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24-8-2006

 

Qualcuno ha qualcosa da dire intorno alle ultime questioni? Stiamo parlando dell’analista della parola…

Intervento: a questo punto possiamo porre la questione della tecnica perché è importante anche il modo di intervenire… l’analista pone l’attenzione su altre cose rispetto allo psicanalista tradizionale… si tratta di intervenire rispetto alla superstizione, rispetto al luogo comune, rispetto al funzionamento dei singoli giochi linguistici, nell’ascolto da parte dell’analista c’è la struttura di un gioco e quindi si tratta di intervenire rispetto a quello specifico gioco magari in quel momento perché magari c’è un’urgenza… se c’è da sollevare una questione mi sembra questa…

Ha già qualche proposta a questo riguardo?

Intervento: la proposta è quella di confrontarsi su questo perché è come se fosse una mappa quella che stiamo elaborando, mappa che sta dando una certa direzione, il modo di proseguire il discorso che come sottolineava è quello di impedire che il discorso si arresti su qualunque cosa e quindi si tratta di trovare il modo e i termini per potere dare questo rilancio e quindi è come se si stesse elaborando una sorta di mappa molto generale e per quanto mi riguarda è come intervenire rispetto a un certo gioco e anche qual è l’effetto di ascolto rispetto a questo gioco, questo viene anche con l’esperienza, a forza di ascoltare, di riflettere… talvolta mi pongo anche la domanda se c’è la possibilità di potere elaborare un modo dell’intervento, una tecnica dell’intervento perché l’intervento è sempre particolare al discorso che si sta facendo in questo momento e quindi non è che si possa dire si fa così e poi si fa cosà ecc. chiaramente è da tenere conto di quello che è il discorso che si sta ascoltando e di come quello che si sta dicendo è inserito all’interno del discorso e quale funzione ha ecc. dall’altra tenendo conto che ciò che si dice appartiene al luogo comune verrebbe da pensare che qualcosa si possa dire proprio perché è un luogo comune, quindi non è qualche cosa di così estremamente particolare e che si possa fare un intervento per darne una descrizione di tipo generale, quindi c’è un po’ questa sorta di interrogazione “ se è possibile e fino a che punto elaborare una tecnica” che possa essere anche d’aiuto per l’analista stesso…. non è che l’analista utilizza la tecnica come una sorta di ricettario, la tecnica penso che sia qualche cosa di assolutamente vincolato a un certo modo di pensare… c’è un’interrogazione in attesa di essere chiarita…

Qualcuno vuole aggiungere qualcosa a ciò che ha detto Sandro?

Intervento: la funzione dell’analista della parola e quella del linguaggio che può considerare, pensare se stesso e occorre che l’analista della parola riesca in prima istanza a compiere questa operazione e poi direi che la tecnica a quel punto interviene da parte dell’analista della parola nel momento in cui si trova a giocare con un discorso che deve cominciare a pensare se stesso e quindi a non avere bisogno di autorizzazioni da parte dell’altro, questo è l’obiettivo dell’analista della parola, è ovvio che nel suo percorso perché possa avvenire una questione di questo genere l’analista deve essere in grado di aggiungere tutti quegli elemento che mancano, che non ci sono perché “le cose sono così ed è vero” quindi occorre portare quel discorso finalmente a poter considerare intanto che è un gioco quello che va facendo e quindi non ha nessuna necessità di essere fermato da qualche cosa “che è così perché…” perché? perché ci credo e basta e non c’è modo… quindi la capacità dell’analista quando è analista della parola quindi quando sa di essere lui un discorso fatto di linguaggio che sta funzionando, beh la tecnica verterà proprio su questo sul fare in modo che il discorso prosegua e che si aggiungano ciascuna volta degli elementi per compiere quelle catene che non sono ancora concluse, concluse nel senso che continuano a produrre la realtà e nient’altro… è difficile d’altra parte l’analista della parola è analista della parola… difficile per il modo di pensare in cui ciascuno si trova…

Intanto possiamo considerare il modo in cui noi l’abbiamo fatto, quindi considerare che abbiamo preso le mosse da qualcosa che per noi era importante, come dire: prendere le mosse da ciò che per la persona è importante, cominciare da questo, anche perché è la cosa che di fatto generalmente espone già nella prima seduta, qualunque cosa sia non ha importanza però per la persona è importante, sia quello che sia, per noi, allora, in quel periodo, ciò era importante la teoria psicanalitica, il suo fondamento, la possibilità del suo fondamento, ed essendo questa una cosa importante cercavamo di trovare conferme a questa teoria psicanalitica, in quel caso la teoria di Verdiglione e di Freud. Facendo questo e cercando di dare un fondamento a questa teoria abbiamo trovato che tale teoria era infondata, oltreché infondabile, ma abbiamo potuto compiere questa operazione perché per noi era importante una cosa del genere. Cosa significa importante? Che si immagina che questa teoria possa rendere conto di moltissime cose, quindi rispondere a molte domande, in definitiva si tratta di questo, e quindi ci siamo attenuti, anche senza saperlo allora, al modo in cui il linguaggio funziona e cioè ritiene importante ciò che gli consente un maggior numero di aperture, ciò che consente un maggior numero di proposizioni che concludano con un’affermazione vera. Ora per ciascuna persona c’è qualche cosa che è importante, importante per quella persona si intende, per altre persone è totalmente indifferente, vale a dire quella cosa a partire dalla quale è come se interpretasse in un certo senso il mondo che la circonda. Dunque serve a interpretare il mondo, certo talvolta può non essere facile individuare di che cosa si tratta anche perché può essere mascherato dietro altre cose, però in un’analisi è sicuramente più semplice perché è, come dicevo prima, la questione che viene posta fin dalla prima seduta, la persona già espone ciò di cui si tratta cioè qual è il problema, per dirla in breve, e allora una volta che ha esposto il problema non si tratta tanto di risolvere il problema, cosa che verrà da sé, ma riuscire a intendere perché è importante per quella persona. Per quale via questo problema è diventato la fonte preferenziale per la costruzione di parole, di racconti, e quindi si tratta di intendere perché è un problema. Supponiamo che, come talvolta accade, una persona dica che nessuno la ama. Allora si tratta di intendere perché questo costituisce un problema, in questo caso l’essere amati è la premessa generale cioè “essere amati = bene” tutto ciò che non è questo allora è male. Premessa generale che non viene mai considerata dalla persona, viene data come qualunque premessa generale come ovvia, come naturale, come la realtà delle cose, e come sappiamo la realtà si instaura quando si instaura il linguaggio, prima non c’è nessuna realtà. Per la persona il fatto di non essere amata è una realtà e ritiene che se invece fosse amata allora sarebbe felice, cosa che non va affatto da sé naturalmente, ma dicevo che non è così automatico che debba essere un dramma, però per la persona funziona come un criterio generale, è il criterio di verità, la condizione della felicità e anche, il più delle volte, il modo attraverso il quale interpreta l’universo senza che se ne renda conto, ma una cosa del genere pilota la sua esistenza, tutto il suo modo di pensare, le cose che fa, anche il suo orientamento politico, anche se potrebbe apparire strano però orienta anche questo, tutta la sua vita ruota intorno a questo all’idea che se si è amati allora tutto è felice e quindi si debba essere amati e che se questo non si verifica allora è una tragedia. Ciò che occorre che l’analista faccia è incominciare a interrogare questo assunto generale, dopo che la persona avrà esposto tutte le sue ragioni e cioè tutte le motivazioni delle quali si avvale per mantenere in piedi una cosa del genere, quando l’avrà esaurite allora incominciare a interrogare una cosa del genere, però interrogare questo non è semplicissimo perché per la persona è la realtà dei fatti, delle cose e quindi non è interrogabile, le cose stanno così, è una cosa ovvia, come si fa ad interrogare una cosa ovvia? Cosa c’è da dire se non che è così e tanto basta. Allora si utilizza quel sistema, quella tecnica direbbe Sandro, di cui parlavo forse qualche tempo fa e cioè incominciare ad accogliere le “verità” fra virgolette che espone la persona ma mostrando che altre verità possono trarsi dalle stesse premesse, ché è vero quello che dice, ma è vero anche quest’altro, e questo comporta un’aggiunta e insieme con l’aggiunta uno spostamento. Si incomincia a fare intravedere alla persona che forse ci sono più cose in ciò che dice di quanto immaginava che ci fossero, e questo ci è utile per ciò che seguirà. Tornando alla persona che ha paura di non essere amata, ad esempio, questa avrà già esposta una serie di motivi per cui, in modo più che legittimo, teme di non essere amata, per esempio: ha un brutto carattere o non è simpatica abbastanza o tutte le altre persone sono migliori di lei o nessuno la capisce… ci sono una serie di cose che si possono anche catalogare, anche in ordine alfabetico se volete. Ora prendete una di queste, una qualunque, per esempio il fatto di non essere sufficientemente simpatica, non è che si tratti di negare una cosa del genere dicendo alla persona che non è così, si può anche fare ma non modificherà un granché, anche perché sicuramente cose del genere già molti altri gliele hanno dette, però a questo punto possiamo domandare alla persona a quali condizioni qualcuno è simpatico, sicuramente a questa persona qualcuno sarà simpatico si presume, che cos’ha dunque questa persona perché risulti simpatica? Cioè incominciare a capire che cos’è per la persona la simpatia, l’idea di simpatia, cosa veniamo a sapere con questo? Alcune cose che riguardano un ideale che ha questa persona e rispetto al quale ideale si sente mancante, deficitaria, e questo ci è utile per una serie di motivi, il primo è che ci indica immediatamente ciò che la persona vuole, vorrebbe avere per sé ma non ha, secondo potrebbe anche indicarci il motivo per cui non ce l’ha, perché pensa di non averlo, se pensa di non possedere questa virtù che rende le persone simpatiche è perché attribuisce a questa virtù un valore particolare, si tratta allora di sapere perché questa virtù ha un valore particolare, cioè perché per la persona che ci sta parlando rappresenta un valore e tutto questo mano a mano che il discorso procede porta noi e la persona che sta parlando a intendere che cosa ha costruito questo valore. Questo passo è importante, accorgersi che questo valore di cui la persona parla non è un valore assoluto ma una sua costruzione, qualcosa che lei crede, quindi riuscire a intendere come si è costruito, se si riesce a fare questo si è fatta una cosa importante e anche notevole. Come diceva giustamente Beatrice può non essere semplice, anche perché la persona farà di tutto per opporsi a una cosa del genere, questo lo sappiamo perfettamente, perché il timore della persona, anche se non è avvertito in modo così esplicito, è di perdere questo valore perché tale valore è ciò che consente alla persona di vivere, letteralmente, vivere cioè costruire discorsi, racconti, proposizioni, storie, sogni, immagini, in definitiva ciò che la fa esistere e quindi si opporrà. Il percorso più rapido è quello di sostituire ciò che per la persona è un indiscutibile valore con un altro, ma tutt’altro che semplice, una persona generalmente non abbandona le proprie superstizioni, non lo fa a nessun costo, quali sono le superstizioni di una persona? Tutte quelle cose che la persona non reputa tali ma appunto, come dicevo all’inizio, la realtà. Questa è la difficoltà del lavoro che ci appartiene: fare in modo che la persona perda le sue superstizioni, direi che è la difficoltà più grossa ed è tale perché la persona non vuole abbandonare le proprie superstizioni. A quali condizioni incomincia ad abbandonarle? A quali condizioni un discorso abbandona una direzione per un’altra? O quando rileva che la direzione è falsa, allora la abbandona immediatamente, oppure quando rileva che un’altra direzione offre maggiori aperture cioè maggiori possibilità di parola, allora abbandona la precedente a vantaggio della seconda, oppure quando la direzione si esaurisce, vale a dire quando non offre altri sbocchi, l’esempio più comune che facciamo è quello dei giochi infantili, è una direzione che mano a mano si esaurisce, si modifica magari, ma un adulto non gioca più con i soldatini. Ora quali delle tre vie si prenda potrebbe essere indifferente, l’importante è che almeno una funzioni: che risulti essere falsa è cosa molto difficile, che si esaurisca è cosa più probabile, oppure si trovi una che abbia sbocchi più ampi e anche questa è possibile, ma se non si verifica almeno una di queste tre possibilità è difficile che la persona abbandoni le proprie superstizioni, cioè abbandoni il proprio gioco preferenziale, ci sono le stesse probabilità che un fondamentalista islamico abbandoni la sua religione o un tifoso di calcio abbandoni la sua passione, qualcosa del genere, non lo farà, d’altra parte perché dovrebbe farlo? È la direzione che gli offre il maggior numero di possibilità di parola e quindi non lo farà, è il motivo per cui generalmente non si avvia un’analisi se non per un malanno, per un acciacco, ma è difficile che qualcuno inizi per una curiosità intellettuale, accade fortunatamente però è raro. Perché qualcuno avvii un’analisi per una curiosità intellettuale occorre che i giochi che fa comunemente non siano più così importanti, così interessanti, cioè si stiano esaurendo, ecco che allora cerca qualcosa di più forte, di più interessante, di più importante e allora può trovarsi in questo frangente. Uno degli scopi delle conferenze, e per questo l’aspetto retorico è fondamentale, è mostrare alle persone che questo gioco potrebbe essere, se praticato, di estremo interesse e comportare una quantità di aperture quindi avere una giocabilità infinita perché costruisce sempre nuove direzioni, nuove proposizioni. Il proprio discorso è sempre la cosa, comunque, più interessante, più importante anche se le persone non se ne accorgono perché immaginano che il proprio discorso sia soltanto un mezzo che ha come referente qualcos’altro che discorso non è, ma tutto è costruito dal discorso, come ho detto prima, la realtà incomincia ad esistere nel momento in cui esiste il linguaggio, con tutto ciò che questo comporta, prima non c’è nessuna realtà, dopo sì, ma quale? Beh quella che per ciascuno funziona in questo modo ovviamente, dopo incominciano i giochi linguistici con le loro regole e queste regole sono generalmente quelle cose che vengono scambiate per la realtà delle cose. È indubbio che ciò che andiamo dicendo e facendo e ancora straordinariamente difficile, forse a questo punto si potrebbe scrivere un testo “La sovversione della Psicanalisi” che è equivoco perché questo “della Psicanalisi” può essere una determinazione oggettiva o soggettiva, se è una determinazione soggettiva allora è la psicanalisi il soggetto che sovverte tutto quanto, se invece è una determinazione oggettiva allora la psicanalisi subisce la sovversione, cioè noi sovvertiamo la psicanalisi. L’equivoco può essere interessante perché tanto facciamo entrambe le cose quindi non ci preoccupiamo…

Intervento: la questione della curiosità intellettuale, la questione principale da sfatare è che ci si avvicini alla psicanalisi attraverso la premessa del disagio perché chi inizia la psicanalisi si trova a vivere una certa situazione di disagio inteso in senso negativo… rimane forte questo pretesto per l’avvio una situazione di disagio forse la cosa più interessante…

Il malanno dovrebbe essere il caso limite, l’analisi dovrebbe essere per le persone che, come si suole dire, stanno bene, ma hanno bisogno di difendere continuamente le loro verità da nemici interni ed esterni, facendo guerre, risse, oppure subendo, distruggendosi il fegato, tutte queste persone avrebbero l’opportunità di vivere in modo straordinariamente più leggero, senza avere più paure. Chi crede in qualche cosa ha delle verità da difendere, da proteggere, e allora è inevitabile che scateni guerre, magari non necessariamente combattute sui campi di battaglia, ma guerre contro qualcuno che…

Intervento: è interessante la questione della curiosità intellettuale perché in effetti si può intendere benissimo il fatto che una persona possa quantomeno trovare della insoddisfazione rispetto ai giochi che sta facendo e quindi da lì cercare il pretesto per avviare il percorso…

Certo, noi mostriamo la via per intendere perché le persone pensano le cose che pensano, e il problema sta nel fatto che le persone immaginano di pensare delle cose perché corrispondono alla realtà e quindi non c’è nessun problema, per esempio “non sono io che ho costruito una certa cosa ma è quella persona che mi vuole male”, senza accorgersi delle implicazioni, delle complicità, delle incredibili costruzioni che le persone fanno pur di avere argomenti per continuare a parlare. E in effetti a cosa serve una psicanalisi? A sapere perché una persona pensa le cose che pensa, per quale motivo le pensa e questo comporta ovviamente che queste cose che pensa non siano agganciate alla realtà ma che al contrario la realtà sia costruita dalle cose che pensa, per cui la realtà è fatta in un certo modo perché si pensa in un certo modo, questo è l’ostacolo maggiore, d’altra parte ciascuno è stato addestrato fin dai primi vagiti a pensare così, non è facile smantellare una cosa del genere…

Intervento: qualsiasi testo che si legga dai più sofisticati alle storie di Paperino c’è questa superstizione che il linguaggio sia qualcosa di “fuori di me” in qualche modo qualche cosa che io posso anche descrivere, io, ieri parlavo del principio di non contraddizione e parlavo delle critiche che vengono fatte ai vari filosofi che hanno parlato dell’esistenza, per esempio, della cosa in sé, qualsiasi testo pensa che il principio di non contraddizione sia qualcosa che uno può accogliere o non accogliere, senza accorgersi che il principio di non contraddizione sta operando in quello che ciascuno sta dicendo…

D’altra parte nessuno lo insegna, e chi potrebbe insegnarlo se nessuno lo sa?

Intervento: nessuno ha insegnato a chi scrive testi sofisticati che sta parlando…

È qualcosa che non si insegna perché nessuno lo sa e quindi nessuno può insegnarlo ovviamente, questo rende le cose più difficili, cionondimeno è quello che facciamo…

Intervento: l’unica curiosità riguarda la sostanza della verità… pensare è impedito perché nessuno lo sa…

Infatti l’analista della parola è colui che non può non pensare il proprio pensiero continuamente e cioè porsi ininterrottamente, automaticamente, la domanda: perché sto pensando le cose che penso, a che scopo? Può darsi che ci sia un ottimo motivo ma questo non esime dal chiederselo, dal porre la questione vale a dire tutto ciò che io penso non ha nulla, non ha nessun altro referente se non altri pensieri, questo in definitiva ed è la cosa più ardua…

Intervento: stavo pensando a quello che ripetete sempre che al di là di tutto c’è sempre il linguaggio…

Sì, perché è la condizione perché tutte queste cose che dici, le credenze, le superstizioni, la speranza, i sentimenti, le emozioni, tutto questo possa esistere, ecco perché ne parliamo spesso, e quando un giorno sarai analista, quel giorno non potrai non pensare il tuo pensiero continuamente, poiché sarà diventato un automatismo. Pensare il proprio pensiero significa avere sempre presente una domanda e cioè perché stai pensando le cose che pensi? A che scopo?

Intervento: (pensare al pensiero…

In un certo senso è così, ma questo comporta l’avere sempre presente e non potere non averlo una questione importante, e cioè qualunque cosa tu pensi la pensi unicamente perché il linguaggio deve proseguire, questo è l’unico scopo, poi per proseguire ovviamente costruisci una serie di giochi ed ecco che allora si frammenta in mille rivoli e sembra di pensare certe cose per ottenere un certo scopo, per raggiungere un certo obiettivo ma l’obiettivo che ha il linguaggio, ed è l’unico che ha, è soltanto quello di proseguire se stesso: tutto ciò che gli umani hanno costruito da quando esistono fino a questo istante, tutte le loro ansie, speranze, paure, emozioni, sensazioni, progetti, tutto questo è stato costruito dal linguaggio al solo scopo di proseguire se stesso, non c’è nient’altro…

Intervento: in un certo modo gli umani percepiscono questo…

In un certo modo le domande sul senso della vita hanno ha a che fare con questo…

Intervento: sembra quasi per esempio che una relazione debba finire… quando c’è qualche cosa che blocca, che arresta il linguaggio gli umani avvertono che c’è una sorta di morte…

È vero quello che dice, questo potrebbe essere un argomento da usare nelle conferenze. Quand’è che si rompe un’amicizia? Quando si oppongono due verità e della cosa non si può parlare, non si può risolvere, o perché non c’è la volontà di farlo oppure perché effettivamente le due verità sono talmente salde e opposte che non c’è possibile intesa, e allora, così come accade in più ampie circostanze, si scatena una guerra e non si può più parlare con la persona perché questo problema diventa prioritario su tutto, tutto il resto non ha più nessun valore, come nel caso dell’innamoramento dove l’unica cosa che acquista valore è l’innamoramento stesso o la persona amata, tutto il resto passa in subordine, o ancora nella depressione, succede la stessa cosa, qualcosa che è prioritario cioè la cosa che vale di più, per questo andiamo dicendo da anni che sarebbe preferibile che non ci fossero i cosiddetti valori che invece gli umani cercano, perché tanti valori ci sono tante sono le occasioni di guerra. Senza fede non c’è guerra santa, non c’è guerra di religione, la guerra di religione è la guerra che contrappone una verità ad un’altra: il mio dio è vero e il tuo è falso.