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25-1-2006

 

Ci sono questioni che volete porre?

Intervento: ha letto l’enciclica del Papa?

No, cosa dice?

Intervento: parla dell’amore, è intorno all’eros e l’agape, questione del donarsi, è una rilettura della questione dell’amore per portarlo di più verso la questione dell’agape rispetto all’eros… ripercorre un po’ il pensiero filosofico… il momento in cui l’uomo si realizza al momento in cui c’è questa intersezione, questa unione fra corpo e anima là dove l’eros tenderebbe più a escludere lo spirituale… una questione che sarebbe interessante da svolgere non in termini di teoria del linguaggio ma… mi incuriosisce molto questo svolgersi del modo di pensare e la posizione della chiesa, questa questione del creazionismo, del rivoluzionismo, la questione dell’embrione, la questione dell’aborto che ritorna… è come se si cercasse di imporre una sorta di pensiero forte nel discorso occidentale come se il timore fosse che dall’altra parte ci fosse il nemico che ha questo pensiero forte e il timore fosse… è come se ci fosse il tentativo di imporre e di riportare il pensiero a una sorta di pensiero forte contro i fondamentalismi… in ambito intellettuale ancora non c’è questa cosa ma è chiaro che a forza di insistere su questa cosa qua prima o poi si impone anche nel campo intellettuale… mi incuriosisce come disegno

Questa sorta di relativismo che è nato da trenta o quarant’anni, in effetti ha indebolito il pensiero forte per cui si dice che se vogliamo combattere i mussulmani…

Intervento: è anche vero non ritengo che sia solo una questione di Allah o dell’Islam… ha presente la legge sulla legittima difesa?… è quella di esasperare le forme di liberismo… l’individualismo non è altro che il sistema di potere migliore per potere controllare… se uno si fa gli affari suoi non avrà mai modo di confrontarsi con nessuno e quindi di prendere una posizione comune… quindi ripensavo a quello che dicevo prima che è una sorta di riorganizzazione di potere all’interno del discorso occidentale per gestirlo meglio chiaramente

Sì, una volta che una verità cede se ne cerca un’altra, avete altre questioni da porre?

Intervento: mi interrogavo sulla differenza che abbiamo definita la volta scorsa come una regole del gioco… intanto cosa vuol dire per il discorso occidentale qualcosa di differente? È qualcosa di nuovo? Come si interroga sulla differenza: questo elemento è questo elemento? Si è vero, no, è falso. È una decisione che si prende in quel momento

Non passi da una questione all’altra, ne prenda una e l’ha affronti, se no non capiamo niente…

Intervento: era la stessa questione

In che modo la questione della differenza la interroga? Perché?

Intervento: perché il pensiero per proseguire pone delle differenze, la differenza è strutturale perché non si potrebbe individuare nessun elemento se così non fosse, il pensiero come funziona? Perché giunge poi a decidere se una certa cosa è vera o falsa… funziona proprio così cerca l’uguaglianza perché cerca di proseguire a costruire cose e quindi in quale modo si trova a contrapporre due elementi, come possa contrapporre un gioco a un altro gioco e cioè come possa cercarne la differenza e quindi come trovare un modo per proseguire a dire… d’altra parte vediamo che ogni volta che il discorso occidentale trova una direzione in quella direzione costruisce prosegue e va avanti perché è la direzione vera, se i passaggi sono coerenti con la premessa può andare avanti all’infinito a costruire questo discorso, però compiendo questa operazione lui deve continuamente confrontare gli elementi che intervengono in un certo modo, ma come avviene questo confronto? Ché non tutti gli elementi sono raffrontabili dipende…

Dal gioco che sta facendo…

Intervento: in effetti il discorso occidentale agisce il suo movimento attraverso le differenze che costruisce, ma che può costruire? Non può costruire qualsiasi differenza può costruire quello per cui è programmato a costruire una differenza, tutti i vari discorsi psicanalitici: ossessivo, isterico, paranoico hanno accesso soltanto a certi elementi a certi altri non hanno accesso cioè le differenze non vengono colte, mi interessava proseguire su queste questioni…

Cosa dice la differenza in primissima istanza? Nega qualcosa, e la negazione è importante nella struttura del linguaggio…

Intervento: la negazione è quella che dà la differenza un elemento è un elemento o non lo è… però questa negazione è procedurale

È un’esigenza del linguaggio, se una certa sequenza conduce a un’affermazione che rileva essere falsa, e cioè nega le premesse da cui è partita, sappiamo che da lì non può proseguire, dicendo questo già poniamo le basi di ciò che indichiamo con differenza: “è vera questa conclusione?” No, e allora differisce dal vero. Quando nega qualche cosa dice che non è quella certa cosa e questo è uno degli elementi che, come sappiamo, fa funzionare il linguaggio. Una certa sequenza conduce a una conclusione attraverso un sistema inferenziale, se la conclusione cui giunge per qualche accidente nega la premessa da cui è partita allora viene respinta nel senso che non viene utilizzata. Cosa significa questo? Significa che rispetto a ciò che consentirebbe al discorso di proseguire, ciò che è intervenuto è differente, non è quello. Questo potrebbe essere il primo modello di differenza, cioè quello, come diceva lei procedurale, strutturale, “non è vero” quindi di lì non è possibile proseguire…

Intervento: la negazione e la coerenza

Abbiamo detto varie volte che la coerenza non è nient’altro che il continuare ad affermare la verità delle premesse, se è incoerente allora nega la premessa. Per quanto riguarda la struttura del linguaggio, sì certo, diciamo che una certa sequenza è incoerente se nega le proprie premesse, la negazione in questo caso riguarda la struttura del linguaggio non ciò che avviene all’interno di un gioco, anche se è poi riconducibile, però se qualcuno mi chiede se ho cenato la mia risposta è no, nego di avere cenato, intendo dire che se io affermassi che invece ho cenato allora questa affermazione sarebbe incoerente perché nega le premesse che sono quelle, per esempio, che sono a stomaco vuoto, ma in realtà la differenza non è nient’altro che questo: ciò che la negazione rileva: è vero? No. Quindi è differente dal vero, è altro dal vero, quindi non è il vero. A questo punto sorge la differenza, quindi essendo altro, può essere utilizzato per un altro gioco, per esempio, se all’interno della struttura del linguaggio non è più utilizzabile ciò che viene negato, perché se qualcosa nega la premessa allora quella proposizione non è utilizzabile all’interno della struttura del linguaggio, all’interno invece di giochi linguistici è utilizzabile perché le premesse sono differenti da quelle che costituiscono il funzionamento del linguaggio, la cui premessa per il funzionamento del linguaggio è solo quella che afferma che fondamentalmente qualunque cosa è un elemento linguistico, e questo non lo può negare, se costruisce una proposizione che nega questo allora quella proposizione non può essere utilizzata perché diventa paradossale, non è praticabile all’interno dei giochi linguistici, invece se io mi accorgo che la conclusione cui giungo nega la premessa del gioco particolare che sto facendo, beh, questo significa soltanto che deve prendere un’altra direzione, devo fare un altro gioco per esempio, e quindi si stabilisce una differenza tra ciò che sarebbe dovuto essere e ciò che è. In fondo la differenza tra le cose, tra le parole, tra gli oggetti non è nient’altro che questo, e cioè una certa cosa è definita da un certo numero di caratteristiche, una cosa differente nega che nel secondo oggetto ci siano quelle caratteristiche o una di quelle caratteristiche, questo viene negato: non ha quelle caratteristiche, o non tutte, insomma questa affermazione viene messa alla prova, se tutte le caratteristiche sono le stesse di quell’altra cosa allora è uguale, se invece si costruisce una proposizione che nega che tutte le caratteristiche siano le stesse allora c’è una differenza, nient’altro che questo. Questo orologio è quel registratore? No. Perché le caratteristiche che io attribuisco a questo aggeggio non sono le stessa caratteristiche che attribuisco a quell’altro, la differenza non è nient’altro che questo. L’unica cosa che il linguaggio non può fare è negare la propria esistenza, è l’unica cosa che in nessun modo può fare, ed è quella l’unica proposizione che in nessun modo può essere accolta dalla struttura del linguaggio, che poi rimane la struttura di base, però poi viene applicata a giochi che hanno premesse differenti, non hanno più solo l’unica premessa che fa funzionare il linguaggio, il gioco del tre sette ha le sue premesse che tuttavia all’interno di quel gioco non possono essere negate, mentre in altri giochi sì, caratteristica che invece non appartiene al linguaggio poiché non posso negare la premessa del linguaggio e poi fare altri giochi, ché il linguaggio è la condizione di qualunque gioco e quindi se nego il linguaggio allora nego la possibilità stessa di fare qualunque altro gioco, quindi non posso giocare con niente. Questa appare la differenza fondamentale tra il linguaggio e qualunque gioco linguistico, la premessa di un gioco linguistico può essere negata e non inficia altri giochi linguistici, il linguaggio invece se viene inficiato, viene inficiata la possibilità stessa di costruire qualunque altro gioco, qualunque altra cosa, e questa è appunto la differenza in questo caso, come dire che le caratteristiche del gioco linguistico non sono applicabili al linguaggio, e quindi c’è una differenza…

Intervento: negando la premessa di un gioco linguistico il linguaggio funziona comunque mentre se io mettessi in discussione la premessa del linguaggio è chiaro…

Modificando il linguaggio non è più possibile parlare, mentre modificando il tre sette lei può continuare la sua vita tranquillamente, magari non giocherà a tre sette, ma potrà fare infinite altre cose, se invece modifica il linguaggio allora non può più fare niente…

Intervento: invece nell’ambito del discorso quando si avvia il linguaggio la persona accoglie nel suo muoversi la propria visione del mondo… una premessa… l’altra volta si faceva la distinzione tra emozioni e sensazioni e già da tempo dicevamo che l’emozione…

È una differenza che fa il luogo comune…

Intervento: beh, sì la definizione fra due cose però mi serviva comunque per parlare dell’emozione come quel qualcosa che va ad agganciarsi alla visione del mondo della persona cioè alla sua premessa maggiore, a ciò che ha dato l’avvio al linguaggio in qualche modo al suo modo di vedere, di sentirle, di parlare tutto sommatoi giochi che la persona fa nella sua vita prendono l’avvio, una direzione a partire da quella che è considerata, possiamo parlare di premessa maggiore? Quella che sovrintende tutto il pensare della persona, premessa maggiore che svolge il suo percorso trovando le differenze che sono peculiari a questa premessa, quindi peculiari anche alle emozioni che questa persona incontrerà nella sua vita perché saranno le differenze tutto sommato, sulle quali costruirà…

Sta dicendo che il modo in cui si avvia il linguaggio determina quali saranno le emozioni che lo attrarranno?

Intervento: sì beh certo

È ovvio.

Intervento: e che non potrà, se non in un percorso come quello che facciamo noi, intendere eppure potrà capire certo si dice continuamente che io capisco l’altro ma a partire dalla premessa maggiore che mi fa interpretare le cose in un certo modo e quindi tutto è vincolato da queste e ci siamo di nuovo da queste differenze che sono date dal linguaggio e che ciascuno utilizza credendo che siano la realtà delle cose, dei fatti ma è come se non ci fosse l’accesso tra un discorso e l’altro perché le differenze vengono vagliate in base al proprio discorso, le emozioni, le sensazioni insomma ciò che costituisce il muovere della persona, questa è la questione sulla quale sto andando avanti e cercando di intendere come funziona questa premessa maggiore che sovrintende a un discorso e che man mano proseguendo continua a preservare quel discorso da qualcosa di nuovo, radicalmente nuovo che possa darsi in quel discorso

Sì, la mamma dice sempre il vero, la mamma dice che le cose stanno così e quindi le cose stanno così, grosso modo funziona in questa maniera, ma perché la mamma dice sempre il vero? È chiaro che non si formula in questi termini, se potesse formularsi in questo modo già sarebbe un grosso passo avanti…

Intervento:…

Sì perché non c’è nessuna possibilità di mettere in discussione una cosa del genere, quindi per il solo fatto che una certa cosa è stata detta allora esiste, e quindi è vera, necessariamente…

Intervento: anche nel caso in cui dica “la mamma non ha ragione” non fa nient’altro che…

Ciò che fanno gli umani è questo: ciò che si dice esiste di per sé, è l’unica cosa che esiste, gli umani non si accorgono di niente in generale, ma per il fatto che qualcosa è stata detta allora esiste /…/ per scoprire la menzogna bisogna mettere in discussione ciò che è stato detto e perché mettere in discussione ciò che è stato detto se ciò che si dice esiste e quindi è reale? Non c’è nessun motivo se non che quello che ascolto non collima con ciò che io so per certo essere vero, ma se no, qualunque cosa per il fatto stesso di essere detta esiste perché ciò che si dice da quel momento esiste, nel senso che partecipa del discorso e se esiste allora è reale, se è reale allora è vero. Accorgersi di una cosa del genere è fondamentale ma è straordinariamente complicato perché in realtà esiste soltanto ciò che si dice, poi ciò che si dice si suppone, perché addestrati così, si suppone che si riferisca a qualche cosa che linguaggio non è ma è solo una questione di addestramento, ma la cosa fondamentale è che se si dice allora esiste, qualunque cosa, accorgersi che non è così è complicato, è come dire che soltanto se, come dicevo prima, ciò che si dice non mette in dubbio, non mette in discussione ciò che io credo essere la realtà allora, solo allora, posso porre qualche obiezione quindi non accogliere ciò che si dice…

Intervento: infatti il nuovo sarebbe questa messa in gioco della realtà

Per questo motivo ciò che noi andiamo dicendo, come sapete, difficilmente viene accolto, perché noi diciamo questo: che nel luogo comune ciò che si dice viene ritenuto immediatamente vero, infatti nel luogo comune è vero perché esiste, perché lo vedo, non perché lo dico…

Intervento: teoricamente il luogo comune scopre le cose

Immagina che alle parole corrispondano delle cose, che è una delle pensate più strampalate che si possano immaginare, però tant’è, gli umani credono qualunque cosa, credono persino in dio quindi sono disponibili a credere in qualunque cosa e il suo contrario, e la questione è sempre giocata intorno alla verità, è soltanto in base alla perdita della verità che le persone si agitano…

Intervento: o di non sapere

Certo, con tutte le varie configurazioni che la questione può assumere, pensate a una fantasia tra le più diffuse, la fantasia di abbandono con tutte le sue varie forme: perché una persona dovrebbe temere di essere abbandonata? Che gliene importa? Cosa avviene in relazione a questa bizzarra fantasia di abbandono? Beh, qui la verità c’entra parecchio, è come se le cose che io penso, che io dico, non fossero più riconosciute e quindi è come se io dicessi il falso, quindi chiaramente le persone mi abbandonano, non danno più retta a ciò che dico, non mi ascoltano più, e da lì la fantasia di abbandono, ché è questo che crea problemi alle persone, questo pensiero, non di essere abbandonate. Alle volte vogliono essere abbandonati, per vivere tutta una serie di cose ma questo è un altro discorso, in fondo perdere la stima, perdere l’amore, perdere la considerazione non è nient’altro che questo: immaginare che le cose che io penso, che dico, che faccio, non hanno più interesse cioè non sono più vere, quindi non interessano più il prossimo, e se tutte le cose che dico, faccio, penso, non sono più vere diventa un problema, non ho più la verità, e quindi dove vado? Mi fermo, e se mi fermo che succede? Qui ci potremmo riagganciare al discorso di qualche volta fa e cioè al corpo, c’è l’eventualità che ogni malanno del corpo abbia a che fare in qualche modo con l’impossibilità, l’incapacità di reperire qualcosa che il proprio discorso esige, di reperire cioè la verità, qualcosa che all’interno del discorso funziona come tale, e se non si reperisce la verità per il discorso avviene qualcosa che è molto prossimo a una sorta di mal funzionamento, è come se in fondo il discorso stesso segnalasse un mal funzionamento del programma: di lì non si può andare e di là nemmeno, di là neanche, cosa facciamo? Certo il linguaggio non può fermarsi, ma il discorso sì, può arrestarsi in attesa di trovare la verità, di trovare una direzione, una direzione confacente, se non riesce a trovare questa direzione cosa fa?

Intervento: l’impedimento a proseguire è quello che fa tornare in qualche modo a verificare tutta una serie di cose

Questo sarebbe già un passo, in realtà non si verifica ciò che lei auspica…

Intervento: perché il discorso essendo programmato in un certo modo quando ritorna lo verifica sempre attraverso quel programma, circolo vizioso

Potrebbe intervenire una fantasia di questo genere: di fronte a un’en passe che è sempre del discorso, l’idea dovrebbe essere che se io, per tornare alla questione del corpo e della malattia, se io mi ammalo, che succede? Adesso diciamola così in modo molto rozzo, che altri si occuperanno di me, costringo altri ad occuparsi di me, cioè tornare a quella condizione dove io non avevo nessuna responsabilità, piccolino, tutti si occupavano di me, quelli preposti a farlo, ma questo che cosa comporta riguardo al discorso? Che se si occupano di me allora quello che io dico o quello che io ho, per esempio, male, è vero. Tant’è che generalmente quando una persona è ammalata si suppone che dica la verità, che il suo male sia vero anzi, è una delle cose più reali, cioè ricreare quella condizione in cui qualcuno occupandosi di me certifica che le cose che faccio, che dico, che penso sono vere. Per il momento è solo un’ipotesi, dobbiamo verificarla ovviamente, però potrebbe essere così, potrebbe essere uno dei motivi principali per cui gli umani si ammalano, per ritrovare la condizione in cui veniva certificata la verità, tant’è che di fronte a un’en passe del proprio discorso, questo è noto dai tempi di Aristotele, c’è una maggiore facilità a prendersi i malanni, così come il depresso che ha un sacco di problemi si ammala più facilmente, perché si trova di fronte a un problema  nel suo discorso, non sa qual è la direzione che dovrà prendere per proseguire a costruire proposizioni vere; questo crea problemi al discorso, non al linguaggio, al linguaggio non gliene importa assolutamente niente perché lui comunque trova la via, per esempio tutta questa operazione di cui vi accennavo è già un modo per proseguire del linguaggio, il linguaggio non si arresta mai ma il discorso sì…

Intervento: perché il discorso può fermarsi, non può perché pensi ciò che pensi prosegue

Si arresta un discorso, con discorso intendo qui un gioco linguistico, e se quel gioco per quella persona è fondamentale può diventare un problema…

Intervento: cercherà qualcosa per uscire

Il linguaggio non si arresta per cui comunque farà un altro gioco, ma quel gioco no, e se quel gioco è importante… per esempio se lei dicesse a un fondamentalista islamico che tutta la storia di Allah è una balla colossale non è che per questo solo fatto lui abbandona quel gioco e ne fa un altro, non è così semplice, non lo mollerà quel gioco, preferirà eliminare lei piuttosto che quel gioco, pertanto ci sono dei giochi che appaiono alla persona, per una serie di motivi che sono quelli di cui dicevamo prima, quelli su cui si è costruito il suo discorso, che appaiono irrinunciabili, per qualcuno può essere la ricchezza, succede un cataclisma economico, perde la ricchezza ed è la disperazione più nera, tutto il resto perde di valore oppure, molto più semplicemente, l’innamorato che perde la sua fanciulla è come se avesse perduto tutto, e allora si deprime perché tutto ormai non ha più nessun senso. A quel punto quel discorso che riguardava l’innamoramento ha una battuta di arresto, tutto ciò che per lui era bello, quindi vero, non lo è più e trovare un’altra direzione volendo mantenere quel gioco può essere molto complicato, è chiaro che deve cambiare gioco ma non lo vuole cambiare perché per lui è il fondamento di tutto…

Intervento: non è che si ferma ripete sempre questo gioco

Il linguaggio ovviamente non si arresta…

Intervento: è una domanda che si rinnova sempre

Allora a quel punto sì, potrebbe intervenire questa fantasia che non è altro che il discorso che va a riprendere, a ricostruire una situazione dove aveva la certezza di essere certificato e non avere problemi di verità, perché ogni sua cosa veniva sempre certificata, continuamente, quindi è la situazione ideale che poi non è nient’altro che il punto in cui il linguaggio si è installato, grosso modo, e quindi cerca di ricreare la situazione in cui tutti si occupano di lui, ma da adulto come ricreare una cosa del genere, dove a nessuno gliene importa niente di lui? Ha una sola possibilità: ammalarsi. E allora a quel punto costringe in un certo senso gli altri a occuparsi di lui e quindi ricostruisce quella situazione. C’è l’eventualità che funzioni così in moltissimi casi…

Intervento: la macchina è rotta, si rompe e si deve cambiare il pezzo, però pare esserci una discrepanza fra questa questione della macchina che si rompe

Dipende dalla responsabilità se io viaggio con il piede sulla frizione allora se si brucerà la frizione nel giro di pochi mesi è una mia responsabilità, se non controllo l’acqua nel radiatore e la guarnizione della testata si brucia ecco che c’è il mio contributo, se invece un camion mi attraversa la strada e mi porta via il motore in quel caso magari no. Dipende dalla responsabilità del discorso, il mio discorso può rispondere di ciò che altri dicono? No, lei non può rispondere di ciò che penso io, risponde di ciò che pensa lei…

Intervento: stavo pensando alla questione della noia, secondo il discorso che facevamo prima mi chiedevo la questione della verità come funziona perché nella noia è un po’ come il raggiungimento dell’oggetto del desiderio che deve poi desiderare qualche cos’altro perché se non c’è questo rilancio interviene la noia, la questione della verità… questo oggetto del desiderio funziona come qualcosa di vero, lo devo raggiungere perché io ritengo sia la condizione di benessere…

Il problema è che quando l’ho raggiunto, o devo darmi da fare per mantenerlo, oppure non mi dice più niente…

Intervento: pensavo che è come se ci fosse l’esigenza di mettere in discussione la verità, come se ci fosse sempre l’esigenza di metterla in gioco perché la noia non è che si ponga il problema della verità gliene importa nulla… stavo pensando che nella paura di essere abbandonati si creano le condizioni per essere abbandonati come se fosse un modo per combattere la noia ma in che senso? Come se si sapesse che quella è la verità ma in qualche modo in questo voler essere abbandonati è un po’ come cercare una sorta di rilancio… quel rilancio che manca nel fatto…

Sì, vive tutte quelle scene di abbandono con tutti i patemi d’animo per questo: non sa cosa fare, pensare, brigare…

Intervento: è un po’ come se questa verità è posta fuori dal linguaggio nel senso che è sempre qualcuno o qualcosa, funziona da elemento vero, da referente al proprio discorso, è come se questo qualcosa posto fuori dal linguaggio appartenesse ad un gioco per cui si raggiunge e si respinge… godo nel raggiungerlo ma godo anche nel respingerlo per poterlo riprendere… il gioco del rocchetto… mi chiedevo se il timore di essere abbandonato è accompagnato da una fantasia che immagina la fine di questo gioco come una sorta di catastrofe… come se in qualche modo non si potesse più giocare

Se è una catastrofe, la catastrofe da molto da fare per sollevarsi dalla catastrofe, la noia sì, certo, deve essere interrotta da qualche cosa…

Intervento: mi stavo interrogando sulle persone che vivono questa sensazione di catastrofe

Questi non si annoiano…

Intervento: anzi sono piuttosto stanchi per il da fare che si danno… mi chiedevo se c’era una connessione sul fatto che il timore di essere abbandonati abbia a che fare con una sorta di consapevolezza di averla questa verità nella noia

Nella noia sì, ma la noia non deriva tanto dal timore di essere abbandonati ma dalla supposizione che le cose che ci circondano sì sono vere, è tutto vero, come il raggiungimento della felicità…

Intervento: assenza di stimoli, ma cos’è l’assenza di stimoli?

Nulla che li interroga, che dia da pensare…

Intervento: Leibniz diceva che l’inquietudine è ciò che è alla base dell’interesse umano… la parte opposta è la noia che paralizza gli umani… ciò che paralizza gli umani è proprio questa ricerca, la ricerca stessa il sapersi in questa ricerca cioè so che deve trovare la verità ma ciò che mi è essenziale è il non trovarla, perché mi impedirebbe di portare avanti la ricerca…

È un modo certo, un continuo rinviare in modo di posticipare sempre…

Intervento: ma se io rinvio non è perché a questa verità ho dato una forma di rappresentazione? immagino di sapere che cos’è? perché se no come faccio a rinviare o comunque sapere se ci sono addosso oppure no… occorre che io in qualche modo me la rappresenti, gli dia una forma, una sostanza, a questa verità

Intervento: a proposito di noia, la noia in certi giochi funziona in un modo in certi altri… per esempio, i cerimoniali del discorso ossessivo, del discorso religioso vive di cerimoniali… perché non prova noia nei confronti dei suoi cerimoniali?

Perché ogni volta si rinnova, si annoierebbe se sapesse, se avesse la certezza che il gas l’ha chiuso e invece c’è sempre l’eventualità che sia aperto, per questo non si annoia. Va bene.