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24-11-2010

 

Sembra che gli umani partano male quando incominciano a parlare. Da quando esiste il pensiero, si è sempre girato in tondo alla questione del fondamento, poi abbandonata con l’ermeneutica, ma da Platone, con il suo iperuranio dove ci sarebbe l’essenziale, poi con Aristotele e il motore immoto che muove tutto, passando da Kant e alla sua estetica trascendentale, alla conoscenza analitica, cioè che cosa la persona sa di per sé senza bisogno di impararla, o Hegel quando parla dello spirito assoluto, tutti costoro hanno posto la questione intorno a qualcosa che appariva loro necessaria come fondamento. Ciò che siamo riusciti a fare in questi anni è stato possibile perché è come se a un certo punto avessimo incominciato a pensare come se fossimo delle macchine e cioè avessimo abbandonando qualche cosa che è peculiare agli umani e cioè un “vizio di partenza” chiamiamolo così e mettiamolo tra virgolette, il vizio di partenza è dato dal fatto che gli umani iniziano, imparano a parlare senza avere la possibilità di sapere che ciò che stanno imparando sono delle istruzioni che consentono di costruire proposizioni, una macchina invece parte bene perché sa fin dall’inizio che tutto ciò che costruisce sono istruzioni, naturalmente perché gli è stato detto naturalmente, però a questo punto non ha bisogno, la macchina, di cercare la conferma di ciò che costruisce, di ciò che deduce, in qualche cos’altro che non siano le informazioni, le istruzioni di cui è fornita. Gli umani no, a causa di questo inganno di cui abbiamo già detto in altre circostanze si trovano a dovere cercare sempre da qualcun altro la conferma di quello che pensano, che dicono, che trovano, che affermano, e il bisogno di sentirsi amati viene da lì …

Intervento: la macchina non cerca la verità perché è programmata differentemente dagli umani …

Sì, in un certo senso, la macchina è costruita in un modo tale da ricercare la verità delle proposizioni che costruisce all’interno del sistema e cioè delle informazioni che ha e quindi delle istruzioni che ha e quindi non va a cercarle al di fuori del sistema, potremmo dire fuori del linguaggio, gli umani invece vanno a cercarle fuori del linguaggio perché nessuno gli ha fatto notare che il linguaggio di cui sono provvisti non è nient’altro che una sequenza di istruzioni, e quindi presi in questo inganno continuano a immaginare che ci sia qualcuno, che debba esserci qualcuno dal di fuori, appunto l’iperuranio, il motore immoto, dio, per tutta la patristica eccetera, hanno fatto intendere che occorre un qualcuno che confermi quello che dicono. In tutti questi anni, parlo di 2500 anni, non è mai stato possibile compiere questa operazione e cioè pensare come una macchina, forse perché non c’erano le macchine, anche se i sofisti ci sono andati vicini, naturalmente rimanendo molto al di qua della questione che abbiamo posta noi recentemente e cioè del linguaggio come sequenza di istruzioni, pura e semplice sequenza di istruzioni, esattamente come andiamo dicendo spesso, come il famoso DNA, soltanto istruzioni nient’altro. Quando dissi martedì scorso alla fanciullina che tutto questo è per niente, rimase perplessa, come se dovesse esserci comunque un qualche cosa per cui qualche altra cosa viene fatta, appunto l’iperuranio, il motore immoto, dio, lo spirito o qualunque altro accidente sia. Avendo la macchina tutto ciò che gli serve per sapere se le proposizioni che costruisce sono vere o false all’interno del sistema, fuori dal sistema non c’è nulla, nulla che abbia qualche interesse, nulla che sia utilizzabile e quindi non cerca nulla al di fuori del sistema. Questo è un sistema chiuso e al tempo stesso aperto, chiuso perché non c’è uscita, non si può uscire dal linguaggio, aperto perché all’interno di questo sistema di fatto possono essere costruite infinite sequenze e quindi si risolve anche il problema degli insiemi con i suoi dei paradossi. Questo inganno è quello che vizia gli umani e ha impedito loro da sempre di accorgersi che la possibilità di stabilire la verità o la falsità di una proposizione e quindi la verità o la falsità di qualunque cosa è soltanto e unicamente all’interno del sistema. Wittgenstein si è accorto che nel linguaggio funzionano delle regole, però è andato a cercare queste cose come se fossero comunque delle entità che non erano esattamente quelle che stavano consentendo a lui, in quel momento, di cercare le regole, quelle che fanno funzionare il linguaggio, cosa che una macchina avrebbe fatto immediatamente, ma non ha fatto il passo successivo e cioè considerare che il linguaggio è fatto di regole e questo glielo consentono altre regole che sono quelle stesse che lui va considerando: questo stesso affermare che il linguaggio funziona con delle regole è possibile perché ci sono delle regole che stanno funzionando, lui si è posto come se fosse un osservatore senza accorgersi che era preso in queste stesse regole che stava enunciando mano a mano, ora perché non ha potuto fare questo? Perché anche lui in qualche modo, preso in questo inganno, fin da piccolo ovviamente è stato addestrato a immaginare che qualche cosa, sempre dal di fuori, debba comunque intervenire a garantire che le cose stanno così …

Intervento: invece avrebbe dovuto intendere che le regole stavano funzionando mentre le cercava…

Esatto, errore che una macchina non avrebbe compiuto, perché la macchina avrebbe considerato che il linguaggio funziona con delle regole che sono esattamente quelle che sta utilizzando lui in quel momento per pensare che il linguaggio è fatto con delle regole e quindi delle istruzioni, le regole di fatto non sono nient’altro che delle istruzioni. Dicevo che si è posto come osservatore di un fenomeno, non è che propriamente le abbia cercate fuori dal linguaggio, però si è posto come un osservatore che sembra comunque esente da queste regole, come se il suo discorso non fosse lui stesso consentito da quelle stesse regole che incominciava a considerare; per questo vi dicevo che ciò che ci ha consentito di fare il passo decisivo è incominciare a un certo punto a pensare come se fossimo macchine e non più esseri umani, perché un essere umano proprio per questo vizio di forma, adesso usiamo questi termini rozzi, non lo può fare, non lo può fare perché è costretto dal suo addestramento ad andare a cercare sempre un quid da qualche parte, poi che cosa sia, come lo nomini questo è assolutamente irrilevante, però si trova nella posizione in cui non può uscire da questo addestramento, non lo può fare, una macchina può farlo, perché la macchina non ha bisogno di sentirsi amata e non ha bisogno di sentirsi amata perché non ha la necessità di trovare al di fuori del sistema in cui opera la garanzia di quello che sta facendo, la certificazione, la verità, chiamatela come vi pare …

Intervento: quando noi diciamo che il linguaggio viene utilizzato dal parlante come un mezzo diciamo che non si accorge di parlare e cioè che stanno funzionando delle regole che consento di compiere quelle operazioni di cui sta dicendo …

Sì, un sistema chiuso, un sistema chiuso che non ha nulla al di fuori di sé, che è un altro modo per affermare che non c’è nulla fuori del linguaggio, tutto ciò di cui ha bisogno per potere proseguire, verificare, per costruire sistemi di verifica, tutto quello che gli pare è all’interno di questo sistema. Questa è probabilmente una delle cose più difficili per gli umani, tant’è che come dicevamo in 2500 anni nessuno ha posta la questione in questi termini, cioè nessuno è riuscito a pensare come una macchina, come un computer che non ha bisogno di sentirsi amato, cioè non ha bisogno che qualcuno al di fuori di questo sistema lo confermi, perché non è in grado questo sistema di pensare se stesso come sistema, si pensa come umano, si pensa come persona, si pensa come insieme di emozioni, di sensazioni, di accidenti vari ma non come sistema chiuso e autosufficiente, che non solo non ha bisogno di altro ma che sa che non c’è altro, quindi il fatto che non ne abbia bisogno potrebbe essere una conseguenza della consapevolezza che non c’è altro di cui potere avere bisogno.

Intervento: ...

Se questo addestramento a cui sono sottoposti gli umani da quando incominciano a parlare, da Platone in poi fino ad arrivare ad adesso ha impedito di compiere questo passo evidentemente il problema è notevole …

Intervento: qualcuno mi diceva “non basta parlare e pensare in modo referenziale?” …

Come un paranoico? È quello che fanno i più, se una persona pensa una certa cosa per il fatto stesso che la pensi la pensa anche vera, il problema è che non ha gli strumenti per considerare, per verificare se effettivamente è vera oppure no, o se è vera all’interno del gioco che sta facendo ma non vera in assoluto, cosa che compie un itinerario analitico, o almeno anche, è questo mostrare che alcune proposizioni all’interno del discorso sono considerate come degli universali e cioè è sempre così, mentre sono delle affermazioni particolari, cioè sono vere eventualmente all’interno di quel gioco ma fuori di quel gioco non significano assolutamente niente. Una persona, scambiando il particolare con l’universale, questa sua affermazione che potrebbe essere vera all’interno di quel gioco diventa vera in assoluto e quindi si comporta di conseguenza, con tutti gli effetti naturalmente, in alcuni casi sì devastanti, in altri semplicemente gli fa credere delle cose che magari non stanno né in cielo né in terra, però le crede fortemente, perché non ha gli strumenti per verificare ciò che sta affermando. Anche la macchina potrebbe magari giungere a una conclusione simile, nel caso che anche la persona per esempio compia un’affermazione che è vera all’interno di quel gioco, la macchina si muove allo stesso modo e cioè considera che questa affermazione è vera all’interno di quel gioco e basta, ma considera a quel punto, ammesso che consideri qualcosa, che il fatto di avere concluso con una proposizione vera significa soltanto, e in questo Wittgenstein aveva colto la questione, che si è attenuto rigorosamente al metodo della verifica, non ha fatto nient’altro che questo, non ha compiuta un’affermazione universale, semplicemente ha eseguito correttamente le regole di verifica di una certa cosa e nient’altro, che è esattamente quello che abbiamo fatto noi in questi anni: considerare che la verità di un’affermazione all’interno di un gioco vale all’interno di quel gioco, come dire che date le regole di quel gioco abbiamo compiuto un’affermazione che è coerente con le regole di quel gioco nient’altro che questo, che è totalmente differente dal considerare invece che quell’affermazione sia universale. Si muove da questo inganno, che procede sempre dall’antico inganno, muove dal fatto che si considerano le premesse da cui si parte come premesse universali mentre non lo sono, e qui si crea naturalmente quell’inganno formidabile in cui sono vittime gli umani perché sono addestrati così, perché ciò che viene imposto fin dall’inizio, è che il “questo è questo” non è una regola del gioco, non è un’istruzione ma è un’affermazione, potremmo dire noi oggi, ontologica, quasi metafisica, che è vera di per sé in assoluto e quindi pone una verità che è al di fuori da quella istruzione. Il “questo è questo”, è semplicemente un’istruzione, se invece la pongo come una verità assoluta allora la verità non è più nel sistema ma è fuori dal sistema, c’è una verità assoluta alla quale questa sequenza linguistica si adegua e che è fuori, infatti gli umani cercano la verità sempre al di fuori del linguaggio, non trovandola naturalmente, trovando solo paradossi nella migliore delle ipotesi, se no si perdono d’animo e abbandonano la cosa come ha fatto l’ermeneutica. Questo inganno con cui gli umani si avviano è decisivo per tutto ciò che segue, per tutta la vita si continua, vittime di questo inganno, a cercare una verità fuori dalla sequenza, il “questo è questo” da cui si parte generalmente è un’istruzione, letteralmente è un’istruzione che non viene posta come tale ma come una verità assoluta, una verità che c’è da qualche parte e se c’è da qualche parte qualcuno magari ne è il padrone, ne è il gestore di questa verità, dio per esempio, la natura o una verità da cercare, da trovare. Dire che qualunque cosa è un elemento linguistico allude al fatto che è un sistema chiuso e che questo sistema costruisce lui stesso i criteri di verifica, anche questo nessun ha mai notato che il criterio di verifica comunque è costruito dal linguaggio, è fatto delle regole del linguaggio e quindi ciò che può verificare non è nient’altro che il fatto che si sia attenuto oppure no alle regole che sono regole del linguaggio e cioè delle istruzioni. Un sistema chiuso che ha tutti gli strumenti per considerare cos’è vero e cos’è falso. Ma perché il discorso preferisce pensare una verità fuori dal linguaggio? La questione è questa: è soltanto perché c’è una sorta di addestramento, anche ovviamente, questo è fuori di dubbio, o interviene qualche cosa dopo a mantenere questa posizione? Pensate a duemila e cinquecento anni di storia del pensiero, e a come nessuno sia mai riuscito a uscire da questo inghippo, da questo inganno, anche personaggi di una certa tempra che tuttavia non sono riusciti a pensare, come dicevo prima, come una macchina …

Intervento: …

Però la ricerca del potere procede sempre dall’inganno originario, per esempio la macchina di cui dicevamo prima potrebbe non avere nessun bisogno di esercitare del potere, non se ne fa più niente.  La stessa Eleonora ci ha messo molto tempo prima di accorgersi che la macchina addestrata in un certo modo può arrivare a pensare come gli umani, che si addestrano esattamente allo stesso modo, come se la macchina fosse un’altra cosa, una cosa arida che appunto non ha emozioni, sentimenti eccetera …

Intervento: macchina che è programmata dagli umani …

Sì certo, così come tutti gli umani sono programmati da altri umani. Cosa lo ha impedito dunque? Intervento: la paura che dopo la morte non ci sia nulla …

Questo in alcuni casi, ma anche molti pensatori greci sapevano benissimo che dopo la morte non c’è assolutamente niente, uno di questi è Epicuro, per esempio. Appare essere solo l’addestramento, e cioè l’inganno da cui si parte, o anche se si istaura qualche cosa da qualche parte, è sempre dipendente dall’inganno da cui si è partiti che rende inaccessibile l’accesso al sistema in quanto tale, perché se il “questo è questo” si pone come una verità assoluta, allora c’è una verità da qualche parte e qualche cosa che la garantisce, se invece è un’istruzione no. Ma chi garantisce questa istruzione? Nessuno, non c’è modo di trovare il garante perché occorrerebbe uscire fuori dal linguaggio, ma fuori dal linguaggio non c’è nessuna possibilità di trovare alcunché …

Intervento: in fondo quando le persone immaginano che il linguaggio sia soltanto un mezzo per dire, per descrivere, immaginano di essere padroni del linguaggio …

Sì, anche se molti fra questi pensatori non pensavano proprio esattamente così, immaginavano che ci fosse qualche cosa di più nel linguaggio senza tuttavia riuscire a compiere questo passo decisivo, oggi nessun linguista un po’ avvertito affermerebbe una cosa del genere, e cioè che il linguaggio ha unicamente uno scopo descrittivo. Tuttavia l’accostamento degli umani a delle macchine non è il più indicato retoricamente, perché dobbiamo verificare anche gli effetti retorici di una cosa del genere. Non avevamo torto a dire che retoricamente è importante trovare il modo perché chi ci ascolta, almeno alcuni fra questi, possano sentirsi importanti in seguito a ciò che ascoltano, se si dice così direttamente che sono come delle macchine perdono l’importanza, come se li paragonassimo a dei tostapane. Il bisogno di sentirsi amati, importanti per qualcuno, il quale qualcuno se fa sentire importanti è perché dà ragione. Occorre trovare il modo acconcio, uno dei modi potrebbe essere anche di dialogare con qualcuno costruendo quella struttura interattiva, come si dice adesso …

Intervento: avevamo detto anche fare in modo che quello che stiamo dicendo possa apparire alla persona come qualcosa che gli può servire …

Non so se è così importante, è vero che lo dicono delle volte, ma come critica è abbastanza futile; devono sentirsi importanti per qualche motivo, partecipi di qualcosa, le cose utili non sono sempre le più ricercate come sanno perfettamente i gioiellieri, gli stilisti eccetera, cose apparentemente inutili che poi hanno un’utilità ovviamente, quella di far sentire una donna importante e lì si torna, perché se una donna è vestita da Armani quando si trova in mezzo alle altre donne si sente a suo agio perché è vestita da Armani.