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24-6-1999

 

Il gioco di parola non è nient’altro che la messa in atto delle regole per cui esiste.

Il gioco è la messa in atto delle regole per cui esiste

Linguaggio la formazione di proposizioni di esclusione di combinazioni

 

Interventi sul come proseguire la pubblicità sul discorso in cui ci troviamo.

Allora dicevamo la volta scorsa del gioco,  che cos’è il gioco? intanto per rispondere a questo quesito incominciamo dal dizionario etimologico, per esempio il Zanichelli che è un buon dizionario.

Gioco: ogni esercizio compiuto da fanciulli o adulti  per ricreazione, divertimento o sviluppo di qualità fisiche o intellettuali, attività agonistiche, competizioni. (queste definizione risultano  un po’ ideologiche che il gioco sia soltanto l’aspetto ricreativo, una forte connotazione ideologica)  gioco etimo letteralmente gioco di parola, facezia.

Ioco gioco di parola e ludum che invece e gioco di azione… derivati ecc…

Quindi rispetto al gioco non troviamo nulla che abbia qualche interesse tranne questo riferimento etimologico che indica nel gioco il gioco di parola che distingue dal ludo, che sarebbe il gioco d’azione, l’aspetto ludico, quindi come sempre accade il dizionario non ci è utile in nessun modo, quindi dobbiamo inventare una nuova definizione (…) sì abbiamo visto  anche altri per esempio il Devoto, intendono l’attività scherzosa,  ricreativa, svolta. Gioco però come gioco di parole è il modo in cui le parole giocano, ma perché ci sia gioco cosa che sfugge ai dizionari, ed è la condizione fondamentale, che ci siano delle regole, quindi il gioco non è nient’altro che la messa in atto delle regole per cui esiste, questa è la definizione più esatta di gioco che possa formularsi, la messa in atto delle regole, che lo fanno esistere, questo è importante perché sbarazza tutto ciò che riguarda l’utilità ricreativa, di nessun interesse la questione dell’utilità ricreativa, o il divertimento. Posta la questione in questi termini, cioè del gioco come messa in atto delle regole per cui esiste, è chiaro che qualunque cosa è mossa da regole, anche l’esempio che faceva il devoto giochi d’acqua. I giochi d’acqua cosa sono? La messa in atto delle regole di cui è fatto questo gioco, cioè una serie di operazioni, in qualunque circostanza,   questa definizione è applicabile ed è la più generale e non risulta negabile in nessun modo, perché se si toglie questo al gioco il gioco cessa di esistere, non è più niente se non si attiene alle regole di cui è fatto, non abbastanza perché il dizionario non ne fa menzione, dunque la questione del  gioco va posta nei termini proprio così, preciso  da qui occorre cominciare a costruire un’argomentazione intorno al gioco e cioè mostrare come ciascun atto o meglio in ciascun atto vi sia del gioco, gioco linguistico, perché se, come abbiamo detto il gioco non sia altro che al messa in atto di queste regole, c’è come si diceva tempo fa c’è una sorta di gioco che costituisce la struttura su cui si basa necessariamente qualunque altro tipo di gioco, questo tipo di gioco di cui stiamo parlando è il gioco linguistico, poiché ciascun gioco necessita di regole e poiché qualunque regola si costruisca è costruita attraverso  una struttura che è quella linguistica, in quanto il gioco essendo costituito da regole di esclusione, è costituito da implicazioni, se questo allora no, se c’è quest’altro allora sì, come il computer, se vai di qui sì,  se vai di là no, sì-no/ buono- cattivo ed essendo ancora le regole inferenziali una procedura linguistica, ne segue inesorabilmente che per costruire una qualunque regola è necessario il linguaggio, da cui segue ancora necessariamente che qualunque gioco ha come condizione il linguaggio, questo è il tipo di argomentazione che potete fare per mostrare come qualunque gioco, di qualunque tipo e per qualunque motivo lo si faccia questa ha come condizione il linguaggio. Avendo come condizione il linguaggio, qui possiamo utilizzare argomentazioni già svolte, questo qualunque gioco di cui si tratta terrà conto delle condizioni che lo fanno esistere? Oppure no? Necessariamente, visto che esiste attraverso queste condizioni, per cui qualunque gioco si inventi o si faccia, questo gioco necessariamente è vincolato alla struttura del linguaggio, come è vincolato? È vincolato dalle procedure ed è vincolato dal fatto che qualunque regola è costruita attraverso un sistema inferenziale, di esclusione e attraverso l’implicazione soprattutto, se A allora B oppure se A allora non B. Ma dobbiamo ancora precisare una questione a questo quesito, qualunque cosa accade è un gioco linguistico? cosa risponderebbe d’acchito? (d’acchito risponderei di sì perché per qualunque cosa io dica si danno delle regole) e qualunque cosa io faccia? (…) io sposto questo posacenere e lo metto lì,  è un gioco linguistico? perché? Adesso lo sposto (qualsiasi movimento è un atto linguistico non può non esserlo)  saprebbe provarlo? Oppure lo dà come principio primo? (…) ha letta la Seconda Sofistica? Perché lì ci sono delle indicazioni per rispondere a questo quesito (deve essere una affermazione e quindi dico che è un gioco linguistico non è detto che sia un gioco linguistico, se io non lo voglio giocare, non lo voglio accogliere) allora c’è, almeno un gioco che non è un gioco linguistico.             Ciascuna affermazione bisogna provarla in modo inconfutabile, se no sembra quasi uno slogan, può dunque una qualunque cosa essere fuori dal linguaggio? Accordiamo per il momento che la risposta sia no, abbiamo provato in un paio di circostanze e non lo rifaremo in questo momento se no perdiamo tutta la nottata, se qualunque cosa è linguaggio allora se parlo di gioco linguistico mi riferisco ovviamente al giocare delle parole, al giocare delle parole mosse dalle regole, che abbiamo visto in altre circostanze essere necessarie, strutturali all’atto di parola, senza regole non funziona e ciò che si attiene alle regole e anzi ciò che mette in atto le regole e le pone in essere si chiama esattamente gioco, che è quella serie di operazioni determinate da regole, così l’abbiamo definito ora qualunque gioco si giochi, questo gioco è determinato da regole, e queste regole sono in prima istanza regole linguistiche e senza queste nessun gioco potrebbe farsi. Per questo parlare di un gioco che non è linguistico, è come dire che esiste un gioco che non ha come condizione il linguaggio per potersi fare, è mosso da regole che sono fuori dal linguaggio, quali? (regole fuori dal linguaggio, soltanto dio può dare queste regole) no, posso farlo anch’io e meglio di lui, solo che facendolo costruisco un discorso che non è negabile, non negabile perché ponendo una qualunque cosa fuori dal linguaggio questa non è sostenibile, non è né sostenibile né non sostenibile, se non è nel linguaggio, ora detto questo ci resta da compiere un altro passo cioè quello di porre una distinzione tra (se c’è) tra il gioco inteso in accezione strutturale come gioco linguistico e i vari giochi che possono crearsi dal nulla, io posso rivoltare un gioco di qualunque tipo, far rotolare questo posacenere fino a laggiù, le regole le do io per esempio deve essere lanciato con due dita della mano sinistra, e a 17 cm dal suolo, e senza rincorsa cioè di regole uno può inventarsene quante ne vuole, basta che metta delle limitazioni, basta limitare le possibilità di movimento (basta che io sappia che sono regole, no basta che tu dica di saperlo ma che tu lo dica e il fatto che tu lo dici sia implicito…)

 una regola tuttavia che è ignorata da tutti non è nulla, (se io gioco da solo) non è ignorato da te, c’è almeno una persona per cui questa regola  è tale se no, occorre che ci sia una persona per cui questa regola valga, almeno uno se non c’è almeno quella questa regola non c’è, non c’è niente (…) senza limite non c’è gioco perché il limite è la regola, che limita una serie di possibili movimenti, azioni, numeri, (anche la poesia è un gioco, perché il parlare è un gioco) saprebbe dirmi perché? (…) il fatto che se io le chiedo cortesemente di darmi una sigaretta io escludo altre cose, per esempio le chiedo quanti anni ha l’elefante, perché lo esclusa? Perché le regole mi impongono di escludere certe combinazioni linguistiche, così come il poker esclude altre combinazioni di carte, già. (che io parli di una cosa esclude che io parli di un’altra cosa) brava esattamente funziona così. Il linguaggio già De Saussure, notava che nel linguaggio non vi sono se non differenze, non ha torto perché il linguaggio non è altro che una serie di regole di costruzione e di esclusione, questo nient’altro che questo, regole di esclusione e di costruzione, formazioni di proposizioni di  esclusione di combinazioni, questa è la definizione di linguaggio la più precisa che abbia mai trovato, e quindi è questo che lo accosta al gioco, che fa del linguaggio un gioco in atto perché è una continua esclusione e questa esclusione è data da regole di esclusione, per cui se dico domani ci vediamo alle sette non sto dicendo che oggi è stata  una bella giornata, dico un’altra cosa perché? Ci sono delle regole di esclusione che mi fanno escludere la seconda proposizione, come inservibile per l’uso che io ne voglio fare, e se voglio che ci vediamo domani alle cinque, se dico che oggi è una bella giornata, domani non ci vediamo alle cinque. Regole di esclusione dunque, la regola è un’esclusione. Come utilizzare tutto questo nell’ambito del discorso che stiamo facendo e anche in ambito retorico, costruire un discorso un’argomentazione molto semplice intorno al gioco perché a partire dal gioco forse è possibile compiere quell’operazione di cui diceva Cesare e cioè cominciare passo dopo passo a fornire strumenti per addestrare le persone ad accorgersi in atto che esiste il linguaggio, primo passo, (il gioco è qualcosa di separato che fa l’uomo quando parla) vedete anche così di sguincio (sarebbe il passaggio laterale tangente ad un oggetto) definizione dal Devoto di sguincio:  dal toscano conformazione obliqua, conformazione ad angolo ottuso di una struttura murale, allora utilizzare la definizione intorno al gioco, forse mostrare ciascun atto all’interno di un gioco può risultare più semplice e più efficace, forse però bisogna valutare, il punto essenziale era reperire una definizione il più possibile precisa di gioco e soprattutto non negabile, così come facciamo spesso creiamo la definizione che non può negarsi se no, questo termine non può più essere utilizzato, se neghiamo che il gioco sia l’esecuzione in atto di regole, non possiamo utilizzare il gioco e dimostrare come il gioco sia un gioco linguistico strutturalmente, questo è stato l’aspetto primario, poi vediamo se è possibile utilizzare un’argomentazione del genere, per ciò che si diceva, è da verificare, l’altra volta ci chiedevamo perché gli umani giocano, abbiamo risposto perché non possono non farlo, è la risposta più sensata, non possono non farlo per lo stesso motivo per cui non possono non parlare, non possono non pensare, non possono cioè trovarsi fuori dal linguaggio, il quale è costruito in modo tale per cui ciascun significante è connesso a ciascun altro, da regole di esclusione  e di formazione… (la competizione perché non si fermi il gioco) sì solo che ciò che sfugge è che si tratta di un gioco linguistico e che è per una struttura linguistica che questo avviene,  come diceva Elisabetta è assetato di potere, sta ponendo in atto un gioco e lo sta compiendo per il solo piacere di giocare, dicevamo che gli importa fino ad un certo punto né del potere né del denaro ma soltanto per battere l’avversario, è una sfida ciascuna volta, contro altri (lunedì ci siamo interrogati sul termine gioco ) (perifrasi – peri intorno,  para – quasi quindi la perifrasi fa un giro di parole, la parafrasi dice altre cose, cioè usa un altro discorso, un analogia, l’analogia è una parafrasi, l’allegoria una perifrasi) (un’affermazione che mi  sono trovata a fare che nel gioco è contenuto il piacere, perché se io uso gioco, qualsiasi gioco io possa fare, comunque è implicito è inerente il piacere) implicito vuol dire che è implicato necessariamente, mentre inerente non è implicato necessariamente ma accidentalmente (è un po’ la questione del proprio, ciò che fa del gioco il gioco per cui io mi trovo a parlare del gioco questo implica il piacere) l’aspetto ludico sì, occorre che nelle conferenze ci sia non solo il gioco ma anche il ludo, cioè l’aspetto movente, divertissement, (perché non va da sé che si parli di gioco e non di un qualsiasi altro termine) (potremmo aver inventato anche un altro termine) (se usiamo questa parola come l’abbiamo imparata, parlando io non posso escludere il piacere) se con piacere intendiamo ciò che abbiamo definito tempo fa rispetto al linguaggio, definimmo il piacere se non vado errato come il raggiungimento dell’obiettivo del linguaggio, il quale obiettivo è la sua prosecuzione, non è nient’altro che questo… (per questo noi giochiamo sempre giochi  nuovi…) perché, adesso le pongo un quesito, perché i bimbi in tenera età, adesso non so se le sarà capitato, chiedono che venga loro raccontato una certa storia infinite volte e deve essere sempre esattamente la stessa e si accorgono immediatamente se si inseriscono delle varianti, la ripetizione apparentemente dell’identico, ed è palesemente un gioco, perché? Un esempio questa del bimbo, ce ne sono moltissimi come la messa, il rito che si compie sempre immutabile. Sì (come una cadenza) è un quesito che le pongo per giovedì prossimo lei verrà qua e risolverà il problema. Va bene grazie e buona notte.