25-1-2006
Ci sono questioni che volete porre?
Intervento: ha letto
l’enciclica del Papa?
No, cosa dice?
Intervento: parla
dell’amore, è intorno all’eros e l’agape, questione del donarsi, è una
rilettura della questione dell’amore per portarlo di più verso la questione
dell’agape rispetto all’eros… ripercorre un po’ il pensiero filosofico… il
momento in cui l’uomo si realizza al momento in cui c’è questa intersezione,
questa unione fra corpo e anima là dove l’eros tenderebbe più a escludere lo
spirituale… una questione che sarebbe interessante da svolgere non in termini
di teoria del linguaggio ma… mi incuriosisce molto questo svolgersi del modo di
pensare e la posizione della chiesa, questa questione del creazionismo, del
rivoluzionismo, la questione dell’embrione, la questione dell’aborto che
ritorna… è come se si cercasse di imporre una sorta di pensiero forte nel
discorso occidentale come se il timore fosse che dall’altra parte ci fosse il
nemico che ha questo pensiero forte e il timore fosse… è come se ci fosse il
tentativo di imporre e di riportare il pensiero a una sorta di pensiero forte
contro i fondamentalismi… in ambito intellettuale ancora non c’è questa cosa ma
è chiaro che a forza di insistere su questa cosa qua prima o poi si impone
anche nel campo intellettuale… mi incuriosisce come disegno
Questa sorta di relativismo che è nato da trenta o
quarant’anni, in effetti ha indebolito il pensiero forte per cui si dice che se
vogliamo combattere i mussulmani…
Intervento: è anche
vero non ritengo che sia solo una questione di Allah o dell’Islam… ha presente
la legge sulla legittima difesa?… è quella di esasperare le forme di liberismo…
l’individualismo non è altro che il sistema di potere migliore per potere
controllare… se uno si fa gli affari suoi non avrà mai modo di confrontarsi con
nessuno e quindi di prendere una posizione comune… quindi ripensavo a quello
che dicevo prima che è una sorta di riorganizzazione di potere all’interno del
discorso occidentale per gestirlo meglio chiaramente
Sì, una volta che una verità cede se ne cerca un’altra, avete
altre questioni da porre?
Intervento: mi
interrogavo sulla differenza che abbiamo definita la volta scorsa come una
regole del gioco… intanto cosa vuol dire per il discorso occidentale qualcosa
di differente? È qualcosa di nuovo? Come si interroga sulla differenza: questo
elemento è questo elemento? Si è vero, no, è falso. È una decisione che si
prende in quel momento
Non passi da una questione all’altra, ne prenda una e
l’ha affronti, se no non capiamo niente…
Intervento: era la
stessa questione
In che modo la questione della differenza la interroga?
Perché?
Intervento: perché il
pensiero per proseguire pone delle differenze, la differenza è strutturale
perché non si potrebbe individuare nessun elemento se così non fosse, il
pensiero come funziona? Perché giunge poi a decidere se una certa cosa è vera o
falsa… funziona proprio così cerca l’uguaglianza perché cerca di proseguire a
costruire cose e quindi in quale modo si trova a contrapporre due elementi,
come possa contrapporre un gioco a un altro gioco e cioè come possa cercarne la
differenza e quindi come trovare un modo per proseguire a dire… d’altra parte
vediamo che ogni volta che il discorso occidentale trova una direzione in
quella direzione costruisce prosegue e va avanti perché è la direzione vera, se
i passaggi sono coerenti con la premessa può andare avanti all’infinito a
costruire questo discorso, però compiendo questa operazione lui deve
continuamente confrontare gli elementi che intervengono in un certo modo, ma
come avviene questo confronto? Ché non tutti gli elementi sono raffrontabili
dipende…
Dal gioco che sta facendo…
Intervento: in effetti
il discorso occidentale agisce il suo movimento attraverso le differenze che
costruisce, ma che può costruire? Non può costruire qualsiasi differenza può
costruire quello per cui è programmato a costruire una differenza, tutti i vari
discorsi psicanalitici: ossessivo, isterico, paranoico hanno accesso soltanto a
certi elementi a certi altri non hanno accesso cioè le differenze non vengono
colte, mi interessava proseguire su queste questioni…
Cosa dice la differenza in primissima istanza? Nega
qualcosa, e la negazione è importante nella struttura del linguaggio…
Intervento: la
negazione è quella che dà la differenza un elemento è un elemento o non lo è… però
questa negazione è procedurale
È un’esigenza del linguaggio, se una certa sequenza
conduce a un’affermazione che rileva essere falsa, e cioè nega le premesse da
cui è partita, sappiamo che da lì non può proseguire, dicendo questo già poniamo
le basi di ciò che indichiamo con differenza: “è vera questa conclusione?” No, e
allora differisce dal vero. Quando nega qualche cosa dice che non è quella
certa cosa e questo è uno degli elementi che, come sappiamo, fa funzionare il
linguaggio. Una certa sequenza conduce a una conclusione attraverso un sistema
inferenziale, se la conclusione cui giunge per qualche accidente nega la
premessa da cui è partita allora viene respinta nel senso che non viene utilizzata.
Cosa significa questo? Significa che rispetto a ciò che consentirebbe al
discorso di proseguire, ciò che è intervenuto è differente, non è quello.
Questo potrebbe essere il primo modello di differenza, cioè quello, come diceva
lei procedurale, strutturale, “non è vero” quindi di lì non è possibile
proseguire…
Intervento: la
negazione e la coerenza
Abbiamo detto varie volte che la coerenza non è
nient’altro che il continuare ad affermare la verità delle premesse, se è
incoerente allora nega la premessa. Per quanto riguarda la struttura del
linguaggio, sì certo, diciamo che una certa sequenza è incoerente se nega le
proprie premesse, la negazione in questo caso riguarda la struttura del
linguaggio non ciò che avviene all’interno di un gioco, anche se è poi riconducibile,
però se qualcuno mi chiede se ho cenato la mia risposta è no, nego di avere
cenato, intendo dire che se io affermassi che invece ho cenato allora questa
affermazione sarebbe incoerente perché nega le premesse che sono quelle, per
esempio, che sono a stomaco vuoto, ma in realtà la differenza non è nient’altro
che questo: ciò che la negazione rileva: è vero? No. Quindi è differente dal
vero, è altro dal vero, quindi non è il vero. A questo punto sorge la
differenza, quindi essendo altro, può essere utilizzato per un altro gioco, per
esempio, se all’interno della struttura del linguaggio non è più utilizzabile
ciò che viene negato, perché se qualcosa nega la premessa allora quella
proposizione non è utilizzabile all’interno della struttura del linguaggio,
all’interno invece di giochi linguistici è utilizzabile perché le premesse sono
differenti da quelle che costituiscono il funzionamento del linguaggio, la cui
premessa per il funzionamento del linguaggio è solo quella che afferma che
fondamentalmente qualunque cosa è un elemento linguistico, e questo non lo può
negare, se costruisce una proposizione che nega questo allora quella
proposizione non può essere utilizzata perché diventa paradossale, non è
praticabile all’interno dei giochi linguistici, invece se io mi accorgo che la
conclusione cui giungo nega la premessa del gioco particolare che sto facendo, beh,
questo significa soltanto che deve prendere un’altra direzione, devo fare un
altro gioco per esempio, e quindi si stabilisce una differenza tra ciò che sarebbe
dovuto essere e ciò che è. In fondo la differenza tra le cose, tra le parole,
tra gli oggetti non è nient’altro che questo, e cioè una certa cosa è definita
da un certo numero di caratteristiche, una cosa differente nega che nel secondo
oggetto ci siano quelle caratteristiche o una di quelle caratteristiche, questo
viene negato: non ha quelle caratteristiche, o non tutte, insomma questa
affermazione viene messa alla prova, se tutte le caratteristiche sono le stesse
di quell’altra cosa allora è uguale, se invece si costruisce una proposizione che
nega che tutte le caratteristiche siano le stesse allora c’è una differenza,
nient’altro che questo. Questo orologio è quel registratore? No. Perché le
caratteristiche che io attribuisco a questo aggeggio non sono le stessa caratteristiche
che attribuisco a quell’altro, la differenza non è nient’altro che questo. L’unica
cosa che il linguaggio non può fare è negare la propria esistenza, è l’unica
cosa che in nessun modo può fare, ed è quella l’unica proposizione che in
nessun modo può essere accolta dalla struttura del linguaggio, che poi rimane
la struttura di base, però poi viene applicata a giochi che hanno premesse
differenti, non hanno più solo l’unica premessa che fa funzionare il
linguaggio, il gioco del tre sette ha le sue premesse che tuttavia all’interno
di quel gioco non possono essere negate, mentre in altri giochi sì,
caratteristica che invece non appartiene al linguaggio poiché non posso negare
la premessa del linguaggio e poi fare altri giochi, ché il linguaggio è la
condizione di qualunque gioco e quindi se nego il linguaggio allora nego la
possibilità stessa di fare qualunque altro gioco, quindi non posso giocare con
niente. Questa appare la differenza fondamentale tra il linguaggio e qualunque
gioco linguistico, la premessa di un gioco linguistico può essere negata e non
inficia altri giochi linguistici, il linguaggio invece se viene inficiato,
viene inficiata la possibilità stessa di costruire qualunque altro gioco,
qualunque altra cosa, e questa è appunto la differenza in questo caso, come
dire che le caratteristiche del gioco linguistico non sono applicabili al
linguaggio, e quindi c’è una differenza…
Intervento: negando la
premessa di un gioco linguistico il linguaggio funziona comunque mentre se io
mettessi in discussione la premessa del linguaggio è chiaro…
Modificando il linguaggio non è più possibile parlare,
mentre modificando il tre sette lei può continuare la sua vita tranquillamente,
magari non giocherà a tre sette, ma potrà fare infinite altre cose, se invece
modifica il linguaggio allora non può più fare niente…
Intervento: invece
nell’ambito del discorso quando si avvia il linguaggio la persona accoglie nel
suo muoversi la propria visione del mondo… una premessa… l’altra volta si
faceva la distinzione tra emozioni e sensazioni e già da tempo dicevamo che
l’emozione…
È una differenza che fa il luogo comune…
Intervento: beh, sì la
definizione fra due cose però mi serviva comunque per parlare dell’emozione
come quel qualcosa che va ad agganciarsi alla visione del mondo della persona cioè
alla sua premessa maggiore, a ciò che ha dato l’avvio al linguaggio in qualche
modo al suo modo di vedere, di sentirle, di parlare tutto sommato… i
giochi che la persona fa nella sua vita prendono l’avvio, una direzione a
partire da quella che è considerata, possiamo parlare di premessa maggiore?
Quella che sovrintende tutto il pensare della persona, premessa maggiore che
svolge il suo percorso trovando le differenze che sono peculiari a questa
premessa, quindi peculiari anche alle emozioni che questa persona incontrerà
nella sua vita perché saranno le differenze tutto sommato, sulle quali
costruirà…
Sta dicendo che il modo in cui si avvia il linguaggio
determina quali saranno le emozioni che lo attrarranno?
Intervento: sì beh
certo
È ovvio.
Intervento: e che non
potrà, se non in un percorso come quello che facciamo noi, intendere eppure
potrà capire certo si dice continuamente che io capisco l’altro ma a partire
dalla premessa maggiore che mi fa interpretare le cose in un certo modo e
quindi tutto è vincolato da queste e ci siamo di nuovo da queste differenze che
sono date dal linguaggio e che ciascuno utilizza credendo che siano la realtà
delle cose, dei fatti ma è come se non ci fosse l’accesso tra un discorso e
l’altro perché le differenze vengono vagliate in base al proprio discorso, le
emozioni, le sensazioni insomma ciò che costituisce il muovere della persona,
questa è la questione sulla quale sto andando avanti e cercando di intendere come
funziona questa premessa maggiore che sovrintende a un discorso e che man mano
proseguendo continua a preservare quel discorso da qualcosa di nuovo,
radicalmente nuovo che possa darsi in quel discorso
Sì, la mamma dice sempre il vero, la mamma dice che le
cose stanno così e quindi le cose stanno così, grosso modo funziona in questa
maniera, ma perché la mamma dice sempre il vero? È chiaro che non si formula in
questi termini, se potesse formularsi in questo modo già sarebbe un grosso
passo avanti…
Intervento:…
Sì perché non c’è nessuna possibilità di mettere in
discussione una cosa del genere, quindi per il solo fatto che una certa cosa è
stata detta allora esiste, e quindi è vera, necessariamente…
Intervento: anche nel
caso in cui dica “la mamma non ha ragione” non fa nient’altro che…
Ciò che fanno gli umani è questo: ciò che si dice esiste
di per sé, è l’unica cosa che esiste, gli umani non si accorgono di niente in
generale, ma per il fatto che qualcosa è stata detta allora esiste /…/ per
scoprire la menzogna bisogna mettere in discussione ciò che è stato detto e
perché mettere in discussione ciò che è stato detto se ciò che si dice esiste e
quindi è reale? Non c’è nessun motivo se non che quello che ascolto non collima
con ciò che io so per certo essere vero, ma se no, qualunque cosa per il fatto
stesso di essere detta esiste perché ciò che si dice da quel momento esiste, nel
senso che partecipa del discorso e se esiste allora è reale, se è reale allora
è vero. Accorgersi di una cosa del genere è fondamentale ma è
straordinariamente complicato perché in realtà esiste soltanto ciò che si dice,
poi ciò che si dice si suppone, perché addestrati così, si suppone che si
riferisca a qualche cosa che linguaggio non è ma è solo una questione di
addestramento, ma la cosa fondamentale è che se si dice allora esiste, qualunque
cosa, accorgersi che non è così è complicato, è come dire che soltanto se, come
dicevo prima, ciò che si dice non mette in dubbio, non mette in discussione ciò
che io credo essere la realtà allora, solo allora, posso porre qualche
obiezione quindi non accogliere ciò che si dice…
Intervento: infatti il
nuovo sarebbe questa messa in gioco della realtà
Per questo motivo ciò che noi andiamo dicendo, come
sapete, difficilmente viene accolto, perché noi diciamo questo: che nel luogo
comune ciò che si dice viene ritenuto immediatamente vero, infatti nel luogo
comune è vero perché esiste, perché lo vedo, non perché lo dico…
Intervento: teoricamente
il luogo comune scopre le cose
Immagina che alle parole corrispondano delle cose, che è
una delle pensate più strampalate che si possano immaginare, però tant’è, gli
umani credono qualunque cosa, credono persino in dio quindi sono disponibili a
credere in qualunque cosa e il suo contrario, e la questione è sempre giocata
intorno alla verità, è soltanto in base alla perdita della verità che le
persone si agitano…
Intervento: o di non
sapere
Certo, con tutte le varie configurazioni che la
questione può assumere, pensate a una fantasia tra le più diffuse, la fantasia
di abbandono con tutte le sue varie forme: perché una persona dovrebbe temere
di essere abbandonata? Che gliene importa? Cosa avviene in relazione a questa
bizzarra fantasia di abbandono? Beh, qui la verità c’entra parecchio, è come se
le cose che io penso, che io dico, non fossero più riconosciute e quindi è come
se io dicessi il falso, quindi chiaramente le persone mi abbandonano, non danno
più retta a ciò che dico, non mi ascoltano più, e da lì la fantasia di
abbandono, ché è questo che crea problemi alle persone, questo pensiero, non di
essere abbandonate. Alle volte vogliono essere abbandonati, per vivere tutta
una serie di cose ma questo è un altro discorso, in fondo perdere la stima,
perdere l’amore, perdere la considerazione non è nient’altro che questo:
immaginare che le cose che io penso, che dico, che faccio, non hanno più
interesse cioè non sono più vere, quindi non interessano più il prossimo, e se
tutte le cose che dico, faccio, penso, non sono più vere diventa un problema,
non ho più la verità, e quindi dove vado? Mi fermo, e se mi fermo che succede?
Qui ci potremmo riagganciare al discorso di qualche volta fa e cioè al corpo,
c’è l’eventualità che ogni malanno del corpo abbia a che fare in qualche modo con
l’impossibilità, l’incapacità di reperire qualcosa che il proprio discorso
esige, di reperire cioè la verità, qualcosa che all’interno del discorso
funziona come tale, e se non si reperisce la verità per il discorso avviene
qualcosa che è molto prossimo a una sorta di mal funzionamento, è come se in
fondo il discorso stesso segnalasse un mal funzionamento del programma: di lì
non si può andare e di là nemmeno, di là neanche, cosa facciamo? Certo il
linguaggio non può fermarsi, ma il discorso sì, può arrestarsi in attesa di
trovare la verità, di trovare una direzione, una direzione confacente, se non
riesce a trovare questa direzione cosa fa?
Intervento: l’impedimento
a proseguire è quello che fa tornare in qualche modo a verificare tutta una
serie di cose
Questo sarebbe già un passo, in realtà non si verifica
ciò che lei auspica…
Intervento: perché il
discorso essendo programmato in un certo modo quando ritorna lo verifica sempre
attraverso quel programma, circolo vizioso
Potrebbe intervenire una fantasia di questo genere: di
fronte a un’en passe che è sempre del discorso, l’idea dovrebbe essere che se io, per tornare
alla questione del corpo e della malattia, se io mi ammalo, che succede? Adesso
diciamola così in modo molto rozzo, che altri si occuperanno di me, costringo
altri ad occuparsi di me, cioè tornare a quella condizione dove io non avevo
nessuna responsabilità, piccolino, tutti si occupavano di me, quelli preposti a
farlo, ma questo che cosa comporta riguardo al discorso? Che se si occupano di
me allora quello che io dico o quello che io ho, per esempio, male, è vero. Tant’è
che generalmente quando una persona è ammalata si suppone che dica la verità,
che il suo male sia vero anzi, è una delle cose più reali, cioè ricreare quella
condizione in cui qualcuno occupandosi di me certifica che le cose che faccio,
che dico, che penso sono vere. Per il momento è solo un’ipotesi, dobbiamo
verificarla ovviamente, però potrebbe essere così, potrebbe essere uno dei
motivi principali per cui gli umani si ammalano, per ritrovare la condizione in
cui veniva certificata la verità, tant’è che di fronte a un’en passe del
proprio discorso, questo è noto dai tempi di Aristotele, c’è una maggiore
facilità a prendersi i malanni, così come il depresso che ha un sacco di
problemi si ammala più facilmente, perché si trova di fronte a un problema nel suo discorso, non sa qual è la direzione
che dovrà prendere per proseguire a costruire proposizioni vere; questo crea
problemi al discorso, non al linguaggio, al linguaggio non gliene importa
assolutamente niente perché lui comunque trova la via, per esempio tutta questa
operazione di cui vi accennavo è già un modo per proseguire del linguaggio, il
linguaggio non si arresta mai ma il discorso sì…
Intervento: perché il
discorso può fermarsi, non può perché pensi ciò che pensi prosegue
Si arresta un discorso, con discorso intendo qui un
gioco linguistico, e se quel gioco per quella persona è fondamentale può
diventare un problema…
Intervento: cercherà
qualcosa per uscire
Il linguaggio non si arresta per cui comunque farà un
altro gioco, ma quel gioco no, e se quel gioco è importante… per esempio se lei
dicesse a un fondamentalista islamico che tutta la storia di Allah è una balla
colossale non è che per questo solo fatto lui abbandona quel gioco e ne fa un
altro, non è così semplice, non lo mollerà quel gioco, preferirà eliminare lei
piuttosto che quel gioco, pertanto ci sono dei giochi che appaiono alla persona,
per una serie di motivi che sono quelli di cui dicevamo prima, quelli su cui si
è costruito il suo discorso, che appaiono irrinunciabili, per qualcuno può
essere la ricchezza, succede un cataclisma economico, perde la ricchezza ed è
la disperazione più nera, tutto il resto perde di valore oppure, molto più
semplicemente, l’innamorato che perde la sua fanciulla è come se avesse perduto
tutto, e allora si deprime perché tutto ormai non ha più nessun senso. A quel
punto quel discorso che riguardava l’innamoramento ha una battuta di arresto,
tutto ciò che per lui era bello, quindi vero, non lo è più e trovare un’altra
direzione volendo mantenere quel gioco può essere molto complicato, è chiaro
che deve cambiare gioco ma non lo vuole cambiare perché per lui è il fondamento
di tutto…
Intervento: non è che
si ferma ripete sempre questo gioco
Il linguaggio ovviamente non si arresta…
Intervento: è una
domanda che si rinnova sempre
Allora a quel punto sì, potrebbe intervenire questa
fantasia che non è altro che il discorso che va a riprendere, a ricostruire una
situazione dove aveva la certezza di essere certificato e non avere problemi di
verità, perché ogni sua cosa veniva sempre certificata, continuamente, quindi è
la situazione ideale che poi non è nient’altro che il punto in cui il
linguaggio si è installato, grosso modo, e quindi cerca di ricreare la
situazione in cui tutti si occupano di lui, ma da adulto come ricreare una cosa
del genere, dove a nessuno gliene importa niente di lui? Ha una sola
possibilità: ammalarsi. E allora a quel punto costringe in un certo senso gli
altri a occuparsi di lui e quindi ricostruisce quella situazione. C’è
l’eventualità che funzioni così in moltissimi casi…
Intervento: la macchina
è rotta, si rompe e si deve cambiare il pezzo, però pare esserci una
discrepanza fra questa questione della macchina che si rompe
Dipende dalla responsabilità se io viaggio con il piede
sulla frizione allora se si brucerà la frizione nel giro di pochi mesi è una
mia responsabilità, se non controllo l’acqua nel radiatore e la guarnizione
della testata si brucia ecco che c’è il mio contributo, se invece un camion mi
attraversa la strada e mi porta via il motore in quel caso magari no. Dipende
dalla responsabilità del discorso, il mio discorso può rispondere di ciò che
altri dicono? No, lei non può rispondere di ciò che penso io, risponde di ciò
che pensa lei…
Intervento: stavo
pensando alla questione della noia, secondo il discorso che facevamo prima mi
chiedevo la questione della verità come funziona perché nella noia è un po’
come il raggiungimento dell’oggetto del desiderio che deve poi desiderare qualche
cos’altro perché se non c’è questo rilancio interviene la noia, la questione
della verità… questo oggetto del desiderio funziona come qualcosa di vero, lo
devo raggiungere perché io ritengo sia la condizione di benessere…
Il problema è che quando l’ho raggiunto, o devo darmi da
fare per mantenerlo, oppure non mi dice più niente…
Intervento: pensavo che
è come se ci fosse l’esigenza di mettere in discussione la verità, come se ci
fosse sempre l’esigenza di metterla in gioco perché la noia non è che si ponga
il problema della verità gliene importa nulla… stavo pensando che nella paura
di essere abbandonati si creano le condizioni per essere abbandonati come se
fosse un modo per combattere la noia ma in che senso? Come se si sapesse che
quella è la verità ma in qualche modo in questo voler essere abbandonati è un
po’ come cercare una sorta di rilancio… quel rilancio che manca nel fatto…
Sì, vive tutte quelle scene di abbandono con tutti i
patemi d’animo per questo: non sa cosa fare, pensare, brigare…
Intervento: è un po’
come se questa verità è posta fuori dal linguaggio nel senso che è sempre
qualcuno o qualcosa, funziona da elemento vero, da referente al proprio
discorso, è come se questo qualcosa posto fuori dal linguaggio appartenesse ad
un gioco per cui si raggiunge e si respinge… godo nel
raggiungerlo ma godo anche nel respingerlo per poterlo riprendere… il gioco del
rocchetto… mi chiedevo se il timore di essere abbandonato è accompagnato da una
fantasia che immagina la fine di questo gioco come una sorta di catastrofe… come
se in qualche modo non si potesse più giocare
Se è una catastrofe, la catastrofe da molto da fare per
sollevarsi dalla catastrofe, la noia sì, certo, deve essere interrotta da
qualche cosa…
Intervento: mi stavo
interrogando sulle persone che vivono questa sensazione di catastrofe
Questi non si annoiano…
Intervento: anzi sono
piuttosto stanchi per il da fare che si danno… mi chiedevo se c’era una
connessione sul fatto che il timore di essere abbandonati abbia a che fare con
una sorta di consapevolezza di averla questa verità nella noia
Nella noia sì, ma la noia non deriva tanto dal timore di
essere abbandonati ma dalla supposizione che le cose che ci circondano sì sono
vere, è tutto vero, come il raggiungimento della felicità…
Intervento: assenza di
stimoli, ma cos’è l’assenza di stimoli?
Nulla che li interroga, che dia da pensare…
Intervento: Leibniz
diceva che l’inquietudine è ciò che è alla base dell’interesse umano… la parte
opposta è la noia che paralizza gli umani… ciò che paralizza gli umani è
proprio questa ricerca, la ricerca stessa il sapersi in questa ricerca cioè so
che deve trovare la verità ma ciò che mi è essenziale è il non trovarla, perché
mi impedirebbe di portare avanti la ricerca…
È un modo certo, un continuo rinviare in modo di
posticipare sempre…
Intervento: ma se io
rinvio non è perché a questa verità ho dato una forma di rappresentazione?
immagino di sapere che cos’è? perché se no come faccio a rinviare o comunque
sapere se ci sono addosso oppure no… occorre che io in qualche modo me la
rappresenti, gli dia una forma, una sostanza, a questa verità
Intervento: a proposito
di noia, la noia in certi giochi funziona in un modo in certi altri… per
esempio, i cerimoniali del discorso ossessivo, del discorso religioso vive di
cerimoniali… perché non prova noia nei confronti dei suoi
cerimoniali?
Perché ogni volta si rinnova, si annoierebbe se sapesse,
se avesse la certezza che il gas l’ha chiuso e invece c’è sempre l’eventualità
che sia aperto, per questo non si annoia. Va bene.