25-5-2008
Proseguiamo a parlare del linguaggio partendo da quell’obiezione retorica: ci si chiedeva come mai, se le parole non hanno nessun senso, è possibile costruire tutto ciò che gli umani hanno costruito, grosso modo è questo, che come obiezione non è un granché ma pone una questione invece interessante. Dicevamo che le parole non sono nient’altro che dei posti vuoti ma potrebbe non essere esattamente, così perché un posto vuoto ci si aspetta che venga riempito da qualche cosa ad un certo punto, e questo qualche cosa cos’è? Un altro posto vuoto? Appare invece che più che posti vuoti le parole non siano nient’altro che indici, vi ricordate la tripartizione che faceva Jakobson del segno? Distingueva il segno in tre modi come indice, come icona e come simbolo, l’indice non è nient’altro che il rapporto di contiguità spesso fisica tra il designatum e il designans, tra ciò che designa e ciò che è designato, per esempio una indicazione stradale, una freccia, quella è un indice, e il dito indice stesso che indica, poi c’è il simbolo che è un rapporto fra il designante e il designato che invece è totalmente convenzionale, non ha nessun rapporto di contiguità, per esempio la bandiera italiana simboleggia l’Italia ma con l’Italia in quanto tale non ha nessun rapporto di nessun tipo, è una convenzione, da ultimo l’icona che ha un rapporto di contiguità, di somiglianza tra il designato e il designante, tant’è che l’icona nell’arte non è altro che una raffigurazione, appunto un’immagine, ha un rapporto di somiglianza. Parlavo dell’indice come di qualche cosa che ha un rapporto di contiguità cioè qualcosa di prossimo a ciò che la fisica chiama un vettore, qualcosa che indica la direzione, un operatore deittico, dunque una parola, una qualunque parola come operatore deittico cioè come qualcosa che indica la direzione verso un’altra parola; ora a questo punto la parola non è né vuota né piena è semplicemente un indicatore, un indicatore di direzione che mostra qual è la connessione successiva. Tutto questo naturalmente può comportare e comporta delle ramificazioni di complessità notevole, pensate al funzionamento di una macchina, di fatto con due soli segni o elementi cioè 0/1 può costruire programmi di una complessità incredibile, pensate a una sinfonia di Beethoven trasferita in digitale, per la macchina non è altro che sequenze di 0/1 che poi combinandosi con altre sequenze in base a certi programmi trasmette il suono oppure un film con tutte le immagini, i suoni, i movimenti, alla base non ci sono nient’altro che questi due segni 0/1 e in base a combinazioni molto semplici è possibile costruire invece combinazioni incredibilmente complesse e questo rende conto del fatto che le parole, quelle che noi chiamiamo parole in realtà sono segni molto semplici in quanto ciascuna parola rappresenta soltanto un indicatore, per darvi un’immagine: immaginate la parola come un indicatore, cercate la parola in un dizionario, nel dizionario avete la parola mare: sostantivo femminile singolare: distesa di acqua salata etc. ora anziché tutte queste parole potete immaginare un qualche cosa che si ramifica in varie direzioni, c’è un elemento e questo elemento è connesso a questi altri, è chiaro che non sono più parole ma semplicemente dei segni, degli indicatori e questo per mostrarvi come quando si parla di significato in realtà si parla di rinvio, sempre e necessariamente, il significato non è altro che il rinvio, quando Wittgenstein diceva che il significato è l’uso di un termine, l’uso non è nient’altro che i suoi possibili rinvii, alcuni sono consentiti e altri no, esattamente come fa una macchina
Intervento: per rinviare a qualche cos’altro allora deve avere già qualcosa, ci deve essere un criterio …
È la sintassi che fornisce il criterio …
Intervento: se questa parola non ha un senso e un significato su che cosa si basa?
Eleonora, prova a immaginare un computer, ci sono delle sequenze composte da 0/1, la sequenza può essere anche lunghissima, la quale sequenza può passare oppure no attraverso una certa direzione, se questa direzione è chiusa non ci passa e va in un’altra direzione, andando in un’altra direzione apre a un’altra combinatoria, a un’altra sequenza di 0/1 e in base semplicemente a questa apertura e chiusura alla fine di catene piuttosto complesse tu hai, per esempio, un bellissimo film …
Intervento: alla fine questo 0/1 è il vero o il falso e alla fine …
Il criterio fondamentale è quello della sintassi, la quale sintassi che non è altro che la logica, dice tre cose semplicissime 1) ciascuna elemento è quello che è, cioè deve essere riconoscibile dal sistema per quello che è 2) questo elemento e la sua negazione non possono simultaneamente comparire nella combinatoria, in una sequenza 3) se c’è un elemento e la sua negazione, di questi due soltanto uno può essere accolto nella sequenza. Queste sono le istruzioni di base e in effetti anche le macchine funzionano così, non è che abbiano tante istruzioni di più e in base a queste tre semplici istruzioni tu puoi incominciare a costruire delle sequenze più complesse …
Intervento: mi sfugge l’avvio di questo processo …
Vorresti sapere come si è avviato il linguaggio, la parola è un segno …
Intervento: … se non è niente …
Non ho detto che è niente, è un indicatore …
Intervento: se è un indicatore deve partire da qualcosa per arrivare a qualcosa …
È importante la tua obiezione, la questione è che si è abituati a pensare il significato delle cose in un certo modo, come se effettivamente le cose avessero un significato per conto loro e gli fosse stato attribuito da qualcuno o da qualcosa non importa da chi. In realtà la cosa è molto semplice, queste sequenze certo sono disposte attraverso un ordine per cui se qualcuno mi chiede che ore sono non gli rispondo che a New York sta piovendo, a meno che non ci sia un accordo preliminare che stabilisce questo, come nel caso delle parole d’ordine, ma come avviene questo fenomeno per cui se uno chiede che ore sono guardo l’ora e gliela dico? Certo in questo caso il numero di giochi linguistici che intervengono è notevole e sono anche molto complessi, però come tutti i giochi linguistici anche questo è riconducibile alle sue istruzioni di base, come ho imparato a rispondere adeguatamente a delle domande? Naturalmente mi è stato insegnato da qualcuno, mi è stato insegnato che dei suoni, per il momento chiamiamoli dei suoni o dei segni come sono le parole, questi suoni si accostano a un certo numero generalmente limitato di altri suoni tendenzialmente, l’addestramento al linguaggio negli umani avviene attraverso un sistema ostensivo come abbiamo detto varie volte questo per via del fatto che la vista è prioritaria per cui si mostra, si dice “posacenere” lo si indica e quell’altro sa che a questo suono corrisponde quell’aggeggio, generalmente si impara così, incominciando a stabilire dei rinvii e cioè a un certo suono si stabilisce un certo rinvio, fatto questo naturalmente la cosa a cui il suono rinvia può mostrarsi in aspetti differenti, per esempio, se la mamma dice “questa che vedi è la mamma” ecco la mamma può essere vestita un altro giorno in un modo diverso e questo può creare dei problemi oppure può essere truccata quindi questo rinvio è soggetto ad un certo numero di modificazioni necessariamente fino al punto in cui ci si accorge che alcuni tratti permangono e in base a questi tratti si decide che il rinvio a partire da questo suono sarà in quella direzione sempre, e fin qui nulla di strano ma questa cosa può funzionare naturalmente sostituendo le parole a qualunque altra cosa, è ovvio, tant’è che esistono lingue diverse per esempio, oppure una parola può essere sostituita da un segnale luminoso, in base alla intensità della luminosità stabilirsi un rinvio, per esempio, o una variazione di tensione elettrica, come fanno le macchine, in base alla tensione uno va da una parte e l’altro va dall’altra, Turing ha costruito così inizialmente i suoi computer quindi non c’è bisogno delle parole in quanto tali ma semplicemente di istruzioni, input, un segnale luminoso che varia di intensità significa un cambiamento di direzione cioè significa che anziché andare da una parte va da quell’altra e andando da quell’altra si trova chiaramente un altro elemento e questo altro elemento in base all’input che riceve avrà un output e in tutto questo le parole per il momento non hanno nulla a che fare, si trasmettono informazioni per esempio, in assoluta assenza di parole, semplicemente qualcosa viene a modificare uno stato di quiete, questa modificazione modifica un altro stato di quiete come avviene nell’elettricità, naturalmente occorre un sistema che stabilisca quali cose una certa modificazione a sua volta andrà a modificare e questo problema si risolve con la programmazione oppure con l’addestramento o educazione, non è casuale che Turing parlasse di educare le sue macchine, dare, fornire loro un’educazione, vedere cosa dovevano fare di fronte a un certo input. Una variazione di tensione elettrica ha un significato?
Intervento: …
Certo per te no, sicuramente, non ha significato nell’accezione che si da comunemente a questo termine pur tuttavia va a modificare un altro stato di quiete per esempio, e modificandolo produce degli effetti esattamente così come le parole che si suppone abbiano un significato, una volta dette producono degli effetti, il fatto che non ci sia bisogno di quelle cose che chiamiamo parole per produrre modificazioni già ci mette sull’avviso che il fatto che usiamo parole questo non significa affatto che queste abbiano un significato e che questo sia necessario perché si modifichino delle situazioni, non è necessario e anzi c’è l’eventualità che queste cose che noi chiamiamo parole in realtà siano soltanto dei segni fonici o grafici a seconda dei casi e che questi segni, questi indici come li chiamavo prima, inseriti all’interno di un sistema svolgano tutte le operazioni che devono svolgere senza avere nessun bisogno di significato, perché degli indicatori, dei vettori non hanno di per sé un significato, semplicemente vanno a modificare delle cose le quali cose andranno a modificare delle altre e così via lungo una catena. Ora si tratta di vedere se ciò che comunemente si chiama discorso funziona così, non si vede perché non dovrebbe funzionare così dal momento che queste cose che chiamiamo parole hanno questa unica funzione di andare utilizzate come indici o come vettori, di andare a modificare altre situazioni, modificare significa soltanto che vengono attivati degli altri indici, degli altri vettori: parlando ciascun elemento che interviene va ad attivare, per così dire, altri elementi i quali ne attivano altri e così via esattamente come un computer, certo non attivano generalmente un elemento a caso e c’è un motivo; la questione è complessa però vediamo di renderla semplice, sappiamo che il linguaggio per funzionare deve concludere con un’affermazione vera, cosa significa questo più propriamente? Significa che non deve negare la premessa da cui è partito, come dire che ciò che un elemento va ad attivare deve essere un elemento che non neghi l’elemento che lo ha attivato, adesso usiamo questi termini, cosa vuole dire una cosa del genere? Si può stabilire, per esempio, che dopo quattro sequenze di 0 deve necessariamente comparire un 1 o una sequenza di 1, si può stabilire una cosa del genere in base alla struttura stessa di un sistema, di un linguaggio, allora un elemento andrà necessariamente a muovere un altro elemento che risponda a questo requisito e cioè che dopo una sequenza di quattro zeri abbia almeno un 1, se dopo quattro zeri non c’è un uno allora lo ignora, molto semplicemente. Tutto questo avviene attraverso un programma, occorre che qualcuno glielo dica che se ci sono 4 zeri dopo un 1 allora va bene, se no non va bene, chi glielo ha detto? Un programma, come si programma un essere umano? Esattamente come si programma un computer: se vai di qui va bene, se vai di là va male, se vai di qui una carezza, se vai di là un ceffone, se vai di lì c’è tensione se vai di là non c’è tensione elettrica. Attraverso quindi comandi e i divieti, lo stesso Turing parlava di premi e punizioni parlando delle macchine, quando una macchina riceve un premio?
Intervento: quando dopo 4 zeri c’è un 1 …
Sì, che la macchina, per esempio, riconosca il funzionamento come qualcosa di buono, e allora se può continuare a funzionare allora è buono, allora va bene, è una ricompensa. Leggete questo libricino di Turing perché mostra in modo così, semplice apparentemente, quale sia la prossimità tra l’addestrare un essere umano e addestrare una macchina, è la stessa cosa, né più né meno; dunque una volta avvenuto questo addestramento cioè inserito il programma è ovvio che il programma gira, funziona, per cui sa che da una parte deve andare e dall’altra no, deve essere gentile con le persone anziché sgozzarle quando le incontra, ad esempio, anche questa è un’istruzione, la quale cosa baypassa naturalmente qualunque forma di morale ovviamente che riguarda tutto un altro discorso che faremo, adesso però a questo punto diventa forse più facile intendere come le parole di fatto non siano nient’altro che degli indicatori, indicatori che servono a muovere altri indicatori e così via e un programma stabilisce quali direzioni prendere e quali no, nient’altro che questo …
Intervento: …
Mettiamola così Eleonora, se dovessi insegnarti la filosofia di Heidegger allora inserirei all’interno del tuo funzionamento un altro programma, questo programma fa sì che quando ritrovi degli elementi che riguardano la filosofia di Heidegger, non solo li riconosci ma li sai usare e così ti ho programmata, cosa distingue una cosa del genere dalla programmazione di una macchina? Per Turing niente, assolutamente niente, ecco perché parlavo di parole non più come posti vuoti o elementi vuoti ma come delle istruzioni, ciascuna parola non è altro che un’istruzione per un’altra parola cioè per un altro elemento, soltanto questo, sequenze di istruzioni, per che cosa? Per consentire al programma di funzionare, nient’altro che questo, non ci sono altre finalità, che è esattamente ciò che dicevamo quando affermavamo che il linguaggio non ha nessun altro obiettivo che proseguire se stesso, il suo funzionamento. Dunque sequenze più o meno complesse di istruzioni e la logica, anche quella formale in fondo funziona esattamente così: ciascun elemento non è altro che un’istruzione per ciò che dicevo, e l’istruzione fondamentale è che ciò che segue non deve contraddire ciò che precede, questo è basilare perché se questo avviene tutto il sistema si blocca ...
Intervento: Lei parlava prima di indici anziché caselle vuote …
Perché la casella vuota dà ancora l’idea che possa essere riempita da qualche cosa ma in realtà non si tratta di riempire nulla …
Intervento: io ho detto un indice Lei un altro ognuno di noi …
No, se il programma è lo stesso, se io chiedo a entrambi di voi che ore sono ciascuno di voi mi dice l’ora …
Intervento: se facciamo quel gioco sì …
Intervento: il bambino non l’ha ancora imparato ad usare …
Esatto, così puoi imparare a usare qualunque cosa, una volta che l’hai imparato a usare la userai …
Intervento: il mio può partire perché magari me lo ha insegnato mio padre a usarlo … il problema è come cambiarlo il programma …
Questo può avvenire lungo l’analisi, l’analisi in un certo senso modifica delle istruzioni, alcune istruzioni vengono modificate in modo che il programma possa girare in un altro modo anziché, per esempio, andare in una direzione e da lì incominciare a girare a vuoto, oppure prendere un’altra direzione e proseguire nella direzione voluta anziché girare in tondo …
Intervento: il mio programma è secondo quello che mi hanno insegnato …
Secondo le istruzioni, le informazioni che hai …
Intervento: cioè chi mi dà l’impronta necessaria per avviare tutto quanto?
Se tu fossi stata più attenta …
Intervento: io imparo che “questo è questo”, intanto, prima istruzione, ci può stare perché qualcuno prima di me ha imparato la stessa cosa però facendo un percorso tutto a ritroso …
Tu vuoi sapere chi ha inventato il linguaggio? Non possiamo sapere che cosa ha dato l’avvio al linguaggio perché non possiamo andarne fuori, una volta che è partito non c’è più la possibilità e prima che parta non c’è la possibilità di riflettere su niente, non abbiamo quindi nessuna possibilità di venirne fuori, possiamo soltanto considerarne il funzionamento e agirlo anziché subirlo per esempio …
Intervento: comunque io decido il significato di un certo gioco, per esempio …
Vada cauto con questa affermazione, dice “io decido”? È programmato per andare in quella direzione, può farlo sì certo basta che non sia autocontraddittoria, però se tiene conto che questo significato non è altro che altri rinvii ad altre cose quando lei raggiunge una conclusione e dice “quindi è così come dico io” cosa sta dicendo esattamente?
Intervento: che è vero all’interno di quel gioco …
Esatto, e quindi il percorso che ha fatto appare coerente per cui la conclusione non contraddice la premessa quindi è vera e quindi utilizzabile, nient’altro che questo, perché parla di significato? Di fatto una sequenza quando ha raggiunto il suo scopo, quando per esempio sulla tastiera del computer lei preme la lettera A mette in moto tutta una serie di cose e la scrittura della A sarebbe la conclusione di una sequenza notevole di 0 e 1, ha concluso cioè ha eseguito il programma per cui è stato fatto, l’ha eseguito correttamente e si ferma in attesa di altre istruzioni e allora preme B e allora lui riparte e compie tutta una serie di operazioni in modo che compaia B, altra conclusione e lì di nuovo si ferma, certo il linguaggio non si ferma perché ha una programmazione più elaborata del computer il quale invece è fatto per fermarsi, non è che continui a scrivere per i fatti suoi, però la struttura è la stessa, lei ha raggiunto la conclusione quindi si ferma, si ferma sì certo ma questo fermarsi non è nient’altro che l’avvio di un’altra premessa, cioè un altro elemento che apre su altre questioni, cioè indica altre direzioni da prendere. A questo punto se so che le cose stanno così allora posso utilizzare questa conclusione per altri discorsi, per fare delle cose, se so che la via più breve per andare a Milano è l’autostrada Torino Milano anziché passare da Napoli o Sorrento allora concludo che la strada più breve è la Torino Milano, ho concluso, ma questa conclusione ha un utilizzo, mi serve per prendere la macchina, metterla in moto, prendere l’autostrada …
Intervento: ma all’interno di quel gioco …
Certo, sempre all’interno di quel gioco, ciascuna conclusione è funzionale il linguaggio, non fa nulla che non sia funzionale al sistema cioè al programma e essere funzionale al sistema significa per il linguaggio giungere alla conclusione appunto e di lì muovere verso altre direzioni, e giungere alla conclusione non significa nient’altro che verificare che questo percorso è corretto, come un teorema, nient’altro un teorema in logica: è vero quindi può essere utilizzato. Ci sono altre questioni? Mi rendo conto che non sono questioni semplicissime, si tratta di considerare tutto ciò di cui ciascuno è fatto in tutt’altro modo, completamente differente, provate a immaginare quando parlate con qualcuno che quello che sta facendo in quel momento quella persona non è nient’altro che ripetere continuamente che questo è questo, ciò che sta facendo è confermare qualche cosa che fa parte del suo programma perché non può fare altrimenti, e continua a fare questo incessantemente, ininterrottamente per tutta la sua esistenza e poi una volta che siete riusciti a compiere questa operazione provate a farlo rispetto a ciò che dite voi, e allora c’è l’eventualità che ogni cosa vi appaia in modo totalmente, radicalmente e irreversibilmente differente …
Intervento: prendiamo questa sequenza: “qualsiasi cosa è un elemento linguistico”, questa è un’istruzione quindi dà l’avvio a una sequenza che può essere anzi occorre che non contraddica questa premessa …
È l’unica sequenza che non contraddice la premessa, cioè il linguaggio da cui parte, per questo l’abbiamo utilizzata …
Intervento: questa istruzione che può andare soltanto in una direzione perché al momento in cui si contraddice cercando fuori dall’elemento linguistico la verità dovrebbe essere anche abbastanza semplice accorgersi … questo è il gioco che noi facciamo, questa è l’istruzione di partenza …
Sì esatto, l’unica che sia possibile accogliere come assioma cioè come qualcosa che necessariamente è vero …
Intervento: ben formato …
Formule ben formate sono unicamente quelle formule composte unicamente dai connettivi, dalle variabili individuali, da segni di interpunzione e che contengono soltanto e unicamente questi elementi, se contengono solo questi sono formule ben formate se contengono qualunque altra cosa no, per esempio se A allora B è una formula ben formata ché ha due variabili e un connettivo …
Intervento: se A allora se B allora A è una formula ben formata?
Contiene soltanto le istruzioni di quel programma, in questo caso il programma stabilito dalla logica formale …
Intervento: se A allora B ma A quindi B questa è un’altra formula ben formata?
Le sembra che ci sia altro oltre i connettivi e le variabili?
Intervento: e questo è un programma comunque?
Certo che lo è, non penserà che i computer e le macchine funzionino altrimenti, funzionano così. Certo intendere che gli umani sono dei programmi in effetti comporta incominciare a pensare le cose in un altro modo, sbarazzando tutta una serie di superstizioni vale a dire altri programmi che potremmo definire autocontraddittori cioè non utilizzabili, ciò che fa un’analisi lungo il percorso che la riguarda è fare in modo che la persona si accorga di tutti i programmi che sono autocontraddittori e pertanto inutilizzabili ché se si utilizzano conducono ad affermazioni totalmente squinternate che fanno girare a vuoto come dicevamo. Ci sono un’infinità di giochi ciascuno dei quali pur essendo corretto nel suo ambito può essere invece incompatibile con altri giochi, incoerente.