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26-3-2008

 

Il progetto è scrivere un testo sui fondamenti della logica, non un manuale di logica, ma un testo sui fondamenti della logica che potrebbe essere di qualche interesse anche perché si considera la logica una cosa abbastanza astratta e difficile, che poi in realtà è la cosa più semplice che esista. La logica si occupa, si è sempre occupata da Aristotele fino ai modelli di logica contemporanea, di trovare dei percorsi tali per cui un discorso che muove da una certa premessa giunga ad una conclusione che non contraddica la premessa, tutto qui, questa è la logica sembra una cosa difficile? E come sapete la logica tradizionale intendo appunto la logica tradizionale quella di Aristotele fino agli ultimi modelli logici non si è mai preoccupata di stabilire quale debba essere la premessa necessaria ma parte sempre da un’ipotesi, se questo è vero allora da questo possiamo dedurre queste cose in modo corretto, però ciò da cui muove viene dato per buono, generalmente è qualcosa che di per sé non significa niente, è un assioma, una sequenza di segni che disposti in un certo modo, date certe regole risulteranno sempre veri, come dire che insegna, se si trova qualche cosa di vero, a concludere da questo qualcosa altre cose vere. La logica fa solo questo, naturalmente ha abbandonato da sempre di trovare qualcosa di assolutamente vero da cui partire, questo qualcosa renderebbe per un verso il compito più semplice nel senso che se questa è l’unica cosa vera allora possiamo trarre tutte le cose vere da questa e nient’altro che da questa, ma non potendolo trovare si è limitata come dicevo a dire che se partiamo da qualcosa di vero allora questo è il modo per procedere per trarre altre affermazioni vere. D’altra parte è esattamente quello che fa ciascuno, cioè parte da qualche cosa che ritiene essere vero dopodiché conclude una certa cosa, ma se si accorge che questa conclusione non è coerente con la premessa cioè la nega allora si accorge che c’è qualche cosa che non va cioè se ciò cui è giunta nega la premessa da cui è partita non va bene, che è esattamente ciò che fa ciascuno quando pensa, costruisce una sequenza che muove da un elemento che ritiene vero e se questo elemento che raggiunge non nega la premessa da cui è partito lo prende per buono; la logica fa questo, per cui non si tratta di mettere in discussione in realtà i vari procedimenti che ha inventato la logica tradizionale per trarre conclusioni vere ma lavorare su due aspetti: il primo è perché utilizza un certo metodo, un certo criterio, perché stabilisce che per esempio l’implicazione deve seguire certe regole per essere vera? Da dove vengono queste regole, chi le ha imposte? Come dicevamo tempo fa è un problema che la logica tradizionale ha sempre evitato dicendo, le poche volte che si è posta la questione, che è il modo naturale, normale, corretto di pensare senza sapere dare naturalmente a questa affermazione un fondamento, si pensa così, tutti pensano così quindi si pensa così, già, è perché? Leggetevi tutti i manuali di logica, non troverete nessuna risposta a questa domanda, del perché debba essere così, cioè perché debba essere questo il modo di pensare, e perché non c’è? Eppure questa domanda è legittima, però non c’è la risposta, perché nessuno ha saputo dare una risposta a questa domanda quindi…

Intervento: qualcuno se l’è mai posta?

In rarissimi casi si è soltanto detto che questo è il modo naturale in cui si pensa ma la cosa finisce lì, non va oltre invece noi possiamo andare oltre. Questo è un primo aspetto dicevo e cioè perché si pensa in un certo modo, l’altro riguarda invece il reperire un qualche cosa che possa funzionare da premessa universale, quella che è sempre stata cercata in fondo dalla logica e prima ancora dalla filosofia, cioè quell’universale che deve valere necessariamente sempre per chiunque e inesorabilmente, questi due aspetti sono determinanti perché ciò che segue, una volta abbandonati questi due aspetti è soltanto un fare di conto, tutti i manuali di logica non sono altro che dei conteggi, dei computi se questo è vero, sempre “se” naturalmente, allora da questo possiamo trarre delle cose attraverso questi passaggi, è un computo che per altro oggi i calcolatori sanno fare molto più rapidamente e in modo molto più preciso di qualunque essere umano, ma ciò che costituisce il fondamento questo rimane una sorta di buco nero, uno dei pochi che si è posto la questione fu Heidegger in uno scritto sui fondamenti metafisici della logica, dove tuttavia Heidegger va poco lontano ché continua a cercare l’essere cioè qualche cosa che sarebbe il fondamento della logica e cioè oltre che il fondamento anche l’obiettivo ultimo però sappiamo che non l’ha trovato e la cosa non ci interessa, ci interessa chi risolve i problemi per vedere come li ha risolti, qual è la questione che pongono queste soluzioni non chi enuncia i problemi, i problemi ce li enunciamo da noi tranquillamente è risolverli che è più interessante, è ovvio che occorre porseli prima però è il primo passo, da dove partire dunque? Direi innanzi tutto dal fondamento, quello che i logici hanno sempre tralasciato anche perché tutta la logica tradizionale è costruita in realtà con la forza di una ipotesi “se è vero questo allora….” Ma se non lo è vera è un disastro, se è vera la premessa allora ne segue questo, se questo è effettivamente il modo naturale di pensare allora dovremmo ragionare così, sempre se, se. La logica non ha fatto nient’altro che questo quindi merita qualche cosa di più, merita un fondamento un po’ più solido. Questo ci condurrà a rivedere tutto ciò che abbiamo fatto in questi ultimi vent’anni, dovremo valutare con assoluta certezza il punto di partenza e cioè quell’elemento universale vale a dire il linguaggio. Si tratta allora di tenere conto che la struttura portante, quella che consente qualunque indagine sulla logica è il linguaggio e allora riconsiderare il suo funzionamento in modo, se è possibile, ancora più preciso, per esempio ponendoci la domanda perché funziona in questo modo e naturalmente subito al seguito quell’altra domanda e vale a dire cosa cerchiamo esattamente? E che cosa troveremo? E perché accoglieremo qualche cosa anziché un’altra oltre naturalmente la consapevolezza che è sempre il linguaggio che ci consente di porci queste domande, e perché il linguaggio ci pone questa domanda? Tutto questo dovrebbe indurci a considerare meglio il suo funzionamento in modo più preciso, giusto per arrivare al punto in cui potremmo effettivamente considerare che la logica non è altro che il linguaggio, il suo funzionamento, il funzionamento del linguaggio, questa è la logica. Intanto riconsideriamo com’è che siamo giunti a pensare che il linguaggio sia la condizione di qualunque cosa, e se non fosse così? Se ci fossimo ingannati?

Intervento: se ci fosse qualche cos’altro al di sopra del linguaggio…

Per esempio, o a fianco, o alla sinistra. Abbiamo sempre detto questo certo però il fatto di averlo sempre detto non è per questo solo fatto che sia necessariamente vero, anche mia nonna diceva sempre certe cose ma non per questo erano vere…

Intervento: è la condizione per dire ciò che stiamo dicendo…

Che cos’è una condizione? Ché a questo punto occupandoci di logica non abbiamo scampo, dobbiamo interrogare tutto ciò che diciamo, qualunque termine deve essere esposto a un’indagine, a una riflessione, nulla è dato per scontato neanche il fatto che nulla sia dato per scontato, se vogliamo procedere in modo rigoroso naturalmente. Ci siamo chiesti che cos’è una condizione, è una sequenza di procedure necessarie per lo svolgimento di una certa operazione, una sorta di algoritmo, senza questa sequenza non è possibile compiere una certa operazione, questa è una condizione. Certo appaiono cose astrarre e inconsulte, però di fatto stiamo indagando su come ciascuno pensa comunque sempre anche quando pensa le cose più stupide comunque le pensa in quel modo, dunque occorre una sequenza, qualche cosa che dia una direzione, che dia una forma, già, che dia cosa esattamente?

Intervento:…

Un ordine, sì certo ma questo ordine deve essere riconosciuto come tale da qualcuno o da qualcosa. Come dire che in queste istruzioni di cui stiamo parlando, questa sequenza deve contenere in sé tutte le informazioni circa quest’ordine necessariamente, poiché le cose che costruisce le costruisce in un certo ordine che è quello che lui riconosce, oppure riconosce soltanto quelle che sono state costruite attraverso una certa sequenza scartando le altre? Quelle che la struttura di cui stiamo parlando cioè il linguaggio non riconosce facendo quel gioco? Non riconosce rispetto alla struttura, cioè non attengono alla sua struttura, non sono riconosciute come sequenze linguistiche provviste di senso cioè non le può utilizzare per costruire altre cose, per esempio una sequenza totalmente casuale di termini ungheresi non è riconosciuta dal sistema come una sequenza funzionale alla costruzione di altre proposizioni…

Intervento: qualcosa lo costruisce comunque per lui non ha senso e si ferma…

Qualcosa del genere, le regole sono contenute all’interno delle istruzioni di base anzi queste istruzioni di base non sono nient’altro che regole, e la prima regola è quella che consente di riconoscere un elemento, tempo fa dicevamo “questo è questo” potrebbe essere la prima istruzione necessaria al linguaggio per proseguire, “questo è qualcosa” mettiamola così, ora questa sequenza semplicissima e banale “questo è” è come se contenesse la possibilità di costruire altre sequenze, forse per questo la filosofia ha sempre cercato l’essere come l’elemento che una volta che ha affermato che questo è, allora effettivamente è possibile costruire tutto, come la base di tutto, la condizione, “questo è”, questa proposizione non è altro che una sequenza, un’istruzione e qual è la seconda istruzione necessaria? Deve essere una istruzione molto semplice, non può essere altro che un’istruzione che consente di, sullo stesso principio, di cogliere altre cose cioè di stabilire altre cose. Se questo è qualcosa allora anche qualsiasi altra cosa è qualcosa, e se è qualcosa allora… tenete conto che “questo è qualcosa” o qualche cos’altro sono soltanto stringhe, sono soltanto istruzioni non sono aggeggi, sono informazioni, sono istruzioni letteralmente, nient’altro che questo e le istruzioni sono tali perché istruiscono, in-struere come con-struere, de-struere hanno tutte la stessa derivazione: struere che vuole dire mettere insieme…

Intervento: cioè come dire se questo è… questo diventa premessa per qualcosa…

Sì, infatti queste prime istruzioni sono quelle che dopo decideranno ciò che è vero e ciò che non lo è, cioè se il discorso può proseguire in una certa direzione oppure no come dire…

Intervento: non capisco “se questo è” come possa avere implicita la pluralità delle cose, in questo è non è implicito che ci sia anche qualcos’altro che è…

No, ma la condizione perché possa essere è che il primo ci sia cioè che possa dire che questo è qualcosa, questo è…

Intervento: però potrebbe essere solo questo… a meno che non andiamo sul criterio di esistenza questo è, questo è questo…

Questo avviene in seguito, certo noi stiamo considerando le primissime istruzioni, quelle che abbiamo indicato come le condizioni cioè quelle stringhe che sono degli algoritmi e cioè una sequenza che è quella che indica qual è l’operazione da eseguire necessariamente per costruire qualcosa, un’istruzione dunque molto semplice…

Intervento: queste regole chi le istruisce? Il linguaggio?

Solo lui, sono quelle istruzioni che fanno partire il linguaggio, non è che sia qualcuno che le ha stabilite naturalmente, non avendo la possibilità di chiederci da dove viene il linguaggio siamo costretti a rimanere nell’ambito del suo funzionamento, nient’altro che questo perché è il linguaggio stesso che ci impedisce di sapere da dove viene e non c’è possibilità di uscirne…

Intervento: è come se queste regole descrivessero un movimento però questo impulso al movimento è il punto di partenza che sfugge…

Non lo può fare, può solo considerare come funziona. A noi interessa sapere come funzionano queste prime istruzioni e ci interessa saperlo perché in base a queste prime istruzioni funziona tutto, come dire che queste prime istruzioni sono quelle che non solo fanno funzionare tutto ma che mantengono il funzionamento sempre allo stesso modo per via ricorsiva, quelle istruzioni cioè “questo è questo” sono non solo fondamentali per il funzionamento di tutto il programma ma di fatto è come se il linguaggio con tutte le sue apparenti infinite variazioni e possibilità non facesse nient’altro che continuare a ripetere “questo è questo” all’infinito, potremmo addirittura per il momento azzardare che ci sia un’unica istruzione, e si tratterà di verificare meglio, ma un’unica istruzione la quale istruzione viene ripetuta all’infinito in modificazioni, varianti ma è sempre la stessa istruzione…

Intervento: anche perché non può contraddire la premessa, quale sarebbe questa unica?

Il “questo è qualcosa” potrebbe essere un’istruzione, e se fosse così? È un’ipotesi bizzarra, singolare, che tuttavia merita di essere considerata perché appare che di fatto gli umani pensino tutti alla stessa maniera, il modo di pensare anzi è lo stesso, poi con delle varianti uno va in una direzione uno in un’altra ma il modo, la struttura è sempre la stessa. Certo questo renderebbe tutto più semplice se fosse una sola istruzione anziché tante istruzioni, più semplice, un unico comando anziché molti comandi. Comunque è possibile che ci sia una sola istruzione?

Intervento: se questo è e allora non necessario, così?

Non lo è nemmeno in logica in effetti, perché l’implicazione può essere trasformata logicamente in una disgiunzione per esempio, (p É q) può essere trasformata in ~ (p V q), significano la stessa cosa vuole dire che se questo allora quest’altro oppure negare che questo oppure l’altro, quindi la logica di fatto anche quella tradizionale tecnicamente può fare a meno dell’implicazione utilizzando soltanto congiunzioni e disgiunzioni – e/oppure – sono due connettivi cioè connettono due elementi e poi il terzo naturalmente, devono essere almeno tre, ci vuole la negazione perché funzioni tutto quanto perché per volgere una implicazione in una disgiunzione occorre la negazione e quindi occorrono tre connettivi anziché quattro. Ma ci stavamo chiedendo se è sufficiente una sola istruzione, sarebbe l’ideale, economicamente sarebbe perfetto, una sola istruzione che contiene questi tre elementi necessari al funzionamento di tutto quanto, è un’ipotesi suggestiva, singolare ma suggestiva e come potrebbe essere una singola istruzione che contenga, per adesso usiamo questi termini questi tre connettivi necessari al funzionamento? Per adesso, perché può anche essere che i connettivi in realtà siano tratti come conseguenza implicita da qualche altra cosa, sono tutte ipotesi per il momento, come dire che affermare “questo è questo”, “questo è qualcosa” deve implicitamente comportare che se questo è questo allora questo non è quest’altro…

Intervento: stavo pensando che tutto il discorso sull’essere quando lei dice questo è questo sta già facendo un discorso sull’essere…

No, sono solo sequenze, sono istruzioni, non c’entra l’essere…

Intervento: ho capito ma… stavo considerando per esempio un bambino… è complessa la cosa… come già De Saussure diceva cos’è il pensiero senza linguaggio? È una nebulosa… con il linguaggio qualcosa comincia ad esistere…

Pensa in un modo ancora troppo umano. Sono solo istruzioni, istruzioni date a una macchina per esempio, perché la macchina possa utilizzare queste istruzioni occorrono altre istruzioni ché deve dirgli di usarla e come usarla, a questo punto la usa, quindi la prima istruzione deve esserci già sia nel fatto di dire come usarla già potrebbe in questo essere implicito il fatto che ci sia un’istruzione, in effetti funziona così, se qualcuno da un’istruzione a una persona, per il solo fatto che ha dato un’istruzione significa che in questa istruzione c’è già contenuto che sia qualche cosa che deve fare funzionare, se devo farlo funzionare è perché è qualcosa necessariamente…

Intervento: poi bisogna vedere se in realtà sia giusta…

Questa è una questione che vedremo dopo adesso, non c’è ancora il giusto, lo sbagliato, dobbiamo ancora inventarlo…

Intervento: questo è non da il movimento il movimento è dato dalla funzione… sono questi connettivi che permettono il passaggio…

Apparentemente sì, però la questione che ci stavamo ponendo è se all’interno di questa prima istruzione ci siano già contenute le modalità del funzionamento, una sola istruzione che però consente di partire. È complicata la questione mi rendo conto, però se vogliamo costruire il fondamento della logica che abbia un certo interesse dobbiamo riflettere su questioni del genere e cioè sul funzionamento, proprio quello di base del linguaggio…

Intervento: del computer… la programmazione…

Sì, in fondo si tratta di una programmazione, l’abbiamo detto spesso, una mamma in fondo compie questo con il suo pargoletto, lo programma in base al programma che lei stessa conosce in genere, per questo un giorno e neanche tanto in là le macchine sapranno programmare altre macchine in base a condizioni esterne che sapranno valutare e quindi sapranno decidere, ma questo è un altro discorso a Eleonora non piace l’idea che le macchine possano pensare. Occorre puntare tutta la nostra attenzione su quale istruzione consenta al linguaggio di avviarsi e cosa c’è in questa istruzione, cosa istruisce esattamente e ovviamente l’unica cosa dalla quale possiamo andare a reperirla è il linguaggio, il suo funzionamento, non abbiamo nessun altro strumento, cioè il modo in cui funziona e cioè reperiamo le condizioni del suo funzionamento dal suo funzionare stesso, qui, adesso, in questo istante. L’umano per definizione è colui che non si occupa affatto del suo pensiero, del linguaggio, ma che vive in preda degli effetti di qualche cosa che ignora totalmente, travolto da cose da cui non sa né saprà mai assolutamente nulla, questo è l’umano come ho accennato martedì sera e questi travolgimenti lo portano a fare cose inverosimili. Dunque che strumenti potremmo utilizzare, oltre al linguaggio di cui disponiamo ovviamente? Avevamo detto l’altra volta che occorre che ci impegniamo tutti quanti, considerare le tecniche di programmazione e poi esiste un libricino di Turing quello che ha inventato i calcolatori, non che ci diano una risposta ovviamente però possono darci un qualche spunto per intendere come può essere un’istruzione così come quella che stiamo cercando, non per sapere programmare, non ci interessa niente ma per vedere se lì si trova qualche cosa che possa darci qualche idea, qualche suggerimento circa come si può istruire tutto un sistema operativo con un’unica istruzione, che è quello che stiamo cercando, naturalmente non sappiamo ancora se effettivamente è così, per il momento facciamo come se fosse così poi valuteremo, se dovremo abbandonare questa via oppure no. L’idea che ha promosso i primi calcolatori può essere l’idea stessa che in qualche modo ci interroga, perché non si tratta di riprodurre il pensiero umano come è stato fatto per i calcolatori ma di trovare un metodo per cui è possibile che il linguaggio dia una certa istruzione in un certo modo. È una bella sfida, ma se riusciamo a stabilire che è sempre la stessa che si ripete diventa tutto incredibilmente più semplice…

Intervento: cioè il vantaggio di tutto ciò, Faioni così in due parole?

Intendere il funzionamento del linguaggio, continuamente e in modo straordinariamente semplice e veloce.