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26-1-2011

 

C’è qualche questione?

Intervento: la volta scorsa dicevamo del fatto che si dice sempre la stessa cosa, mi piacerebbe tornare su questo aspetto e chiedevo se in termini clinici può essere una rilettura della ripetizione, rileggevo la questione della “coazione a ripetere” …

È ciò che andiamo dicendo ultimamente intorno al fatto che per gli umani è necessario sentirsi importanti e ciò che fanno è di cercare delle situazioni, delle condizioni per sentirsi importanti, oppure si lamentano di non esserlo a seconda dei casi, però rimane sempre la necessità di essere importanti. La volta scorsa abbiamo accennato anche all’aspetto teorico, cioè su cosa si basa una cosa del genere e quali sono i fondamenti teorici, che vanno sempre cercati nel funzionamento del linguaggio, se il linguaggio ha la necessità di concludere con un’affermazione vera allora gli umani hanno questa necessità, se il linguaggio costruisce proposizioni che devono concludere sempre con un’affermazione vera e cioè continuare ad affermare “questo è questo”, allora gli umani fanno questo e continuano ad affermare “questo è questo” all’infinito, con qualche variante naturalmente. Il “questo” di volta in volta può essere qualunque aggeggio, questo è indifferente, però il fatto di trovare la risposta a qualunque questione nel funzionamento del linguaggio è una chance effettivamente, d’altra parte se gli umani sono fatti di linguaggio, come sono fatti di linguaggio, non possono che muoversi e agire e pensare esattamente nel modo in cui funziona il linguaggio, non hanno altre possibilità, è come una sorta di vincolo, mettiamola così, a questo punto è chiaro che tutta la clinica, la cosiddetta clinica psicanalitica va ripensata in tutt’altro modo. Effettivamente tutto ciò che ha fatto Freud riguardo ai disturbi di vario genere è una cosa abbastanza singolare, non so se avete letto le notizie di questi giorni apparse sull’Ansa: gli psicologi hanno decretato, anzi hanno de rubricato il narcisismo come malattia, hanno deciso che non è più una malattia perché il narcisismo è talmente diffuso tra le persone che non è più possibile considerarlo una malattia. Una affermazione del genere, aldilà del mettere in evidenza, se mai fosse necessario, la stupidità di molti psicologi, dice però una cosa curiosa e cioè, cosa che anche Freud per qualche verso ha sottolineato, che la malattia, intendo quella psichica, non credo si riferissero al raffreddore anche perché il raffreddore pur essendo diffusissimo rimane una malattia, non vedo perché anche il raffreddore non dovrebbe essere anche lui derubricato perché è talmente diffuso che non è più una malattia, come dire che ciò che è più comune, più praticato è il normale, ciò che è meno praticato è la malattia e di conseguenza ovviamente è sano ciò che pensano i più, è malato ciò che pensano i meno. Pare una conseguenza inevitabile, d’altra parte è sempre stato così però. Vi dicevo che occorre muovere dal funzionamento del linguaggio, e questo comporta pensare alla clinica in tutt’altro modo vale a dire come un modo che le persone di volta in volta trovano per potere affermare le loro verità. L’utilizzo del termine clinica è a questo punto improprio, non c’è nessuna clinica in realtà perché non c’è nessuna malattia, si tratta soltanto di trovarsi ad agire il linguaggio oppure subirlo, se lo si subisce e cioè non ci si accorge, non c’è la possibilità di praticare il linguaggio e quindi conoscere il suo funzionamento, se non si conosce il suo funzionamento non resta che attendere le verità da altro che non sia linguaggio, ma è esattamente questo che comporta una sorta di arresto dell’intelligenza, un limite alla sua praticabilità. Cercando la verità fuori dal linguaggio che l’ha costruita, l’intelligenza può arrivare fino a un certo punto, oltre non può più andare e questa sorta di colonne d’Ercole è esattamente quello che chiamavo tempo fa l’inganno, finché permane l’inganno l’intelligenza ha un limite che non può oltrepassare, come dire che non può pensare se stessa, e le sue condizioni. Probabilmente questo è ciò che ha impedito anche ad alcune fra le menti più robuste di compiere questo passo e cioè di costringere il pensiero a pensare se stesso e cioè a valutare, a considerare quali sono le sue condizioni, e non c’è stata questa opportunità perché è sempre rimasta l’idea che comunque la verità stia da qualche parte che non è linguaggio, direi che solo a questa condizione è possibile uscire da questa difficoltà e quindi avviare di fatto una pratica dell’intelligenza, che non è nient’altro che mettere in condizioni il proprio discorso di accedere a ciò che lo costruisce e cioè al linguaggio, se manca questo accesso ecco che il discorso è come se girasse a vuoto, gira in tondo, continua effettivamente a ripetere sempre le stesse cose e cioè quelle verità sulle quali costruire tutte le varie superstizioni ma non c’è nessuna possibilità di uscirne, come se di fatto continuasse a ripetere “questo è questo” senza avere nessuna possibilità di sapere quello che sta facendo. Per dirla in modo più appropriato, cosa significa che una persona avverte un disagio, per esempio? Adesso facciamo qualche riferimento più specifico, è come dire che si trova a fare o a pensare cose che non vorrebbe, almeno così dice, fare o pensare, la trovata di Freud è stata quella di inventare un inconscio con tutti i suoi ammennicoli che pilota la persona indipendentemente dalla sua volontà, cioè da ciò che dice di volere. Tenendo conto del funzionamento del linguaggio possiamo rispondere a questa domanda e cioè perché una persona fa, dice cose che invece afferma di non volere fare o pensare, dicevamo prima dell’importanza, che le persone per tutta la loro esistenza perseguono l’importanza cioè delle scene, delle situazioni, delle circostanze per cui possono sentirsi importanti in un modo o nell’altro è indifferente, tenendo conto di questo, possiamo valutare se tutto ciò che è stato ascritto alla nosografia psicanalitica come sintomo non proceda da qualcosa del genere, e cioè dalla necessità per gli umani di sentirsi importanti per qualcuno, che è solo il modo in cui si configura, si manifesta la necessità di concludere proposizioni con una affermazioni vera. Ciò che comunemente è chiamato disagio corrisponderebbe a quella circostanza, quella situazione in cui la persona non ha gli elementi per sentirsi importante per qualcuno, potrebbe essere così per il momento, ora proviamo a considerare un sintomo, uno qualunque, qualcuno vuole proporre un sintomo?

Intervento: la tosse …

Ecco la tosse che interviene a disturbare preferibilmente me, mentre sto parlando. In questo caso lei offre la soluzione su di un piatto d’argento, perché impedire a qualcuno che si suppone più abile nel parlare, nel pensare, nell’esporre le cose, attribuire dunque la tosse alla necessità di impedirgli di proseguire appare abbastanza semplice da intendere, è ovvio che se io mi trovo, facciamo questa ipotesi per assurdo, di fronte a qualcuno che sa pensare, parlare, esporre le cose meglio di me, se io fossi preso da tali fantasie di essere più importante e più bravo, è ovvio che mi sentirei in difetto, mi sentirei messo in disparte e quindi, sempre se fossi preso da questa fantasia, di dovere avere la supremazia su tutti e farei di tutto o per superarlo in bravura oppure per impedirgli di fare quello che sta facendo. Ora, nel caso avessi la certezza o anche solo il dubbio di non riuscire nella prima operazione allora mi dedicherei alla seconda, cioè di impedirgli di parlare. Ma perché tutto questo possa accadere occorre che sia presente questa fantasia di dovere essere importanti, di dovere essere il primo, di dover essere il più bravo, perché se non ci fosse questa necessità allora non mi troverei a dovere impedire all’altro di parlare nel modo in cui sta parlando e quindi non avrei bisogno di tossire selvaggiamente in modo di coprire le sue parole. Quindi in questo caso è abbastanza evidente che il motore di tutto sta nella necessità di essere importanti o più importanti o non meno importanti, a seconda della varianti che possono intervenire, la domanda a questo punto è se qualunque cosa che venga avvertita dalla persona come sintomo sia riconducibile a questa struttura oppure no, come sapete basta un solo caso in cui questo non si verifichi per inficiare tutto quanto. Tuttavia a noi non interessa trovare argomentazioni forti e sofisticate in modo da potere compiere un’operazione del genere, e cioè ascrivere qualunque sintomo a questa necessità di essere importanti, non è che dobbiamo vincere una partita o persuadere qualcuno ma considerare se l’esistenza di un sintomo sia riconducibile al non avere la possibilità di praticare il linguaggio. Se ci atteniamo al funzionamento del linguaggio effettivamente parrebbe essere così, e cioè tutto ciò che la persona denuncia come difficoltà appare facilmente riconducibile alla difficoltà che il discorso incontra a sostenere se stesso cercando un sostegno fuori dal linguaggio. Più volte abbiamo fatto l’esempio sempre della macchina, la macchina non può tecnicamente incontrare difficoltà di questo genere dal momento che qualunque questione intervenga comunque è risolvibile necessariamente attraverso quelle istruzioni che la fanno funzionare, perché fuori da queste istruzioni non c’è niente, perché è tutto all’interno del sistema e non è neanche prevista qualche cosa che sia fuori dal sistema, non c’è, e questo ci conduce a un’altra considerazione, e cioè una persona che si trovi a pensare in questo modo e cioè che non cerchi la garanzia, la verità, il sostegno di ciò che pensa in qualche cosa che sia fuori dal linguaggio di fatto non può avere problemi, in questa accezione, qualunque cosa che intervenga necessariamente deve essere ed è risolvibile all’interno del sistema, attraverso quelle stesse istruzioni che hanno creato le sequenze: così come queste istruzioni creano sequenze queste sequenze sono debitrici della loro esistenza di queste istruzioni, e se fuori da queste istruzioni non c’è nulla tutto si svolge all’interno del sistema, e non c’è il problema, non c’è la difficoltà perché la difficoltà è data dall’impossibilità di trovare il riferimento ultimo in qualche cosa fuori da questo sistema. A questo punto potremmo aggiungere che l’esistenza di ciò che Freud chiamava nevrosi è data, è costruita dall’inganno di cui dicevamo qualche volta fa, in assenza di questo inganno non c’è nessuna possibilità di nevrosi in nessun modo, che non è poco se ci pensate bene, e anche se ci pensate male: provate a togliere a una persona la necessità di sentirsi importante, che poi è una derivazione dell’inganno e cioè della necessità di trovare in qualche cos’altro o qualchedun’altro la garanzia di sé, togliete a una persona questa necessità, succede un fenomeno bizzarro, e cioè togliete a questa persona la sua umanità. L’umanità, cioè tutto ciò che comunemente è attribuito a questo termine, ha a che fare con il bisogno di ciascuno dell’altro, della necessità di essere supportato, confortato, di confortare e supportare e aiutare in qualunque modo e questo è supportato dalla fantasia di dovere comunque essere importante per qualcuno, in fondo aiutare qualcuno è sentirsi importante, dovere essere aiutato da qualcuno è immaginare di essere importante per quella persona, o di doverlo essere. Per questo dicevo che non ci sarebbe più l’umanità della persona nell’accezione che vi ho indicata, questo non significa naturalmente che la persona diventi una belva feroce, certamente no, anche perché non gliene importa assolutamente niente di diventare una belva feroce, può fare qualunque cosa ritenga opportuna ma sapendo esattamente quello che fa e perché lo fa, ma mai per nessun motivo al mondo abdicando alla totale e irreversibile consapevolezza di quello che sta facendo. È questa consapevolezza totale, assoluta e irreversibile che rende la persona disumana, nella vulgata gli umani sono tali perché sono fragili, bisognosi, in difetto per via del peccato originale, per cui gli umani sono in difetto dalla nascita, nascono nel peccato e muoiono non so dove, è questa l’umanità, l’essere in difetto, l’essere bisognosi, l’essere sempre manchevoli, essere sempre mancanti fino anche agli ultimi filosofi e psicanalisti, con tutta la questione della mancanza di cui parlava anche Lacan “manque a être” diceva, la mancanza a essere cioè l’essere è sempre mancante di qualche cosa, come la verità, che sempre secondo lui si dice solo a metà eccetera. Tutte queste fantasie sorgono dallo gnosticismo, per il quale l’umano nasce nella monnezza e poi mano a mano si eleva fino ad arrivare a dio “eritis sicut dei”, abbandonando il corpo soprattutto che è foriero di nefandezze e diventando puro spirito. Tutto questo è frutto di un inganno, senza questo inganno gli umani non avrebbero la necessità di dovere sentirsi importanti con tutto ciò che segue a una cosa del genere naturalmente, e cioè il totale sovvertimento di qualunque ordine pensabile. Forse non è neanche pensabile una società costruita in assenza di questo inganno, cioè costituita da persone che sanno perfettamente di essere costruite da sequenze di istruzioni che le fanno parlare e quindi parlando costruire immagini, scene, situazioni, certezze, dubbi, speranze e progetti. A questo punto, come dicevo all’inizio, la questione della clinica non so se va sovvertita o se va cancellata, ci dobbiamo riflettere perché la questione del disagio per esempio, così come sempre è stata pensata non ha più nessuna ragione di essere mantenuta, d’altra parte o una persona sa di che cosa è costruita e quindi non ha bisogno di essere importante per qualcuno oppure troverà il modo per esserlo e si lamenterà quando suppone di non esserlo, e da qui tutti i vari acciacchi, malanni, di ogni sorta quelle cose che sono sempre state chiamate sintomi. Pensare di non essere amati può portare alla depressione pere esempio, il depresso è una persona che immagina di non essere più importante per nessuno in fondo, certo trova un escamotage immaginando di essere l’unico a sapere come stanno le cose, ma di fatto considera di non essere più importante per nessuno, nessuno si occupa più di lui cioè nessuno gli da retta …

Intervento: …

Sì, deve attirare l’attenzione degli altri perché pensa di non essere più importante e quindi fa di tutto perché si accorgano di lui …

Intervento: quindi giunge al medico il quale si accorge di lui …

Nella depressione c’è anche quest’altro aspetto, cioè mantenere comunque la certezza di sapere come stanno le cose, quindi come dicevo c’è questa oscillazione continua ma questa certezza non può abbandonarla, se smettesse di essere depresso dovrebbe incominciare a considerare che le cose non sono esattamente come pensa che siano, ci rinuncia malvolentieri anche per questo motivo. Spesso ha cambiamenti rapidi di umore, dalla depressione più nera alla gioia più sconfinata, come dire che le cose o vanno tutte male o vanno tutte bene, non ci sono alternative: se vanno tutte male è la catastrofe, se vanno tutte bene è la gioia sconfinata …

Intervento: per via sempre dell’inganno con il quale si è avviato il linguaggio, l’altra volta lei parlava delle istituzioni funzionali a questo inganno …

Questo inganno è quello che ha creato le istituzioni e i governi …

Intervento: e quindi anche la sofferenza e la felicità più sfrenata, è ovvio perché sono valori cose importanti …

Certo, tutto pare procedere da lì, potremmo dire dalla cosa più umana, anzi da ciò che rende umani gli umani, questo inganno, questa impossibilità di accorgersi di ciò che li costituisce …

Intervento: questo in un certo senso è compito della clinica, la pratica dell’intelligenza,  in effetti ciò che accade in un’analisi è quello…

In effetti cosa fa, o dovrebbe fare una psicanalisi? Ricondurre il discorso a ciò che lo ha costruito cioè alla struttura che lo ha costruito e continua a costruirlo, e cioè il linguaggio, un discorso che è consapevole totalmente e irreversibilmente di questo è un discorso che non può in nessun modo costruire quelle cose che si chiamano disagi, non lo può fare, per lo stesso motivo per cui molte paure che si hanno da bambini scompaiono. Agire il linguaggio è nient’altro che la possibilità di potere condurre ciascun pensiero e quindi ciascuna affermazione, ciascuna proposizione a ciò che l’ha costruito, questo è agire il linguaggio …

Intervento: della paura cosa possiamo dire? perché la paura è una costruzione di compromesso fra una serie di pensieri che devono mantenere tutto sommato l’irrinunciabilità di due verità assolute, una serie di pensieri che devono mantenere qualcosa che è importante, perché la paura non è che arriva così, certo ci sono delle paure nelle vita che sono ataviche tipo la paura della morte però questa paura non è sempre presente nel pensiero, in certi momenti ciò che si configura sembra alludere proprio a questa paura, per esempio tempo fa avevamo parlato del pensiero e del compromesso cui giunge il pensiero, per esempio il bambino crede e vuole le cose che per lui sono importanti, vuole la mamma perché lui è importante per la mamma e vuole la nutella … non può rinunciare …

Intendo quello che vuole dire, però la paura non è sempre necessariamente connessa con questo, quello è un caso particolare, cioè una formazione di compromesso, però non necessariamente passa attraverso questo, la paura di per sé non è altro che la sensazione di un pericolo imminente quindi per prima cosa occorre creare un pericolo, ma non necessariamente questo pericolo è creato da un compromesso, può essere semplicemente avvertito come l’eventualità che ciò che io credo, penso, possa non essere così, possa essere falso tutto quanto, per esempio i fondamentalisti hanno paura di mettere in discussione il loro credo, la loro fede perché verrebbe minato tutto un apparato che gli consente di avere dei riferimenti, delle certezze, in questo caso non c’è una formazione di compromesso, a meno che questo pericolo, per qualche motivo, si sposti dall’oggetto che è considerato una minaccia a qualche cos’altro, allora sì, come nell’esempio che stava per fare …

Intervento: sto pensando all’addestramento alla paura …

Intervento: i bambini vengono educati così …

Intervento: anche i cittadini in effetti quello che passa è che i principi di una società sono in pericolo allora il nemico è colui che minaccia per esempio le fondamenta di una struttura sociale … il mondo occidentale dice che cosa? i valori fondanti di questo mondo … e quindi la paura nasce dall’idea che qualche cosa che è assunto come verità assoluta sia in pericolo, quindi l’addestramento alla paura fa intendere che c’è sempre una minaccia che incombe su questa verità e quindi tutto il discorso in qualche modo possa frantumarsi o svanire addirittura, quando si parla delle tradizioni che cos’è? La paura che spariscano le proposizioni, che …

Delle premesse certo, così come la paura che alcuni hanno di fronte all’eventualità di togliere i crocefissi dalle scuole …

Intervento: sì comincia da lì e poi non si sa dove si va a finire. Lo sterminio da parte dei nazisti dei malati mentali. Paolini, un attore di teatro raccontava in un’intervista che non era la polizia che andava a cercare questi “malati” ma erano le famiglie stesse che li denunciavano perché fossero eliminati e questo la dice lunga come l’addestramento … le cose diventano normali …

Esatto, può diventare anche una tradizione …

Intervento: adesso pensavo al funzionamento delle fobie per esempio, come una cosa che inizialmente “mi fa paura” prenda le conformazioni più strane per le quali io continuo a provare paura, l’allacciarsi di stringhe per cui interviene questa cosa che io chiamo paura, questa moltiplicazione che avviene nel discorso di una certa cosa che dico paurosa che riesce a “infestare” tutto il pensiero a partire da una cosa importante …

Le fobie sono sempre la paura di perdere il controllo, che qualcosa sfugga al controllo …

Intervento: c’è questa capacità da parte del discorso di appropriarsi e di ripetere all’infinito “questo è questo” …

Sono cerimoniali che devono essere ripetuti sempre allo stesso modo, e quindi controllabili. Va bene, ci vedremo mercoledì prossimo.