque cosa se appartiene alla tradizione, alla nostra cultura, appartiene alla nostra identità e viene fatta passare senza nessun problema e la persona ci crede immediatamente, ché rimanda alla sua identità.