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26-2-2014

 

Sono questioni interessanti quelle che pone Feyerabend, abbastanza vicine a ciò che disse Nietzsche “non ci sono fatti ma interpretazioni”. Quando diciamo che la scienza della parola, cioè la teoria del linguaggio che abbiamo costruita è un gioco linguistico al pari di qualunque altro, l’accento lo porrei su “al pari di qualunque altra cosa”, di qualunque altro gioco linguistico, ma sottolineo “qualunque”, in altri termini, tutti. Qualunque discorso, qualunque argomentazione, qualunque ricerca, qualunque trovata scientifica, invenzione eccetera non può essere che un gioco linguistico, a meno che non si ponga come la definizione o la manifestazione di una verità assoluta, quindi di un enunciato universale extralinguistico. Questo aspetto che compare fra le righe di ciò che dice Feyerabend è fondamentale ed è la cosa più complicata, più inaccessibile, più impraticabile che mai sia stata pensata, al punto che è come se non potesse neppure venire sentita dalle orecchie. Il motivo lo abbiamo colto in varie occasioni perché si tratta a questo punto, non più, o non tanto, di porre le questioni in modo diverso o mostrare altri aspetti, si tratta di una cosa straordinariamente semplice ma devastante, e cioè che una qualunque argomentazione, un qualunque discorso è un gioco linguistico fine a se stesso, il cui unico scopo è quello di costruirsi e di proseguire. Le giustificazioni per fare queste cose cioè per costruire discorsi e argomentazioni sono infinite come ciascuno di voi sa, ma il motivo per cui vengono fatte è una questione di potere, e cioè stabilire degli enunciati universali, chi controlla gli enunciati universali controlla il mondo in un certo senso. La scienza è quella dottrina che è stata preposta alla costruzione e al mantenimento e all’imposizione direi soprattutto di enunciati universali, come la religione, che ha avuto la fortuna che oggi ha la scienza un po’ di anni prima, però per considerare a pieno questa questione e cioè che ciascun atto linguistico è all’interno di un gioco, cioè è costituito un gioco linguistico occorre considerare il percorso che abbiamo fatto fino ad oggi. Un percorso che a questo punto ci consente di considerare quella cosa che Freud ha inventato e che ha chiamato psicanalisi come la più straordinaria teoria semantica. Direi che la psicanalisi è soltanto una teoria semantica, una teoria che si occupa di indagare il significato. Sto dicendo che questa teoria semantica che Freud ha inventato, senza saperlo perché lui non parla assolutamente mai di teoria semantica, si costituisce nel momento in cui si accorge che il significato delle cose, tanto dei termini quanto delle proposizioni, come direbbero i filosofi analitici, è composizionale, cioè viene composto tenendo conto dei significati dei termini all’interno del gioco in cui è inserito, cosa che anche la semiotica ha rilevato. Ci sono molte discipline nate nel secolo scorso che direttamente o indirettamente sono andate in questa direzione, così come la filosofia della scienza Feyerabend e altri, come se ci fosse stata a un certo punto una sorta di convergenza di varie teorie, varie discipline, in particolare la linguistica con De Saussure poi la semiotica con Jakobson, con Hjelmslev, Peirce, Bremond, Greimas e altri, una convergenza verso un qualche cosa che ha incominciato a considerare che i significati delle proposizioni, dei termini, forse coinvolgono questioni più complicate, più complesse di ciò che comunemente si considera. Freud ha inteso la questione quando si accorge che ciò che una persona dice viene da altre cose, ha inteso che questi significati sono costruiti da altre cose, quali? Adesso lasciamo da parte la questione perché lui è andato a cercare ciò che gli è parso in quel momento opportuno, e cioè la questione sessuale, ma non è così, cioè non è solo così, può accadere che ci sia la questione sessuale, anche spesso per una serie di buoni motivi, perché è stata ostracizzata, è stata cacciata malamente con ignominia, mandata fuori dal consesso civile, proibita, e questo è uno dei motivi per cui la questione sessuale è diventata così importante soprattutto dal momento in cui la chiesa cattolica se ne è appropriata facendone un monopolio, dicendo che cosa si deve fare e che cosa non si deve fare soprattutto. Dunque la cosa importante è che il significato di un termine, di una proposizione, procede da altri elementi, non ha un significato intrinseco e soprattutto non ha un significato referenziale cioè non dice la cosa, ma dice il modo in cui un termine è utilizzabile, sarebbe la definizione del dizionario, ma poi come questo viene utilizzato di fatto dal discorso questa è un’altra questione. Dunque una teoria semantica che indica il modo in cui le parole si connettono fra loro. Ho posto l’accento su Freud perché ha inteso più di altri che ciascuna volta in cui si parla intervengono molti altri elementi, sempre, necessariamente, cioè ha inteso che il significato è costruito dalle fantasie. Questo non è così evidente né così chiaro, né nella semiotica, né meno che mai nella filosofia analitica dove le fantasie sono totalmente assenti. Nella semiotica intervengono ma non con il rilievo che hanno, mentre Freud è stato chiaro su questo: gli umani vivono delle fantasie, non c’è nient’altro, le fantasie sono altri discorsi naturalmente ma perché tutte fantasie sono fantasie di potere? Dovremo domandarci a questo punto perché ci sono delle fantasie, che cosa intendiamo con fantasia soprattutto? Fantasia non è nient’altro che un discorso, un racconto all’interno del quale la persona, cioè il discorso, suppone di potere affermare con assoluta certezza la verità delle proprie asserzioni, questa verità delle proprie asserzioni si manifesta attraverso il riconoscimento di tale verità da altri, da parte di altri discorsi. È per questo che si tratta sempre di una questione di potere, perché ciascuna volta queste fantasie costruiscono delle scene dove il proprio discorso è prioritario su tutto, cioè non ci sono ostacoli, come avviene nelle conversazioni invece, nelle argomentazioni, dove ci sono ostacoli perché qualcun altro potrebbe inserire il dubbio o dire che non è affatto d’accordo per esempio, o dire che è tutto sbagliato. La fantasia utilizza questo sistema tale per cui questi ostacoli vengono eliminati, non c’è più nessuno che obietti qualcosa e ovviamente in qualunque discorso questa fantasia cerca di intervenire, infatti ciascuno cerca a modo suo di persuadere gli altri della verità di ciò che sta dicendo, ma questi altri possono non essere d’accordo e allora interviene l’idea che questi altri o non hanno inteso, perché se avessero inteso direbbero la stessa cosa, oppure sono in mala fede oppure sono insani. Ogni volta che si parla, è l’unico motivo per cui si parla in effetti, si costruisce una sequenza che deve concludere con un’affermazione riconosciuta come vera all’interno del gioco, pare che il linguaggio non abbia nessun altro obiettivo. Quindi il linguaggio è una sequenza che deve concludere con un’affermazione universale, la struttura del linguaggio è tale per cui soltanto se viene affermato qualcosa in modo universale, cioè vero all’interno di un certo gioco, può proseguire, il suo obiettivo è proseguire e quindi fa questo, cioè costruisce delle sequenze, delle proposizioni che affermano qualche cosa che deve essere riconosciuto vero. Se non si è inteso come funziona il linguaggio e cioè che deve costruire delle proposizioni vere all’interno di un certo gioco solo per potere proseguire, allora accade di prendere queste affermazioni universali, come universali non soltanto fuori dal gioco all’interno del quale sono inserite, ma fuori dal linguaggio, ed è per questo che devono essere imposte, perché se sono fuori dal linguaggio non sono più soggette a un criterio personale, arbitrario, soggettivo, se sono fuori dal linguaggio sono quelle che sono ed essendo quelle che sono se io ho colto “come sono esattamente” non c’è la possibilità che qualcun altro le colga altrimenti: se sono quelle che sono, se questo è un orologio e se invece lei mi dice che è un pullman io posso dubitare di un certo numero di cose che la riguardano. Ma in genere queste questioni vertono non tanto sui vari aggeggi ma su concetti astratti: il bene, il bello, la virtù eccetera, se le cose sono quelle che sono, e non all’interno di un gioco linguistico ma fuori dal linguaggio allora sono così, e se io dico che le cose sono così, non c’è più niente da obiettare perché sto semplicemente mostrando la realtà. È per questo che le persone tentano di, come verifichiamo ininterrottamente, di imporre il proprio potere cioè la propria verità, perché senza rendersi conto esattamente di quello che si sta facendo mentre si parla, cioè si costruiscono sequenze, senza rendersi conto di questo, parlano come se le cose che stanno dicendo fossero fuori dal linguaggio e quindi delle realtà, delle verità incontrovertibili, e allora accade di sentire qualcuno che vuole insegnare come stanno veramente le cose e il più delle volte nessuna di queste persone ascolta ciò che altri dicono perché se quello che sta dicendo è diverso da quello che dico io è ovvio che sta sbagliando, non c’è un’altra possibilità è così. Se Simona fosse convinta di una certa cosa e io dicessi il contrario, Simona penserebbe che io ho torto, che non mi sono accorto di una serie di cose, se me ne accorgessi non affermerei ciò che affermo, allora quindi Simona si darebbe da fare affinché io abbia l’occasione di accorgermi di quelle cose che mi condurrebbero alla sua ragione. È questo che fanno gli umani ininterrottamente, perché dall’enunciazione di affermazioni vere si trae quella cosa che si chiama soddisfazione, piacere, viene addirittura da pensare che sia l’unico piacere di cui gli umani possono usufruire in qualunque caso, come dire che pare che non ci sia altro tipo di piacere. E quindi rinunciare a questo piacere sembra dovere rinunciare a tutto, a questo punto non c’è più il piacere, non c’è più la soddisfazione e verrebbe probabilmente alle persone, di domandarsi “che si parla a fare?”, domanda legittima in effetti, però c’è un inganno. Il piacere procede dal modo in cui procede il linguaggio, ma procede dal fatto di potere proseguire e proseguendo costruire altre proposizioni, queste altre proposizioni aprono verso altre proposizioni quindi costruiscono altri giochi linguistici incessantemente, ed è ciò che avviene in un’analisi: il piacere lì si trae non dall’idea di affermare proposizioni vere, assolutamente vere, ma dalla costruzione di nuovi giochi linguistici che in fondo è ciò che accade in un gioco, un gioco inteso in accezione ludica. Vi facevo l’esempio della partita a poker con gli amici, non è che si gioca con gli amici a poker per vincere quei dieci euro, venti euro, non è per quello che lo si fa, ci sono certo anche giocatori professionisti ma questo è un altro discorso, se lo si fa per scopo ludico, lo si fa per il divertimento del gioco, per inventarsi una nuova mossa del poker, è da lì che si trae il piacere, è da lì che una persona trae il suo piacere anziché trarlo dall’affossare, eliminare, distruggere l’altro, cosa che invece accade comunemente, è da lì che si trae il piacere, dall’agone dialettico, cioè dal vincere qualcuno argomentando in modo più efficace e più persuasivo. È per questo che vi ho parlato della psicanalisi come una teoria semantica, probabilmente è l’unico modo per intendere la psicanalisi, in un modo che sia effettivamente interessante, come una teoria semantica e cioè che mostra come si produce il senso, i termini, le proposizioni, mentre si agganciano con altre proposizioni, con altri termini costruendo continuamente nuovi giochi per il piacere di fare questo, per il piacere di agire il linguaggio anziché subirlo. Subire il linguaggio è quella storia che dicevo prima e cioè immaginare che le cose che io dico siano quelle che sono perché hanno un referente nelle cose, nella realtà, ed è solo allora ed è solo a questa condizione che io sono costretto, dal mio stesso gioco che subisco, a imporre questa verità ad altri, perché la verità di cui sto parlando è una verità sub specie æternitate.