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23-9-2009

 

C’è qualcosa che abbia mossa la vostra curiosità intellettuale? Cesare?

Intervento: ho letto Feyerabend, diceva che non c’era un criterio da cui partire, ha dato molta importanza al linguaggio …

Qualche considerazione? Martedì prossimo c’è la conferenza “La psicanalisi come scienza”, qualcuno ha qualche suggerimento da dare a questo riguardo?

Intervento: io ne ho parlato anche con lei chiedere un contributo da parte del pubblico e portare alla considerazione che l’uomo è fatto di linguaggio …

Questo prima della conferenza? Probabilmente funziona, sì è vero abbiamo anche provato questa modalità ma non è semplice, nella più parte dei casi ci si trova davanti a una sequenza di luoghi comuni, portare una persona, allontanarla dal luogo comune e avviarla a un’articolazione un po’ più elaborata non è facile, anche perché fino ad un certo punto le persone seguono abbastanza facilmente, è da un certo punto in poi che c’è l’arresto, c’è come un blocco psichico, cioè l’impossibilità di pensare in un altro modo. Si tratta del fatto che qualcosa diventa vero, qualcosa di reale, per la persona c’è la prova, prova che il più delle volte consiste unicamente nella capacità di vedere qualche cosa, per quanto riguarda per esempio la realtà “io lo vedo quindi esiste” e questo criterio di prova che è molto diffuso e condiviso è una delle cose più difficili e più complesse da smantellare. Non a caso spesso abbiamo parlato della superstizione proprio a questo riguardo, perché ha la forza della superstizione e anche la sua infondatezza naturalmente, ma ha la forza della superstizione: “lo vedo quindi c’è”, questa affermazione non ha bisogno di nient’altro, avviene così automaticamente. Occorrerebbe modificare questo modo di pensare e cioè questo criterio di prova, togliere la superstizione è sicuramente una delle cose più complesse, la superstizione, la credenza nella realtà è la madre di tutte le superstizioni, il passaggio è immediato: “lo vedo quindi esiste”, non ci sono altre possibilità, o addirittura certe volte questo criterio della visione viene avvalorato e rafforzato da altri tipi di dimostrazione come la dimostrazione scientifica, la dimostrazione scientifica in genere da un supporto, naturalmente da un supporto perché muove dalla stessa superstizione ovviamente, e cioè che il criterio di prova della visione o dell’osservazione o del calcolo siano il criterio di prova dell’esistenza della realtà o la conferma dell’esistenza della realtà, senza accorgersi che questi criteri di prova di fatto sono loro stessi delle superstizioni. Lei dice ricondurre le persone al pensiero, certo sarebbe efficace sicuramente, ma lei ha già un’idea del come fare questo?

Intervento: chiedere direttamente un contributo …

E dopo che queste persone hanno dato il loro contributo come lo utilizza? Cioè le hanno detto che la realtà esiste perché è qualcosa che cade sotto i sensi e quindi esiste, ché è questo che poi le rispondono grosso modo, a questo punto lei si trova con questa affermazione, come pensa di procedere a questo punto?

Intervento: chiederei loro di parlarmi dei loro sensi per fare capire che non sono cose oggettive …

Dipende dall’uditorio che ha di fronte, però se qualcuno le dovesse rispondere che di fronte a certi eventi tutti quanti da sempre traggono la stessa conclusione allora dicono che possiamo anche pensare che non sia più un fatto soggettivo, per esempio che tutte le mattine sorga il sole, e se è vero che lo ritenesse veramente un fatto soggettivo lei dovrebbe organizzare la sua esistenza tenendo conto del fatto che domani mattina potrebbe non sorgere il sole, questa è un’obiezione abbastanza semplice e anche possibile tra l’altro, quindi l’obiezione posta è che alcuni eventi, alcuni fatti non sono soggettivi o non sono da considerarsi soggettivi perché ciascuno li ha esperiti da quando esiste il mondo, sempre e comunque sempre allo stesso modo. Questi fenomeni si chiamano oggettivi perché non dipende da me il fatto che domani mattina il sole oppure no, ma da un evento che gli umani non possono controllare, in fondo sono queste le questioni intorno alle quali gli umani costruiscono le loro credenze, superstizioni, e cioè da un’argomentazione che di fatto è una petizione di principio, nel senso che per dimostrare qualcosa si utilizza ciò stesso che dovrebbe essere dimostrato e cioè la validità di questi criteri, compreso il criterio della scienza, quello della osservabilità per esempio o della computabilità, magari queste obiezioni non vengono fatte in modo così articolato però è lì che si fissa, anche se le persone magari non sanno argomentare una cosa del genere però comunque c’è questa questione, il fatto che esiste qualcosa di oggettivo come appunto il sorgere del sole o qualunque altra cosa, perché il modo di pensare al quale tutti sono avvezzi da per acquisito questo criterio, cioè il fatto che l’osservazione e il calcolo numerico sono di fatto di per sé stessi oggettivi, senza chiedersi in generale se è proprio così, qualcuno lo ha fatto ma è molto raro, Feyerabend per esempio ha sfiorata la questione anche se non è andato molto lontano, però quanto meno se l’è posta, è qui che si innesca una sorta di circolo vizioso cioè le persone danno per acquisito un criterio a causa del fatto che questo criterio viene posto come naturale, cioè utilizzano questo criterio che suppongono naturale per dimostrare la naturalità delle cose, cosa che retoricamente generalmente non si fa. La chiave di accesso è proprio il criterio, incominciare a dubitare del criterio che viene utilizzato, il problema come dicevo prima è che è dato lui stesso come naturale e quindi non da mettere in discussione, però se non si compie questa operazione cioè se questo criterio non viene messo in discussione e quindi non ci si accorge che di fatto è arbitrario non se ne viene fuori, si innesca un circolo vizioso, cioè la persona si arrocca dietro il fatto che esistono elementi oggettivi, fatti oggettivi indiscutibili, nessuno può mettere in discussione che il sole sia sorto tutte le mattine da che mondo è mondo, questo lo chiama un fatto oggettivo, ma non si rende conto che lo chiama lui un fatto oggettivo con una decisione totalmente arbitraria, lo definisce un fatto oggettivo immaginando che il fatto oggettivo di per sé esista, compiendo appunto quell’operazione di petitio principii …

Intervento: è come se di fronte al fatto oggettivo il passato della scienza fosse sempre un’errata interpretazione, il compito della scienza sta nel correggere tutti gli errori di interpretazione ma interpretazione di che cosa? il fatto che comunque è oggettivo …

Intervento: partono tutti dalla realtà che esiste …

Fu lo stesso Galilei a corroborare questa superstizione dicendo che l’universo è regolato da leggi matematiche e quindi soltanto attraverso la matematica è possibile trarre queste leggi che quindi ci sono già, sono già lì, presenti, immutate e immutabili, è lui che dato un forte contributo a dare forza a questa superstizione che già esisteva naturalmente, lui l’ha rafforzata, chi mai ha messo in discussione la validità di criteri come l’osservazione o il calcolo numerico? Nessuno, sono dati essi stessi come naturali come diceva Galilei “l’universo parla in linguaggio matematico”, come gli è venuta in mente questa storia? Ciò con cui abbiamo a che fare è che ciascuno in cuor suo è assolutamente e incrollabilmente convinto che le cose esistono perché le vede, perché sono computabili, sono ponderabili, si può stabilirne un peso, una misura, e questi strumenti come l’osservazione o meglio ancora e più ancora il calcolo numerico non mentono. Questo nonostante alcuni abbiano posto qualche obiezione a questa certezza, cionondimeno non è stata intaccata minimamente, questo già dovrebbe fare riflettere, come mai tutte le argomentazioni di Wittgenstein, di Gödel e altri hanno detto, incominciato a mettere in discussione, eppure non c’è traccia nel pensiero di qualcuno che abbia proseguito in quella direzione traendo delle conclusioni, delle ipotesi quanto meno, nessuno, questo già dovrebbe fare riflettere. Cosa diceva Beatrice?

Intervento: la settimana scorsa Eleonora parlava dell’osservazione e del calcolo numerico e ha detto che nell’osservazione è implicita la realtà quindi il punto di partenza, così come nel calcolo la realtà è implicita, si parla continuamente, si fanno continue affermazioni ma proprio perché siamo avvezzi a utilizzare il linguaggio non lo interroghiamo, la stessa …

La petizione di principio o in modo più appropriato in termini più logici l’autoreferenzialità …

Intervento: la stessa descrizione di cui si abusa da per implicita la realtà e quindi le persone difficilmente possono accorgersi di come definiscono per esempio l’osservazione, la descrizione e quindi non tengono conto ciò da cui parte il proprio discorso, le proprie inferenze, come ragionano perché il modo di parlare tutta la struttura retorica che utilizziamo per affermare delle cose e quindi per pensare contiene implicite, nel proprio svolgersi quello che è il punto di partenza e cioè la naturalità per cui è molto, molto difficile prendere una certa questione portarla avanti e mostrare che quella realtà implicita e indifferenziata è qualcosa di cui in fondo non sanno assolutamente niente ma la danno per implicita, la danno per scontata però è qualcosa che effettivamente occorre cominciare, ciascuna volta per poter proseguire nel discorso, a distinguere ciascuna volta mentre si pensa quelli che sono gli elementi che fanno proseguire il proprio discorso per cui è estremamente difficile per persone che non sono avvezze a fare i conti con una analisi chiedere conto a quello che vanno dicendo, che stanno dicendo e quindi accorgersi delle superstizioni che si utilizzano per proseguire ad affermare delle cose …

Dica Sandro …

Intervento: stavo pensando che c’è una sorta di scollamento tra … come se le persone ascoltando il discorso intorno al linguaggio non riuscissero a collegare, per esempio, tutta la questione clinica per esempio, la questione della psicanalisi … perché in effetti è un po’ questo quello che manca un po’ quello che facevamo quindi anni fa etc. c’era un riferimento diretto alla psicanalisi … quello che io avverto è che c’è un senso di scollamento, di distanza per cui è difficile trovare … il fatto oggettivo, per esempio, poi chiaramente interviene anche nel discorso della persona, la persona si trova a vivere una sua realtà, un “suo mondo esterno” da lui costruito e che vede in un certo modo senza rendersi conto e questo avviene solo in una analisi accorgersi che questo “mondo esterno” è costruito, questa sua realtà è una sua costruzione, però rimane sempre che dall’altra parte c’è sempre un mondo esterno … far intendere che il discorso comune non si è costruito in un modo differente da quello in cui ciascuno costruisce il suo mondo …uno si costruisce una sua verità e nello stesso tempo il discorso comune costruisce delle verità condivise, ma il funzionamento è sempre lo stesso … questa distanza come se il discorso comune fosse quello che enuncia delle verità universali perché è comune se tutti la pensano così …

Eleonora, di tu …

Intervento: l’autoreferenzialità potrebbe essere un buon argomento per cominciare a mettere in discussione un criterio, il criterio che ha come fondamento solo se stesso, se ho come riferimento, come fondamento solo se stesso beh si pone un problema ché a quel punto non è più decidibile che sia vero o falso …

Intendere che l’osservazione è un criterio e quindi come tale può essere considerato, articolato, elaborato, interrogato già questo è singolare perché non è considerato un criterio, se fosse considerato un criterio sarebbe già un passo. Ma non viene posto in nessun modo come un criterio ma come principio di verifica, e parlare di autoreferenzialità non so quali effetti potrebbe avere …

Intervento: il criterio dell’evidenza …

Sì, l’osservazione viene posta così come anche l’aritmetica come apodissi anziché come un giudizio apofantico, il discorso apodittico è quello che è immediatamente evidente, apofantico è invece quello che è sottoponibile a un criterio verofunzionale, cioè deve essere stabilito essere vero oppure falso, mentre quello apodittico no, è immediatamente evidente, e l’osservazione viene considerata un giudizio apodittico, immediatamente evidente, mentre invece è apofantico, deve essere provato essere vero, come dire che occorrerebbe provare che il criterio dell’osservazione è necessariamente vero con qualcosa che non sia l’osservazione stessa ovviamente …

Intervento: pensavo al modo di porre la questione nel senso che non c’è una realtà oggettiva esistente e quindi bisogna contare più sul fatto che la realtà esiste nel momento in cui gli dai un significato che è indispensabile al sistema linguistico per continuare … il fatto stesso che questa realtà al momento in cui noi gli diamo un significato è funzionale alla costruzione di concetti forse è più semplice che dire che la realtà non è né vera né falsa, porla sul lato significato forse acquisisce più credibilità la cosa …

È possibile, comunque è una via certo, parlare di apodissi e di autoreferenzialità non è un buon modo di partire …

Intervento: sarebbe interessante … la realtà non è sempre stata la stessa nei secoli …

Alcuni potrebbero obiettare che invece sono sempre state così, è vero che a un certo punto si supponeva che la terra fosse piatta ma non per questo, per esempio, non si vedeva sorgere il sole, non si vedeva lo scorrere dei fiumi, non si vedeva piovere …

Intervento: il giudizio che qui è diverso … cosa garantisce che oggi non stiamo vivendo quello che per noi è un evidenza nella stesso modo in cui qualcosa era un’evidenza mille anni fa …

L’obiettore direbbe che sicuramente ciò che lei dice è vero e corretto, in effetti la scienza è ciò che cerca le ragioni dei fatti e degli eventi ma gli eventi e i fatti di per sé non sono mutati, il fuoco oggi, anno domini 2009, brucia come bruciava duemila anni prima di Cristo e quindi alcuni fatti sono immutabili, poi la spiegazione che si da di questi fatti può variare, ma il fatto in quanto tale, che piova e che nevichi non muta. Posso pensare che se piove è perché “gli angeli piangono” come mi raccontava mia nonna …

Intervento: come quello che dicevo prima, in effetti che il progresso del successo scientifico avesse questa prerogativa di correggere gli errori precedenti o di giustificazioni …

Sì, interpretazioni di fatti ma questi fatti si ripetono immutati ed è questa l’oggettività, è questa la naturalità, il fatto che questi eventi si ripetono da sempre esattamente allo stesso modo …

Intervento: come se fosse un testo, come dicevamo tempo fa, se questo testo ha la sua interpretazione certo ma non è un nuovo testo …

Retoricamente potrebbe funzionare …

Intervento: a questo punto diciamo quale testo?

È la questione del testo dell’ermeneutica, e la natura come testo, così come l’ermeneutica afferma che il testo in quanto tale non esiste ma esiste solo la sua interpretazione, allo stesso modo lo stesso discorso potrebbe farsi per la natura, per esempio, la natura in quanto tale non c’è, c’è soltanto un’interpretazione che quindi è un’interpretazione soggettiva, questo retoricamente potrebbe dirsi, ma logicamente no …

Intervento: questo è l’approccio per non partire con l’apodissi …

Intervento: la questione del criterio noi abbiamo stabilito, qual è l’unica necessità senza la quale né la necessità né qualsiasi altra cosa potrebbe esistere? questo è un discorso troppo difficile?*

Beatrice quante volte l’abbiamo detto? Infinite volte siamo arrivati attraverso alcuni passaggi proprio ad affermare questo che l’unico criterio è quello che è fondato su quella struttura che consente la costruzione di qualunque criterio, si trattava adesso di pensare qualche cosa di più facile accesso eventualmente, è chiaro che il criterio che abbiamo reperito è l’unico possibile però (è quello su cui si basa l’analisi perché ad un certo momento dopo aver raccontato tutte le varie storie che si raccontano nell’analisi ecco che o il discorso si psicotizza, si ferma su certe questioni che sono date come reali, come naturali ) era per seguire la proposta di Antonella e cioè di condurre l’uditorio mano a mano, passo, passo quindi di trovare delle argomentazioni che possano essere utilizzate in questo senso, siamo partiti da delle obiezioni che possono essere fatte per vedere di potere utilizzare queste stesse obiezioni ma a vantaggio nostro che sarebbe l’ideale ma ci siamo accorti che non è facilissimo e in effetti è una scommessa riuscire a muovere l’intelligenza di chi ci ascolta cioè cominciarla a farla girare, che significa cominciare a interrogare fornendo ovviamente alle persone degli strumenti per potere interrogare perché se non ha neanche gli strumenti non va da nessuno parte, rimane a quello che ha appreso cioè questo è questo oppure la sua variante è così perché è così …c’è qualcuno che vuole aggiungere qualcosa a questo ? (continuo a pensare alle implicazioni che comporta appunto un percorso che svolge queste questioni, per esempio il percorso della psicanalisi …le implicazioni perché siano così da un primo ascolto… poi è ovvio che un discorso non è servo, non serve per qualcosa il proprio discorso è fine a stesso, funziona e non ha bisogno di servire a nessuno, il discorso è fatto per proseguire però per un uditorio che ci ascolta per la prima volta direi che gli umani chiedono continuamente “libertè, egalitè, fraternitè” e tutte queste belle cose qua, i grandi valori, la scienza gioca con questi valori, direi che se questo discorso fosse praticato tutti questi luoghi comuni cadrebbero in disuso non sarebbero più utilizzati e quindi il pensiero degli umani potrebbe fare i conti con se stesso, adesso forse così è ancora troppo difficile come discorso d’approccio ad un pubblico che cerca delle verità, viene da noi perché diciamo loro quali sono le verità che scopre o che inventa un discorso che si fa in un’analisi, così forse è ancora difficile l’approccio) sì però c’è ancora questo secondo aspetto effettivamente oltre la realtà c’è la questione dei valori nei quali le persone credono …vedere se questi due aspetti sono due facce della stessa questione oppure no se la realtà è i valori, i valori si sa sono particolari tant’è che sono differenti fra popolazioni e anche per le stesse persone mentre la realtà no, mentre per i più questo è l’unico valore che è condiviso effettivamente da tutti mentre una credenza in dio no, non è condivisa da tutti probabilmente perché ci sia la seconda occorre che ci sia la prima cioè la credenza nella realtà, però sembrano differenti però sono queste le due cose fondamentali che caratterizzano gli umani: credere nella realtà e credere nei valori (la realtà quindi la natura quindi il controllo totale su quel sapere che è condiviso ma che non è fondato su nulla se non su delle superstizioni) Antonella stava riflettendo cosa stava pensando? (…) sì, sì non so se c’era quando Nicola proprio disse la stessa cosa (così io so con chi ho a che fare) disse occorre il punto di partenza (…) grosso modo le obiezioni sono (…) certo approvo questa cosa che lei ha proposto troveremo i modi e i termini ed è sicuramente una via da percorre quella di far esporre le persone anziché muovere delle obiezioni invitarle, provocarle, fare in modo che si espongano perché esponendosi la persona è più portata a dedicare maggiore a attenzione a quello che succede se è direttamente coinvolto (non è facile dire che tutto è un atto linguistico ) generalmente lo diciamo dopo tutta una serie di argomentazioni (…) (si potrebbe cominciare con altre domande) questo è tutto da pensare certo ….(porre la scienza come racconto ) può essere retoricamente una via efficace ( ancor prima di puntare tutto sul linguaggio arrivare al linguaggio cioè trovare sempre quella via un po’ più semplice ) bene allora ci troviamo martedì alla conferenza.