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25-5-2000

 

Un lavoro che si può fare è andare a vedere tutte le cose che ho scritte, andare a rivedere tutte le cose che non sono chiare, comunque le cose alle quali si ritiene si possano muovere obiezioni di qualunque tipo, questo può essere un modo, oppure riprendere tutte le obiezioni che sono state fatte in questi anni e riconsiderarle… Sandro le questioni importanti? (…) stavo considerando per esempio la questione dell’esperienza, che tra l’altro viene posta come obiezione, uno ha esperienza di alcune cose e dopo che ne ha avuta esperienza allora la inserisce all’interno di una combinatoria linguistica, però è l’esperienza il primo movens, in seguito all’esperienza si formano proposizioni e questa potrebbe essere un’obiezione. (il problema dell’esperienza lei lo intende relativo al luogo comune o relativo al discorso scientifico?) Sì e no, lo rimane anche sotto mutate vesti, rimane che comunque è sempre lo scienziato per così dire che ha esperienza di un certo fenomeno dopo di che ne elabora qualcosa, può avere esperienza anche di un calcolo matematico, però ci vuol sempre qualcuno che faccia questo calcolo, lo interpreti e dia a questo calcolo un senso e dopo che ha avuto esperienza di questo risultato, la certezza di questo risultato allora prosegue in questa direzione, anche se l’esperienza è generalmente connessa con almeno uno dei cinque sensi, dei quali come sapete il privilegiato è la vista: io vedo questa cosa, io vedo sorgere il sole; il fatto che lo veda non è necessariamente un atto linguistico, lo vedo, dopo che l’ho visto io associo questo evento ad altri elementi, di cui ho già avuto esperienza e formulo la nuova proposizione che afferma che la mattina sorge il sole; allora di fronte a questo è chiaro che sapremmo muovere delle obiezioni però dobbiamo sforzarci di trovare quelle proposizioni che siano immediate, immediatamente evidenti, rapide, snelle, veloci, intuitive, cosa che il nostro discorso non è in effetti, è tutt’altro che questo, è imponente, è duro, richiede molto studio, molta attenzione… (queste proposizioni sono proposizioni per qualcuno, dicevamo la volta scorsa, quindi dobbiamo presupporre questo qualcuno) e se sono io, dovrei presuppormi? (se questa proposizione è un atto linguistico per qualcuno) supponiamo che lo sia per me, devo presuppormi? (la questione del soggetto, questo soggetto pone la condizione perché qualcosa possa funzionare…) però il fatto che io osservi che il sole sorge la mattina, sì sorge …supponiamo che accolga l’ipotesi che sorge perché ci sono io che lo vedo ma il fatto che lo veda per questa persona non è un atto linguistico, l’atto linguistico interviene dopo in seconda battuta quando io dopo averlo visto inserisco questo evento, di cui ho avuto esperienza, in una catena segnica, per cui è un atto linguistico, prima no è ancora fuori, può essere una eventuale obiezione alla quale bisogna trovare un modo snello però, immediato per rispondere, ad esempio cosa diremmo in tale questione? Noi stiamo facendo un certo tipo di discorso (obiettore) ci dice che l’esperienza è fuori dalla parola: quando vedo sorgere il sole, quando l’ho visto sorgere per la prima volta, per esempio, questo evento è stato qualche cosa sì, perché l’ho potuto inserire all’interno di una struttura linguistica, certo, però questo qualcosa che io ho inserito è qualcosa che io ho osservato, la quale cosa l’osservazione non è vincolata all’atto linguistico, non abbiamo detto che è sconnessa o no, abbiamo detto che non è vincolata quindi l’osservazione è un quid, che non è vincolato all’atto linguistico, io posso osservare qualunque cosa senza necessariamente questo vincolo, poi questo vincolo interviene laddove io questo evento voglia inserirlo in una catena che me lo significhi, dice : ma questo evento perché sia tale occorre che sappia che cos’è; non necessariamente, posso anche non sapere che cos’è e chiamarlo “un coso” finché non ho le parole giuste per esprimerlo lo chiamo “coso”, quindi quel coso non è ancora inserito in una catena segnica particolare è un coso che non so come situare però ne ho avuto esperienza e a questo punto Beatrice che cosa opporrebbe? (…) faccio un esempio dice questo tizio “io ho un bimbetto di due mesi una mattina è sorto il sole non sa nulla del sole, ha guardato qualcosa e questo qualcosa per lui c’è e sicuramente non è inserito in una catena linguistica, lo ho notato anche se non sa assolutamente che cos’è, ha avuto esperienza e tuttavia è qualche cosa di nuovo per lui, importante che cogliesse un evento, può anche essere un orologio lui non sa è un coso, però ha esperienza di qualche cosa, questo qualche cosa ci dice il nostro obiettore, e questa esperienza non è vincolata ad un atto linguistico, obiettiamo a questo (se il sorgere del sole non fosse un atto linguistico…) sì però io sto sostenendo che è svincolato dalla cosa e questa argomentazione è una petizione di principio, sto dando per acquisito ciò stesso che si deve dimostrare, cioè che se non esiste l’atto di parola non esiste neanche il sole che sorge, è questo che dobbiamo dimostrare, non possiamo darlo come assunto per poi dimostrare, è una petizione di principio, l’interlocutore scaltro se ne avvede immediatamente, cioè questo è quello che dobbiamo provare non possiamo darlo per acquisito, dobbiamo trovare delle argomentazioni corpose, rapide snelle (a me viene in mente quella del non senso, se non fosse utilizzabile dal parlante non sorgerebbe il sole, io non posso neanche immaginare…) petizione di principio, perché è questo che noi dobbiamo provare, non possiamo darlo allora? Cesare cosa direbbe d’acchito? (…) intanto dovete muovere da un principio fondamentale dunque primo) qual è il punto debole di un’argomentazione? Su che cosa si supporta per potere dire una cosa del genere? Qual è la condizione che lui ha per potere affermare questo? secondo) trovare sempre un contro esempio, se è possibile molto efficace, in questo caso il contro esempio non funziona però trovare sempre il punto debole di questa argomentazione, quale potrebbe essere? Se lui afferma che il suo bimbo di due mesi ha visto il sole, ha notato qualcosa pur non sapendo nulla di questo qualcosa e quindi questo qualcosa per il bimbetto è esistito fuori dal linguaggio, perché ancora non è nel linguaggio, quale potrebbe essere il punto debole di questa argomentazione? Provate a pensarci un istante (si sta attribuendo qualcosa al bambino, punto debole) anche, però non sto attribuendo ho visto che ha guardato con estrema attenzione nel momento in cui è sorto è stato attirato da un evento, da qualcosa che prima non c’era e questo qualcosa che osservo (che cosa osserva?) un qualche cosa, certo non può definirlo perché non è nel linguaggio e quindi non ha gli strumenti per farlo però qualcosa lo ha attratto, ha attratto la sua attenzione e questo qualcosa, esiste o non esiste? Se ha attratto la sua attenzione esiste ma è fuori dalla parola e quindi esiste fuori dalla parola (…) nessuno mi ha mai posto argomentazioni così ben articolate, devo fare tutto da me, certo la questione è molto complessa (è sempre la questione del qualcosa fuori dalla parola, basta che ci sia qualcosa fuori dalla parola) perché lui questo opponente vi sta dicendo che qualcosa esiste fuori dalla parola, cosa obiettiamo a questa proposizione , qualcosa esiste fuori dalla parola? Quando vi si oppongono obiezioni, questo è un trucco, obiezioni che si basano sull’esperienza non restate sullo stesso campo, spostatevi, ottimo per altro esercizio retorico, non restate sullo stesso campo, cioè quando uno vi dice “due più due fa quattro” se rimane nello stesso campo dell’aritmetica, avrà sempre ragione quell’altro non c’è verso e quindi spostatevi, come dire che non raccogliete le regole di quel gioco perché è proprio questo ciò che voi dovete mettere in evidenza e quello è un gioco con delle regole ma se contestate quelle regole non c’è niente da fare come se giocando a poker uno ha quattro assi e l’altro due picche, le regole son quelle se accettate quelle regole non ci sono santi, ma quindi porre la vostra attenzione su qual è il gioco che sta giocando e cioè le regole, attenzione che fra l’altro è anche importante poi in analisi cioè qual è il gioco che si sta giocando, in questo caso una delle regole del gioco che sta giocando e che gli consentono di affermare questo è il pensiero che qualche cosa esista di per sé, questo è il punto della questione, se qualcosa esiste di per sé allora è vero il bambino può vedere …se non esiste di per sé ecco che allora l’argomentazione cambia perché a questo punto voi non obiettate più sul punto che il bambino veda o non veda qualche cosa o qualche cos’altro ma sulla possibilità stessa che sia possibile vedere qualcosa fuori dal linguaggio, quindi voi non dovete obiettare il fatto che il bambino vede oppure no, il bambino lo cancellate, non c’è nessun bambino. Dunque qualcosa esiste di per sé, ecco che a questo punto le argomentazioni che abbiamo tratte a questo riguardo sono molte, ve le ricordate? (è in base a questo qualcosa che è nato il nulla fuori dalla parola, e adesso l’atto linguistico) quindi se la sua argomentazione si sorregge sul fatto che qualcosa esista di per sé e quindi possa essere esperito al di fuori dell’atto linguistico allora è su questo che dovete lavorare, sul fatto che possa esistere qualcosa di per sé, e qui abbiamo detto varie cose certo dovremo ridirle in un altro modo però, e cioè il fatto che se qualcosa esiste fuori dalla parola allora per esempio questa è una delle argomentazioni che avevo proposto: o lo so per esperienza oppure per deduzione, vi ricordate? (…) quindi questa è una prima cosa di cui dovete tener conto, badare se nella risposta a un’obiezione vi conviene attenervi alle regole di quel gioco oppure no, in molti casi se voi vi attenete alle regole dello stesso gioco non avete vie di scampo, come nel gioco del poker….quindi spostare su un'altra cosa che se voi rimaneste per esempio nell’ambito dell’esperienza lì è dura perché in ogni caso sareste costretti a ricondurre l’argomentazione ad una questione che vi ho detta prima, perché se accogliete l’esperienza in sé poi non avete scampo, come dire che accogliendo l’esperienza in sé vuol dire che qualcosa esiste al di fuori della parola ed è possibile esperirlo al di fuori dell’atto linguistico, se accogliete questo già che poi non avrete molte armi (subito è in termini religiosi) poi altre obiezioni che ci sono state fatte (sono sempre quelle attorno alle sensazioni) martedì alla conferenza c’è la verità assoluta e quindi alcune di queste cose verranno poste: non esiste la verità assoluta! Questa per esempio, è una questione che viene posta anche da persone molto attente, sia nel campo della filosofia, della linguistica, della logica, la verità assoluta non esiste! Come potrebbe lei Cesare obiettare il contrario (…) adesso come ipotetico interlocutore sostengo questo mentre generalmente sostengo il contrario, visto che è argomento di martedì prossimo (perché io possa negarla devo averla pensata, al momento stesso che io l’ho pensata l’ho fatta esistere, esiste se non altro per essere negata) però un interlocutore scaltro direbbe “io ho detto che la verità assoluta non esiste, ma non come significante, non esiste in quanto non è provabile, un qualunque cosa esiste anche il famoso cerchio quadrato di Meinong, il famoso logico, esiste o non esiste ma non è provabile la sua esistenza, rimarrà sempre un poligono con infiniti lati ma mai un cerchio per cui quando diciamo che esiste una certa cosa è perché possiamo provare la sua esistenza se no dobbiamo provare anche l’esistenza di dio, anche dio esiste… (sarebbe la prova) oppure è essa stessa, è essa stessa che dà di sé questa prova (oppure c’è qualcosa di più superiore ancora che è una…) certo la verità, lei stessa dovrebbe esibire questa prova senza ricorrere ad altro certo (dovrebbe essere causa sui) sì, sì nel frattempo… (gli chiederei se quello che sta dicendo è una sua affermazione, sta affermando che non esiste) no lui l’ha detto in seguito ad una argomentazione non è che l’ha detto così, non esiste in quanto è sempre possibile costruire una proposizione che neghi questa proposizione, per cui può essere provata vera e falsa a piacere e quindi anche la verità in quanto tale e assoluta non esiste, non è che lo dice così, è da un’argomentazione (volevo giocarla come una affermazione: stai affermando che la verità non esiste e visto che lo stai affermando, questo è vero o falso?) attenzione a fare questi giochetti perché possono essere facilmente torti contro di voi e cioè questo altro applica esattamente la stessa cosa a quello che dice Beatrice e cioè che la verità assoluta esiste, è un’affermazione come qualunque altra, che ce ne facciamo niente! Intanto la prima cosa da farsi e chiedere che cosa intende con verità assoluta, la verità assoluta vi dirà probabilmente che è qualcosa che è necessariamente, non potrebbe non essere, se è attento, e supponiamo che abbia detto questo, dice qualunque cosa può non essere perché io posso costruire una proposizione che la nega e quindi non è più la verità (la questione della non negabilità, non la dimostrabilità e si torna al fatto che la proposizione non è negabile) e invece lui sostiene il contrario, Nella come potremmo provare la verità assoluta, in modo incontrovertibile, definitivo e inappellabile? (…) mi dimostri Nella l’esistenza della verità assoluta in modo incontrovertibile, indubitabile, innegabile e inappellabile, non solo che c’è ma che c’è necessariamente e non può non essere (la verità è per ognuno) no, se è per ognuno è relativa, non è più assoluta, non è soprattutto incontrovertibile perché quell’altro la controverte subito oppone la sua e bell’è fatto (la verità assoluta o la verità che riguarda la proposizione che nulla è fuori dalla parola?) il nostro interlocutore non si pone questa questione, lui semplicemente nega quello che noi abbiamo affermato, cioè che esiste una verità assoluta (mentre noi affermiamo che esiste), (lui non ci sta chiedendo quale) questo tizio ci dice: la verità non c’è dal momento che io posso costruire una qualunque proposizione che neghi questa affermazione, (sempre costruendo una proposizione io lo posso fare e quindi la negazione di questa verità assoluta dice che sto parlando per dirlo) e allora ? badi bene, non sottovaluti l’interlocutore, (quindi questa è la verità assoluta) sto parlando di verità assoluta o di proposizioni? (sto affermando) ma questa affermazione ha un referente, un quid che io chiamo verità assoluta, e quindi le mie parole non sono altro che l’espressione di un qualche cosa che o c’è oppure non c’è necessariamente, però il fatto che ne parli è soltanto l’utilizzo di uno strumento che mi permette di fare questa operazione ma questa operazione è fatta su cose che non sono necessariamente atti linguistici, però non era questo il contenzioso, non sottovalutate l’interlocutore (lei non ha mai affermato la verità assoluta) ho cambiato idea, ogni tanto mi prende così, martedì Nella avrà conferma che la verità assoluta non solo esiste ma deve necessariamente esistere e non può non esistere (…) deve valere sempre e in ogni caso (la verità assoluta è sempre che nulla è fuori dalla parola) È troppo rapida Beatrice, nulla è fuori dalla parola, perché? (…) non trarre conclusioni. Dovete tenere conto di avere un interlocutore che è tosto che non vi lascia passare niente è qui che si fanno le ossa, si acquisisce veramente una capacità di argomentare, di rapidità di pensiero, in ben altra accezione che vi consentono di pensare le stesse cose in modo molto più semplice, più efficace, più rapido, come dicevamo la volta scorsa quando sarà sulla punta delle dita, quando sarà appunto acquisito, sì? (gli umani sono parlanti è questo non si può negare parlano e questa è una verità assoluta) sì anche parlare del cerchio quadrato, il cerchio quadrato esiste oppure no? se esiste, me ne faccia uno (sì però è sempre linguaggio) anche un cerchio quadrato? (sì) lo faccia! (posso farlo tramite il linguaggio) non può farlo, sarà sempre sarà sempre un poligono con i lati che tende all’infinito ma sarà sempre un poligono, non ci sarà mai quel passaggio, è come quell’ aggeggio che si divide infinite volte, rimarrà sempre un poligono con un numero infinito… (definizione di verità ciò che non può non essere a questo punto occorre chiedersi che cosa necessariamente deve essere, l’unica cosa che necessariamente deve essere è ciò stesso che mi permette di fare questa domanda) questo l’abbiamo detto. Chi saprebbe porre un’obiezione a questa affermazione? che cosa ha detto Sandro? (ho detto che bisogna definire la verità cioè che cosa necessariamente deve essere e che cosa deve necessariamente essere? Ciò stesso che mi permette di fare questa affermazione) è una buona obiezione…(che cosa è necessario?) ciò che mi consente di fare questa operazione, Sandro che è uomo d’onore afferma essere il linguaggio, la questione è perché solo il linguaggio e non altre cose, potrebbero esserci altre cose che me lo consentono? Per esempio, io sto parlando della verità, ho idea della verità, come abbiamo giustamente detto ciò che è e non può non essere, questa idea che ho, l’ha inventata il linguaggio? A partire da che? E se sì come? Perché? Da dove scappa fuori sta cosa? (li principio del terzo escluso) sì io ho detto che la verità è ciò che necessariamente è e va bene però questa idea di verità che ho, è sorta dal linguaggio si dice ma il linguaggio come se l’è inventato in base a che cosa? quindi la verità come qualunque altra cosa a questo punto, se non ha avuto esperienza di qualche cosa, per esempio, è un’invenzione del linguaggio poteva essere qualunque cosa, perché ha una certa funzione? Cioè in definitiva come e perché il linguaggio ha creato questa cosa, a che scopo? (il significante verità a che scopo?) il significante verità e anche il senso, non è solo il suono, perché il linguaggio avrebbe dovuto fare una cosa del genere? Chi lo pilota? (senza la verità appunto non ci sarebbe linguaggio, non ci sarebbe differenza e ciascuna cosa sarebbe un’altra cosa) quindi senza verità non ci sarebbe linguaggio? Quindi la verità precede il linguaggio visto che ne è la condizione (io non posso immaginare a questo punto un linguaggio in cui non funzioni la verità) il fatto che lei non lo possa immaginare non è che significhi molto, può essere corta di immaginazione, potrei obiettare io (non ci sarebbe significazione) (è qualcosa della procedura), sì però bisogna sciogliersi in queste cose, sono farraginose, semplificare rendere immediato veloce, rapido immediatamente intuitivo, una cosa lì subito, già è così, l’esercizio che stiamo facendo è per giungere a questo (se non ci fosse la verità non funzionerebbe nulla) e quindi l’obiettore nostro direbbe e quindi la verità precede il linguaggio e quindi ne è la condizione, di questo che si sta affermando e quindi se ne è la condizione, quindi è fuori dal linguaggio, uno a zero per il nostro interlocutore. Vedete che le cose che appaiono o che apparivano semplici, ovvie non lo sono affatto se come si usa dire oggi, se testate (questa argomentazione era molto solida) ha detto bene, “era” si tratta di renderla più solida e molto più semplice, perché ogni volta si è costretti a fare tutta una serie di giri per arrivare dove vogliamo noi, questi giri vanno semplificati, possono essere eliminati, per rendere la cosa più veloce perché non ci interessa fare un lavoro, costringere e tenere il nostro interlocutore, tenerlo legato ad una seggiola, qualcosa invece di molto veloce e immediato, però per potere fare questo occorre prima avere acquisito molto bene i termini della Seconda Sofistica e poi a questo punto si trovano le finiture e i metodi per sveltire il percorso, cosa che può avere molti sbocchi questo lavoro…