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24-8-2011

 

Allora come affrontare la questione della conversazione analitica, che è poi la questione della tecnica?

Intervento: …

Non è l’analista che controargomenta, a meno che non ci siano casi particolari ma pone la persona nelle condizioni per poterlo fare …

Intervento: la persona che costruisce sofferenza oppure la colpevolezza in tutte le sue più ampie diramazioni che sono i problemi che sappiamo, si accorge ad un certo momento che il suo discorso non può se non costruire sempre sofferenza, nel senso che per il discorso ossessivo per esempio, che è sempre colpevole, è sempre incapace che è sempre tutte queste cose qua, dice “ma perché non riesci a pensare e a costruire, per esempio e a tener conto delle cose che tranquillamente e continuamente fai?” cioè ad un certo punto si accorge di come sia unilaterale la direzione del suo discorso e questo è importante perché tenere conto per esempio, nel caso di un discorso ossessivo che per i motivi suoi necessita di costruire la sua incapacità, è sempre incapace per cui non deve farsi vedere, è colpevole in poche parole, perché non è capace di costruire scientificamente al tavolino la sua capacità? Cioè perché non può tenere conto il suo discorso invece di tutte le cose …

E qual è la risposta a questa domanda?

Intervento: perché si accorge di come giocano all’interno del suo pensiero i giochi linguistici …

Si, questo a un certo punto dell’analisi, ma il fatto che l’ossessivo preferisca soffrire che accogliere le sue capacità e godere e gioire delle sue capacità …

Intervento: ma non lo può fare proprio perché è come se appunto lui potesse solo tenere conto dei misfatti, che accadono a ciascuno, ma per lui sono i più importanti perché c’è un tornaconto in tutto questo, perché …

Il suo godimento si è strutturato come dipendente da una situazione di colpa, di incapacità, solo se è colpevole e incapace si manifesta il godimento nel suo discorso …

Intervento: è lì che gode ma a quel punto, dici, perché gode per una cosa di questo genere? E qui si possono raccontare tutte le cose che la psicanalisi si è trovata ad elaborare, per esempio identificazioni varie che renderebbero possibile questi “scambi” la domanda successiva è perché? Anche perché la persona lamenta questa sua incapacità a godere e quindi di questo è consapevole, come se ci fossero dei giochi linguistici effettivamente che vanno gli uni contro gli altri, però se lui sapesse che è il suo benessere starebbe bene e invece c’è qualcosa che lo fa andare in una certa direzione che è quella che gli piace, perché no? che lo attrae perché no?

Intervento: è una questione ostica, perché se uno ne trae godimento ovviamente …

Intervento: bisogna anche intendere cosa definisci con godimento, perché se è per il discorso è sicuramente godimento cioè gode di quel discorso, gode in quel discorso non sa fare altro ma se poniamo il godimento come piacere allora è come se non potesse accogliere quel piacere. La questione è come per i valori, la persona credendo fortemente che una certa cosa sia assolutamente vera e quindi fuori dalla parola va avanti all’infinito, se non si pone nessuna domanda, a costruire in quel modo, è sempre la questione della verità.

Si parla spesso di effetti in analisi, ci sono degli effetti, ma cosa si intenda con effetti generalmente non è dato sapere, però qualche cosa si produce nel momento in cui la persona si accorge che ciò in cui crede fermamente e che lo costringe a comportarsi in un certo modo non ha necessità di essere creduta perché non può sostenersi, non è assolutamente vera come pensava prima, cioè pensandola come assolutamente vera questo la costringe a una serie di operazioni che vanno dalla depressione, alla anoressia o al farsi saltare per aria in un cinema affollato, quindi l’effetto è sempre un effetto che si produce in seguito al venire a sapere qualche cosa, a venire a sapere che ciò in cui crede fortemente, quindi ciò che lo costringe a comportarsi in un certo modo, non è credibile. È a questo punto che qualcosa si modifica, anche la condotta si modifica, se una persona è spaventata da una certa cosa e poi si accorge che questa cosa non c’è, cessa di essere spaventata …

Intervento: sì però le questioni, i giochi che intervengono continuamente nel pensiero devono essere assolutamente elaborate perché detta così, potrebbe dissolversi immediatamente la credenza “dio non c’è” è falso quindi non credo più …

Perché non si dissolve immediatamente? Perché la persona dovrebbe abbandonare le cose in cui crede? Perché? Chi glielo fa fare? Le cose in cui crede gli forniscono una quantità di occasioni per potere parlare, per potere affermare le cose che lui crede essere vere quindi per sentirsi importante, se lui rinuncia a queste cose nella sua idea è come rinunciare a essere importante e questo non lo vuole fare, per cui non abbandona le sue certezze, è questo il motivo per cui è lunga e complicata l’analisi, perché la persona non vuole, già Freud l’aveva inteso almeno in parte, non vuole abbandonare le cose in cui crede per nessun motivo, non più di quanto un fondamentalista islamico voglia abbandonare la sua fede in Allah …

Intervento: quindi la questione sulla quale la persona deve riflettere è il perché necessita di essere importante per qualcuno? La parola diventa sempre più importante …

Sì, è necessario che la persona si interroghi certo sulla parola, sulla sua struttura, di fatto inizialmente la persona crede delle cose, ci crede fortissimamente e questa è la causa dei suoi malanni, ma è anche ciò che le consente di vivere, le consente di esistere, fornisce un motivo alla sua esistenza che non è poco, e quindi non le abbandona. A quali condizioni può abbandonare una cosa del genere?

Intervento: a condizione che il suo pensiero possa funzionare perché ha sostituito le cose di una realtà …

Funziona esattamente come una teoria, si abbandona una teoria quando ci si accorge che la conclusione cui giunge tale teoria è inconsistente, non può essere sostenuta, e allora una teoria si abbandona così come è stata abbandonata la teoria tolemaica che diceva che la terra era piatta come un tavolo da stiro, in base a certe nuove acquisizioni questa teoria non poteva più essere sostenuta cioè è diventata inconsistente, e quindi abbandonata; una persona abbandona la sua teoria quando ciò in cui crede diventa inconsistente cioè insostenibile, ora perché questa cosa si verifichi è ovvio che occorrono una serie di passaggi, di elementi, intanto che incominci a raccontare le sue storie, poi che interroghi le sue storie e interrogando le sue storie verifichi perché queste storie per lui sono importanti, cioè sono vere, vere al punto tale da costringerlo a muovere in una certa direzione, non tutte le storie ovviamente ma alcune per lui funzionano come storie importanti e sono quelle che pilotano la sua esistenza, dicevo non tutte perché per esempio la storia di Cappuccetto Rosso generalmente non comporta modificazioni della propria vita. Dunque si trova di fronte all’inconsistenza di una teoria ma per giungere a verificare che questa teoria, cioè le cose in cui crede sono inconsistenti, il percorso è lungo e difficile perché non vuole abbandonare per nessun motivo le cose in cui crede e si opporrà comunque a verificare che sono inconsistenti, in alcuni casi anche di fronte all’evidenza dei fatti comunque, come un fondamentalista islamico, è esattamente la stessa cosa per cui è un percorso lungo e difficile ma non ce ne sono altri. Una persona che inizia un’analisi, per il fatto di avere fatta una domanda di analisi è come se avesse detto di essere disposta a interrogare i suoi pensieri, a confrontarsi con le cose in cui crede, alle cose che pensa ed è questo il motivo per cui può esserci un effetto, perché uno potrebbe anche essere il miglior analista del mondo se l’altro non vuole fare analisi non farà assolutamente niente, nulla, ed è questa disposizione della persona a fare l’analisi che gioca a favore del percorso analitico. Data la sua disponibilità ecco che incomincia, dopo avere raccontate tutte le sue storie, a interrogarle, a chiedersi perché sono importanti per lui queste storie, a chiedere alla storie perché sono importanti e a accorgersi che sono importanti perché sono vere, ma come è accaduto che abbia creduta vera una certa cosa, come è successo? Perché? Lì la cosa diventa interessante, e lì incomincia ad avere l’opportunità di avviare anche una riflessione intorno a come funziona il linguaggio, che ha creduto vere certe cose e sono quelle, potevano anche essere altre certo però è come se non potesse non credere in qualche cosa di fatto, e non ha torto a pensare una cosa del genere, quando si dice, nel luogo comune “gli umani devono credere qualcosa” non è del tutto errato, certo se non si intende la struttura del linguaggio cioè non si incomincia ad agire il linguaggio è inevitabile questo, è inevitabile che la persona debba credere in qualche cosa e quindi crederà la prima stupidata che gli passa per la mente o che incontra o che vede, per qualche motivo si aggancia qualcosa che per lui è stato ed è importante. È dalle prime considerazioni, nelle prime istruzioni che riceve, quelle danno la direzione, dicono che le coesistono in quanto sono vere, sono importanti, sono importanti perché gli consentono di esistere cioè di parlare, poi esistere è questo, nient’altro che questo, lì accadono delle cose che sono impossibili da verificare ma ciò che accade in quei momenti può essere determinante perché in quel momento si stabilisce una qualche verità talmente importante per la persona, importante perché gli ha consentito di accorgersi di esistere, cioè di parlare, che tutto ciò che si aggancia a questa cosa ne ricava la stessa importanza, la stessa incontrovertibilità, e su questo costruisce la propria esistenza, cioè la propria parola, quindi il proprio discorso, le proprie superstizioni, credenze, religioni. Questo procede dal fatto, ma questo è complicato da dire in una situazione del genere, dal fatto che queste istruzioni vengono fornite senza aggiungere che sono istruzioni, vengono prese semplicemente come una materializzazione magica delle cose, cosa che si ripeterà poi all’infinito, da dove vengono le parole? Magicamente, nessuno sa …

Intervento: pensavo di parlare dei frammenti di un sogno per esempio, come delle istruzioni che possono costruire per esempio una certa interpretazione o una risposta a una domanda che fino ad allora l’aveva trovata …

È molto complicato, anche perché quando si parla di frammento generalmente si considera o un frammento di un sogno o un frammento di un discorso, un piccolo pezzo di un discorso, un piccolo pezzo e incompleto che tuttavia indica un altro discorso più ampio per esempio, e così come dice la psicanalisi può essere inconscio, però questo frammento apre a tutta un’altra serie di questioni che dopo ci sarà la possibilità di intendere, di reperire. Parlare di istruzioni se non si fa un discorso molto complesso che riguarda le macchine non si intende niente, non sono istruzioni, sono delle cose che la persona acquisisce, che comprende, che viene a sapere, ma porle come istruzioni non risuona in chi ascolta, nell’accezione in cui lei può intenderla. È un discorso che sarebbe bello fare, magari lo farò nelle conferenze che faremo perché lì c’è il tempo e la possibilità di articolare la cosa partendo dalla crisi dei fondamenti, dal programma di Hilbert, cioè dal sogno di costruire una teoria, in questo caso la matematica, che sarebbe dovuta essere il paradiso dei matematici cioè una teoria assolutamente chiusa in sé e completa di tutto, che non ha bisogno di niente all’infuori di sé, questa operazione non è riuscita a causa di Gödel per un verso e di Turing per un altro …

Intervento: però è stata una grande idea quella di Hilbert …

Però non ha funzionato, non ha funzionato perché la matematica non è il linguaggio, la matematica è un gioco linguistico e se si cerca di trovare in un gioco linguistico la sua giustificazione quindi come direbbero i filosofi “l’essere” al di fuori di sé, al di fuori del gioco linguistico, cioè al di fuori del linguaggio, non lo può fare, non la troverà mai, sarebbe come chiedere a una carta da poker di giustificare il fatto di essere un re di picche “giustifica, dimostrata che sei un re di picche” e se la carta potesse parlare direbbe: “sono un re di picche perché mi è stato detto che sono un re di picche e ho questa funzione”, ma se volessi cercare la dimostrazione del fatto che quello è un re di picche e quindi è una carta superiore a un sette di cuori non andrei da nessuna parte. Il linguaggio invece ha questa prerogativa: è un sistema chiuso certo, può costruire tutto …

Intervento: all’interno del quale giocano tutti i giochi linguistici …

Non solo, ha un criterio di prova definitivo, quello che cercava Hilbert all’interno della matematica senza potere trovarlo perché lo ha cercato fuori dal linguaggio, mentre per il linguaggio l’unico criterio di prova è il fatto che un elemento appartenga al linguaggio: se appartiene al linguaggio è vero se non appartiene al linguaggio non è vero, molto semplicemente, è un funzionamento straordinariamente semplice, però è ciò che consente di costruire una teoria che muove semplicemente dal linguaggio. Turing ha avuto questo colpo di genio: ha intuito la possibilità di creare una macchina pensante sul modello ovviamente del pensiero degli umani, anche perché non aveva altri modelli, per potere compiere questa operazione ha dovuto riflettere su come funziona il pensiero e come si addestra il pensiero, come accade che a un certo punto si incomincia a pensare. Qui c’è un problema che taluni hanno sollevato, lo stesso Sini da qualche parte aveva detto: “ma se io voglio insegnare a qualcuno a parlare, per esempio voglio dirgli che questa cosa è nera, per potergli indicare, per fare in modo che lui capisca che è nero occorre che sia già nel linguaggio, per capire il gesto, per capire “questa cosa qu”, ma siamo sicuri che sia così? Perché una macchina invece come si addestra? La macchina, il computer, prima che inizi a funzionare è un pezzo di ferraccio, non ha niente dentro, non c’è assolutamente niente, com’è che ad un certo punto incomincia a “pensare” tra virgolette, adesso non lo fanno ancora perché non sono programmati per farlo, ma lo faranno sicuramente, qual è il criterio perché, questo lo diceva Turing, per sapere se una macchina incomincia a pensare come un umano? Si mette un umano e dall’altra parte la macchina con un schermo davanti, lui l’umano non sa che è un computer, fa delle domande, fa delle cose e in base alle risposte che ottiene stabilisce che ciò che ha di fronte e non vede è un umano che gli risponde come risponderebbe un umano, a questo punto, diceva Turing, abbiamo la “certezza” tra virgolette che la macchina pensa come un umano perché non è più distinguibile. Ma dunque la macchina incomincia a funzionare perché gli si immettono delle istruzioni, gli si dice come utilizzare queste istruzioni, gli si mette dentro un sistema operativo se no come dicevo è un pezzo di ferro che non fa niente, e così anche il cervello umano, se non gli si mette dentro il sistema operativo e cioè il linguaggio, va bene solo per farci la frittura …

Intervento: si potrebbe illustrare come l’analista della parola programma effettivamente …

In questo caso non è propriamente addestrare a pensare ma a fare in modo che la macchina possa avere, e cioè il cervello umano in questo caso, come macchina, possa avere accesso al sistema operativo cioè fare in modo che il computer, che la macchina non solo funzioni cioè svolga delle operazioni in base a degli algoritmi che gli sono stati messi dentro, l’algoritmo non è nient’altro che una sequenza che consente a una macchina di riprodurre quell’operazione, sempre la stessa, ma deve fare in modo che la macchina, così come l’umano, abbia la possibilità di accorgersi di funzionare perché ha un sistema operativo che funziona in un certo modo e che tutto ciò che costruisce non sono altro che delle sequenze consentite da quel sistema operativo, cosa che le macchine ancora oggi non possono fare, ma ci stiamo avvicinando …

Intervento: …

Più che programmatori sono fisici, programmare un software del genere è tutt’altro che semplice, però per un fisico sarebbe una bella scommessa, è chiaro che nessuno fa una cosa del genere se non ha i soldi per farlo, e i soldi gli vengono dal fatto che qualcuno ci veda un guadagno e quindi la prima cosa che si pensa è l’utilizzo militare, cioè costruire delle intelligenze artificiali per poterle utilizzare, una macchina che prenda delle decisioni in base a ciò che sta accadendo, che sa perché lo fa, esattamente come farebbe un umano, un militare in quel caso, di fronte a una certa situazione sa subito come agire o si spera che lo sappia, ma la macchina lo sa sicuramente e in base alle informazioni che ha agisce immediatamente, in tempi molto più rapidi e senza indecisioni. Un problema che i nazisti avevano riscontrato  quando hanno deciso di sterminare gli ebrei, li uccidevano utilizzando dei militari tedeschi, che sparavano col fucile agli ebrei, a parte che era un sistema molto lungo e poi molti dei soldati tedeschi avevano dei problemi di coscienza, e questo creava dei problemi. Anche una macchina potrebbe avere dei problemi di coscienza se gli si immette un’informazione per cui la vita umana sia un valore. Nei film di fantascienza si diceva sempre che la prima regola fondamentale era di non nuocere all’uomo mai, per nessun motivo.

Insomma questa è una bella questione, complessa, non semplice però molto bella da affrontare in tre conferenze, per esporre una cosa del genere e per giungere poi a considerare che tutto ciò che gli umani costruiscono, i loro pensieri, sono soltanto delle sequenze, delle stringhe e che hanno l’importanza che hanno per via del valore che viene attribuito a certe stringhe e in base a delle connessioni, delle relazioni con altre sequenze, e si intende così perché una certa cosa diventa importante, diventando importante la macchina cioè l’uomo si comporta di conseguenza. A questo punto non c’è più bisogno di nessuna psicanalisi, non c’è bisogno di Freud, Lacan, tutto ciò scompare nel nulla come un’antica superstizione, come la teoria tolemaica per fare un paragone. Intervento: però potrebbe anche la macchina poi in futuro costruire problemi quando comincia a pensare …

Se è stata costruita con tutte le informazioni che hanno gli umani è inevitabile che possa avere dei conflitti, a meno che se chi ha costruito la macchina ha anche bypassato questa difficoltà, allora vuole dire che gli ha messo un comando tale per cui ha la possibilità di reperire sempre e comunque che tutto ciò che costruisce non è nient’altro che una sequenza che è possibile per via di un sistema operativo e che non significa nient’altro, il significato lo acquisisce in base ad altri giochi linguistici che non sono nient’altro che altre sequenze, solo sequenze, e che quindi il valore di quelle cose non è un valore assoluto come la verità per gli umani, come nella filosofia “l’essere”, ma la verità è soltanto un indicatore, indica che di lì si può andare perché il conseguente non nega l’antecedente ed avendo informazioni di logica sa che un’implicazione è sempre vera tranne il caso in cui sia vero l’antecedente e falso il conseguente, se no è sempre vera. Dicevo che è una bellissima cosa da esporre, va pensata bene, per giungere a considerare che non è più tempo di pensare all’inconscio, alla rimozione, alla resistenza e a tutte queste storie, la cosa è molto più semplice e se la si prende per il verso giusto, e cioè se la si affronta per quello che è e cioè un fatto linguistico puro e semplice. Ma occorre sapere come funziona il linguaggio e per sapere come funziona il linguaggio basta verificare che cosa è necessario al linguaggio per potere funzionare, per potere eseguire le sue funzioni logiche, per compiere queste funzioni ha bisogno di alcuni algoritmi che abbiamo incominciato a stabilire partendo anche dalla logica formale, utilizzando in particolare la logica dei predicati del prim’ordine e cioè le variabili individuali e proposizionali, i connettivi, qualche segno di interpunzione …

Intervento: i connettivi sono invarianti …

Certo, non possono variare, un non non potrà mai essere una e, se no non funziona più niente, d’altra parte anche una macchina, un computer funziona con i connettivi c’è la e c’è la o, se e solo se c’è il non e se gli si cambiano queste cose la macchina cessa di funzionare perché non sa più assolutamente cosa fare …

Intervento: intendere che una persona è come una macchina è stata costruita letteralmente …

Propriamente sarebbe la macchina che è come una persona, perché la precede, almeno temporalmente …

Intervento: …

Sì, e l’obiezione che fanno tutti, “le macchine sono costruite dagli uomini e non viceversa”, beh anche gli uomini sono costruiti dagli uomini e addestrati dagli uomini “la macchina si può sempre fermare, basta staccare la spina” anche un uomo, basta che gli si spari in testa e si ferma anche lui allo stesso modo.

Freud ha dato questo input, interrogare le affermazioni che si fanno tenendo conto che c’è qualche cos’altro, solo che lui questo qualche cos’altro lo aveva immaginato come l’inconscio, invece è molto più semplice: questo qualche cos’altro sono i motivi per cui si afferma qualche cosa, ma da dove viene ciò che sto dicendo, dire che viene dall’inconscio non risolve niente, sposta solo la questione, e l’inconscio da dove viene? Da ciò che è rimosso e perché si rimuove qualcosa? Perché dà fastidio, e perché da fastidio? Questo lo dice anche lui, perché va a urtare contro la morale sessuale civile ma se io non credessi nella morale sessuale civile? Non c’è rimozione e quindi non c’è inconscio. Dobbiamo veramente fondare una Scienza della parola che tenga nel dovuto conto anche la psicanalisi, il fatto che io mi sia formato come psicanalista non è irrilevante, per i motivi che ho detti prima, e cioè per questa interrogazione iniziale di Freud, poi però le cose sono andate molto oltre.