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26-10-2011

 

Le parole, i discorsi, costituiscono quell’ambito entro il quale avviene qualunque cosa, tutto ciò che avviene, se avviene qualcosa, avviene all’interno di questo ambito, non ce ne sono altri, naturalmente con tutto ciò che questo comporta. Dicevamo la volta scorsa di incominciare a riconsiderare il lavoro di Freud tenendo conto che tutto si svolge all’interno di quest’ambito e quindi trova la sua ragione d’essere, per così dire, all’interno di questo ambito, senza andare a cercare chissà quali cose misteriose, enigmatiche o esoteriche, ma ogni cosa trova una sua collocazione, una spiegazione, se vogliamo usare questi termini, all’interno dell’ambito linguistico. Si tratta di intendere come si connettono le storie, i racconti che le parole costruiscono, incominciando considerare che alcune situazioni in cui la persona che inizia a parlare si trova, vengono considerate all’interno del discorso come una sorta di dati di fatto, e quindi da lì si incominciano a derivare proposizioni, a derivare altri discorsi, altre storie. Supponiamo ad esempio, tanto per incominciare facciamo un esempio clinico, una bimbetta all’interno di una famiglia costituita da padre, madre e la bimbetta; nasce un’altra bimbetta, dramma terribilissimo. A questo punto ciò che costituiva una verità all’interno del sistema, con sistema intendo il discorso della bimbetta, viene minacciato, viene messo in discussione. Prima è come se le fosse stato detto “tu sei la regina di tutto, sei la cosa più importante”, e in base a questo aveva incominciato a costruire la sua esistenza, ora interviene un altro elemento esterno e incomincia a constatare che la mamma dedica un po’ troppo tempo a quest’altra cosa, e che il tempo che veniva dedicato a lei diventa sempre di meno, e quindi non è più il centro di tutto: la cosa che era assolutamente vera in precedenza viene minacciata, però non viene minacciata tanto la sua posizione in quanto tale, viene minacciato un discorso, la verità che questo discorso ha stabilita. Il modo più rapido per eliminare qualcosa che minaccia la propria verità, è l’eliminazione di colui che costituisce questa minaccia, se un certo personaggio politico minaccia la verità degli Stati Uniti il modo migliore per risolvere la cosa è eliminare il personaggio sparandogli in testa, d’altra parte è il sistema che usa anche la mafia, è un sistema collaudato di millenni. Dunque il modo per tornare nella situazione precedente, adesso torniamo alla bimbetta, è quello di eliminare questa minaccia, eliminarla fisicamente se è possibile, però le viene impedita questa operazione dai genitori e quindi l’operazione non riesce, anche perché se riuscisse, in seguito questo avrebbe altre implicazioni, altre complicazioni probabilmente di notevole portata per via di una serie di altre verità che vengono aggiunte. Però questa bimbetta si trova in quella situazione per cui di fatto la sua situazione non è più quella di prima, è un fatto per la bimbetta, non è una costruzione linguistica, quindi è assolutamente certa che le cose stiano così e cioè che sia stata abbandonata, è convinta di essere stata abbandonata, è stata abbandonata e la mamma non è più quella di prima, cioè non le vuole più bene come prima. Questa è la verità incrollabile, e la sua esperienza conferma questa cosa, naturalmente non sa che cosa le ha consentito di “esperire” tutto ciò, semplicemente trae da qualcosa che riesce a considerare questa conclusione: “sono stata abbandonata”. A questo interviene una situazione complessa, forse una delle prime situazioni complesse che si trova ad affrontare la bimbetta in questione: eliminare l’ostacolo per tornare nella situazione precedente non è bene, non è bene, questa implementazione al suo discorso viene fatta dai genitori i quali la rimproverano quando si accorgono che sta per tagliare la gola alla sorellina con un affiliassimo coltello da cucina …

Intervento: o buttarla già da una scala …

Sì, ci sono vari sistemi. Si accorge dunque che ciò che lei desidera non è bene, non è bene perché così dicono i genitori, ma è anche bene perché in questo modo tornerebbe alla situazione precedente, non potrebbe tornarci mai, però l’idea, che è ancora abbastanza semplice è questa: prima era in certo modo, poi è arrivata questa e non è stato più così, allora se tolgo questa, torna tutto com’era prima. Il ragionamento è semplice, non tiene conto di una serie di altre implicazioni, quindi si trova a dovere risolvere uno dei primi grossi problemi della sua esistenza. Come si risolve un problema del genere? Si risolve male, si risolve male perché non c’è ovviamente la possibilità di intendere che cosa ha costruito tutto questo, cosa che azzererebbe il problema, ma non ci sono gli strumenti, né è possibile averli per il momento, e quindi dicevo si risolve male e cioè tutte queste verità non possono venire eliminate dal discorso perché non ha strutturalmente la possibilità di farlo, ma eliminate nel senso di elaborate, articolate, rendersi conto da dove vengono, cosa le ha costruite e perché esistono, intendo questo con eliminate, non cancellate. Dicevo che queste verità sussistono, sono presenti però non possono coesistere, non possono coesistere perché all’interno di un sistema non possono permanere delle verità in contraddizione fra loro, perché se permangono delle contraddizioni allora delle verità risultano non più vere, perché vengono falsificate da quell’altra verità o viceversa. Interviene un’altra cosa: tutte queste verità sono state confermate, sono assolutamente vere, ora il modo per risolvere il problema non è in quella situazione sicuramente quello di elaborare la questione all’interno di una struttura linguistica, ma di trovare un colpevole, qualcuno che si assuma per così dire la responsabilità di questa contraddizione e la tolga dicendo che sì, è vero queste due verità si oppongono fra loro, ma questa verità che si oppone a quell’altra è stata causata da un altro elemento che è intervenuto. Adesso detta in modo ancora frammentario, però vedremo man mano di precisare le cose. Fatto sta che il modo in cui si risolve la cosa è, dicevo prima, trovare il colpevole, e cioè potere dire: “sì è vero che i miei mi hanno abbandonata, ma mi hanno abbandonato perché io sono cattiva, sono stata cattiva ed essendo cattiva siccome mi hanno insegnato che le persone cattive non vanno bene, quindi rischiano di essere abbandonate, allora se sono stata cattiva è giusto che mi abbandonino, fanno bene, allora loro non sono più malvagi, cioè non è più vero che sono cattivi perché mi hanno abbandonata ma sono io, che essendo cattiva merito l’abbandono”. A questo punto, quindi per non essere abbandonata, deve, diciamola così, deve adeguarsi a quelle cose che immagina siano le richieste dei genitori nei suoi confronti, se vogliono da me questo allora io devo fare questo …

Intervento: questo è anche un modo per ricevere la loro attenzione …

Sì, certo, poi la cosa va a parare lì, ma che ne è di quell’altra verità, quella che dice questa sorellina è ha scombinato tutto e mi ha esautorata del potere che avevo prima? Ovviamente non può essere cancellata, Freud direbbe che viene rimossa, ma una volta che è stata rimossa tuttavia continua a mantenere la sua potenza anzi, ancora di più, perché ha costruita una formazione di compromesso che mantiene tutta la emotività, diceva Freud; ma non mantiene l’emotività, mantiene la verità, la verità di quella affermazione, per il momento possiamo anche utilizzare questo termine “rimosso” provvisoriamente, diciamo più semplicemente che una verità, qualche cosa che interviene all’interno di un sistema come una verità non viene più eliminata dal sistema, permane questa verità con tutti gli agganci che ha creati, e tutti questi agganci sono quelle cose che mantengono vivo l’elemento che è stato rimosso, adesso usiamo questo termine per intenderci, quindi l’elemento apparentemente “rimosso” ma tutte le relazioni, gli agganci che fanno esistere questo elemento, che lo rendono vero perché è una rete comunque di connessioni, di relazioni, tutti questi agganci permangono. Permanendo, tutti questi agganci mantengono quella verità che è stata rimossa all’interno del sistema attraverso una sora di modificazione. Non è facile intendere come funzioni all’interno della struttura una cosa del genere senza ricorrere ai miti, come ha fatto Freud, diciamo soltanto, per ora, che permanendo questa verità che nello sfondo, come un ricordo, mettiamola così, un ricordo sfocato, però c’è, e quando un elemento viene ad attivare una di queste relazioni che lo mantengono in vita ecco che si riattiva, non il ricordo in quanto tale in tutte le sue sfaccettature, la sua determinazione, ma il fatto che esiste una verità che dice: “io sono cattiva”. Il “sono cattiva”, è rimasto come connessione, “cattiva” che poi si trasforma, generalmente, visto che “cattiva” poi da adulti ha un significato un po’ ingenuo, in inadeguata per esempio. Allora la bimbetta, che nel frattempo è diventata una donna, si sentirà inadeguata a ciò che gli altri si aspettano da lei. È questa sua incrollabile certezza di essere inadeguata il corrispettivo della incrollabile certezza di quella verità che permane comunque, non è stata cancellata, occorrerebbe, cosa che l’analisi fa, intendere questo elemento, questa verità, e smantellare questa verità cioè ridurre questa verità, per esempio, a una superstizione come di fatto è …

Intervento: scusi, quale verità?

Quella antica, quella che dice: “sono cattiva perché voglio eliminare la mia sorellina”, è questa che poi si modifica dicendo che, o facendo credere alla donna ormai, che è sempre inadeguata, e lo sarà sempre anche se non sa esattamente perché e in questo siamo abbastanza vicini a quello che diceva Freud, solo che non si tratta più di emotività, di emozioni o storie varie, si tratta di proposizioni che sono vere all’interno di un sistema e che all’interno di questo sistema operano, agiscono, costruiscono altre proposizioni che derivano da questa verità, perché se no in effetti non si capisce nel testo di Freud perché una cosa del genere debba permanere, perché? Da adulti ci si rende conto che le cose non stanno così, forse, neanche necessariamente, però non si intende perché qualche cosa che è avvenuto vent’anni prima, trent’anni prima debba continuare ad avere questa forza, perché? Cos’è che gli dà tutta questa forza se non il fatto che una proposizione, è vera all’interno del sistema, continua a essere vera, e finché continua a essere vera continua a derivare altre proposizioni, perché questo è il suo compito, è come una premessa, assolutamente vera, e una premessa vera continua a derivare proposizioni che mantengono vera la premessa ovviamente, la confermano continuamente, solo che in questo caso va in conflitto con altre verità e si crea quello che prima chiamavo il primo grosso problema della bimbetta, che si trova a dovere risolvere in un modo o nell’altro, e che è un problema linguistico, è un problema filosofico, come diceva Wittgenstein non ci sono problemi filosofici, ci sono problemi logici. Se la nostra bimbetta avesse l’opportunità di affrontare la questione in termini logici, certo la questione si dissolverebbe, ma non ha questa possibilità, e quindi il problema permane. Proprio così permane il problema del pensiero occidentale, di tutta la metafisica, è rimasto lì, è rimasto lì perché la verità così come è stato decretato da Parmenide non ha avuto modo di intendersi di cosa che è fatta, se la si immagina come un quid, come un’entità, come l’Essere, allora diventa un problema, e infatti ha costituito e continua a costituire un problema per tutto il pensiero occidentale. Esattamente alla stessa maniera funziona per la bimbetta, anche se non ha ancora grosse nozioni di metafisica, la struttura è la stessa: data una verità metafisica, incrollabile, sicura, certa, se va in conflitto con un’altra che ha la stessa struttura è un grossissimo problema, perché non possono permanere entrambe, e quindi bisogna trovare una soluzione, Freud la chiamava la formazione di compromesso, è una sorta di compromesso ma è un compromesso logico, linguistico, che fa sì che la bimbetta continui per tutta la vita a pensare di sé di essere inadeguata, perché è una di quelle verità talmente incrollabili che qualunque cosa possa ricevere da altri come conferma del contrario non la smuoveranno di un millimetro, perché quella cosa non può essere eliminata se non attraverso un “analisi logica” tra virgolette, se non attraverso la ricollocazione di questa verità all’interno di quella struttura che l’ha permessa, che l’ha costruita, cioè rendersi conto che si tratta di sequenze linguistiche, nient’altro che questo, perché queste sequenze linguistiche si proiettano su una realtà che altre sequenze linguistiche hanno costruito. Dire, come ho detto all’inizio, che tutto ciò che avviene, qualunque cosa sia, avviene all’interno di questo ambito che è il discorso, che sono le parole, comporta proprio questo, che tutto ciò che gli umani vedono, immaginano, pensano costruiscono eccetera è virtuale, le stesse cose che io sto dicendo in questo istante sono virtuali, non hanno nessun riferimento a un qualche cosa fuori dal discorso, tutto si svolge all’interno del sistema fuori non c’è niente, non c’è assolutamente nulla, né può esserci nulla, non c’è nulla, così come dicevo del leone, per il leone non c’è il sole, non ci sono gli alberi, non c’è la savana, non ci sono queste cose. L’uso del termine “virtuale” è ancora problematico, nel senso che sembra alludere a qualcosa che virtuale non è, ma questa superstizione procede dal qualche cosa che è insito nella struttura stessa del linguaggio, dal modo in cui le cose vengono costruite, come se il linguaggio avviandosi incominciasse a proiettare un qualche cosa che è virtuale, lo proietta come una specie di ologramma. È il sopra sensibile di cui parlava Platone, qualcosa che costituisce l’idea, la matrice, e poi il corpo reale è soltanto una manifestazione di questa idea, la sua forma tangibile. Però occorre intendere come il linguaggio costruisca questa cosa, questa realtà virtuale, la produca e la mostri in modo tale per cui lui stesso il linguaggio la prende per qualche cosa che non è più linguaggio attraverso una sorta di inganno. È una questione straordinariamente complicata, spero che Eleonora mi darà una mano in questa operazione. È ciò che è avvenuto, avviene sempre, è avvenuto sia filogeneticamente sia ontogeneticamente, continua ad avvenire ogni volta che si riproduce la stessa situazione, cioè ogni volta che un parlante incomincia ad essere parlante, avviene esattamente sempre la stessa cosa e cioè si incomincia a costruire questo virtuale, che poi è ciò che gli umani chiamano la realtà, il fatto che tocco, il fatto che attraverso un sistema di sensori io esperisco una certa cosa, la vedo, ma che cosa sto toccando? Che cosa sto vedendo? Non lo so, ecco tutta la questione dell’Essere: questo è il tavolo, ma l’Essere del tavolo? Che non è questo tavolo ovviamente, è un’altra cosa, quale? È il virtuale, quella cosa che il linguaggio ha costruito e che poi il linguaggio stesso la prende per vera, cioè per qualcosa che è fuori di lui …

Intervento: è ancora più scioccante, tutto ciò perché all’interno di un gioco linguistico la realtà esiste creata dal linguaggio …

Sì, la questione è più radicale ancora certo …

Intervento: non ho capito questa storia del virtuale … cioè come se nel linguaggio fosse già stato costruito tutti i modi in cui si sarebbe potuto inventarlo …

No, non è in potenza, e nel linguaggio si trasforma in atto, è che quando il parlante incomincia a parlare il suo dire, le sue parole costruiscono un qualche cosa, una realtà, la rappresentano, è sempre una rappresentazione, perché di fatto non sai mai che cosa stai rappresentando “questo tavolo”, sì, ma come so che è proprio questo tavolo? Come so che sto toccando questa cosa qua? Sono domande a cui non c’è nessuna risposta in realtà, e allora il linguaggio incominciando costruisce un qualche cosa ma questo qualche cosa è virtuale di fatto …

Intervento: come in Matrix?

Non proprio, in Matrix c’è un qualcuno che gestisce il tutto, che gestisce queste macchine, che gestisce queste macchine che costruiscono la realtà entro la quale gli umani possono dirsi Intervento: qui c’è un sistema che si autogestisce …

Qualcosa del genere, come se questa realtà virtuale fosse l’effetto che produce il linguaggio nella sua esecuzione, non c’è qualcuno …

Intervento: …

Sì, virtuale sarebbe la costruzione linguistica, ogni costruzione linguistica è il virtuale perché non c’è qualche cosa che la costruzione linguistica rappresenti realmente, come se il linguaggio descrivesse la realtà, che è poi il modo più comune di pensare il linguaggio, cosa che però di fatto non è mai potuta essere sostenuta, mostrata ancor meno, però è il luogo comune, ma se il linguaggio non ha un fondamento da nessuna parte, ma è soltanto rappresentato dall’esecuzione di istruzioni, che sono le parle, allora questa esecuzione delle istruzioni costruisce delle sequenze, delle proposizioni e attraverso la relazione fra queste proposizioni si costruisce una sorta di immagine, di rappresentazione, questa rappresentazione abbiamo detto che è virtuale ma virtuale rispetto a ciò che la persona, diciamo quindi il suo discorso, crede che sia la realtà, ma crede, che sia la realtà. Non è la rappresentazione di una qualche altra cosa …

Intervento: certo qui è già nell’uso che avviene il tutto …

Nell’uso all’interno di un racconto, per esempio, qui la questione è più radicale perché parlando di virtuale non si fa riferimento a qualche cosa che virtuale non è, ma si fa riferimento a qualche cosa che “virtuale non si crede essere”, ma è possibile credere a questo non virtuale proprio perché c’è il virtuale, è un po’ la situazione che descrivevo sabato rispetto alla natura, alla naturalità: la natura incomincia a esistere nel momento in cui gli umani perdono la loro naturalità perché parlano, ma proprio nel momento in cui perdono la natura, la natura incomincia a esistere perché la fanno esistere con il concetto, prima non è mai esistita, per il leone non c’è la natura, quindi non è neanche un paradosso in realtà: la natura esiste nel momento in cui cessa di esistere, ma esiste a posteriori. perché esiste in quanto concetto perché di fatto non è mai esistita, quindi dire che cessa di esistere è improprio …

Intervento: mi sembra che vai un po’ troppo sull’astrazione però …

Eleonora, stiamo cercando di intendere la questione, è chiaro che adesso è una pura astrazione, anche le cose che adesso ti appaiono semplicissime e ovvie ed evidenti una volta erano una pura astrazione. Il linguaggio è una sequenza di istruzioni, fra queste istruzioni, ci sono anche le istruzioni per eseguirle, come fa la logica, dà gli elementi e dice come usarli, attraverso i connettivi, e quando queste cose sono state immesse nella macchina, la macchina le può eseguire, cioè che cosa fa? Costruisce proposizioni, sequenze, che cos’è una proposizione? È una sequenza che dice che per esempio una certa cosa è vera, che una certa cosa è in connessione con un’altra, che una certa cosa è blu, che una certa cosa è bella. Costruisce e rappresenta quella cosa che poi gli umani hanno chiamata realtà, solo che se si parla di una macchina, se lo fa una macchina, è più semplice intendere che non si tratta di realtà ma di una rappresentazione virtuale, se si tratta di una persona no, la cosa è più complicata, sempre per questo pregiudizio in fondo, la superstizione che gli umani siano un'altra cosa anche se non si sa dire esattamente perché debbano essere un’altra cosa, certo in questo momento storico in cui viviamo, le macchine non sono ancora in condizioni di fare ciò che fanno gli umani, altre ne fanno e molto meglio, ma ancora non hanno questa complessità l’avranno, ci sarà un momento in cui saranno le macchine a progettare altre macchine, potranno fare cose per il momento neanche pensabili. Ecco che allora la questione della realtà, che viene costruita letteralmente da queste proposizioni e che viene creduta fuori dal linguaggio, è il virtuale, crederla fuori dal linguaggio è un inganno, e la cosa appare sia insita all’interno della struttura che viene costruita dal linguaggio. Il punto di partenza è questo: il linguaggio è una sequenza di istruzioni, queste istruzioni vengono eseguite, da una macchina? Dall’uomo? A questo punto che differenza fa? E una volta che vengono eseguite creano delle cose, così come le informazioni che sono contenute all’interno di un dvd: a un certo punto, cosa succede? Che diventa un bellissimo film sullo schermo. Le istruzioni costruiscono una serie di proposizioni che si pensa a un certo punto che siano la descrizione di qualche cosa che proposizione non è, e cioè sia fuori dal sistema, mentre è virtuale, un artefatto, un artificio, una cosa fatta ad arte che non ha nulla a che fare con la natura. Questa potrebbe essere la questione centrale in tutto ciò che andiamo facendo e che stiamo facendo da anni, come se tutto questo ci avesse condotti a questo punto: istruzioni che vengono eseguite, una volta che queste si eseguono costruiscono un qualche cosa che le proposizioni stesse, è come se la considerassero (questa cosa, la realtà) fuori di sé, questa cosa che invece di fatto è virtuale perché non c’è nessun altra realtà al di fuori di quella cosa, e non c’è qualcuno che pilota il tutto e che abbia costruito quel programma. La stessa vita è virtuale se risulta assolutamente necessario che sia proprio così come abbiamo illustrato, e cioè che ci siano delle istruzioni che costruiscono proposizioni, allora questa è una conclusione inevitabile, non c’è via di uscita …

Intervento: mi viene in mente che quando parlano di dio sembrerebbe un sistema autogestito che da sé proietta poi la realtà per quello che dico che potrebbe a questo punto sembrare quasi divino …

Se noi supponessimo che questo linguaggio fosse dio, oppure fosse stato dato da dio, allora sì, certo, però perché dovremmo dire una cosa del genere? A che scopo?

Intervento: dicevo da parte di chi ascolta …

È possibile. Queste istruzioni, vale a dire il linguaggio, viene trasmesso ogni volta che una persona nasce, incomincia a parlare, gli si trasmettono delle informazioni, come una macchina che viene informata di tutto ciò di cui deve essere informata per potere funzionare, perché dovremmo chiamare tutto questo: dio? Dopo tutto, se uno vuole credere in dio assolutamente, basta che immagini che il linguaggio sia un dono di dio e poi tutto il resto va bene, è un po’ come in astrofisica con il big bang: tutto è cominciato da lì, ma prima cosa c’era? C’era dio ovviamente: la fede è incrollabile.