23-12-1999
Visto che è natale diciamo due o tre cosette
fondamentali. Qual è la questione su cui ci siamo soffermati la volta scorsa?
Dicevamo che la psicanalisi e noi stessi in parte abbiamo considerato che il
discorso, un qualunque discorso fosse
come mosso da un’intenzione, si diceva forse a proposito del discorso isterico,
che avesse come obiettivo l’eliminazione della responsabilità nel suo discorso,
e avevamo considerato che questa posizione forse non era un granché
soddisfacente perché questa intenzione evoca la nozione di inconscio di cui
abbiamo detto varie volte, l’inconscio come un qualche cosa che pilota il
discorso, c’è ma non si vede, ora da sempre gli psicanalisti sono stati indotti
a pensare che un qualche cosa all’interno del discorso funzionasse in modo da
dirigerlo di volta in volta da una parte o dall’altra, noi abbiamo posto molte
obiezioni a questa nozione di inconscio, perché assolutamente ingiustificata
cioè è giustificabile ma non è sostenibile,
non può essere in nessun modo provata ma
soprattutto può essere negata assolutamente in qualunque modo da chiunque mentre ciò che andiamo facendo
occorre che non sia negabile, dunque la nozione di inconscio non ci serve a
niente, come qualunque altra dire che il discorso è pilotato dall’inconscio o
pilotato da dio la struttura non è
molto differente, ciò nonostante gli psicanalisti si sono accorti
che molte persone sembrano comportarsi
in un certo modo come se effettivamente il loro discorso fosse pilotato, però
abbiamo aggiunto che non si tratta propriamente di pilotare il discorso ma una
questione logica e cioè se io muovo unicamente da una o alcuni assiomi, per
esempio, allora sono costretto visto che quelli sono gli assiomi, a concludere
in un certo modo e non in un altro molto più semplicemente, ora quindi un
discorso procede unicamente da questo dagli assiomi che sono le superstizioni,
possono essere credenze o possono essere altre cose, nel mio caso questo
assioma è quello che mi costringe ad accogliere soltanto ciò che appartiene al
linguaggio, e quindi muovendo da questo assioma sono costretto a, per esempio,
a non credere in dio e insieme con questa cosa a non credere in infinite altre,
ora a questo punto non possiamo più parlare di, per esempio, un discorso
isterico che punta a eliminare la responsabilità, adesso faccio questo esempio,
ma siamo costretti a dire che questo non è l’obiettivo ma un effetto, ché il
discorso isterico non desidera niente, non ha nessun obiettivo, l’unico
obiettivo che ha il discorso e quindi il linguaggio è quello di proseguire se
stesso, nient’altro che questo, il discorso isterico non ha nessun obiettivo,
né quello ossessivo né nessun altro….perché non ha nessun obiettivo? O più
propriamente (quindi nessuna intenzione?) no, nessuna intenzione che travalichi
ciò che enuncia, è chiaro se dice io voglio fare questo, questa è l’intenzione
va bene, ma il suo discorso non nasconde dell’intenzione, non nasconde una (qui
arriviamo al dunque) un’altra scena, non nasconde niente, l’intenzione non
nasconde niente, (cioè è in atto in quello che fa) sì, la questione che si
poneva tempo fa, se a fianco al
discorso corresse parallelamente un altro, va seriamente messa in discussione.
Ponetevi le domande che io suggerisco di porvi sempre quando riflettete in termini teorici, come lo so? Ché potrebbe
essere in tutt’altro modo? Se sì questa affermazione non significa niente, se
no, come lo so? (in altro modo ma se io dico che è implicito?) cosa vuol dire
che è implicito? (contenuto in quella proposizione che sto dicendo) sì come
contenuto, nel senso che è deducibile? Se è deducibile allora è deducibile da
certe premesse, da certi assiomi, e quindi può essere reperito, se no, se non è
deducibile da questi assiomi allora affermare che è dentro lì, è
un’affermazione assolutamente arbitraria, ché io a questo punto posso metterci
infinite altre cose, anche l’anima perché no? È implicito. Ciò che sto dicendo
è che ci basiamo unicamente di ciò che è deducibile è inferibile dagli assiomi
da cui il discorso muove perché è
l’unico elemento di cui disponiamo, ora questi assiomi non sono
immediatamente evidenti, possono anche non ci interessa se sono già
presenti, se sono impliciti, non ci
interessa sapere se sono impliciti, ci interessa costruirli, come dire che le
condizioni per potere affermare ciò che stai
affermando sono necessariamente queste, nient’altro che queste, e quindi
condizioni linguistiche e logiche, sintattiche, grammaticali, solo queste
(questi assiomi non sono impliciti ma sono quelli che io affermo, che decido?)
sì, sono quelli che il discorso costruisce come premesse necessarie per potersi
fare, se io dico una certa cosa per poterla dire è necessario che creda una
certa altra cosa, se io sono convinto che mollando questo affare qui questa
cadrà allora per esempio è implicito in ciò che sto affermando che io credo
nella legge di gravità, necessariamente (mi pareva che questi assiomi per cui
per esempio, se gioco questo gioco che come assioma ha “nulla è fuori dalla
parola” questa proposizione non è implicita in quello che dico ma tiene conto
nel senso che la produce questa proposizione) possiamo accoglierlo nel senso di
una funzione ricorsiva cioè può sempre tornare al punto di partenza (come dire
che sempre produce questa proposizione) è sempre presente cioè in qualunque
momento è riproducibile (è come una regola) così come se uno mi chiede come mi chiamo glielo dico
subito anche se non è che tutto il
giorno penso a questa storia però è presente allo stesso modo questo assioma (è
automatico) quindi nessuna altra scena, non possiamo farcene niente di questa
nozione, quest’altra scena è un’affermazione assolutamente arbitraria e un po’
mistica anche (è stata usata a scopo descrittivo) mi sembrava che fosse
tutt’altro che a scopo descrittivo, è usata come categoria e non grammaticale
quindi la cosa si fa ancora più semplice, in un certo senso come dire il
discorso è pilotato unicamente da assiomi che lo sostengono e questi assiomi lo
indirizzano a costruire delle cose che può costruire, certo partendo da alcuni assiomi è possibile costruire
un’infinità di discorsi e la persona
non ne costruisce infiniti ne costruisce alcuni, questa potrebbe essere
un’obiezione, perché alcuni e non altri? Perché si associano alcune parole e
non altre? Questo sembra andare a favore di chi sostiene l’inconscio ma non è
affatto una prova dell’esistenza dell’inconscio proprio per nulla, supponete di
avere un assioma, uno qualunque ora questo assioma produce delle altre parola,
essendo un atto linguistico, letteralmente produce delle altre parole, la
questione che stiamo ponendo noi adesso è: quale? E cioè in ambito retorico
chiaramente dobbiamo sostenere il fatto che queste parole che si producono non
sono pilotate da altro al di fuori del discorso, allora consideriamo bene la
questione che questo è un aspetto fondamentale, innanzi tutto che cosa ci
stiamo chiedendo chiedendoci questo, e cioè
perché una parola ne produce un’altra particolare e non una qualunque
o come sappiamo che questa che produce
non è una qualunque? Non è una qualunque perché intanto deve essere connessa
con l’assioma da cui è partito, questo già questa è una restrizione, però
nell’ambito delle possibilità mosse dall’assioma sappiamo sono numerosi i
discorsi che possono farsi, le parole che possono farsi, ma dunque io credo una
certa cosa, un certo assioma, questo assioma produce delle parole, fino adesso
sappiamo soltanto che queste parole sono connesse con l’assioma, nient’altro che questo, ora il fatto che da
un certo assioma io produca un discorso che è un altro pare essere connesso al
fatto che un certo assioma o meglio la particolarità di un certo assioma, se
una persona afferma io credo in dio, possiamo porlo come un assioma, questo
assioma non è necessariamente identico
a quello di un'altra persona che afferma la stessa cosa, ciò in cui crede è
assolutamente specifico, il modo in cui crede ciò che lui intende, ciò che lui
immagina non è uguale a quell’altra
persona la quale pur tuttavia afferma anche lui di credere in dio, quindi il
modo in cui è costruito questo assioma è ciò che deciderà le parole che
seguiranno, cioè la specificità di
questo assioma che è reperibile, è reperibile lungo l’analisi per esempio è
possibile sapere che cosa una
persona intende esattamente dicendo quel rinvio cioè quali altri discorsi
sono connessi, qual è la specificità di questo assioma, cioè tutte le
restrizioni poi di questo assioma, sappiamo che la parola non è fatta d’altro
che di regole di esclusione e di formazione, e cioè che cosa questo assioma
esclude, ed escluderà moltissime cose
che altri assiomi, la persona che afferma la stessa cosa invece non escludono
affatto, e quindi ciò che lui affermerà in seguito a questo assioma è
assolutamente differente da ciò che affermano altri, e quindi il suo discorso
non è pilotato da chissà quali scene o fantasie, cioè anche fantasie sì, in una
certa accezione, semplicemente è ciò che necessariamente deve costruire se
tiene conto dell’assioma da cui parte che è assolutamente particolare e molto
costrittivo, per cui credendo quella cosa lui è costretto ad affermare certe
cose pur avendo un certo margine, tuttavia questo margine è molto ristretto non
è che potrebbe avere detto qualunque altra cosa perché se crede questo
quell’altra cosa non la può dire, perché si esclude, posso fare un esempio
forse più semplice, se io sto giocando a carte, a poker per esempio, allora
nell’ambito di questo gioco le mosse che posso fare sono moltissime però
limitate da queste regole, dalle quali non posso uscire, potrò quindi costruire
delle varie combinazioni che sono più o meno convenienti rispetto al momento,
ritenendole più o meno confacenti ma
sempre e comunque nell’ambito delle regole imposte e nell’esempio precedente le
regole imposte da ciò che io intendo esattamente quando affermo che credo in
dio. Quindi la questione si riduce in effetti a un fatto prettamente logico,
sintattico, grammaticale, questo credere in dio è fatto in un certo modo ha
queste esclusioni, limita dentro a questo ambito, posso costruire proposizioni
soltanto tengano conto soltanto di questo ristrettissimo ambito, nient’altro
che questo, non posso uscirne finché credo in questa cosa. Così allo stesso
modo io non posso credere in dio, né a nessun altra cosa perché il discorso che
faccio me lo impedisce, me lo impedisce come proposizione assolutamente
inutilizzabile… (chi crede in dio… sarebbe pronto farsi ammazzare…) ad un certo
punto quando si trova nel linguaggio, probabilmente esiste già questo assioma
fondamentale, probabilmente non è altri questo assioma che ciò che si costruisce
insieme al linguaggio, il linguaggio di una persona si costruisce con questo
elemento c’è questa eventualità dobbiamo riflettere, a questo punto la sua
esistenza in qualche modo terrà conto di questo assioma poi può modificarsi
ovviamente però finché non si modifica rimanda letteralmente il suo discorso
quello e non può essere altro, non può essere altro perché se no una persona si
autocontraddice e non lo può fare anche perché se apparentemente lo fa
continuamente ma per via del fatto che l’assioma a cui crede non è conosciuto,
non è conosciuto e quindi ogni tanto si confonde, cioè opera questo assioma nel
senso che costruisce tutte queste cose ma anche qui però potremmo ricadere nel
discorso precedente, questo assioma opera senza che sia conosciuto, questo può
creare qualche problema, problema che possiamo risolvere sempre tenendo conto
della domanda, quali sono le condizioni che consentono di affermare ciò che sto
affermando cioè a quali condizioni io posso affermarle, intendo questo come
assioma e intendendo questo come assioma il problema è risolto, è sempre
reperibile, può essere più o meno facilmente reperibile ma è reperibile basta
che si domandi quali sono le condizioni alle quali può affermare ciò che sta
affermando. Dunque se il discorso è pilotato lo è dalla logica e quindi dalle
regole del discorso, ovviamente il gioco è un discorso, se questo discorso deve
tenere conto chiaramente di restrizioni imposte dall’assioma da cui muove ecco
che allora il discorso prenderà una via e non un’altra , ho spiegato il motivo
perché un discorso prende una strada e non un’altra, ché non può prenderne
un’altra finché si mantiene questo assioma, ciò che opera un’analisi è fare in
modo che questo assioma si dissolva in modo che non sia più vincolato
all’assioma e possa muoversi in altri ambiti e cioè tenere conto in definitiva
di come funziona il linguaggio e di ciò che necessariamente deve
affermarsi, in fin dei conti di tutto
ciò che è assolutamente arbitrario ma non per questo non lo dice più,
semplicemente sa che sta giocando, tutto qui. Beatrice quali pensieri? (ci
vogliono sempre delle regole per giocare qualsiasi gioco) questo lo abbiamo
stabilito che senza regole non c’è nessun gioco, le regole impongono la
direzione evidentemente (…) sì, sì ,
non possono non esistere le regole, se no il linguaggio non esiterebbe,
esistono le regole e le procedure, le procedure sono l’hardware e le regole il
software, che di volta in volto costruiscono proposizioni, quelle che si enunciano, mentre le procedure
costituiscono la condizione per poterle enunciare… (diciamo comunque che le
procedure sono frutto di procedure…) sì se non constatarne l’esistenza e cioè
il fatto che senza queste non potrei affermare nulla….ho detto sempre che
regole e procedure sono strutturali all’atto di parola cioè fatto di questo, in
questo modo ho fatto un altro passo in direzione, nella direzione che ci
riguarda cioè sempre meno vincolata ad aspetti misticheggianti, il discorso
punta a togliere la responsabilità, non c’è questa intenzione nel discorso, non
c’è perché la persona non ne sa niente, e non sapendone niente non possiamo
immaginare noi che sappia, uno afferma una cosa e quindi quali sono le
condizioni per cui questo sia affermabile, questa è l’unica cosa su cui noi
possiamo lavorare, e non è poco e non
abbiamo nient’altro e quindi niente altra scena, niente mi spiace Beatrice ma
dobbiamo abbandonare e la abbandoniamo come le infinite altre cose che sono non
utilizzabili (…) perché se affermo che esiste l’altra scena qualcuno legittimamente
potrebbe chiedermi come lo so e cosa gli dico? che lo immagino però non lo
posso provare in alcun modo e soprattutto è negabile da chiunque in una
infinità di modi, perché le stesse cose che io adduco come le stesse cose
dell’esistenza di un’altra scena questi stessi elementi altri potrebbe
utilizzarli per provare invece l’assenza (comunque c’è sempre alla base
l’assioma anche se uno poi dice queste affermazioni che faccio cioè come posso
provarle o da dove derivano?) un momento Cesare perché io ho precisato prima
una cosa fondamentale perché io ho affermato prima che come assioma intendo
soltanto la o le condizioni che mi consentono di affermare ciò che sto
affermando quindi non posso dire che c’è prima dopo, soltanto mi chiedo a quali
condizioni? Ecco queste condizioni sono ciò che intendiamo come assiomi, se no
ricadiamo… (e queste condizioni sono che nulla è fuori dal linguaggio…) nel mio
discorso sì in altri… (occorre che si instaurino queste regole per poter
giocare questo gioco perché si gira all’infinito sull’altra scena,
sull’inconscio) (la direzione che il nostro linguaggio produce ) il nostro? (il
discorso produce non è qualcosa fuori dal linguaggio ma c’è alla base di queste
mie proposizioni qualcosa che muove perché io voglio andare in quella
direzione, un punto di partenza per me è il linguaggio…) sì ma questo punto di partenza affermare che
esiste prima, dopo non ha nessun senso (…) sì certo però in questo caso ciò che
ha costruito già tiene conto di altre cose che hanno costituito la condizione
per poterle affermare, e quindi occorre una riflessione ulteriore, ché se io mi
chiedo quali condizioni sono necessarie per cui io possa affermare
una certa cosa, se enuncio per esempio ad un certo momento una certa intenzione cioè voglio andare da
questa parte a fare questa certa cosa, posso domandarmi a quali condizioni io
posso affermare una cosa del genere, a quali condizioni io posso volere una
cosa del genere (chiedersi ad un certo momento cos’è che mi ha spinto a
chiedermi certe cose, perché ho prodotto una certa proposizione non cambia…)
(sapendo da dove sei partito tu lo produci in quel momento che sai, che ti chiedi questa cosa e sapendo che lo
enunci in quel momento lì, quindi lo sai in quel momento lì) sapendo da dove
sono partito, sì certo io lo so da dove sono partito, ad esempio dicendo le
cose che sto dicendo adesso so di dove sono partito… (sono partito da un
qualcosa che ha prodotto questo proposizioni) però le cose che sto dicendo
adesso io so da dove sono partito e quindi se mi chiede da dove sono partito lo
so subito, ma questo non costituiscono l’assioma rispetto a ciò che sto
dicendo, sono semplicemente un riferimento, un aggancio, gli assiomi sono altri
chiaramente in questo casi sono altri che mi muovono ed è la costruzione di proposizioni non negabili e tutto ciò che
sto dicendo ha questo come fondamento poi da lì… “nulla è fuori dalla parola” è
un fondamento perché al momento in cui io mi
chiedo quello che sto facendo questo interviene, non è che me lo sono
scritto da qualche parte, la differenza sta proprio qui e cioè che io lo
riproduco in quel momento lì, è sempre riproducibile ricorsivamente interviene
nel discorso ed è sempre quello ma non è che l’ho scritto su un libricino…
continuamente questo assioma si produce nella mia parola e io ne posso
usufruire per costruire, per fare questo gioco. Non è che il fondamento che io
immagino sia da qualche parte, no è a mia disposizione continuamente, il
fondamento è un elemento che interviene nel mio discorso per far funzionare il
gioco, se mai costruirò un gioco che riesce a farmi giocare di più) in effetti
l’analisi procede in questo modo….si pone in modi differenti ma sapere quali
sono le condizioni per cui una certa cosa che si sta affermando possa
affermarsi fino a giungere a qualche cosa che in effetti consente a tutto un
discorso che si è costruito lungo una vita, possiamo dire così, di potere farsi e quindi di fatto che cosa
la persona crede, qual è la sua religione diciamola così, in termini ampi, solo
a questa condizione c’è la possibilità di una variazione nel modo di pensare se
no sostituisce una religione con un’altra non cambia niente (una cosa che deve
entrare fare parte delle regole del gioco cioè occorre “sapere” perché si gioca
un gioco linguistico anziché un altro gioco…porre come regola perché noi
giochiamo questo gioco anziché un altro gioco, a cosa serve, serve perché ci
sia un percorso intellettuale, serve per poter giocare con qualsiasi
cosa…perché si è costruito questo gioco che non era ancora mai stato inventato)
perché si è costruito? Per potere giocare… (questo deve essere implicito nel
gioco perché se intende che non c’è
uscita dal linguaggio non si sforza a
giocarlo perché non si pone già subito l’altra questione) pensare in
qualunque altro modo comporta costruire proposizioni assolutamente arbitrarie,
questo occorre che ciascuno ne tenga conto (sì però si può divertire comunque,
affermare che questo gioco diverta di più mi sembrava un pochino…) io parlavo
di un caso personale (ci sono delle persone che si divertono di più con un
discorso religioso) (deve provare le due cose per dire che si diverte di più…)
(io parlo di persone che abbiamo fatto un percorso come questo… però non credo
che sia possibile fare i due giochi una volta che uno gioca con la parola e
neanche affermare che una cosa lo diverte di più) certo ad un certo punto di non ritorno è chiaro che non riesce
più a credere le varie cose, questo ovviamente non è che non le utilizza ma le
utilizza in una altro modo sapendo perfettamente sempre il gioco che sta
facendo, certo (non esiste più l’elemento ossessivo perché immediatamente è
trattato come un qualsiasi altro elemento del linguaggio) quando dicevo qualche
tempo fa che è possibile sapere alcune cose circa una persona volevo dire
questo poi e cioè che sapendo le varie cose che dice quali sono le condizioni
per poterlo affermare è chiaro che potrà affermare soltanto alcune cose e non
altre, crederà certe cose e non altre in questo senso è possibile sapere in
linea di massima quello che pensa una persona, se crede una certa cosa si
atterrà a quella non può fare altrimenti, certamente come me che non posso
credere in dio, in nessun modo, posso sforzarmi finché voglio ma non succede
niente e così qualunque discorso la cosa che muove il discorso che potremmo
indicare come assioma e cioè la condizione per cui una certa cosa può
affermarsi è quella che vincola qualunque proposizione che si costruisca,
quindi non è pilotata da niente segue soltanto quelle che sono le regole
dell’inferenza logico grammaticale. Rispetto all’altro Cesare cosa sta
costruendo?