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23-10-2013

 

La filosofia analitica considera due vie generalmente nelle teorie semantiche, una via è quella referenziale, per cui il significato di una parola sarebbe l’oggetto che la parola denota, l’altro aspetto è quello inferenziale, per cui il significato si produce dalla serie di connessioni che questa parola intesse all’interno del discorso in cui è inserita. Entrambe queste posizioni hanno subito uno scacco, quella referenziale, ché non è mai possibile stabilire quale sia l’oggetto in quanto tale, e l’obiezione rimane quella di Aristotele e del terzo uomo, Aristotele la muoveva contro le idee platoniche ma è applicabile anche al concetto di realtà, alla “cosa”. Però se volessimo utilizzare i termini mutuati dalla filosofia analitica potremmo parlare di compresenza di entrambe le posizioni, quella referenziale e quella inferenziale. Potremmo utilizzare la posizione referenziale dove però il riferimento non è più alla cosa ma al comando, è questo il referente: a che cosa si riferisce la parola in prima istanza? Al significato che è stato deciso, che è stato definito, quello del dizionario. Quando si parla di referente generalmente si intende referente della cosa, già De Saussure diceva: il significante è la parola “albero” cioè l’immagine acustica, poi sotto la barra il concetto di albero, e poi l’albero. Allora se dovessimo utilizzare questi termini mutuati dalla filosofia del linguaggio potremmo utilizzare, come dicevo, il referente, non come un riferimento alla cosa ma come un riferimento a un comando, perché il significato di una parola potremmo intenderlo come un comando, cioè il dizionario dice: la parola “tavolo” la intendi come un piano sorretto da uno o più supporti, questo è il significato di tavolo, l’uso referenziale di questa parola è questo. Se parlo invece del “tavolo delle trattative” con tavolo intendo una riunione di persone che si incontra per discutere e trovare un accordo su dei problemi, qui “tavolo” non ha più l’accezione propriamente di “piano orizzontale sorretto da uno o più supporti”, ma se non ci fosse questa designazione precisa non ci sarebbe neanche la frase “tavolo delle trattative” non potrebbe esistere, quindi c’è un primo significato che è quello che ci dice che una certa parola è utilizzabile perché ha un significato, quello stabilito dal dizionario, dopo di che se questa parola è utilizzabile allora viene utilizzata all’interno dei discorsi, frasi, racconti, storie tutto quello che vi pare, e allora potrà assumere uno sterminio di significati. Il significato diventa “inferenziale”. Dopo che una parola è stata stabilita come qualcosa che si utilizza, quindi è una parola, un elemento linguistico, allora il significato che assume, che può assumere all’interno di combinatorie varie, questo significato è traibile inferenzialmente cioè attraverso inferenze, e cioè attraverso un metodo che consente di mettere in connessione quell’elemento con gli altri presenti nel discorso, così come l’esempio di “tavolo delle trattative…

Intervento: Wittgenstein e le immagini, questa immagine potrebbe essere una rappresentazione, una raffigurazione visiva, per qualche particolare, per esempio a tavola si sta insieme, generalmente, con altri…

Sì che può anche contenere l’oggetto, se io penso al tavolo delle trattative, intorno al quale sono messi personaggi per risolvere la crisi mediorientale, posso anche pensare a questi personaggi che parlano, che si agitano, che discutono eccetera senza minimamente avere la traccia di un tavolo. Intervento: però sono assieme…

Esatto, quello è il senso della parola “tavolo” come luogo di incontro, potrebbe anche non essere un tavolo tecnicamente, potrebbe essere qualunque cosa. A questo punto possiamo tranquillamente dire che una teoria semantica necessita tanto di un aspetto referenziale quanto di un aspetto inferenziale: “referenziale” perché indica qual è l’uso del termine che verrà usato e rende una parola utilizzabile, cioè rende un “qualche cosa” parola, senza che il riferimento abbia nulla a che vedere con l’oggetto, questo è importante, perché la teoria referenziale così com’è pensata dalla filosofia del linguaggio ha sempre la cosa almeno da Frege in poi, si riferisce alla cosa…

Intervento: il “tavolo delle trattative” è un particolare senso che deriva dall’utilizzo della parola “tavolo”…

Però questa frase non avrebbe nessun senso, non potrebbe farsi se non ci fosse il significato del tavolo, perché questa parola non significherebbe niente e quindi la frase intera non significherebbe più niente. Detto questo, il passo successivo è intendere che l’aspetto “inferenziale” che prima accostavo per qualche verso alla semiotica, l’aspetto inferenziale indica che il significato di una parola è derivabile, traibile, deducibile dal gioco in cui la parola è inserita, e cioè dal discorso in cui è inserita, ma il discorso in cui questa parola è inserita contiene anche altre parole, per esempio “il tavolo delle trattative” contiene almeno “trattative”, sì, è una frase molto semplice, certo, però contiene anche quest’altra cosa che deve avere un significato e che ha un significato, che è quello che trovate nel dizionario ovviamente, ma perché si parla di “infinitizzazione del significato”? Perché quando parlo di tavolo o di trattative adesso lasciamo stare gli articoli, quando definisco il tavolo come “piano orizzontale sostenuto da uno o più supporti” tutte queste parole che io utilizzo hanno a loro volta il loro significato, e ciascuna di queste parole che servono per definire a sua volta ha altri significati, è quell’insieme chiuso che è il dizionario, che ad un certo punto entra in una sorta di loop, cioè continua a ripetersi all’infinito. Una qualunque ricerca intorno al significato è inesorabilmente destinata a trovarsi in un loop, un loop oltre che inarrestabile anche inevitabile, anche perché dovrei incominciare a chiedermi “qual è il significato delle parole che sto usando per cercare il significato, per sapere cos’è un significato? Ma come faccio a usare dei significati se ancora non so che cos’è il significato?”, in questo caso più che un loop è uno sbarramento, un impossibilità a procedere, insomma per farla breve tutta la disquisizione intorno alla filosofia analitica è una filosofia del linguaggio naturale così detto, cioè del linguaggio comune, quello di tutti i giorni, di questo si occupa la filosofia analitica, a differenza invece della logica che si occupa dei linguaggi formali, quelli formalizzati dove il problema non sussiste, ma il linguaggio delle macchine per esempio è un linguaggio formalizzato? È formalizzato nel senso che ciascun elemento che interviene ha un unico significato, ma questo significato non è debitore di altro per una macchina, ma per l’umano sì, come dicevo prima il significato di tavolo “piano orizzontale sostenuto da uno o più supporti” queste parole hanno altri significati, occorrerebbe andare a cercarli, mentre per una macchina un significato, un elemento che viene immesso ha un significato che è quello che io voglio che abbia, per esempio “se vedi x fai y” che non è equivocabile, nel senso che gli è stato detto cos’è esattamente x, cos’è esattamente y, come nella macchina di Turing “se vedi una certa cosa spostati di uno scatto in avanti”, che non è equivocabile e non ha bisogno di altre istruzioni se non quelle che gli consentono di fare un passo in avanti per esempio, non ha bisogno di sapere tante cose; per la macchina il significato è univoco, non è ambiguo, non è equivoco, per gli umani invece sembra di sì, che sia equivoco, ma è proprio così? Qui c’è un problema dicevamo l’altra volta, facciamo un passo indietro, che questi comandi, queste informazioni e istruzioni annesse vengono trasmesse, letteralmente, come si fa con una macchina e a quel punto durante la trasmissione di dati non c’è ancora la possibilità di, per esempio, costruire un significato inferenzialmente, non ci sono gli strumenti per farlo, c’è soltanto la, adesso utilizzo un termine che è brutto, “la statuizione” che significa “stabilire”. Ecco, non c’è ancora dunque la possibilità della costruzione di un significato che possa rinviare ad altri significati, un significato è un rinvio naturalmente, quindi tecnicamente qualunque cosa si mette nella macchina è un significato in quanto è un rinvio, ma un rinvio unico, un comando, questo comando è quello che consente la costruzione di prime sequenze, di frasi molto semplici inizialmente che però poi si connettono grazie alle istruzioni fornite, si possono connettere con altre sequenze e costruire una terza sequenza, una quarta sequenza, queste sequenze connesse fra loro formano un discorso, i discorsi possono costituire un’argomentazione ed è a questo punto che il significato del discorso procede per via inferenziale, e cioè è connesso con gli altri significati. Vediamo di farla più semplice, partiamo da comandi molto semplici “ se c’è questo segno x tu fai y” e va bene, la macchina prende atto di questo, se vede la x fa y e non si chiede perché soprattutto, poi “se vedi x1 anziché y esegui z”, va bene, la macchina esegue tranquillamente, “se vedi p devi sapere che p non è x, e se vedi p allora non ci sarà né y né z” e la macchina esegue. Queste sequenze banalissime ovviamente possono diventare via via sempre più complesse fine a diventare complessissime a partire da semplici comandi, quand’è che diventano molto complesse? Qui si inserisce una questione che non è semplice, perché ci rimanda a un discorso sulla questione della verità e quindi del potere, e cioè la questione della decisione, della scelta anche; una macchina può trovarsi nella condizione di potere decidere e scegliere se compiere un percorso oppure no in base alla probabilità di riuscita, può farlo, in questo caso la sua decisione sarà quella di optare per la soluzione più conveniente all’esecuzione del programma. È come se il linguaggio prendesse delle decisioni tra varie possibilità in base a un obiettivo che deve raggiungere: qual è l’obiettivo nel linguaggio? Costruire delle sequenze che concludono con un’affermazione vera, quindi questo è il criterio fondamentale. Anche la macchina deve concludere con un’affermazione vera, finché i comandi sono molto semplici il problema non sussiste, finché cioè i significati sono tutti referenziali, quindi sono significati univoci, per l’umano la cosa è un po’ più complessa, nel senso che la costruzione di sequenze porta a modificare un significato e renderlo differente dal significato univoco, e non è più univoco. È l’esempio che vi facevo prima del “tavolo” e del “tavolo delle trattative”. Nel primo caso tavolo ha un significato referenziale che è quello che impone il dizionario, nel “tavolo delle trattative” invece il significato di questo “tavolo” cambia, non è più esattamente lo stesso, cosa è intervenuto? È intervenuto che questo elemento “tavolo” è stato inserito all’interno di un’altra combinatoria, di un altro gioco linguistico che ne ha alterato il significato, cioè l’ha utilizzato in un altro modo, che non è esattamente quello referenziale ma diventa quello inferenziale, e cioè come dire che il “tavolo” non è più soltanto quel piano eccetera ma è anche il luogo dove le persone si incontrano e allude ad altre cose, questo come dicevo complica le cose ovviamente, ma è proprio di questo che si occupa la filosofia analitica, come dicevo non si occupa di linguaggi formali. Dicevo che adesso anche nelle macchine interviene questo aspetto, cioè la possibilità di decidere, di scegliere tra varie possibilità, e in base a che cosa si sceglie una direzione anziché un’altra? Quella che conduce all’affermazione vera, questo sia per gli umani che per le macchine. La cosa che dobbiamo intendere bene è come avviene questo passaggio dal significato referenziale al significato inferenziale, detta in modo ancora differente: come si passa da un linguaggio formalizzato a un linguaggio naturale, ammesso che sia questo il passaggio, come dire che ciò che si incomincia ad acquisire e ciò che viene trasmesso è come se fosse un linguaggio formalizzato, cioè sono significati che hanno un referente unico…

Intervento: beh l’aggiornamento dei programmi, un programma viene aggiornato quindi migliora, una persona cresce quindi migliora…

Sì, si tratta sempre di un’implementazione di informazioni che o vengono da altro oppure la persona stessa può ragionando trarre altre conclusioni, può aggiungere delle cose…

Intervento: è con l’aggiornamento del sistema che si passa da una cosa all’altra cioè più informazioni hai…

Sì la chiamano “implementazione” in informatica, cioè aggiunta di nuovi elementi che vanno ad aumentare la conoscenza rispetto a una certa cosa oppure consentono di prendere questa cosa, metterla insieme con un’altra e produrre una terza cosa che non c’era prima. Come avviene questa implementazione a partire da un linguaggio che “appare” formalizzato, dico “appare” perché non è sicurissimo, come avviene la trasmissione delle prime informazioni? Quello che tempo fa chiamavamo il “questo è questo”, quando si dice “questo è questo”, il questo non ha nessuna connessione con altro propriamente, semplicemente avviene, è una “statuizione”, cioè si stabilisce un qualche cosa che in quel momento c’è, non ci sono né criteri vero funzionali, né niente ancora, semplicemente si stabilisce questo, questo c’è. Quindi si passa, apparentemente torno a dirvi, da un linguaggio formalizzato a un linguaggio naturale, quindi si passa da significati referenziali a significati inferenziali, che derivano la loro esistenza da altri significati, da altri discorsi, da altri elementi, questo passaggio dal significato referenziale a quello inferenziale la filosofia analitica non è in condizioni di illustrarlo in modo soddisfacente, è più un compito della semiotica intendere come si produce del significato a partire da catene, sequenze, racconti, discorsi. Come è possibile passare da un linguaggio formalizzato a un linguaggio naturale, cioè da un significato referenziale che a un certo punto diventa inferenziale, che è successo? Si potrebbe dire che si implementa con altri significati referenziali, e io posso mettergliene miliardate e sono tutti referenziali, nessuno è inferenziale, per ora, perché le macchine sono ancora molto semplici…

Intervento: a questo punto linguaggio naturale cosa si intende?

Questa una bella domanda, con linguaggio naturale si intende un linguaggio che è costruito in modo tale da potere prendere decisioni, operare delle scelte, modificare dei significati di termini a seconda dell’uso che se ne fa, fa queste modificazioni, un linguaggio formale non lo fa, esegue istruzioni. Nei linguaggi formalizzati ogni elemento, ogni simbolo è quello, è univoco, non ha possibilità di modificarsi o diventare un’altra cosa, ciò che è necessario per la costruzione di formule ben formate non può essere modificato, e cioè una congiunzione non può essere modificata in nessun modo, il significato, adesso usiamo questo termine volutamente in modo ambiguo, il significato del connettivo “congiunzione” non può in nessun modo essere modificato, se modificassimo il significato del connettivo “congiunzione” noi cesseremmo di parlare, questo nei linguaggi formalizzati…

Intervento: nei linguaggi formalizzati sarebbe possibile la semiosi infinita così come ne parlava Greimas o Hjelmslev?

No, non c’è nessuna semiosi di fatto, ci soltanto calcoli proposizionali, calcoli dei predicati, si tratta soltanto di stabilire delle sequenze e verificare se queste sequenze sono vere in base alle regole stabilite. Non c’è altro, quindi non c’è nessuna semiosi né finita né infinita, il significato è sempre e soltanto il valore di verità della sequenza, nient’altro. Nelle lingue naturali il significato non solo può modificarsi ma si modifica ininterrottamente. Pensate alla retorica, la retorica fa solo questo, modifica il significato in vario modo, in vario genere a seconda dei casi. Dobbiamo rendere molto semplice questo passaggio tra il significato referenziale e quello inferenziale, come avviene esattamente, sì certo sappiamo molte cose però forse non basta perché, come dicevo, possiamo implementare all’infinito una sequenza di significati referenziali univoci. Una formula, un calcolo dei predicati può essere lunghissima, prendete per esempio la dimostrazione del teorema di incompletezza di Gödel sono pagine e pagine di formule, pur essendo la sequenza molto più lunga di qualunque discorso che generalmente si faccia, lì i significati sono tutti assolutamente univoci, e deve essere così se no tutto questo non sarebbe pensabile, così come deve essere univoco, pare, il significato di un elemento perché questo elemento sia utilizzabile da un discorso all’interno del quale può cambiare significato.