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25-1-2005

 

Ci sono questione circa le ultime cose che andiamo dicendo?

Intervento: volevo continuare il discorso del corpo, di come questo corpo funzioni all’interno del mio discorso, proprio perché è il mio discorso e il corpo funziona come produttore di differenze e quindi come produttore di linguaggio, di discorso, di proposizioni… la avevamo posta come ipotesi questa cosa e poi avevamo… le mie considerazioni solo il mio discorso può individuare e quindi riportare quel corpo, proprio perché è il mio discorso che da vita al mio corpo e ha la stessa funzione del mondo esterno tutto sommato, funziona allo stesso modo. Mondo esterno che il mio discorso costruisce come costruisce il mio corpo e come questo corpo funziona in base al discorso e ai suoi input… è complessa la questione però mi pare che proprio su questo occorre lavorare anche perché potrebbe essere interessante visto che le conferenze che vogliamo fare vertono sulla clinica… non possiamo distinguere ciò che riguarda il corpo da ciò che è il mio discorso, posso pensare che il corpo questa macchina funzioni come ciascuno sa che funziona una macchina basta conoscere la macchina, sapere come è fatta però il discorso…

La domanda può porsi in questi termini: “come so di avere un corpo?” Lo so perché lo sento. Chi lo sente?

Intervento: potrei non sapere di avere un corpo?

Non si precipiti. Chi lo sa? Io. Io lo sento. E questo io chi è esattamente? È soltanto un recettore, un sensore che percepisce variazioni di stato come il famoso termometro? Oppure no? Quindi questo “io” presuppone che possa, che sappia dire io. Perché possa sapere che questo è il mio corpo e insieme con questo infinite altre cose. Ora quando dico “io” in realtà a che cosa mi riferisco? Generalmente a ciò che io dico, penso al mio corpo, a tutto questo e quindi perché io sappia e possa dire “io” occorre che qualcosa me lo consenta, quindi che qualcosa mi consenta di stabilire una differenza da, per esempio, io e lui, e di nuovo sono soltanto dei sensori a fare questo? Occorre qualche cos’altro, per esempio una struttura tale che consenta una cosa del genere, cioè di stabilire differenze, di stabilirle, non di segnalarle, qualunque termometro segnala una differenza ma non la stabilisce, io la stabilisco, perché io possa fare questo occorre che come dicevo ci sia una struttura che mi consenta di fare una cosa del genere e questa struttura è quella che consente di pensare, di trarre conclusioni, e ciò che consente di pensare e trarre conclusioni è noto come linguaggio. Il corpo ha questa portata di cui dicevamo anche la volta scorsa per via del fatto che quando il linguaggio si avvia necessita di elementi che siano considerati esistenti e quindi veri per potere cominciare a costruire, da dove prende questi elementi? Li prende dai genitori perlopiù, ma non necessariamente, sia da una serie di sensori che forniscono informazioni. Questi elementi che vengono acquisiti danno l’avvio al linguaggio e sono, in assenza di un criterio verofunzionale, immediatamente veri quindi reali, quindi esistenti, e il corpo funziona esattamente in questo modo: produce quelle cose comunemente note come sensazioni o, prima ancora, come percezioni. Queste percezioni contribuiscono insieme con altre informazioni a dare l’avvio al linguaggio, costituendo l’avvio del linguaggio sono, come dicevo prima, immediatamente vere, immediatamente nel senso letterale, cioè non mediate, non mediate da niente, da qui sorge la certezza del proprio corpo, il fatto che il proprio corpo non menta né possa mentire…

Intervento: il corpo un discorso, impara il mondo esterno dai genitori, dalle persone impara delle cose con certi sensori acustici, impara il mondo esterno… poi ancora parliamo di sensori che permettono la percezione e poi la sensazione ma questi sensori che permettono al percezione sono a loro volta allo stesso modo dei sensori acustici, per usare di questa differenza che manteniamo fra mondo esterno quindi genitori e percezioni che invece provengono dal corpo ma che sono allo stesso modo delle stringhe linguistiche… non c’è nulla fuori dal linguaggio per percepire è sempre la solita questione deve parlare, non si da percezione fuori dal linguaggio… diciamo così per avvicinarci e quindi sono giochi linguistici che servono per concludere per dire, far funzionare il linguaggio ma il sensore che permette di stabilire che una certa percezione si chiama in un certo modo io la tratterei allo stesso modo di quelle percezioni acustiche che vengono dai genitori, il corpo sente quello che impara, non può darsi nulla fuori dal linguaggio per cui la percezione stessa, questo sentire non può essere nient’altro che una proposizione, la distinzione che noi facciamo fra corpo e mondo esterno tuttavia… lo stabilisco io parlando. Il bambino quando incomincia a parlare e a sentire… il bambino non può parlare di percezione non ha gli strumenti per poterlo fare man mano i giochi diventano più elaborati, più complessi e il linguaggio può stabilire che esiste la percezione, può incominciare a definirla…

Dicevo che il momento preciso in cui si danno degli elementi, i primi elementi considerati veri e che possono consentire il linguaggio di incominciare a costruire proposizioni, allora in quel momento dopo il “questo è questo” tanto per intenderci, allora anche dei segnali che provengono, in questo caso dal corpo, visto che stiamo parlando di lui, incominciano ad avere un senso, incominciano ad esistere. La volta scorsa dicevamo che io so che questo è il mio corpo perché posso dire che questo che sto dicendo è il mio discorso, dicevamo che c’è questa possibilità. Ora se, così come stiamo considerando, il corpo incomincia ad esistere nel momento in cui una struttura consente di trarre conclusioni, quindi inferenze da degli input, delle informazioni, delle percezioni allora soltanto in seguito al costruirsi del discorso è possibile che il proprio corpo incominci ad esistere, perché esiste in quanto esiste un sistema che mi consente di accorgermi che esiste. Dicendo: “accorgermi che esiste” cosa intendo dire? Potere trarre inferenze, nient’altro che questo. Ma vi dicevo, perché il mio corpo? Perché dico “mio” generalmente? E dicevo che quando il linguaggio si avvia utilizza qualunque stimolo, acustico, tattile, visivo non ha importanza, come elemento su cui costruire proposizioni, naturalmente perché queste informazioni siano tali occorre che il linguaggio sia già presente nel primo “questo è questo” per esempio…

Intervento: mi scusi, un bimbetto piccolo il quale non sa parlare sente un rumore questo lo percepisce

Anche un cane lo percepisce, e meglio di lui…

Intervento: sì, il bambino percepisce questo rumore perché i sensori sono attivi pur non sapendo lui di avere un corpo magari

Intervento: e noi come lo sappiamo?

Intervento: si pone come fenomeno, diciamo

Reagisce a uno stimolo certo, va bene, e quindi?

Intervento: sì sono supposizioni che sicuramente è già il linguaggio non verbale nel bimbetto ma c’è qualche cosa che gli permette di percepire

Intervento: anche il termometro

Intervento: ma sono io sempre io che traggo delle conclusioni, la scienza parte di lì

Sì certo, reagisce a degli stimoli, vero, ma questo cosa ci porta a considerare, Cesare il fatto che reagisca a degli stimoli?

Intervento: lui di fronte a un rumore fa un certo movimento, si gira addirittura… se succede questo io credo che sia già in una struttura pur non parlando

Per il solo fatto che reagisce a degli stimoli?

Intervento: parrebbe di sì

Perché sente un rumore? Non le sembra un’affermazione un po’ eccessiva?

Intervento: io posso constatare che dato un dato rumore il bimbetto si gira e tutte le volte che c’è questo rumore lui si gira

Lei può constatare che io sto girando questa manovella, (la carica dell’orologio) ogni volta che lo giro l’orologio si carica, è nel linguaggio? Cioè, cosa dovremmo trarre da questo?

Intervento: il linguaggio mi permette di inferire quello che lei sta facendo, no?

Lei sta ponendo una questione che potrebbe anche essere importante, e cioè che cosa significa esattamente l’osservazione? Cosa osservo?

Intervento: osservo ciò che il mio linguaggio produce

Più propriamente ciò che il suo linguaggio le consente di osservare, ché questa osservazione che lei fa in realtà è una sequenza di proposizioni “è così, quindi allora” a meno che una persona non pensi che la sua osservazione sia nient’altro che la traduzione del manifestarsi di eventi o il rilevamento della manifestazione di eventi, quindi in definitiva qualunque cosa, molti pensano così in effetti, ma vede, ciò che a noi interessa è una cosa particolarissima e cioè non tanto produrre affermazioni che non possano essere provate, di queste possiamo produrne quante ne vogliamo, possiamo anche affermare che gli umani hanno la ragione perché dio gliel’ha data, molti lo pensano, possono provarlo? No. Ora perché abbiamo questo ghiribizzo di provare tutto ciò che affermiamo? E soprattutto con che cosa lo proviamo? Noi ci siamo accorti che possiamo provare e quindi dare dignità di verità e quindi di esistenza a qualche cosa, utilizzando l’unica cosa che possiamo utilizzare in questo, cioè il linguaggio, è l’unico strumento che abbiamo per potere provare qualunque cosa, cioè per dire che è vera e quindi che esiste necessariamente, in caso contrario rimane un’affermazione non provabile al pari di quella che appunto afferma l’esistenza di dio, affermare che qualcosa è fuori dal linguaggio ha la stessa struttura, io posso affermare che questo tavolo è fatto di legno ed esiste fuori dal linguaggio…

Intervento: nel caso del bimbetto io non dico che è fuori dal linguaggio… davanti a un fenomeno davanti a un bimbetto

Che parla?

Intervento: non parla… cioè mi veniva così…

Allora questo bimbetto se è già nella struttura linguistica allora trarrà dalle varie cose che accadono delle considerazioni, nel caso contrario, se non è in condizioni di articolare nulla cioè di pensare allora subisce degli urti, subisce delle variazioni di stato di qualunque genere alle quali reagisce certo, come qualunque cosa reagisce a qualunque altra. La luna reagisce all’attrazione del pianeta più grosso intorno al quale gira, ma tutto questo che cosa significa? Che la struttura del linguaggio consente di costruire infiniti giochi, stabilisce delle regole e in base a queste regole stabilisce dei criteri, anche delle leggi, e una volta stabilite queste regole allora tutto ciò che io osservo, vedo, faccio etc. si atterrà a queste regole, e allora torniamo alla pietra che cade per esempio, in assenza di linguaggio non c’è la pietre che cade, né sale, non va da nessuna parte perché non c’è la pietra né qualcuno che la lasci cadere. Una cosa è necessaria perché se non fosse allora non sarebbe né quella né nessun’altra, altro è affermare qualcosa che io non posso né so provare in nessun modo, mi sembra che sia così, mi pare che sia così, credo che sia così, a tutti pare che sia così, si suppone che sia così, ma se io accolgo questa allora per lo stesso criterio posso accogliere benissimo il fatto che l’uomo pensa perché dio gli ha fornito l’intelligenza, è una credenza e ha la stessa struttura della credenza e cioè quella retorica, lo abbiamo detto mille volte, dell’entimema, un sillogismo a cui manca la premessa maggiore, manca perché non c’è perché non c’è nulla che possa essere provato in modo definitivo, e quindi qualunque conclusione, per chi ha in animo di trarla, dovrebbe almeno dire “potrebbe essere così”. In assenza di linguaggio la pietra potrebbe cadere? Questa affermazione non ha un senso perché fuori dal linguaggio non c’è nessuna possibilità di fornire un senso alle cose, quindi è un’affermazione letteralmente insensata. Come le dicevo prima molti sono indotti a credere che comunque ci sarebbe lo stesso, ma questo non significa molto anche perché molti sono indotti a credere che ci sia un dio che abbia creato il tutto, però perché dovremmo prendere in considerazione una affermazione che afferma di sé di essere vera, con tutta la dignità che questo comporta, senza avere nessuna possibilità di provarla vera, per cui affermare che qualcosa è fuori dal linguaggio di per sé potremmo anche dire che è un’affermazione che non è né vera né falsa, non significa niente, perché per significare occorre che sia linguaggio e allora posso credere come posso credere qualunque cosa e il suo contrario. La questione importante è quella di cui parlavamo forse la volta scorsa, di cui ho fatto un accenno anche a proposito del corpo e cioè il fatto che i primi elementi che vengono a costituire l’avviarsi del linguaggio sono considerati immediatamente e automaticamente veri quindi esistenti, reali, è questa la nozione di esistenza “è vero!” cioè: consente di proseguire? Se si allora esiste, non ci sono altri criteri e il corpo, ecco anche lui fornisce insieme con il mondo esterno, non è l’unica cosa, anche il mondo esterno è assolutamente reale perché fornisce quegli stessi input, ora la differenza tra il mio corpo e il mondo esterno esiste tuttavia, ciascuno è in condizioni di distinguere ciò che accade al suo corpo e ciò che accade altrove e noi ci chiedevamo come fa a compiere questa operazione? Intanto avevamo posta questa considerazione: il fatto del mio discorso, il proprio discorso che deve distinguersi… tutto ciò che il discorso attribuisce a sé e cioè alla propria catena viene distinto e sappiamo anche perché, da qualunque altro. Come il corpo entra in questa catena in modo tale che la catena lo riconosce come proprio elemento, anziché come elemento estraneo? Tant’è che non ho nessuna difficoltà a distinguere il mio discorso dal discorso di Beatrice, ciò che occorre considerare è la struttura del pensiero, da dove viene questo pensiero? Dal linguaggio ovviamente, ma quando dico che sono io che lo penso che cosa attribuisco questo “io” esattamente? Oltre al mio pensiero? C’è qualche altra cosa che il discorso sa fare? La questione va presa in termini radicali, e cioè intendere cosa accade nel momento stesso in cui il linguaggio si avvia, lì troviamo la risposta e lì incomincia a sapere di avere un corpo, il discorso che si è avviato. Queste stesse informazioni che riceve ad esempio “caldo” “freddo” etc. sappiamo che non ci sarebbero in assenza di questa struttura, ma come distinguo il mio freddo dal freddo di Cesare?

Intervento: è una questione grammaticale

Sì, ma nel mio corpo avverto cose che non avverto nel suo, che cos’ha di particolare? Perché sento il mio mal di denti e non il suo?

Intervento: se non ci fosse il suo non ci sarebbe neanche il mio

Forse perché l’ho imparato?

Intervento: la prima cosa che si insegna al bambino è il controllo del corpo, si impara ad apprendere la distinzione tra il mio e il tuo

Certo, tra il mio discorso e quello altrui, questo sicuramente. Ciò che appare inseparabile dal proprio discorso, il corpo…

Intervento: quando padroneggia il linguaggio prima la nostra osservazione

Ciò che appare inseparabile dal proprio discorso è il proprio corpo, ma solo perché l’ho imparato? Può anche essere, e posso impararlo perché il linguaggio mi consente di distinguere il mio discorso da quello altrui, se si insegna questo “è il mio corpo” e posso apprendere questo perché so distinguere il mio discorso da quello di un altro. Sì, potrebbe anche essere, lo imparo ma per impararlo occorre che ci sia il linguaggio che mi dà la possibilità di distinguere il mio discorso da quello altrui, e questo sappiamo per quale motivo, il discorso per funzionare deve distinguere un elemento da un altro…

Intervento: Chomsky dice…

Ma questo non ci porta molto lontano…

Intervento: dicevamo che per apprendere occorre una struttura…

Intervento: abbiamo anche sempre detto che dell’apprendimento del linguaggio possiamo descrivere ma…

Sì certo sono le prime informazioni “questo è questo”, si tratta  di ciò che consente al linguaggio di avviarsi, quindi è automaticamente vero…

Intervento:…

Qualcosa del genere sì, il limite che ci impone il linguaggio è questo: l’impossibilità di uscirne, e quindi di pensare come sarebbe in assenza di linguaggio…

Intervento: sì a quel punto lì uno può dire tutto quello che vuole

Ma di lì non possiamo uscire…

Intervento: gli interrogativi possono proseguire

Sì certo, ma allora cosa c’è prima? Niente, assolutamente niente, questa è l’unica risposta sensata…

Intervento: e improvvisamente dal niente si accorge

Da quel momento se ne accorge, da quando c’è il linguaggio, prima no, non può esserci niente, quindi abbiamo detto che viene insegnato, sì è probabile…

Intervento: come se il linguaggio insegnasse ad apprendere…

Sì certo consente di trarre conclusioni e quindi di sapere, il sapere non è altro che questo, la possibilità stessa di apprendere certo…

Intervento: se no diventa la somma di esperienze… la possibilità di costruire

Certamente, il linguaggio è questo. Va bene, per il momento ci fermiamo qui.