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23-11-2006

 

Il bisogno di potere sull’altro

 

Intervento: come se alla base di tutto ci fosse la sessualità… tutto il discorso occidentale in un certo modo si incentrasse su questo…

Non è sicuramente sufficiente, sappiamo perché si cerca un partner, e che non è soltanto per una questione sessuale, anche, forse, ma non è solo quello e sicuramente non è la questione sessuale che fa mantenere il partner anzi, ma l’avere il potere, esercitare il potere su qualcuno, quindi avere qualcuno che ritorni in qualche modo la verità di ciò che dico. Sappiamo che anche nel modello della famiglia occidentale c’è un pater familias che è quello che ha il controllo sul mondo esterno in generale, la madre che ha il controllo su quello interno, poi può accadere che nascano dei figli e allora si può esercitare il potere anche su di loro, e quello che secca è che qualcuno si sottragga a questo potere da qui la necessità che la famiglia sia un nucleo unito, perché se uno se ne va via si perde il potere su una persona, così come avviene in una coppia. Non è solo una questione sessuale, perché se ne va via uno ne trova un altro, come può anche accadere per altro, però se ne ha a male e se ne ha a male non per una questione sessuale, perché ha portato via l’oggetto del piacere, non è per questo che una persona soffre e si dispera, ché potrebbe trovarne quante ne vuole, ma ha tolto qualcosa di molto importante. La famiglia si tiene unita su questo, una relazione tra i due, prima tra i due partner, e poi anche i figli, finché subiscono tale potere rimangono lì con la famiglia poi tendenzialmente se ne vanno perché non possono esercitare il potere sui genitori per una serie di fantasie e quindi devono cercare qualcuno da sottomettere così come è stato fatto a loro…

Intervento: mi ponevo proprio questa domanda perché le persone cercano il partner? perché le persone cercano un interlocutore?

La questione può porsi in modo più radicale in questi termini: perché gli umani hanno bisogno di qualcuno per esercitare il potere? Occorre tenere conto che l’umano suddetto è linguaggio, ora il linguaggio ha sì la necessità di procedere in un certo modo che conosciamo, e cioè muovere e giungere a una affermazione che possa essere all’interno di quel gioco considerata vera per potere proseguire perché se no non prosegue, però ha bisogno di qualcuno dall’esterno di un altro discorso che confermi qualche cosa? Teoricamente no, infatti io non ho bisogno di nessuno che mi confermi, cosa che dovrebbe essere comune a ciascuno, in quanto si hanno gli strumenti per potere valutare immediatamente se ciò che si afferma è necessario oppure no, e se non lo è, allora è arbitrario e quindi valutare se è vero all’interno del gioco che si sta facendo. Perché invece gli umani hanno bisogno continuamente di esibire all’altro, per esempio, la propria verità o trovare conferma dall’altro, perché? Soprattutto nel caso in cui esibiscono una verità, sanno già che è così, perché esibirla, a che scopo? Visto che ciò che gli ritorna non è una maggiore verità, è sempre la stessa…

Intervento: c’è una conferma da parte dell’altro…

Non necessariamente perché in alcuni casi io posso dire a una persona una cosa che quella persona non sa e che io invece so…

Intervento: un rafforzo…

Non è questione di rafforzare ma il piacere di potere esibire una mia verità e fare quindi bella figura, io so qualcosa che altri ignorano e sono tutto contento di questo sapere, ma perché avviene una cosa del genere?

Intervento: perché gli umani non partono da una costrizione logica per cui non possono mai sapere quello che è vero all’interno del loro discorso…

In alcuni casi lo sanno, per esempio può sapere che un amico comune si è messo con quell’altra, lo sa perché glielo ha detto lui, li ha visti insieme e quindi lo sa…

Intervento: il fatto di sapere mette in una condizione di potere…

L’abbiamo detto prima, ma perché deve avere il bisogno di avere potere sull’altro?

Intervento:…

Ci sono alcuni casi in cui questo non si verifica, cionondimeno c’è sempre il piacere, oltreché il bisogno in alcuni casi di dire delle cose, perché? Perché il discorso non è pago di tenersele per sé?

Intervento:…

Questo sposta solo la questione, perché per gli umani è così importante dire qualcosa che ritengono essere vero? Perché il discorso necessita di esporre tutto questo ad altri anziché essere sufficientemente appagato dal saperlo lui, perché? La risposta sta evidentemente nel funzionamento del linguaggio: la differenza sta nell’agire il linguaggio oppure subirlo, se lo si subisce è come se si fosse costretti a compiere quella operazione di cui si diceva, se lo si agisce no, sta qui la differenza fondamentale, però si tratta di intendere perché nel caso in cui lo si agisca il linguaggio non c’è più questa necessità, mentre se invece lo si subisce allora sì, questa è la questione che vi pongo, chi saprebbe rispondere?

Intervento:…

Può essere vero allo stesso modo di quell’altro che invece ha l’esigenza di dirlo, può essere la stessa cosa addirittura…

Intervento: lei sa che tutto è linguaggio non si aspetta la conferma dall’altro…

Non basta, c’è qualcosa di più, Cesare?

Intervento: perché le persone cercano di essere importanti… come se fosse l’altro che lo investe di questo potere, il potere viene dall’altro, è un potere che deve essere in qualche modo riconosciuto… chi conosce il funzionamento del linguaggio non si pone la questione del potere… il potere è l’altro che lo conferisce quindi…

Intervento: anche questa è un’idea comunque e tutta la società funziona così…

Intervento: come se senza questo potere la propria parola non esistesse, senza questo riconoscimento la propria parola non esistesse, non avesse valore, non fosse vero…

Intervento: perché non c’è mai stata la cultura del pensiero, del proprio pensiero e quindi il proprio pensiero è limitato e necessariamente io cerco una conferma da parte dell’altro, se io sapessi che è il mio pensiero invece che produce questa fantasia non avrei assolutamente questo bisogno… dal momento che io so che è solo il mio pensiero che può muovere qualsiasi gioco beh non mi interessa più…

Intervento: è per un questione di responsabilità…

Intervento: il fatto che l’altro assenta o dissenta questo permette di proseguire nella direzione delle sue premesse…

Mettiamola così: gli umani in generale sono sicuri di quello che pensano? Dei propri giudizi, dei propri valori? Di tutto ciò che il loro pensiero costruisce o hanno delle incertezze? Anche nel caso del discorso paranoico c’è una eccessiva, straordinaria incertezza, perché in assenza della conoscenza del funzionamento del linguaggio non è possibile stabilire con certezza nulla di ciò che si pensa, che si afferma, allora sì, si può intendere perché una persona cerchi continuamente conferme a qualunque cosa, come se cercando conferme queste dovessero in qualche modo supplire a un’incertezza totale e basilare su tutto. Questo è un primo modo per approcciare tutta la questione…

Intervento: è come se cercassero di inserire continuamente una premessa maggiore…

Sì, non essendoci viene cercata ovunque e questo ovunque dovrebbe confermare, dare un supporto, supplire a tutto ciò che manca altrove, per il momento prendetela così, in modo molto provvisorio, però forse è da qui che occorre muovere, dal fatto che non conoscendo il funzionamento del linguaggio lo si subisce e quindi non c’è assolutamente nulla che possa garantire una certezza, una sicurezza, da qui sicuramente segue tutta una serie di implicazioni come questa di dovere cercare continuamente e dappertutto conferme a qualche cosa. Invece conoscendo il linguaggio non c’è questa necessità…

Intervento: essere importanti… la ricerca di essere importanti, la ricerca di valere, la ricerca di dare un senso alle cose è la ricerca della verità per quanto lo concerne…

La ricerca della verità come garanzia, è un po’ come l’interpretante logico finale di Peirce, che garantisce tutto, dà la garanzia di tutto, del proprio pensiero, del proprio essere, delle proprie decisioni, delle proprie scelte, di qualunque cosa…

Intervento: è la premessa maggiore che sostiene tutto il discorso infatti lei parlava l’altra volta della ricerca di una costrizione logica che gli umani vanno cercando… la ricerca della verità assoluta…

Molto spesso diventa una questione di vita o di morte perché è come se da lì tutto dovesse dipendere, mentre non dipende proprio niente…

Intervento: mi incuriosiva ciò che ha detto prima ossia che affermare che non tutto è linguaggio non è abbastanza costrittiva…

No, non lo è, posso avvitare una vite solo con il cacciavite ma non per questo la mia vita dipende dal cacciavite, voglio dire che se per dimostrare una certa cosa devo usarne un’altra in fondo non è che ho fatto un granché, la questione costrittiva, quella potente che noi abbiamo inventata è utilizzare il linguaggio come criterio per la costruzione di ogni possibile criterio di verità, è questa la questione potente su cui tutto si regge, e a questo punto diventa molto arduo mettere in discussione una cosa del genere perché per costruire qualunque criterio avrò bisogno del linguaggio per un criterio di verità, necessariamente, ma per essere sicuri che un criterio è vero come si fa se non mettendo a fondamento l’unica cosa che è in condizione non solo di costruirli ma di stabilire qualunque criterio, a questo punto la sua prova è inattaccabile. È chiaro che Cesare non può fare nevicare, perché Cesare come ciascuno si attiene a un gioco particolare, anzi a moltissimi giochi, uno di questi è quello grosso modo definito dal discorso scientifico al quale ci si attiene nella vita quotidiana e per cui si evita di fare cadere un orologio ché si spacca. Come so che si spaccherà? Ci sono buoni motivi per pensarlo ma soprattutto sono all’interno di un gioco che si potrebbe riassumerlo all’interno di un gioco più ampio che è quello che consente di vivere all’interno di un certo sistema, e del quale gioco conosco le regole, nel quale gioco sono stato cresciuto, nel quale vivo e del quale devo conoscere le regole, perché vivo all’interno di un sistema che è fatto così e non posso non conoscerle, e quindi all’interno di questo gioco se io accetto certe condizioni, una di queste è che io non ho la capacità né le condizioni per fare in modo che in questo istante nevichi, e se io accetto tutto questo allora io non posso fare nevicare, se io accetto che la neve sia quella certa cosa, chimicamente fatta in un certo modo, che risponde a certi requisiti. Ma tutto questo come abbiamo detto moltissime volte non è qualcosa di naturale, è un gioco, un gioco vincolato a delle regole, se io le accetto allora gioco questo gioco, se non le accetto no, però non accettare il gioco che fanno tutti significa trovarsi nelle condizioni, così come è strutturato ormai il discorso occidentale, di non potere neanche sopravvivere e quindi a questo punto dovrei abbandonare l’idea di giocare la vita, cioè cessare di essere interessato a questo…

Intervento: non so se non lo posso accettare al momento in cui parlo…

Ciascuno decide di vivere in ciascun istante, accettando questo gioco ne accetta le regole, se vuole giocarlo, e una di queste è respirare, per esempio, ogni tre, quattro secondi non so quanto, se non accetta, se si rifiuta di accettare queste regole non fa più quel gioco, esattamente come uno che non accetta che un asso batte due Jack non può giocare a poker anche se magari la posta in gioco può apparire più alta ma è soltanto questione di valori stabiliti attraverso codificazioni varie e comunque altre regole.

Intervento:…

È ovvio che per fare un altro gioco ho bisogno del linguaggio, non è di questo che stavo parlando, io posso cessare di giocare il gioco che si chiama vivere, posso farlo…

Intervento: eravamo partiti dal gioco della neve, del vaso che mi cade in testa è ovvio che poi ad un certo momento arrivo a quello, però per arrivare a quello ci va una decisione e quindi anche per prendere questa decisione devo deciderlo e quindi respingere delle regole…

Non ho detto che si esce dal linguaggio…

Intervento: nel momento in cui si avvia il linguaggio e quindi nel momento stesso in cui un bambino comincia a dire le prime parole si installa comunque allo stesso tempo quel gioco che prevede comunque che possa nevicare, che la neve sia una certa cosa ecc. che sarà certamente questione di apprendimento ma è un apprendimento che può avvenire appunto perché esiste un gioco, un discorso che si è instaurato all’avvio del linguaggio… all’avvio del linguaggio qualcosa comunque prende una direzione… allo stesso momento in cui si avvia il linguaggio si avvia un discorso che prevede tutta una serie di cose che prevede anche quella della neve… il fatto stesso che si sia avviato il linguaggio ha instaurato questo gioco che prepara l’apprendimento per tutto il resto…

È un gioco che ha un nome, generalmente che si chiama realtà, si chiama così comunemente.