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24-12-2008

 

Ci si forma come analisti imparando a leggere, non come avviene nelle scuole elementari ovviamente ma imparando a leggere un discorso così come si legge un testo, e imparando a leggere un discorso, imparando a cogliere in questo discorso che cosa questo discorso cerca in tutti i modi di chiudere, di confermare. La questione è molto semplice: una persona si trova lungo la sua vita a pensare un certo numero di cose e la più parte di queste cose siccome le pensa le crede anche vere e in base a ciò che ritiene essere vero si comporta di conseguenza. Questo significa che il suo discorso rispetto ad alcune cose si è fermato, ha trovato la verità finale, le cose stanno così, questo accade anche in una teoria naturalmente il compito dello psicanalista è fare in modo che il discorso dell’analizzante, della persona che si è rivolta a lui non si chiuda mai, per nessun motivo, e quindi sia in condizione di mettere in discussione, mettere in gioco ogni qual volta abbia l’occasione di farlo il proprio discorso cioè non creda mai in definitiva a qualcosa che ha raggiunta. Ecco perché sono intervenute anche le ricerche e gli studi intorno alla linguistica, alla retorica, alla logica, per intendere come si struttura il discorso. In fondo l’analisi avviene attraverso la parola e quindi occorre almeno sapere con che cosa si ha a che fare, quindi consentire al discorso di non chiudersi mai ma di trovare sempre altro, è a questa condizione che una persona cessa non soltanto di credere a qualche cosa che ha pensata, che gli è venuta in mente ma cessa di avere bisogno di credere, a questo punto se non ha più bisogno di credere non ci sarà nessuna cosa su cui il suo discorso si fermerà e quindi di conseguenza non ci sarà più la possibilità di credere assolutamente vere nessuna delle cose che gli passano per la testa e di conseguenza ancora non ha più nessuna possibilità di avere paura, per esempio, di avere nevrosi di vario tipo, acciacchi di ogni sorta che presuppongono sempre e comunque di credere fermamente a qualche cosa. Se lei non crede a qualche cosa non può averne paura per esempio. L’ho detta molto brevemente però la struttura grosso modo è questa, un po’ come facevano i Sofisti tanti anni fa, il gesto dei Sofisti è stato notevole, hanno incominciato a considerare che in effetti è possibile provare o confutare qualunque cosa e di conseguenza mettere le persone nella condizione di non credere, i famosi valori che tutti invocano in realtà sono forieri delle peggiori catastrofi che siano mai avvenute sul pianeta. Perché gli americani hanno lanciato la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki? Per imporre il loro stile di vita, per difenderlo, è lo stesso motivo per cui hanno scatenato la guerra in Irak, e per lo stesso motivo si sono scatenate tutte le guerre: per difendere i propri valori e naturalmente ciascuno difende i suoi a rischio della propria vita e da qui qualche incomprensione che poi sfocia in massacri di proporzioni bibliche, da sempre: la mia verità contro la tua, e vinca il migliore. Spesso anche i problemi personali o problemi così detti di coppia hanno la stessa matrice, anche se in misura più ridotta però la struttura è la stessa. Si tratta allora di leggere il proprio discorso come un testo, occorre arrivare a questo, poterlo leggere e quindi compulsare come si fa con un testo, per esempio questa sera Antonella ha portato un testo scritto da qualcuno che dice di essere psicanalista, poi vedremo se è proprio così. Cosa dice all’inizio, da dove parte? Ché è sempre interessante leggere un testo così come il racconto di un discorso: quali sono le questioni da cui muove così come in una domanda di analisi la persona si rivolge all’analista e fa una domanda e dice per quale motivo inizia l’analisi, il motivo che enuncia in quel frangente è ciò su cui l’analisi procederà per parecchio tempo, come dire che il più delle volte nel colloquio psicanalitico si enuncia la questione di cui si tratterà e in un libro è la stessa cosa, in un libro si enunciano quelle premesse sulle quali poi si sostiene tutto ciò che fa seguito, se queste premesse sono solide allora anche le conseguenze saranno solide, se sono totalmente sgangherate … Da dove parte lui, da quali considerazioni? Allora vediamo il testo. Parte facendo tutta una serie di considerazioni intorno alla sapienza. È curioso perché si tenta sempre di fare passare tutti gli altri come falsi profeti, è la stessa operazione che ha fatto per esempio Lacan quando ha letto Freud, ha detto che nessuno aveva capito niente di Freud, ora è anche possibile, non possiamo escluderlo a priori tuttavia occorrerebbe sapere e Lacan avrebbe dovuto saperlo se non fosse stato forse in malafede che il testo di Freud si può leggere in qualunque modo come qualunque testo, intendo dire che a qualunque testo si può fare dire l’inverosimile cioè qualunque cosa e il suo contrario, è facile: prendete il testo di Freud e poi prendete alcuni brani chiaramente omettendone moltissimi altri e tenete solo quelli e mettete insieme questi brani che avrete opportunamente scelto dopodiché come operazione retorica traete da questi brani delle conclusioni che appaiono necessarie ma che necessarie non sono e farete dire a Freud quello che volete, quello che vi pare a Freud come a qualunque altro naturalmente, per cui è possibile leggere persino Jung come un testo di straordinario interesse, se uno volesse farlo riuscirebbe, naturalmente distorcendo qualunque cosa ma è una distorsione che comunque è sempre legittima; dopo l’epistemologia e soprattutto l’ermeneutica è un’operazione che non solo è legittima ma in alcuni casi anche auspicabile. Cosa dice l’ermeneutica? Dice che il testo in quanto tale non esiste, non esiste perché ciascuno leggendolo lo produce, per esempio lei e io leggiamo la fiaba di Cappuccetto Rosso, lei la legge in un certo modo, ne trae delle considerazioni, e va bene, io la leggo e traggo le mie considerazioni poi la legge Antonella e trae altre considerazioni, allora cosa ha voluto dire Cappuccetto Rosso veramente? Se questo testo che tutti quanti leggiamo, se veramente è possibile leggerlo diciamo in un modo puro come direbbe Barthes secondo una sorta di grado zero cioè senza commenti oppure non è possibile, l’ermeneutica dice che non è possibile per cui sostiene che il testo in quanto tale non esiste, esiste la sua interpretazione. Derrida in particolare andava avanti lungo questa linea. Allora succede che di questo testo c’è soltanto la sua interpretazione, anzi le varie interpretazioni possibili poi l’ermeneutica si è sbizzarrita in vario modo, è nata ed è stata prevalentemente utilizzata come critica letteraria, ma cosa ha voluto dire veramente in questo caso Giovanni Sias? È un problema, non soltanto se l’autore è morto, se è morto non possiamo più interpellarlo ma anche se è vivo perché l’ermeneutica arriva a dire che è possibile interpretare cioè cogliere degli aspetti in un testo che l’autore stesso non si è accorto di avere messo. A questo punto è possibile fare dire al testo qualunque cosa e il suo contrario senza nessun problema, quindi dire che, come ha fatto Lacan che nessuno aveva inteso quello che diceva Freud è anche possibile però di fatto anche quello che dice lui può subire la stessa sorte, in fondo perché dovrebbe essere differente? La questione è che se non si intende che cosa avviene lungo la psicanalisi e il linguaggio di cui è fatta qualunque psicanalisi gira in torno a dei concetti, concetti fondamentali, anche quelli che ha voluti Lacan, i quattro concetti fondamentali, ma dice: “in questo senso l’esperienza di formazione si rivolge solo a chi è in grado di trovare nella psicanalisi la via e il modo attraverso cui si organizza la propria parola e la propria esistenza senza restare prigionieri del pensiero e neppure delle proprie mitologie che si sono imposte come saperi”. Come se il pensiero non fosse fatto di parole, lui lo pone come una cosa negativa e lo mette anche in corsivo il sapere, ma cosa si deve intendere con sapere? Quando si scrive un testo che ha la velleità di essere un testo teorico è fondamentale definire ciò di cui si sta parlando, nessuno lo fa, gli unici che lo fanno sono i logici matematici, che dio li abbia in gloria! I quali essendo costretti dal fatto che se non lo fanno tutti quanti dicono che quello che hanno scritto non significa un accidente di niente allora ogni volta che introducono un elemento lo definiscono, cioè introducono un elemento e con quell’elemento intendono dire questo, poi che sia legittimo, sbagliato, giusto non importa niente, però dice che cosa intende. Nei testi di filosofia, di psicanalisi, generalmente questo non si fa mai, si dà per acquisito che tutti quanti intendano “sapere” nel modo in cui lo intende lui, e se non fosse così? Per esempio con “saperi” che lui mette anche in corsivo e che non definisce assolutamente lui allude, sono tutti pieni di allusioni ma mai di definizioni, allude a qualche cosa di negativo nel senso che il sapere sarebbe secondo lui, questo lo desumo dalla sua formazione facendo quindi dell’ermeneutica, dalla formazione di Giovanni Sias, il sapere lo considera un elemento chiuso in sé quindi come qualcosa di ontologicamente già dato, già stabilito che non è più qualcosa che è in fieri, in progresso, in formazione ma già stabilito una volta per tutte. E perché dovrebbe essere questo il sapere? Chi glielo ha detto? Per esempio io con sapere posso intendere un’altra cosa e cioè la consapevolezza fornitami dal linguaggio della struttura del linguaggio stesso, e adesso come la mettiamo? Non ha più nessuna accezione negativa anzi è qualcosa di assolutamente positivo, è ovvio che l’operazione che si fa in ognuno di questi testi non fornendo mai le definizioni è un’operazione bislacca, come dire che si danno per acquisite tutta una serie di cose che in realtà acquisite non sono affatto ma inserendole surrettiziamente come già stabilite, come già date, si offre l’idea di potere trarre delle conclusioni valide, sicure, mentre non è affatto così. Allo stesso modo la persona che è in analisi dice delle cose per esempio all’inizio, e dicendo queste cose fa passare tutta una serie di elementi senza assolutamente definirli perché non è stato addestrato a compiere un’operazione del genere, dandoli per scontati, per acquisiti, per certi. Ora dati questi elementi per scontati e certi si trae una certa conclusione, naturalmente modificando le premesse si traggono conclusioni totalmente differenti e l’analista la ferma e la fa riflettere su queste cose fa in modo che si accorga che le cose che conclude sono rette e sostenute e avvallate da premesse che non sono affatto certe ma sono costituite dalle sue superstizioni, da cose che ha credute essere vere senza che di fatto lo fossero. È ovvio che se io parto da una premessa la quale premessa stabilisce che tutti coloro che non sono di razza ariana sono di razza inferiore perché è storicamente provato che la razza ariana ha fatto le migliori cose da che mondo è mondo, se parto da questa premessa giungo a concludere che chi non è di razza ariana o deve essere eliminato perché infetta il genere umano oppure deve essere ricondotto ai principi della razza ariana, se io do per buone le premesse giungo inevitabilmente a quelle conclusioni e infatti qualcuno ci è giunto, e quindi non sono cose del tutto secondarie le premesse da cui si muove, le premesse da cui muove un discorso della persona e allo stesso modo e per lo stesso motivo anche in un testo naturalmente. La cosa più difficile è sempre interrogare, interrogare anche là dove comunemente si cessa di farlo perché non è più conveniente, perché non è più lecito anzi, occorre continuare a interrogare soprattutto dove non è più lecito, continuare a chiedere perché, ed è lungo questa via che tutti i testi a un certo punto si arrestano perché non possono più rispondere, un po’ come fanno i bambini quando fanno il gioco dei perché, è la stessa cosa: perché questo? Perché quest’altro? A un certo punto arriva generalmente un manrovescio, per dare un limite alla ricerca. Tuttavia invece è proprio lungo questa linea che è stato possibile reperire che cosa c’è effettivamente a fine corsa, quando cioè ci si interroga sulla condizione stessa che consente di interrogare qualunque cosa. Per potere interrogare qualche cosa occorre che ci sia una struttura che lo consente, per esempio questo accendino non si interroga sul perché è sopra un pacchetto di sigarette, perché non lo fa? Potrebbe farlo? Perché no? Eppure potrebbe essere curioso anche lui e domandarsi perché mai io l’ho posto al di sopra del pacchetto anziché l’opposto per esempio, non lo può fare, perché? Occorre domandarsi come funziona una domanda se si vuole raggiungere il limite, il limite del pensiero oltre il quale il pensiero stesso appunto non può più procedere. Che cos’è una domanda? A quali condizioni una cosa viene considerata una domanda e a quali condizioni qualcosa viene accolta come una risposta? E a quali condizioni ancora tutto questo può farsi, e questo è interessante da sapere visto che la condizione che consente di costruire domande qualunque vincolerà la struttura delle domande e di conseguenza la struttura delle risposte e che cos’è che consente di domandarsi qualunque cosa? Questa è una bella domanda ché è la domanda sulla domanda, andiamo sul difficile però non si preoccupi in realtà è tutto molto semplice, che cos’è una domanda? Intanto è una sequenza di elementi, una sequenza di elementi linguistici al fondo dei quali generalmente c’è un punto di domanda, un punto di domanda che serve per valutare se quella sequenza attende una risposta oppure no, e poi per dare una certa inflessione al timbro della voce però al di là di questo la domanda chiede qualche cosa, chiede di rendere conto di qualche cos’altro e sappiamo già che ciò che la domanda farà sarà produrre una risposta e questa risposta sarà un’altra sequenza che però dovrà essere riconosciuta come risposta. Detta così può apparire difficile ma c’è una struttura che organizza tutto questo, è la struttura che chiamiamo linguaggio. Il linguaggio funziona in un modo straordinariamente semplice, sono come dei mattoncini sui quali si può costruire qualunque cosa e che rappresenta in effetti il fine corsa oltre il quale non è possibile andare, cioè il pensiero non può andare oltre quella stessa struttura che gli consente di esistere, per esempio se io volessi uscire dal linguaggio dovrei costruire delle proposizioni che costruiscono un’altra cosa, con che cosa costruirò queste proposizioni? È una questione che merita di essere considerata. In realtà quando ci siamo accorti che ogni cosa procedeva dal linguaggio e che non c’era uscita dal linguaggio in nessun modo ecco che questo ha costituito il fine corsa, le famose Colonne d’Ercole, non si va più avanti, non c’è uscita in nessun modo. Tuttavia all’interno del linguaggio è possibile costruire o demolire qualunque cosa a piacimento. Sappiamo che se il linguaggio costruisce qualunque cosa, le nevrosi, le psicosi, senza linguaggio abbiamo detto migliaia di volte che nessuno potrebbe avere paura di alcunché, questo aggeggio non può averne, deve fare delle inferenze, sapere che c’è un pericolo, sapere che questo pericolo minaccia la sua incolumità, sapere che qualcosa che minaccia la sua incolumità può produrre del dolore. Sapere come funziona il linguaggio ci ha consentito di intendere qual è la struttura che sta alla base, a fondamento di qualunque cosa e a questo punto è possibile riprendere tutta la questione della psicanalisi da capo, da principio Freud ha inventato per esempio la nozione di inconscio e cioè tutti quegli elementi di cui lui parla che non hanno accesso alla coscienza, alla consapevolezza, tutto ciò che per esempio è stato rimosso ma non solo, tutto ciò che fa parte dell’Es di quelle cose che lui considera primarie e che fanno parte del genere umano, ma se non fosse così? Tutto ciò che ha detto procede dalla sua esperienza come abbiamo detto altre volte, c’è bisogno facendo psicanalisi di una nozione del genere? O di transfert o di resistenza, di rimozione? Sono nozioni necessarie oppure no? Perché qualcosa dovrebbe essere rimosso? Perché? È possibile ma non necessario, voglio dire è necessario per il funzionamento del linguaggio che esistano queste strutture oppure no? Oppure sono sovrastrutture, cose che il linguaggio stesso ha costruite. In fondo Freud non ha fatto altro che costruire sequenze di proposizioni la cui utilità talvolta può essere messa anche in discussione, ma se io so come funziona esattamente il linguaggio allora ho la possibilità ciascuna volta in cui si costruisce una sequenza che conclude con un’affermazione vera la quale proposizione per esempio mi induce a pensare o credere una certa cosa, ho la possibilità dicevo immediatamente, in tempo reale, di smontare tutto ciò che ho costruito trovandomi così nell’impossibilità totale assoluta e irreversibile di credere in qualche cosa e di conseguenza muovermi in base a ciò che io credo e quindi fra le infinite altre cose anche di avere paura, di essere angosciato, spaventato, traumatizzato e chi più ne ha più ne metta. Ecco perché abbiamo dovuto ricostruire o meglio ripensare tutta la psicanalisi, ciò che Freud ha fatto di notevole è stato ascoltare, cosa intendiamo con ascoltare? Soprattutto porre attenzione su ciò che si dice considerando che ciò che si dice non va così da sé, magari è connesso con qualche altra cosa come è inevitabile che sia, d’altra parte ciascun elemento è necessariamente un elemento linguistico perché la prerogativa degli elementi linguistici è quella di fare parte di una struttura cioè di essere tutti connessi fra loro, questa struttura la chiamiamo tale proprio in base alla definizione di struttura che dava Benveniste per esempio, e cioè una collezione di elementi tale per cui se si modifica un elemento si modificano tutti gli altri. Anche questa definizione in realtà non è necessaria però ci è utile, è una possibilità anche questa, ma d’altra parte se un elemento non fosse un elemento linguistico allora sarebbe fuori dal linguaggio cioè non sarebbe connesso con altri elementi e se non fosse connesso con altri elementi non potrei saperne niente, perché per saperne qualcosa occorre che sia preceduto da qualche cosa e che segua a questo elemento qualche altro. È una strana cosa il linguaggio, che ci ha interessati fino dalle origini, non sapevamo però all’origine che fosse la condizione di tutto, l’unico limite che ci impone come dicevo prima è uscirne fuori, per cui non è possibile di fatto chiederci nemmeno da dove viene perché per sapere da dove viene occorrerebbe trovare quell’elemento che è fuori ma se è fuori come lo troviamo? Con che cosa? Però è ciò che costruisce qualunque cosa qualunque credenza, superstizione, affanno, paura etc. L’obiezione, quella che ci veniva posta da sempre diceva: “però per esempio l’animale reagisce, anche senza avere linguaggio”, aldilà del fatto che lo stesso Benveniste che un giorno leggerà sicuramente perché è interessante aveva qualche obiezione per esempio sul fatto che si potesse parlare di linguaggio delle api, perché lui si chiedeva: le api possono modificare la loro condotta? Possono fare uno scherzo alle api che sono nell’alveare? andare nel fiorellino, trovare il polline, tornare indietro e mentendo dire a quell’altre: il polline si trova in quella direzione e poi tutte ridere, non lo possono fare, perché?

Intervento: …

Vada piano Elisa non corra, cosa intende con mente? Definisca “mente”, dopodiché dovrà provare che la sua definizione è necessaria perché se no io posso sempre proporne un’altra che fa al caso mio. Allora dicevo che queste api non fanno scherzi, sono serissime, per cui non hanno la possibilità di costruire quella sequenza che noi chiamiamo inganno, menzogna, burla, e quindi sono sprovviste di linguaggio. Ma aldilà di questo qualunque cosa che noi possiamo osservare in base ad alcune informazioni che abbiamo acquisite, costruite, sappiamo soltanto che reagisce a qualcosa, per esempio un termometro inserito all’interno di un frigorifero ha delle reazioni, ma diciamo che ha freddo per il fatto che il mercurio si contrae? E se invece si espande diciamo che ha caldo? No, perché no? Eppure reagisce quindi non basta che qualcosa reagisca, anche un bicchiere che cade si spacca ma non per questo supponiamo che soffra, e quindi supporre che se c’è una reazione allora c’è il linguaggio non significa assolutamente. Rimane il fatto che questa struttura consente di costruire ogni cosa e cioè per esempio qualunque definizione, è per questo che qualunque definizione è sempre e comunque arbitraria, perché è costruita e ognuno la costruisce come gli pare come già Feyerabend, che è un filosofo della scienza, sapeva: qualunque teoria scientifica vince su un’altra non perché è più vera, ma perché retoricamente è meglio costruita quindi più persuasiva, solo questo la fa vincere sulle altre, così come vince un presidente su un altro. Perché la campagna elettorale è stata condotta meglio non perché un presidente sia meglio di quell’altro, nessuno sa neanche quello che pensa, anzi il più delle volte non pensa niente quindi non si pone neanche il problema. Ecco, definire qualcosa è fondamentale e al tempo stesso è arbitrario per cui ciascuno come abbiamo detto definisce come ritiene più opportuno, la questione è che in base alle definizioni che dà o che non dà ma dà implicitamente senza dirne si sosterrà tutto ciò che dirà in seguito. L’altro giorno qualcuno mi raccontava di una conferenza che hanno fatto proprio qui a Torino, conferenza tenuta da docenti universitari i quali sostenevano a spada tratta che è naturale nell’uomo il pensiero mistico, religioso, perché si è riscontrato che da sempre gli umani cercano qualcosa di ultra sensibile e quindi fa parte della loro natura, del naturale, quasi del patrimonio genetico, adesso non so se hanno citato anche il DNA però pare, dicevano loro, che da sempre gli umani compiono un ricerca verso il sopranaturale e quindi fa parte dell’uomo. Mi è stato riferito che nessuno ha posta nessuna obiezione che sarebbe stata facilissima da porre, pensate alla guerra, è molto più antica della religione la guerra, da quando esiste traccia di umano c’è subito la figurina di uno con il bastone in mano che cerca di darlo in testa a quell’altro, quindi la guerra è più antica ancora della religione quindi è ancora più naturale e quindi l’uomo è naturalmente guerriero, quindi tutte le guerre sono naturalmente giustificate come la cosa più naturale che esista. Eppure non è così, la guerra si considera la cosa più bestiale e che gli uomini dovrebbero eliminare dalla loro vita aldilà di tutte le altre considerazioni. La capacità, la possibilità, la necessità direi di essere in grado di costruire immediatamente controargomentazioni a qualunque cosa venga sostenuta è fondamentale non soltanto per leggere o ascoltare in modo meno ingenuo ciò che comunemente viene raccontato ma, e qui sta la cosa più difficile, anche i propri pensieri, diventare meno ingenui rispetto ai propri pensieri è questo che in buona parte la psicanalisi occorrerebbe che facesse, essere meno ingenui anche rispetto alle stesse teorie psicanalitiche. Esiste l’Es per esempio, perché? Chi l’ha detto? E poi una volta che l’ha definito che cosa ha fatto esattamente? È la domanda che ci si poneva prima, cioè quando ho risposto a qualche cosa che cosa ho fatto esattamente? Intanto ho fatto qualcosa o ho fatto niente? Se ho fatto qualcosa che cosa esattamente? Sono tutte domande che occorre porsi a un certo punto se non si vuole proprio credere a qualunque cosa, non possiamo essere così ingenui, in modo così totale, dovremmo almeno mostrare un po’ di acume e chiedere conto, chiedere sempre conto e chiedendo conto si arriva appunto a fine corsa. Però è possibile anche chiedere conto al linguaggio di sé, del modo in cui funziona e questo lo reperiamo nel modo in cui parliamo, attraverso tutte quelle regole che ci consentono di parlare possiamo stabilire che cosa è necessario al suo funzionamento, cosa vuole dire che è necessario? Vuol dire che non può non esserci perché se non ci fosse allora non ci sarebbe né quella né nessun altra cosa, questa per esempio è la definizione che diamo di necessario e adesso vediamo se regge, perché tutto ciò che abbiamo fatto una volta che abbiamo inteso il funzionamento del linguaggio e l’abbiamo posto a fondamento di qualunque cosa è stato questo: trovare ogni tipo di argomentazione linguistica, logica, retorica che la smontasse cioè che la distruggesse, solo se non si trova nessuna argomentazione né logica né retorica né linguistica né altro che sia in condizione di smontare una cosa del genere allora provvisoriamente la si può accogliere, solo che nessuna teoria di tutte quelle compulsate negli ultimi cinquant’anni ha retto a una cosa del genere, ha mostrato la corda, cioè ha mostrato di essere costruita su affermazioni totalmente arbitrarie. Ma dicevo necessario, che cosa è necessario al funzionamento del linguaggio? È semplice, è semplicissimo, provi a pensare se per esempio una qualunque parola significasse simultaneamente qualunque altra, potremmo parlare? Sì? No? Prenda un dizionario, in un buon dizionario ci sono quasi duecentomila parole, supponiamo che ciascuna di queste valga simultaneamente tutte le altre, possiamo addirittura azzardare che sarebbe impossibile parlare, allora ecco il primo elemento necessario al funzionamento del linguaggio: ciascun elemento occorre che sia distinguibile da ciascun altro. Poi occorre che un elemento sia identico a sé perché se fosse se stesso e anche il suo contrario ci troveremmo in una situazione che è molto simile a quella precedente e quindi occorre che un elemento sia se stesso e non sia per esempio la sua negazione. Sono cose sulle quali si interrogava Aristotele, identità, terzo escluso, non contraddizione. Aristotele si era accorto di alcune cose, certo senza arrivare alle estreme conseguenze, senza portare ciò che aveva inteso alle estreme conseguenze così come hanno fatto anche i Sofisti, è come se il pensiero degli umani fosse arrivato fino ad un certo punto straordinario e poi da lì avesse subito un crollo e poi una sorta di silenzio, anche se è stato fatto molto certo ma per quanto riguarda l’essenziale è avvenuto una sorta di accantonamento per alcuni millenni, dopodiché ci si è accorti che forse queste questioni alludevano a qualcosa che andava addirittura aldilà di ciò che Aristotele immaginava, che forse ha colto senza volere e senza sapere, e cioè che cosa è necessario al funzionamento del linguaggio. Poi perché funzioni tutto questo sistema occorre un sistema inferenziale cioè qualcosa che consenta di passare da un antecedente a un conseguente, occorre altro? No. Con soli questi elementi si può costruire qualunque cosa. Ecco la scoperta fondamentale, a questo punto si è arrivati a fine corsa, oltre non si va, non si esce dal linguaggio …

Intervento: a quel punto lo si deve praticare …

Certo, ciascuno lo pratica a modo suo senza accorgersi però di essere fatto di queste cose, senza accorgersi che i suoi affanni, tutte le sue preoccupazioni etc. seguono tutta una serie di decisioni che il suo discorso ha prese, non ultima quella di vivere, anche questa è una decisione, può apparire grave, importante, ma è pur sempre una decisione, vuole dire che non è necessario, certo se uno decide di proseguire lungo questa strada allora fa questo gioco e questo gioco prevede certe regole e se vuole continuare a giocare questo gioco deve attenersi a queste regole se no non gioca più questo gioco, come in qualunque altro gioco, per questo non aveva torto Wittgenstein quando parlava di giochi linguistici, proprio perché ciascun gioco è fatto di regole e qualunque decisione si prenda segue a una serie di considerazioni più o meno rapide, più o meno consapevoli, nel senso che avvengono in automatico, ormai c’è un automatismo però alla base c’è sempre un inferenza “se questo allora quest’altro” ecco perché il linguaggio perché è ciò che costruisce qualunque cosa compresa la psicanalisi insieme con infinite altre cose …

Intervento: la formazione per mettere in gioco i principi stessi da cui si parte al momento in cui si dice qualcosa quindi le premesse e questo è un aspetto che è assolutamente escluso da qualunque tipo di discorso istituzionale perché abbiamo già detto l’istituzione ammette qualunque cosa purché mantenga l’istituzione stessa e questo l’università per esempio non può farlo, non può mettere in discussione qualche cosa che metta in discussione l’esistenza stessa di questo tipo di sapere. Galileo se non avesse fatto venire il sospetto alla chiesa che poteva mettere in crisi i suoi fondamenti lo avrebbero lasciato fare …

Intervento: è proprio per questo che parlava di percorso di studi perché se non conosco la teoria come posso mettere in discussione? Per questo mi chiedevo che percorso avete, quello che fate … Occorre avere lette infinite cose, però il nostro intendimento è anche consistito in questo: mettere una persona in condizioni di non avere la necessità di leggere tutto o quasi tutto ciò che è stato scritto per potere accedere al sapere perché se questa persona riesce ad acquisire lo strumento sul quale si forma si costruisce ciascun sapere, a questo punto qualunque cosa, qualunque testo non più alcun segreto per lui, che lo legga oppure no comunque “sa” leggerlo, sa trovare  cioè su che cosa si sostiene e sa valutare le premesse e le argomentazioni. Può cogliere istantaneamente l’arbitrarietà della sue premesse per esempio, e quindi di conseguenza si accorgerà che tutto ciò che ne segue non è necessario poi potrà leggerlo per curiosità sua o non leggerlo questo è indifferente, però questa modalità “insegna” tra virgolette anche a leggere e a non avere la necessità di sapere tutto, cosa che invece abbiamo dovuto fare noi, come facevano i gesuiti, quando criticavano un eresiarca prima leggevano molto attentamente i suoi testi, infatti ne sappiamo proprio perché loro li hanno criticati, leggevano tutto molto attentamente, dopodiché li criticavano, ed è esattamente quello che abbiamo fatto. Tuttavia se si riesce a intendere la struttura del sapere stesso a questo punto potrebbe non essere necessario andare a leggersi tutto necessariamente, il lavoro è già fatto in buona parte. Supponiamo che lei abbia la capacità e conoscenze tali, logiche, retoriche, linguistiche, eristiche, a questo punto lei legge il testo di Freud e ogni volta che lui afferma qualche cosa lei dice: perché? Da dove viene questa affermazione? E considera immediatamente che viene dalla sua esperienza e se viene dall’esperienza non è che sia chissà che cosa, come lei sa perfettamente per esempio per i greci l’empiria non era ben considerata, e allora già tutto ciò che dice Freud lo considera frutto della sua esperienza, ma sa che altri hanno avuto altre esperienze e hanno tratto altre conclusioni e allora perché devo credere a quello che dice Freud? Per una questione estetica “mi piace” e va bene, però lo sa, sa benissimo che quello che dice Freud non ha nessun fondamento, lo accoglie perché le piace e allora va bene, se no non lo accoglie, lo considera un’ipotesi però anche lì se ha conoscenze di logica sa che un’ipotesi che non ha nessuna possibilità di essere verificata è totalmente inutilizzabile e quindi a quel punto decide lei se proseguire la lettura oppure no. Questo per accennare alla questione della formazione, in realtà non c’è una formazione ma quando una persona è in condizioni di ascoltare il proprio discorso e a non avere più bisogno di credere alle cose che dice allora è formata, in un certo senso, possiamo metterla così.