26-3-2003
Avete
riflettuto sulla domanda che ci siamo posti mercoledì scorso? La domanda era
questa: se la presenza di un ostacolo, qualunque esso sia, è necessaria al
proseguimento del linguaggio oppure no. Avete riflettuto dunque? Come lo
dobbiamo intendere un ostacolo? Come una qualsiasi cosa che impedisce, ritarda
il raggiungimento di un obiettivo. Nient’altro che questo. Ora per intendere
bene la questione dobbiamo considerare il sistema inferenziale, cioè la nostra
formuletta di base: se A allora B. Possiamo considerare l’“allora B” un
ostacolo? Se sì, a quali condizioni? Qui ci riagganciamo a qualcosa che abbiamo
detto la volta precedente e cioè la necessità che ciascun elemento che segue
debba verificare quello che lo precede. Ora se l’“allora B” occorre che
verifichi l’elemento che lo precede, cioè la A, allora l’operazione di
verificare l’elemento che precede, e non può non farlo, è ciò che indichiamo
come l’ostacolo, come dire che ciascuna volta che interviene un elemento quello
che segue lo verificherà, ma per compiere questa operazione è necessario
compiere altre operazioni, per esempio di esclusione: questo non verifica,
questo sì. Questa operazione è l’ostacolo, è ciò che impedisce che
immediatamente sia raggiunto l’obiettivo, cioè che immediatamente sia
verificato. In questi termini l’ostacolo è necessario al funzionamento del
linguaggio. E questo rende conto del fatto che gli umani si attardino per tutta
la loro esistenza nel compiere questa operazione, e cioè trovare un problema da
risolvere perché non possono non farlo. Questa è la domanda, e cioè se gli
umani lo fanno perché sono fuori di testa oppure lo fanno perché non possono
non farlo. Verificare l’elemento che precede, questa è una questione
fondamentale. Sì, per una serie di motivi: primo è che ci fa intendere meglio
come funziona il linguaggio, perché se l’elemento che segue non verifica quello
che precede viene eliminato. Cosa vuol dire che lo verifica? Quali elementi ha
per verificare l’elemento che lo precede, quello che lo segue? La coerenza,
quello che lo segue cioè non è contraddittorio con ciò che lo precede, è
sufficiente questo? No. Occorre un altro elemento perché possa verificarlo.
Anche perché è possibile costruire molte argomentazioni che non contraddicano
quell’elemento precedente ma non per questo lo verificano. Come indicato già
nello scritto sul linguaggio le condizioni della verifica sono date dalle
regole del gioco che sta facendo. Le regole del gioco, sono queste che
forniscono le indicazioni, e la non contraddittorietà. Per esempio nel gioco
che stiamo facendo è ovvio che ciò che affermiamo non soltanto non deve
contraddire ciò che abbiamo affermato in precedenza, ma deve attenersi alle
regole del gioco che stiamo facendo, cioè che ciò che affermiamo in questo caso
non sia negabile, ché se negato produce una proposizione autocontraddittoria e
pertanto non utilizzabile e questo è un aspetto, l’altro riguarda la
prevedibilità, in un certo senso, e cioè il campo semantico, gli elementi che
potranno intervenire in seguito a una certa premessa, una A qualunque, sono
limitati da quelli che non contraddicono la A e la verificano, la rendono vera.
Per rendere vero un elemento occorre un criterio di verità ovviamente, per
questo vi dicevo che sono le regole del gioco che stiamo facendo che
stabiliscono il modo di verifica, ché sono regole che forniscono il criterio di
verifica, nel nostro caso il criterio di verifica, come dicevo prima, è quello
di costruire proposizioni che se negate risultino autocontraddittorie, tutto
ciò che soddisfa questo criterio è vero, tutto ciò che possiamo costruire che
non contraddice le premesse e che risulta necessario in questa accezione e cioè
che non è negabile viene accolto da noi come vero, in questo caso con qualcosa in più, e cioè necessario. Quindi se io
conosco le premesse da cui parte un certo discorso e so quali sono le regole
alle quali si attiene allora il campo semantico nel quale dovrà trovarsi il
conseguente si restringe, si restringe parecchio. È chiaro che occorre reperire
le regole di quel gioco, a questo punto gli elementi di cui disponiamo rispetto
alla conoscenza del linguaggio possono anche tornarci utili per intendere il
funzionamento di un discorso, perché un discorso va in una certa direzione
anziché in un’altra, date certe premesse che sono le cose in cui una persona
crede generalmente, sono le cose che sa, per così dire, a questo punto noi
sappiamo che tutto ciò che dirà saranno affermazioni che avranno l’unico scopo
di confermare, cioè di verificare ciò che sa. Ci si potrebbe domandare: ma “se
le sa perché le dovrebbe verificare?” Perché non è così certo, e in effetti
questo sapere non è provabile, non è fondabile su nulla e quindi non è mai
certificato una volta per tutte, deve continuamente essere stabilito. Vi faccio
un esempio banalissimo: una persona interviene in una conferenza e dice la sua,
per esempio della botta in testa, tutte le proposizioni che costruirà andranno
in un’unica direzione, ciascun elemento che interverrà avrà un’unica funzione:
verificare ciò che precede e cioè il suo assunto. Può sembrare una cosa banale,
però possiamo aggiungere che non può fare altrimenti, se è quello che sa e cioè
che la botta in testa è fuori dal linguaggio allora tutto ciò che dirà non farà
altro che confermare questa premessa, perché il linguaggio funziona così. Non
può non farlo, è questa la questione, non è che lo fa per la fede ma perché il
linguaggio lo costringe a muoversi in questo modo, non può fare altrimenti che
così, tutto ciò che sa costituirà la premessa che per tutta la sua vita tenterà
in tutti i modi di verificare, verificare cioè rendere vera quindi confermare…
Intervento:
il che ciò che precede deve confermare la premessa
Ciò che
segue, sì…
Intervento: come si pone come tale cioè una
premessa?
Per il
momento non ci interessa la questione, stiamo semplicemente considerando che
cosa necessariamente deve seguire a una premessa, quali caratteristiche deve
avere: che non contraddica la premessa e che la verifichi. Lei si chiede della
premessa, la premessa può essere qualunque cosa, per esempio che qualsiasi cosa
questo è un elemento linguistico. La premessa generale dalla quale possiamo
dedurre una serie notevole, visto che ne stiamo parlando da anni, di
affermazioni, di proposizioni che muovono sempre da questa premessa, cioè dalla
premessa che è considerata vera, nel nostro caso necessaria, in qualunque altro
caso non è necessaria, è assolutamente arbitraria, il problema può sorgere là
dove la premessa arbitraria viene considerata necessaria…
Intervento: all’interno del gioco è vera cioè
sempre verificata
Sì è
necessaria la premessa certo, non la premessa generale, ma quando ci chiediamo
per esempio se l’ostacolo è necessario al funzionamento del linguaggio oppure
no, la proposizione che verificherà questa affermazione dovrà essere
verificata, noi in questo caso la verifichiamo considerando se risulta
necessaria oppure no…
Intervento: rispetto a qualche cosa che viene
dato come assunto
Che qualsiasi
cosa è un elemento linguistico, certo, questa rimane la premessa necessaria,
non viene messa in discussione la premessa che risulta necessaria ma viene
confrontata con questa premessa per verificare se risulta altrettanto
necessaria…
Intervento: tutto ciò che segue
Sì, io ho
affermato che l’ostacolo è necessario al funzionamento del linguaggio, dicendo,
ponendo l’ostacolo come ciò che impedisce il raggiungimento immediato di un
obiettivo. Che cosa impedisce il raggiungimento immediato di un obiettivo?
Delle proposizioni, delle considerazioni…
Intervento: è la stessa immediatezza a non essere
del linguaggio, perché se ci fosse immediatezza non ci sarebbe il passaggio
dell’inferenza
Certamente…
Intervento: e quindi è lo stesso verificare che è
l’ostacolo
È esattamente
ciò che ho detto, è proprio questo verificare che costituisce l’ostacolo, ciò
che il linguaggio deve compiere per costruire la proposizione che possa seguire
alla precedente, questa operazione di verifica che viene messa in atto da
queste due modalità, da questi due criteri, queste due regole: l’una è che non
contraddica la precedente, l’altra che si attenga a un criterio che è stato
stabilito dal gioco che sta facendo. Ora questa risposta ci ha soddisfatti ma
per giungere a questa risposta abbiamo dovuto eliminare eventuali proposizioni
non verificabili, per esempio, abbiamo considerato l’eventualità che questo
ostacolo non fosse necessario…
Intervento: come ostacolo avevamo d etto della
domanda, cioè l’interrogazione sarebbe stato l’ostacolo
La domanda è
sempre quella vero/falso. La domanda che cosa chiede? Sì/no, chiede questo, che
uno domandi un accendino, domandi qualunque cosa domanda sempre questo, tant’è
che tante volte la domanda è formulata “è vero che…?” domanda questo, è una
domanda di verità. Adesso occorre una precisazione, chiamiamo domanda, ché se
no si fa come fanno gli psicanalisti quelli beceri, si comincia a porre la
domanda come una entità “c’è la domanda” no, chiamiamo domanda quel percorso
del linguaggio che punta a verificare la proposizione, che è diverso, la
chiamiamo domanda perché…
Intervento:
la risposta non è altro che il B dell’inferenza quella che verifica
La risposta:
“Cesare mi presta quell’accendino?” “sì/no” qual è la risposta di Cesare? “sì”
“no” come si situa questa risposta? Ponetela nell’accezione precisa “Cesare è
vero che mi presta quell’accendino?” si/no… è vero oppure no? La risposta di
Cesare sarà una risposta e cioè saprò se è vero o se è falso. In questo caso è
ovvio che dovrò attendere dall’altro la risposta visto che la domanda l’ho
fatta all’altro. Nella struttura del linguaggio, in termini più logici, la
risposta da dove viene? Non può che venire dal linguaggio ovviamente, che cosa
chiedo al linguaggio? Se una proposizione è vera oppure no, e che cosa si
risponde? Sì, se questa proposizione è coerente con la premessa e si attiene
alle regole del gioco che sta facendo, no, nel caso contrario. La risposta
viene dal linguaggio, quindi se A allora B ma in questo caso, nel caso
specifico la B è sottoponibile a un criterio verofunzionale, allora posso
verificare e allora potrò sapere se A allora B oppure se A allora C, perché può
darsi che se A allora non B… ora non vorrei creare confusione in questo caso,
non sto parlando della struttura inferenziale del linguaggio ma di A e B
specifici cioè di individui, di elementi linguistici, appunto come dicevo prima
“Cesare è vero che mi presta l’accendino?” allora se me lo presta, allora
questa affermazione è vera, se A = me lo presta allora B è vera…
Intervento:
è una domanda che può avere due risposte
Perché la
vera, in questo caso, A = è vero che Cesare mi presta l’accendino: io lo
domando, allora se A cioè se Cesare mi presta l’accendino allora B, è vera cioè
effettivamente Cesare mi presta l’accendino, starebbe per il sì, quindi il sì è
vero se Cesare mi presta l’accendino. Può creare qualche equivoco perché adesso
stiamo usando se A allora B non come sistema inferenziale ma come sequenza di
individui, di specifici elementi linguistici…
Intervento:
il “modus ponendo ponens” il primo
Certo se A
allora B, ma A, quindi B…
Intervento:
quando parliamo del campo semantico
Il campo
semantico è formato da tutti gli elementi che non contraddicono la premessa,
poi tra tutti questi elementi che non contraddicono la premessa vengono
ritagliati quelli che soddisfano le richieste delle regole del gioco in cui
sono inserite. Abbiamo detto in quale accezione, lo indichiamo come la serie di
tutti gli elementi che non contraddicono la premessa cui appartengono, il campo
semantico, da questo come dicevo vengono ritagliati tutti quelli che soddisfano
le regole del gioco che sto facendo.
Intervento:
noi stiamo ponendo in termini di linguaggio, per esempio, l’atto mancato,
cercando di rendere conto con il linguaggio di come funziona, in questo caso
ponendo questo ostacolo come necessario al funzionamento del linguaggio, mi
veniva in mente uno dei cavalli di battagli della psicanalisi il famoso
complesso edipico, da cui nasce tutta la storia dell’umanità
Sì, per gli
psicanalisti è la pietra miliare il complesso edipico, fondato su che?
Intervento:
ostacolo come metafora del padre per esempio
Provate a
fare un gioco, provate a considerare la psicanalisi utilizzando l’ermeneutica,
l’ermeneutica una dottrina interpretativa sorta inizialmente allo scopo di dare
una interpretazione letteraria più corretta, e che si basa fondamentalmente
sulla ricerca di tutti gli elementi che hanno indotto una certa persona a
scrivere in un certo modo, quindi la sua formazione, le sue letture, la sua
estrazione sociale, il suo ceto, il suo albero genealogico tutte queste belle
storie. Considerate Freud, Freud ha detto esplicitamente in più punti di avere
sempre avuto un grande interesse per la mitologia, anzi al punto da porla in
una ideale scaletta di discipline adatte alla formazione dello psicanalista;
conosceva sicuramente bene la mitologia e questo ci induce a supporre, adesso
facciamo un esercizio ermeneutico, a supporre che desse alla mitologia, che
attribuisse alla mitologia una notevole importanza, un importanza tale da
indurlo a supporre che la storia di Edipo che ci
racconta Sofocle costituisca qualche cosa che è comune a tutti gli umani, e
cioè il desiderio di possedere la madre dopo avere sgozzato il padre. Ora
ermeneuticamente potrebbe essere giustificabile che Freud sia arrivato a questa
conclusione vista la sua grande passione per la mitologia e l’importanza
straordinaria che le attribuiva, però adesso usciamo dall’ermeneutica e
consideriamo questa affermazione di Freud, in base a che cosa ha affermato una
cosa del genere? Lui l’ha riscontrata? Sì, dice di averla riscontrata in alcune
persone, quante ne ha analizzate Freud? Dieci, cento, mille? Diciamo un
centinaio. Cento persone, quante ne sono vissute prima di Freud? O quante ne
erano presenti ai tempi di Freud? Per fare una affermazione del genere occorre
avere sentito tutte le persone che sono esistite, quelle che esistono, e tutte
quelle che esisteranno. Oppure ci basta semplicemente reperire che una persona
affermi una cosa del genere, più o meno pilotata da lui, c’è questa eventualità
visto che lui considerava la mitologia un fondamento per l’addestramento degli
psicanalisti, ha preso per buono il mito di Edipo, dobbiamo pensare che questo
non abbia in qualche modo influito, il fatto che trovava esattamente ciò che
voleva trovare?
Intervento:
…
Solo che
questa cosa ha avuto un risvolto più importante, ma in effetti lui non ha
nessun motivo per pensare una cosa del genere, ammettiamo anche che per qualche
persona sia così, ma per tutte? Questo mi autorizza a generalizzare al punto da
immettere un quantificatore universale? Per tutti gli uomini, se sono tali,
allora c’è il complesso di Edipo, perché? È arduo sostenere una cosa del
genere, cionondimeno il complesso di Edipo si è costituito a caposaldo di tutte
le dottrine psicanalitiche, una affermazione fondata su niente, ora prendete i
concetti fondamentali della psicanalisi, a noi interessa dare a questi concetti
fondamentali una dignità logica? Sì, no, forse… per quanto mi riguarda la
risposta è no, non mi interessa minimamente dare una giustificazione logica a
concetti come la rimozione, il transfert etc., per quanto mi riguarda non
significano assolutamente niente. Freud ha detto che esiste la rimozione,
semplicemente per il fatto che ogni tanto mi dimentico qualcosa o che
addirittura immagino che le mie parole siano pilotate da altre parole che io
non dico, ma che per qualche motivo siano colpite da rimozione? Perché è questa
la questione. Sì io posso pensarlo certo, ma posso sostenere una cosa del
genere? L’unica cosa che posso dire è che non posso dire simultaneamente due parole,
perché il linguaggio me lo proibisce, ma al di là di questo e che quindi usando
una parola escludo tutte le altre, certo il linguaggio funziona così, ma da
questo cosa dobbiamo trarre? Che le altre non dette in qualche modo
intervengono? Provatelo! O che un termine, una parola che io ho dimenticata
piloti le altre che mi vengono in mente? È una possibilità, ma da qui a dire
che è così ce ne passa, che questo computer si accenda da solo o si inventi un
programma è una possibilità, e allora? Quindi ecco perché dobbiamo inventare la
psicanalisi, che non è altro che il gesto inaugurale della psicanalisi, certo
inventata da Freud, solo che non l’ha portata a compimento, e cioè una domanda
che interroga anche ciò stesso che sta facendo, gli stessi fondamenti da cui
muove e cioè interroga senza pregiudizi, senza mezzi termini, senza pudore. In
effetti è soltanto questo che abbiamo fatto, continuare a interrogare le cose
stesse che sapevamo e che ci consentivano di giungere a porci queste domande.
Il merito di Freud è di avere insegnato a domandare, solo che le domande che
abbiamo poste hanno coinvolto lui stesso e la sua dottrina, e l’ha travolto
perché non ha retto a questo serrato domandare. Io non lo so se sia di qualche
utilità sapere perché una persona dimentica una certa cosa, o forse la cosa va
posta in tutt’altro modo ovviamente…
Intervento:in
termini linguistici
Sì certo, ed
è anche possibile. La scena originaria l’abbiamo riconsiderata tenendo conto di
ciò che non può non accadere al momento in cui si installa il linguaggio. È da
lì che dobbiamo ripartire per riconsiderare tutto…
Intervento: cosa si intende come scena
originaria?
In Freud la
scena originaria è un evento avvenuto o immaginato per cui il bambino in questo
caso che si trova a confrontarsi con questa cosa ne subisce un trauma. Un
trauma vale a dire che qualche cosa accade che non riesce a comprendere e che
agganciandosi a degli elementi che viene a conoscere in seguito diventa
intollerabile, elementi etici, morali, civili etc… per esempio, nel caso di
Freud, il fatto di avere desiderata la madre cozza con tutta una serie di
ordinamenti civili, morali, etici, quindi produce senso di colpa, produce
l’idea di avere pensato o commesso un crimine. Se uno desidera la madre
l’ostacolo immediato è la presenza del padre, e quindi deve eliminare il padre;
però ciò che accade nel linguaggio è molto più interessante, dal momento in cui
si installa e dobbiamo tornare su questa questione perché consentirà di rendere
conto di molte cose e da lì partiremo per costruire la psicanalisi, proprio
come se dovessimo scrivere una psicanalisi generale, che non è altro che un
rendere conto di come funziona il pensiero, come si svolge e quindi come
funziona il linguaggio, nient’altro che questo.
Intervento: la questione della prevedibilità cui
ha accennato
Qualcosa è
prevedibile nel senso che tutte gli elementi linguistici e le proposizioni che
si snoderanno a partire da un certo elemento… le faccio un esempio: supponiamo
che un tizio sia favorevole alla guerra, sia un pacifista, ora supponiamo che
si venga alla guerra fra gli Stati Uniti e l’Iraq, allora il pacifista dirà che
Bush è un criminale e che la guerra deve cessare subito, ovviamente tutto ciò
che argomenterà non farà altro che cercare di confermare la sua premessa e cioè
che Bush è un criminale e che la guerra deve essere fermata, se io so a questo
punto il gioco che sta facendo, per esempio vuole utilizzare le sue
argomentazioni, visto che si sta parlando di una certa cosa, di utilizzare un
certo elemento, sono in grado addirittura di potere costruire le stesse
argomentazioni che costruirà lui, visto che so con certezza che tutto ciò che
dirà dovrà necessariamente verificare ciò che lui sa, non potrà fare
nient’altro che questo. È ovvio che occorre avere gli elementi, nel caso della
guerra in corso questo diventa più complicato perché non abbiamo sufficienti
elementi, non sappiamo quali siano le pressioni che ha Bush da parte delle
compagnie petrolifere e delle multinazionali delle armi, non sappiamo ciò che sta
succedendo in Iraq, che cosa succede tra Saddam Hussein e il suo gruppo, non
sappiamo un sacco di cose, ma se le sapessimo allora sarebbe prevedibile
l’esito della guerra. Può apparire una questione banale, però può avere una
quantità notevole di risvolti, lei prima faceva l’esempio della finanza, del
mercato e dicevamo che la finanza non può fare nient’altro che una proiezione,
esattamente come fa il meteorologo: se le condizioni del tempo rimangono quelle
di oggi allora domani ci sarà questo tempo… invece in questo caso non è
propriamente una proiezione, ma si ritaglia quell’ambito di affermazioni che
necessariamente seguiranno…
Intervento:…
Sì, però se
noi sapessimo che cosa sa effettivamente Bush, ecco che allora sapremo che
tutto ciò che segue e che dirà non potrà fare nient’altro che…
Intervento:…
Lo farà
anche, però ciò che lui sa, come chiunque, lo ritiene fuori da un gioco,
ritiene che sia semplicemente la descrizione di eventi reali, questo può essere
un problema…
Intervento:…
Procedono nel
suo discorso ma non in quello di altri, se invece è considerato reale immagina
che questo reale sia tale per tutti e che quindi la risposta sia la stessa per
tutti, ecco qual è l’inghippo, mentre la risposta è necessariamente quella ma
solo per lui, questo non è un dettaglio da poco, perché se ciò che lui sa lo fa
collimare con la realtà allora penserà che tutti quanti reagiranno in quel modo
perché se la realtà è quella non possono che rapportarsi…
Intervento:…
Sì, la
politica non è altro che uno scontro tra religioni cioè tra realtà diverse…
Intervento:…
Il fatto di
sapere che il poker sia un gioco non mi consente di vincere necessariamente
sempre…
Intervento:…
Si scontra
con l’idea della realtà che è pensata come la realtà e quindi identica per
tutti e questo è un equivoco…
Intervento:…
Se le
condizioni sono queste e cioè c’è l’Iraq, c’è Saddam che va a braccetto con
quell’altro, quell’altro è un terrorista e quindi è terrorista anche lui,
quindi un terrorismo che non fa che proliferare perché sì sa come sono fatti i
musulmani… questo è che ciò che è reale per tali uni, ma non è reale per tali
altri…