26-6-2003
Dopo avere inventato questo discorso ci siamo adoperati per convincere e persuadere il prossimo di ciò che andavamo dicendo, allora no, non era questo l’obiettivo né di convincere né di persuadere, non era questo l’obiettivo, non avevamo questo progetto in fondo divulgativo in un certo senso, non ce ne importava niente, si raccontavano delle cose in modo un po’ poetico, un po’ folcloristico, ora se fosse maggiormente efficace questo non saprei dirlo…
Intervento: allora non c’era nessuna necessità logica
Non essendoci fondamenti teorici solidi chiaramente questi venivano suppliti dall’aspetto poetico, retorico, ma neanche tanto ingenuamente perché si sapeva benissimo che se qualcuno avesse posto delle domande, delle obiezioni teoriche molto precise non sarebbe stato semplicissimo rispondere, oggi no, è chiaro che questo va a scapito dell’aspetto retorico, poetico anche, perché no? Comunque estetico. Ciò che è avvenuto in seguito è stato questo: puntare sempre di più sull’aspetto teorico anche se, come diceva giustamente, nelle conferenze l’aspetto retorico, estetico e poetico sono fondamentali proprio per ciò che si diceva, per accattivare, cionondimeno ci sono ancora questioni teoriche da svolgere, da affrontare, questioni che abbiamo appena accennate la volta scorsa, non tanto le emozioni quanto le sensazioni. Per esempio adesso fa molto caldo, questo caldo io lo sento, e quindi non posso negare di avere caldo perché lo sento e allora cosa succede? Cosa succede esattamente? La questione della sensazione va ripresa perché è fondamentale ed è fondamentale perché è ciò che sostiene tutto ciò che comunemente si suppone essere la realtà, comincia da lì. Il fatto che io senta caldo è una cosa reale, non è immaginaria, fa un caldo terribile e lo sento. Però d’altra parte sappiamo anche che se non ci fosse il linguaggio non potremmo dire che c’è il caldo né che c’è qualunque altra cosa, è per via del linguaggio che questa cosa significa qualcosa per qualcuno, significa per esempio un disagio, e allora come porre in termini semplici e precisi un problema del genere? È vero che noi potremmo dimostrare, anche facilmente, che se non ci fosse il linguaggio non ci sarebbe neanche il caldo, però risulta arduo per una persona qualunque che dice “ma io il caldo lo sento” non c’è niente da fare, è come se il caldo fosse fuori dal linguaggio, il linguaggio è il modo per descriverlo eventualmente, che in buona parte è anche la questione dell’operatore deittico di cui dicevamo, cioè il fatto che posso dire “io”, e quindi distinguere il mio discorso da qualunque altro e quindi di conseguenza distinguermi da qualsiasi altra cosa, da un pacchetto di sigarette, da Cesare, dal condizionatore che è altro da me, cioè io so di non essere il condizionatore. Come faccio a saperlo? Lo abbiamo appena detto: questo operatore deittico consente di distinguere il mio discorso cioè il discorso che sto facendo da qualunque altro e la struttura è esattamente quella per cui è possibile distinguere un elemento linguistico da qualunque altro, se non ci fosse questa possibilità il linguaggio cesserebbe di funzionare perché un elemento sarebbe simultaneamente qualunque altro, quindi non ci sarebbe nessuna possibilità di dire alcunché e quindi la questione della sensazione in fondo non è lontanissima dalla questione di cui dicevamo giovedì scorso circa l’operatore deittico; però c’è un elemento in più: non soltanto mi distinguo da qualunque cosa ma avverto anche delle cose, il caldo per esempio. Allora come svolgere in modo acconcio questa questione? Intanto partiamo dal luogo comune come sempre: “lo sento sul mio corpo” che è una delle cose più forti nel luogo comune, ciò che io sento, tant’è che la sensazione che uno avverte su di sé non la può negare, è come se non potesse negarla “come se” come se io, per esempio, bruciassi Beatrice, potrebbe negare di non sentire il bruciore? Difficile. Dobbiamo fare in modo che questo sia un effetto del linguaggio che è un po’ in fondo la questione di sempre, è sempre la stessa questione, però a questo punto forse abbiamo un elemento in più per affrontarla, poniamola così per il momento: il corpo percepisce una variazione di stato, qualunque cosa sia, un colpo, una variazione termica, qualunque cosa, dopodiché questa variazione che viene avvertita a quel punto significa qualcosa. Il corpo può avvertire come sgradevole una sensazione oppure piacevole, il fresco del condizionatore è una sensazione piacevole, se lo spengo la sensazione che ne traggo è spiacevole. Cos’è che distingue le due cose? Sono semplicemente delle condizioni, degli stati che vengono rilevati e producono, adesso diciamola in modo molto rozzo, che producono una sorta di mal funzionamento generale, questo mal funzionamento lo chiamiamo dolore, sofferenza etc., allora a questo punto ecco che il linguaggio è ciò che consente non soltanto di esprimere questo mal funzionamento, ma di dargli un senso, e cioè può significare qualcosa per qualcuno. E fin qui il fatto che il linguaggio consenta di raccontare un mal funzionamento del mio corpo, come dicono, non comporta alcun problema, chiunque sarebbe assolutamente disponibile a sottoscrivere una cosa del genere. Adesso dobbiamo fare un passo in più, ché l’abbiamo fatto mille volte però bisogna vedere se riusciamo a farlo un po’ meglio, e cioè: il fatto che io avverta il calore mi porta potrei dire quasi automaticamente a cercare il fresco, per esempio, cioè quella condizione in cui viene eliminato il mal funzionamento, il calore che sento potrebbe essere come un led che si accende, e segnala un mal funzionamento. Il corpo umano cosiddetto funziona così: avverte il calore, a meno che non ci siano condizioni particolari, in condizioni particolari allora non si avverte più niente né calore né freddo, nulla. In un caso di vita o di morte ecco che il caldo, il freddo, passano in secondo piano e quindi cessano di essere prioritari, ma al di là di questo il passo da fare è vedere come questo sistema che chiamiamo corpo segua al linguaggio. Viene da pensare a una sorta di considerazione a posteriori, e cioè il linguaggio consente di accorgermi di avere un corpo, a questo punto, una volta che mi sono accorto di avere il corpo non so, né posso sapere, che è il linguaggio che mi ha fatto accorgere di questo, a questo punto il corpo esiste, esiste con tutte le sue manifestazioni, le sue sensazioni soprattutto, indipendentemente da qualunque altra cosa ed è l’unica base di ciò che comunemente si chiama realtà…
Intervento: inerente al corpo ci sono tutta questa serie di proposizioni che vengono utilizzate
Sì ma il passo che a noi interessa è intendere questo: come dal linguaggio si passi all’esistenza del corpo, comunemente è considerato al contrario “se non avessi il corpo potrei parlare?” Quindi ci vuole questo supporto ecc. Allora considerate questa questione, diciamo che la tesi è questa: per potere avere un corpo, disporre di un corpo, devo trovarmi nel linguaggio, questa è la tesi da dimostrare…
Sì però dobbiamo farlo in modo più preciso, la domanda è questa: perché senza linguaggio io non ho nessun corpo? Cosa mi consente di fare il linguaggio? Inserire queste variazioni di stato che non sono altro che ciò che avverto come sensazioni, all’interno di un sistema per cui significano qualcosa “avverto una certa cosa quindi ho caldo” cioè inserire delle variazioni di stato all’interno di un sistema, la questione è che è questo sistema che consente l’esistenza di variazioni di stato e qui c’è la questione ardua, perché fino qui pochi, ma qualcuno potrebbe anche seguirci, ché sto andando oltre il fatto che se non ci fosse linguaggio non ci sarebbe neanche il caldo, stiamo dicendo che il caldo è creato dal linguaggio, ancora peggio, perché già dire che le variazioni di stato sono inserite all’interno di un sistema e quindi significano qualcosa, e dire che queste variazioni di stato ci sono, sono avvertibili perché c’è il linguaggio, il passo che dobbiamo fare ancora è ancora più arduo, cioè che è il linguaggio che costruisce il caldo. Ma come? Questo marchingegno, noto come corpo umano, appare da sempre, da quando esistono gli umani, prioritario su qualunque cosa, come dire: la base di qualunque realtà, a questo punto questo marchingegno che fa? Nella fisiologia è noto che questo marchingegno ciò che fa non è altro che trasmettere delle informazioni a un sistema nervoso centrale e quindi al cervello, che è una cosa banalissima non è nient’altro che il funzionamento di un computer, uno trasmette informazioni e quell’altro le riceve, una volta che le ha ricevute sta poi a chi usa il computer utilizzare queste informazioni. Poniamo la questione nei termini peggiori, e cioè occorre questa trasmissione di informazioni perché ci sia un database e quindi sia utilizzabile anche dal linguaggio, se non ricevesse queste informazioni non avrebbe nulla da cui muovere…
Intervento:…
Consideri il corpo come una macchina: percepisce informazioni, le trasmette al sistema nervoso centrale, al cervello… ora è necessario che ci siano queste informazioni perché il linguaggio possa utilizzarle: caldo, freddo… stavo dicendo che questo è il modo peggiore di porre la questione, in un certo senso è dare ragione alla fisiologia. Come se, dunque, questa sorta di macchina ricevesse delle informazioni, apparentemente tutto questo può funzionare in assenza di linguaggio ma non è così, fino a questo punto noi siamo giunti a considerare che senza il linguaggio tutto questo non può esistere perché l’esistenza stessa è un concetto prodotto dal linguaggio e quindi non esistendo non si può porre il problema, è un’argomentazione logica piuttosto forte, ineccepibile, ma retoricamente non sufficiente, retoricamente non ha quasi nessuna efficacia, anche se è chiaro che questa è la via, ma dobbiamo trovare un altro modo per dirla perché a questo punto quando diciamo che l’esistenza è un concetto che senza il linguaggio non potrebbe esistere e quindi non esistendo l’esistenza non esisterebbe nulla, e a questo punto non ci segue più nessuno, in generale andiamo avanti da soli, sì va bene… è esattamente in questo punto, in questo passaggio che occorre inserire altri passaggi, perché c’è, come dicevamo tempo fa, un abisso, uno iato incolmabile proprio per quanto riguarda la questione dell’esistenza, il mio corpo esiste, esiste perché lo sento, questo nel luogo comune, e di fronte a una argomentazione del genere, un’argomentazione logica come quella che abbiamo costruita non è sufficiente, tant’è che continuano a obiettarci che il corpo lo si sente. Quali passaggi inserire all’interno di questi due punti? D’acchito si potrebbe considerare che, visto che comunque è questa l’argomentazione portante, cercare di intendere bene quali sono i luoghi comuni. Dicevamo prima: “io sento questa cosa quindi esiste. Io mi vedo, mi sento, quindi esisto” e cioè che cosa faccio esattamente? Mi accorgo di esistere, così come mi accorgo di avere caldo, mi accorgo di avere freddo. Questo accorgersi è ciò su cui dobbiamo puntare perché questo potrebbe tornare a nostro vantaggio. Quel tipo di argomentazione che avevo abbozzata durante l’ultima conferenza, quella insieme con Gabriele, dicevo: una videocamera si accorge che ciò che sta riprendendo è la realtà? Non può porsi il problema, però il nostro obiettore direbbe “non se ne può accorgere però rimane comunque che ciò che sta riprendendo è la realtà, che lei lo sappia oppure no, non cambia niente”…
Intervento: una argomentazione rilevante è stata quella espressa dall’uomo, in quel caso si mostrava retoricamente come l’uomo producesse una realtà…
No, non è sufficiente, possiamo utilizzare anche questa per qualche aspetto ma non è sufficiente, perché nei confronti di una argomentazione come questa “io so di esistere perché me ne accorgo” lì è difficile, ma perché? Perché si accorge del suo corpo e questo è fondamentale. Potremmo considerare meglio questo accorgersi, accorgersi di avere un corpo, me ne accorgo per via delle sensazioni, ovviamente, piacevoli o spiacevoli non ha importanza, riprendere la questione della macchina sì, certo, anche la macchina rileva delle variazioni di stato e ciò che mi distingue dalla macchina è il poterlo considerare, perché alla domanda che anche i filosofi si sono posti “senza gli umani il mondo esisterebbe?” il luogo comune risponderebbe di sì ovviamente, e perché risponderebbe di sì? Perché è assolutamente convinto che al di fuori di lui le cose esistano comunque, e perché è convinto di questo? Perché può distinguere sé dal mondo esterno e ha acquisito per induzione che anche se non vede se c’è la strada fuori comunque lo sa che c’è, e ci conta su questo fatto. Sa che ciò che ha esperito continua ad esserci a meno che non sappia che è andato distrutto. Ciò che ha esperito, cioè ciò che è stato accolto all’interno del suo discorso, una volta che un elemento è accolto nel discorso è vero e non può essere eliminato, soprattutto se questo elemento diventa la condizione di verità di altre cose, diventa fondamentale…
Intervento:…
È questo il virus che stiamo cercando, nient’altro che questo, quell’elemento che consente di mostrare che l’accorgersi di avere il corpo è condizionato dall’esistenza del linguaggio. E sappiamo una cosa importante: che l’esistenza del mondo fuori di me è consentita dal fatto che io posso distinguere un elemento linguistico da un altro, per esempio, se questo non fosse possibile, cioè se io non potessi distinguermi da Gabriele, dal posacenere, dalla stampante non potrebbe porsi la condizione dell’esistenza. Questa potrebbe essere una argomentazione, quanto meno un abbozzo di argomentazione, più propriamente ancora una direzione, il fatto che io posso distinguermi da qualunque cosa, questo è abbastanza facilmente recepibile, cioè se io posso distinguermi dalle cose ecco che allora esiste questo, quest’altro, perché le posso distinguere, e che cosa mi consente di distinguermi? Qui interviene il linguaggio ovviamente, una regola del linguaggio che è la stessa che consente di distinguere un elemento linguistico da un altro, quando parlo distinguo l’accendino dal posacenere, Beatrice dalle sigarette etc., se ciascuno di questi elementi significasse simultaneamente tutti gli altri, il linguaggio cesserebbe di funzionare e io non potrei più distinguermi da nulla…
Intervento:…
Sì, la differenza è che al posto dell’Iperuranio ci mettiamo il linguaggio, un po’ come con Aristotele al posto del motore immoto, ecco forse su questo possiamo lavorare quanto meno per convincere, se non proprio per persuadere. La condizione per accorgermi di esistere è che possa distinguermi, e posso distinguermi perché c’è il linguaggio, però a questo punto il nostro obiettore continuerebbe a dire “ma anche se non mi posso distinguere io esisto comunque” però a questo punto potremmo chiedergli come lo sa. È un’argomentazione logica molto forte, ma retoricamente debole, però la via forse è questa, si tratta di trovare argomentazioni retoriche più potenti, attraverso domande retoriche, attraverso esempi, attraverso metafore, metonimie, sineddochi, allegorie, poliptoti…
Intervento: Wittgenstein “come lo so che l’armadio è sempre lì anche quando non ci sono?”
La risposta è semplice, non lo può sapere, lo sa per induzione, è sempre stato così e sarà così, come posso sapere che domani sorgerà il sole? Eppure io organizzo la mia giornata…
Intervento:…
Il poliptoto è una figura retorica che consiste nell’utilizzare uno stesso elemento con funzioni diverse a breve distanza. Un’altra figura retorica importante da utilizzare è l’asindeto perché è molto veloce, rapido, persuasivo, il famosissimo esempio di tutti i manualetti di retorica recita così: ho parlato, avete ascoltato; sapete, giudicate. Come dire io ho parlato, se voi avete ascoltato allora sapete, facendo questo passaggio che non è assolutamente necessario, il fatto cioè che io abbia parlato e che adesso voi sappiate, perché io posso avere detto un sacco di sciocchezze per esempio, quindi voi non sapete proprio niente e invece qui si dà per implicito che siccome ho parlato allora sapete come stanno le cose e quindi potete giudicare in base alle cose verissime che io ho detto…
Intervento:…
Sì gli epigrammi, gli apoftegmi, anche questa è una figura retorica che è un breve motto di carattere morale, anche qui il manuale di retorica cita sempre lo stesso, del Manzoni: soffri e sii grande! Un’altra figura da utilizzare è l’ipotiposi, è come uno schizzo, tratteggiare qualcosa: ho comprato una casa nuova, qui c’è la cucina, qui c’è il bagno… questo è uno schizzo… ecco una figura retorica che dicendo, mostra, come se facesse apparire ciò di cui si sta parlando. Uno scrittore molto bravo fa quasi vedere la cosa che descrive. Dunque l’accorgersi prende il luogo comune proprio per quello che è, io mi accorgo di esistere perché lo sento, ma lo sento dunque esiste… Posso distinguermi quindi posso dire che sono io ché lo sento, può essere una direzione, e forse non delle peggiori, ciò che mi consente di distinguermi da qualunque altra cosa è il linguaggio, se non potessi distinguermi non sarei niente…
Intervento:…
Certo, lo abbiamo detto tante altre volte, si tratta di percorrere questa via in termini retorici. Vedere cosa può risultare più efficace, poi se vi vengono in mente altre vie siamo disponibilissimi ad accoglierle, soprattutto se efficaci. *Per esempio porla così in un intervento pubblico, come una domanda “come faccio a distinguermi da qualunque altra cosa?” e “come so che sono distinto da qualunque altra cosa?” potrebbe essere un buon punto di partenza. Ecco che a questo punto le sensazioni, anche queste quando si dice “c’è caldo e lo sento” posso sentirlo intanto perché posso distinguermi da qualunque altra cosa…
Intervento: perché il linguaggio ha avuto bisogno di costruire queste differenze…
Perché dice che ne ha avuto bisogno?
Intervento:…
Per lo stesso motivo per cui lei in questi giorni quando va in giro con chiunque parli, parla del caldo, esattamente, è un modo per proseguire, uno qualunque, non ha importanza, qualunque rilevazione di stato è comunque l’occasione per parlare ed è tale proprio perché da l’occasione per parlare e in effetti in alcune occasioni particolarissime dove invece ci sono ben altre occasioni per parlare, del caldo non importa niente a nessuno. Già, e quindi non è affatto una necessità, ma serve soltanto per proseguire a parlare, il caldo, il freddo, la morte, la vita, l’amore, il tempo, il tedio…
Intervento:…
Ha detto bene, produrre distinzioni, le quali distinzioni consentono di distinguere proposizioni e quindi di produrre altro linguaggio…
Intervento:…
Il caso più evidente è la noia per esempio, lì si cerca assolutamente una distinzione e cioè qualcosa di diverso, che si distingua da tutto ciò che c’è. Trovare la differenza certo è fondamentale…
Intervento: percepire non è altro che linguaggio che si sta producendo. Un
significante differisce da sé vuol dire che produce differenze che lo sposta.
Mi ritornava questa domanda “quando qualcosa incomincia ad essere qualcosa?
Possiamo formulare la frase differentemente: “quando qualcosa incomincia a esistere?”
Intervento: diventa qualcosa quando differisce da prima cioè come se io fossi da una parte e il resto dall’altra, questo iato
Esatto, sì, questa è una questione importante e bisogna svolgerla meglio, che il linguaggio, ciascun elemento linguistico cerchi in qualche modi di distinguersi da altro…
Intervento:…
Sì è la questione dell’inferenza se vuole “se A allora B”…
Intervento: B è differente se io dicessi se A allora A è come se dicessi niente, come dire la noia) in un certo senso sì (la noia è come se si fermasse su delle tautologie…