25-9-2003
Della superstizione
Non potere pensare l’assenza di linguaggio è la stessa struttura della superstizione, la superstizione è fatta un po’ come un proverbio dicevamo tempo fa, cioè come quel sillogismo particolare noto come entimema dove manca la premessa maggiore, c’è soltanto la minore e la conclusione. La premessa maggiore non c’è, nel caso del discorso comune, del discorso occidentale, non c’è perché non può perché non è provabile in nessun modo questa premessa maggiore…
Intervento:…
Sì c’è questa omertà da sempre rispetto alla premessa maggiore di qualunque sapere degli umani, ciascuno è come se sapesse che non c’è nessuna premessa maggiore ma tutti fanno come se ci fosse, la stessa omertà che in un certo senso c’è nella superstizione, come dire che il fatto che il gatto nero che attraversa la strada porti disgrazia non ha nessuna provabilità, evidentemente, ma ciascuno fa come se fosse così. L’impossibilità di dire la premessa maggiore, qualunque ne sia il motivo, in ogni caso è la struttura della superstizione, noi ci troviamo di fronte a un discorso superstizioso, qualunque affermazione che venga fatta dagli umani è un’affermazione superstiziosa. Questo ha delle implicazioni ovviamente, e così come il superstizioso cosiddetto non è possibile porlo in un’argomentazione logica e fargli notare che la premessa maggiore della sua argomentazione non significa assolutamente niente, allo stesso modo le persone che ci ascoltano hanno enormi difficoltà nell’accogliere ciò che andiamo dicendo proprio per questo motivo: tutta la società, tutta la civiltà da quando esiste è stata creata su questa omertà, e regge finché regge questa omertà, e cioè che si tace sul fatto che non c’è nessuna premessa maggiore, ciò che invece noi andiamo facendo è porre una premessa maggiore, mostrando che qualunque altra non è possibile, come se in altri termini contravvenissimo alla suddetta omertà. Abbiamo cessato di essere omertosi, ma la cosa più singolare è che, come dicevo prima, tutta la civiltà, tutto il pensiero occidentale si è costruito su questa omertà e questo è un problema, per noi, per gli altri no. Come si combatte oppure si aggira oppure si nullifica, a seconda dei casi, una superstizione? Prendete quella del gatto nero che porta sfortuna, in tutti i casi o solo in casi particolari? Solo se attraversa la strada porta sfortuna, benissimo, come porsi di fronte a un discorso del genere, poiché è esattamente questo cui ci troviamo di fronte: “se il gatto nero attraversa la strada allora porterà sfortuna”, ecco però a noi interessa sapere come funziona, come è costruita questa argomentazione del tizio che dice effettivamente quello che dici tu: so che magari è una stupidaggine però… è un po’ come la famosa scommessa di Pascal: non c’è dio però se ci fosse dio… allora mi comporto tendenzialmente malissimo però la chiesa dice che se mi comporto bene allora vado in paradiso, magari è una balla però hai visto mai… è interessante per questa struttura. Questa scommessa è un po’ come dire che uno passa sotto la scala e sa che è una stupidaggine, però non costa niente passare di là… già, a noi interessa intendere bene come funziona questo discorso perché torno a dirvi è esattamente con questo che abbiamo a che fare quotidianamente, gli umani pensano così. Esattamente come con la scala, che si occupino di politica di medicina o di astrofisica…
Intervento: lo sanno perché è un luogo comune e quindi non si vogliono dannare l’anima e quindi devono essere confortati dal fatto che tutti la pensino così
Qualche volta, non sempre, una persona che è superstiziosa anche se si trova in un ambiente di persone che non lo sono comunque preferirà evitare di passare sotto la scala, magari anche esponendosi al ludibrio e alla presa in giro altrui…
Intervento: tutti i riti propiziatori
Sì sono tutte strutture che hanno molto in comune tra loro…
Intervento: come minimo se non vuole metterla in gioco passa sotto la scala, se lo fa per sfida è perché ci crede proprio
Intervento: togliere queste superstizioni mina il
linguaggio, toglie parola
È questo che vi preoccupa? I luoghi comuni sono delle proposizioni, proposizioni costruite e vere, ritenute vere in modo da sapere sempre dove sta il vero, avere sempre la direzione, e quindi potere sempre essere orientati. Dobbiamo riuscire a cogliere la struttura di questo discorso, perché la superstizione? Ciò che sappiamo per il momento è che ha la struttura di un entimema, un sillogismo che è senza la premessa maggiore, un inganno aristotelicamente, dove si giunge alla conclusione che in realtà non conclude niente…
Intervento:…
Sì, perché una cosa del genere? Intanto possiamo dire che…
Intervento: anche il sillogismo scientifico quello che dice che tutti gli animali sono mortali da cui discende che Socrate è mortale, cosa ha posto? Ha posto una proposizione
Sì questo è un problema della logica da sempre, per dimostrare la deduzione occorre l’induzione, per dimostrare l’induzione occorre al deduzione, in effetti affermare che tutti gli uomini sono mortali non è una certezza, è un’induzione…
Intervento:…
Certo ma qui l’entimema è qualcosa di più di un’induzione, è un falso, è un inganno…
Intervento: può essere utile
Qualunque presa in giro lo è…
Intervento:…
Questa è la superstizione, il gatto nero che attraversa la strada, fare il giro non costa niente…
Intervento: la questione delle giustificazioni è la questione della responsabilità, come dire questa sorta di omertà ha a che fare con la questione della responsabilità, il discorso occidentale ha a che fare con la negazione della responsabilità quasi come se il discorso occidentale ponesse per definizione l’umano come irresponsabile e il discorso occidentale è la giustificazione di questo
Sì anche, anche sicuramente ma non solo, ma che se ne fa il linguaggio di una cosa del genere? Come la utilizza? Come il linguaggio utilizza una superstizione Beatrice, ci pensi e ci risponda…
Intervento: il linguaggio utilizza la superstizione per parlare per continuare a parlare, per produrre linguaggio e basta
Sì ma perché proprio quella? C’è un motivo oppure è casuale, a cosa può servire tacere una premessa che per altro non c’è? Qual è il vantaggio?
Intervento: non si è mai posta l’esigenza di compiere una operazione di questo genere, abbiamo detto che il linguaggio non ha bisogno di porsi delle domande intorno a se stesso per continuare a funzionare e quindi funziona lo stesso, utilizza il linguaggio e basta
Toglie la responsabilità di che?
Intervento: della formulazione della premessa e quindi del sentire come propria questa responsabilità cioè formulata da lui
Prendiamo la proposizione che afferma che qualunque elemento è un elemento linguistico e volgere questa cosa rispetto a questa stessa formulazione: io non sono responsabile se le cose stanno così, non posso neanche negarla in nessun modo e quindi non c’entro nulla con ciò che ho affermato, potrei affermare anche questa per deresponsabilizzarmi, eppure c’entra la questione della responsabilità…
Intervento: al momento in cui funziona questo gioco io sono un elemento linguistico, sono il linguaggio che si muove per ciò stesso, a quel punto e solo a quel punto posso cominciare a immettere quelle che sono le premesse maggiori in ciò che sto affermando e l’unica proposizione che può funzionare è quella che afferma che qualsiasi cosa è un gioco linguistico, a questo punto lo può fare, prima non gli serve a molto compiere questa operazione
Sì, l’impossibilità assoluta di stabilire con certezza una verità, certo, siccome non è possibile si glissa, cioè sta dicendo Beatrice che tutte le verità che gli umani hanno affermate negli ultimi tremila anni sono delle escamotage…
Intervento: è un utilizzo, è puramente un utilizzo del linguaggio, cos’è questo? questo, cos’è questo?
Invece Sandro aveva qualche altra idea?
Intervento: l’impossibilità di trovare una verità assoluta…
E quindi a questo punto che succede?
Intervento: c’è come una sensazione come se accogliendo la verità assoluta come facciamo noi si possano dire solo poche cose necessarie, vere
Questo può accadere, che uno si ponga una cosa del genere molto al di là di quanto stiamo facendo adesso, cioè occorre che abbia delle informazioni tali che generalmente non ha, per cui non è un problema che si pone così facilmente… (eravamo arrivati a questa questione e adesso che facciamo? Tanti sono andati via perché quello che facciamo non aveva risposta…
Intervento: poi chiaramente dicendo che ogni cosa è un elemento linguistico quella stessa struttura di linguaggio non poteva fermarsi lì perché il linguaggio è un sistema di rinvii per forza di cose non poteva fermarsi lì) (si era sbarazzato dal trovare una verità assoluta perché partiva da quello
Intervento: forse è questo che quando noi poniamo la verità in un termine del linguaggio non poniamo un qualche cosa che termina, perché la verità è ritenuta così perché raggiunta la verità non c’è più niente da cercare… il linguaggio è una struttura di rinvii e proprio per questo non può fermarsi, quello che io mi chiedevo prima è questo: la ricerca della verità assoluta e quindi il presentarsi di proposizioni supposte vere come escamotage… perché escamotage? Semplicemente per andare avanti, per poter proseguire, se non sono proposizioni vere mi arresto, la questione è che la responsabilità in questo caso diventa del linguaggio cioè non è più come dire la responsabilità di qualcuno, quando parlo di verità mentre invece la ricerca della verità è stata sempre e comunque intesa come una sorta di facoltà, di capacità, di possibilità, la verità non si trova perché sta già funzionando in certo senso e se sta funzionando mi troverò sempre in questo circolo vizioso di dovere trovare comunque qualcosa, secondo me la questione della responsabilità è da spostare nei termini di linguaggio perché non è assumibile, la responsabilità è semplicemente da accogliere
Intervento: se no rientra dalla finestra una responsabilità penale, la responsabilità è accorgersi in ciascun atto di parola che sto parlando
Se non si ha la possibilità di reperire una verità che regga a tutte le obiezioni allora ecco l’omertà, la verità non si può trovare e quindi lasciamo perdere, però non è che scompare come il discorso che faceva quell’altro tizio, Popper, che diceva che non si troverà mai però la dobbiamo cercare e a cosa serve una cosa del genere visto che sì, certo serve a continuare a parlare…
Intervento:…
Cioè diceva che si sarebbe dovuta arrestare ma non può farlo perché non può fermarsi e quindi che fa? Prosegue comunque senza avere trovato quella verità, però gli serve a che cosa? Gli serve comunque a costruire proposizioni vere ma a questo punto vere rispetto unicamente a delle regole del gioco che mano a mano costruisce, e allora come potere convincersi che comunque sono vere? Sostituisce le regole alla realtà, o meglio la chiama realtà, a questo costruisce proposizioni vere, immaginando che siano assolutamente vere ma non avendo più la necessità di provarlo, ormai la questione è aggirata. Naturalmente c’è una condizione, la condizione è che nessuno vada mai a domandare ciò che non deve né può domandare, e cioè che cosa c’è a fondamento di tutto ciò, ché non c’è niente. Questa è l’omertà, cioè nessuno deve chiedere in realtà che cosa sta a fondamento, tant’è che i più si irritano quando si pone questa domanda, come se appunto si facesse un gioco non consentito, non desiderato, e tutto il discorso occidentale è costruito su questo, come dicevo su questa omertà. C’è modo di eliminare tale omertà? Abbiamo la stessa difficoltà che avremmo nel fare in modo che qualcuno cessi di essere superstizioso…
Intervento: si inferocisce
Sì perché è appunto come se andassimo al Concilio Vaticano a chiedere “ma siamo sicuri che esiste dio?” superstizione già, che poi è una variante della religione, bisogna riflettere meglio su questa struttura dall’entimema, è vero che tutti i sillogismi che fanno gli umani, qualunque cosa dicano o facciano o pensino hanno comunque sempre quella stessa struttura, dicevamo tempo fa del sillogismo famoso “Pietro e Paolo sono apostoli, gli apostoli sono dodici, Pietro e Paolo sono dodici” ovvio, è evidente che gli umani pensano così, e con questo abbiamo a che fare continuamente, certo la premessa non è necessaria, per nulla, ma nel caso del discorso comune le premesse non sono necessarie ma neanche presenti, non è citata, non c’è, è data come implicita automaticamente ma nessuno sa cosa sia, da qui l’omertà, nessuno sa cos’è ma tutti devono usarla…
Intervento: la fatica che c’è nel pensare, quando ancora funziona la difficoltà
Dipende, se un tifoso di calcio si mette a pensare che attaccante avrebbe messo lui in quella partita, ci pensa eccome, e non fa nessuna fatica anzi, si dà un gran da fare…
Intervento: tenere conto di ciò che accade mentre si pensa è difficile
Diciamo che sono questioni estetiche, tutte quante questioni estetiche, cioè piace così, quando sono credute vere allora diventano superstizioni, quando sono ritenute necessarie, si strutturano come una superstizione…
Intervento:…
O rimane all’interno di un gioco e allora lui sa che si tratta di un gioco e allora rimane una questione estetica, se invece fa questo salto di qualità allora diventa una superstizione, ché se io so che si tratta di un gioco allora so anche che se lo faccio è perché mi piace, con tutto ciò che questo comporta, posso anche domandare perché mi piace ma al di là di questo rimane comunque una questione puramente estetica, se invece ritengo necessario questo gioco, per qualche motivo, allora il discorso è diverso, non lo faccio più perché mi piace ma perché è necessario che sia così, e allora è la struttura della superstizione, ché non posso provare perché è necessario che debba essere così,
Intervento:…
Sì e qui certo interviene la questione della responsabilità in modo massiccio nel senso che se è una cosa che faccio perché mi piace, allora non posso non tenere conto di questo perché è una mia responsabilità, una cosa che decido io, come andare a giocare a poker con gli amici, ma se invece non è una questione estetica e cioè non lo faccio perché mi piace allora c’è un motivo superiore e devo credere che ci sia, vado a giocare a poker con gli amici per salvare la patria per esempio, o qualunque altra stupidaggine. Questa sera volevo sottolineare questo aspetto per farvi riflettere sul fatto che abbiamo a che fare 24 ore su 24 con delle persone superstiziose, e tenere conto di questo e tenere conto di questo comporta anche una riflessione più attenta attorno alla struttura della superstizione, di cui abbiamo già detto molte cose, forse altre ne rimangono da dire e le diremo se sono da dire. Pensate a tutto quanto gli umani fanno, dalla politica, alla scienza, qualunque cosa, è la stessa struttura della superstizione, tutto ciò che si afferma come vero e senza potere essere provato perché la maggiore non c’è e non c’è perché è fatta di niente, tutto questo superstizione, cosa significa dire che è superstizione? Non significa niente. Un gioco, come lo sciangai…
Intervento:…
Perché no? Le vie del signore sono infinite e le mie ancora di più. Ecco. Cesare cosa sta considerando?
Intervento: sì questa struttura
Cosa distingue il discorso che noi facciamo da una superstizione? Che la premessa maggiore c’è ed è provabile? È l’unica cosa, se non fosse così tutto ciò che abbiamo detto sarebbe niente, una superstizione. “Se il gatto nero allora…” è verificabile, il gatto nero, perché uno passa dopo che è passato il gatto nero, è convinto che gli succederà qualche cosa e ci sono buone provabilità che la faccia succedere e quindi ha verificato, se succede ad un certo numero di persone diventa scientifico. E sì, perché se il gatto nero attraversa la strada qui a Torino, a Roma, a Shangai, a New York e tutti quanti lamentano il fatto che sia accaduto qualcosa ecco che si verifica un evento il quale ha una conseguenza che è verificabile, da persone diverse in ambiti diversi, e pertanto è un’affermazione scientifica…
Intervento: nella fisica è la stessa cosa
Intervento: chi osa mettere in discussione che la cosa sia così?
Io. Ha fatto una domanda e io ho risposto…
Intervento:…
Perché se una persona fosse in condizioni di potere sapere e di non potere non sapere tutto ciò, cioè che tutte le affermazioni che la circondano sono superstizioni e non essendo lui superstizioso, è ovvio che non può credere a nulla di ciò che gli si racconta, è un po’ ciò che dicevamo tempo fa rispetto alla stessa psicanalisi, un percorso che pone le condizioni perché una persona possa cessare di essere superstiziosa, perciò cessare di credere a qualunque stupidaggine si racconti o ci si racconti. Si tratta di questo poi in fondo. E questo occorre che lo diciamo durante le conferenze. Pero è divertente! Obiezione che potrebbe fare qualcuno. Certo, però potrebbe esserlo di più se uno si accorge che è un gioco, può giocarlo molto più liberamente e anche se divertente comunque necessita di un certo grado di stupidità per continuare a giocarlo: anch’io da piccolo mi divertivo a giocare con le biglie, era divertente, ma oggi non mi diverte più. È vero che gli umani si divertono con queste cose, ma si divertono veramente con poco, è una stupidaggine, però certo retoricamente potremmo trovare infinite altre considerazioni per fare una cosa del genere e su cui giocare, il fatto che gli umani costruiscono la loro esistenza e si muovono in base a superstizioni e da qui tutta una serie di problemi ovviamente che incontrano. Avete fatto il lavoro di cui dicevamo la volta scorsa, cioè costruire paradossi intorno all’esistenza. Non avete fatto nulla, come mai?
Intervento:…
Pensateci perché attiene anche a ciò che abbiamo detto questa sera, costruire paradossi è un modo per mostrare la stupidità di un’argomentazione abbastanza velocemente, la sua insostenibilità…
Intervento: io ho pensato: l’esistenza non esiste
Sì, a questo punto ti si chiederebbe inevitabilmente cosa intendi con esistenza? È inevitabile. Superstizioni, come dicevo la questione è che la religione, la scienza, la politica e qualunque altra cosa è fatta della stessa struttura. Lavorate sui paradossi, oltre ad essere utile è anche un ottimo esercizio, i paradossi, semplici e efficaci, e divertenti, trovatene almeno cinque a testa per giovedì prossimo, i primi cinque sull’esistenza, e poi gli altri su quello che volete.