INDIETRO

 

 

23-7-2014

 

Questa sera leggeremo qualche brano di Quine, dal testo Logica e Grammatica. L’intendimento di Quine è di considerare che per potere costruire una logica occorre una grammatica e, più che descrivere una grammatica della logica, la costruisce, mostrando quali sono gli elementi di una grammatica necessaria per la costruzione di una logica che è necessaria per stabilire quali sono le condizioni di verità degli enunciati. Pone un esergo tratto da Lewis Carroll che dice: viceversa, continuò Tweedledee, se così fosse, potrebbe essere, e se fosse sarebbe, ma dato che non è non è, questa è la logica. Ora dice Quine: In questo libro ci occuperemo della logica sostanzialmente nel senso che Tweedledee dà alla parola logica, direi che la logica è lo studio sistematico delle verità logiche, alla richiesta di essere più esplicito direi che un enunciato è logicamente vero se tutti gli enunciati con la sua struttura grammaticale sono veri. È una definizione abbastanza comune, poi aggiunge che due enunciati significano la stessa proposizione quando risultano veri negli stessi mondi possibili, le verità della logica e della matematica occuperebbero allora un estremo sarebbero veri in tutti i mondi possibili – una specie di verità eterna, poi considera però che questo ha dei problemi perché dice – occorre far notare che nel caso estremo in cui credenze confermate da tempo immemorabile, a proposito di verità eterne, vengono messe in questione da una singola osservazione contrastante, quest’ultima verrebbe liquidata come una semplice allucinazione. La ragione per cui certi enunciati si trovano in rapporto con l’osservazione individualmente, diventa manifesta non appena riflettiamo sul modo in cui impariamo a parlare, molte espressioni tra cui quelle che apprendiamo per prime vengono apprese ostensivamente, vengono cioè apprese nella situazione che esse descrivono o alla presenza delle cose cui esse fanno riferimento, in breve esse sono condizionate a certe osservazioni anzi a osservazioni di carattere pubblico – qui si sente l’influenza di Wittgenstein – dal momento che sia discente che docente debbono riconoscere l’appropriatezza dell’occasione – e cioè che qualcuno sta insegnando qualcosa a qualcun altro – ora se un’espressione viene appresa da ciascuno in questo modo tutti tenderanno ad applicarla uniformemente in risposta alle stesse stimolazioni. È proprio tale uniformità a fornire un criterio comportamentale per distinguere gli enunciati osservativi e di nuovo in virtù di tale uniformità gli scienziati nel controllare la loro rispettiva evidenza tendono a ricorrere agli enunciati osservativi in quanto capaci di garantire l’accordo – questo è uno dei motivi principali, già l’aveva notato Feyerabend, cioè si scelgono quelle tesi che sono più facilmente e più efficacemente, più plausibilmente divulgabili, questo in una qualunque teoria – impariamo poi altre espressioni contestualmente in modi che generano una complessa rete di enunciati variamente interconnessi, le connessioni sono di tipo tale da renderci inclini ad affermare o negare certi enunciati, se inclini ad affermare o negarne certi altri, sono queste le connessioni tramite cui la nostra teoria della natura assorbe il suo contenuto empirico dagli enunciati osservativi ma sono sempre queste le connessioni per cui in certi casi estremi la nostra teoria della natura ci può spingere a ignorare o liquidare una certa osservazione, anche se sarebbe pericoloso cedere spesso a questo impulso. – come dire in altri termini che c’è una sorta di abitudine a pensare in un certo modo, e ciò che si è abituati a pensare come vero non cede facilmente la propria posizione a qualunque altro enunciato, anche se dimostrato essere vero, diceva prima che viene preso come una sorta di allucinazione. Il suo programma è di costruire una grammatica della logica ma di costruire questa grammatica nel modo più semplice possibile, una sorta di principio minimo di tollerabilità. La grammatica in effetti lui la intende innanzi tutto nell’accezione più comune, e cioè come un insieme di categorie che ricorsivamente vengono applicate a un discorso per costruire delle altre sequenze – per fare questo dunque deve limitare tutti gli elementi che possono occorrere nella costruzione di una teoria e vedremo che si limita a tre fondamentalmente, poi fa un accenno alla verità, ovviamente come riferimento, cioè come adeguamento della parola alla cosa e considera che la realtà da cui la verità dovrebbe dipendere nella sua prospettiva è insoddisfacente, risolvendosi in una sorta di proiezione immaginaria degli enunciati, qui parla di Tarski in particolare, il famoso enunciato di Tarski: “la neve è bianca”– tra virgolette – è vero se e solo se è bianca. – La grammatica per recursione. – qui articola ciò di cui accennavo prima dice – il problema del grammatico è questo: quali stringhe di fonemi appartengono alla lingua sotto esame – e non quali fonemi ma quali stringhe di fonemi –quali stringhe cioè vengono emesse o potrebbero essere emesse nell’ambito della comunità come discorso normale perciò il compito del grammatico consiste nel delimitare formalmente tale classe di fonemi, dove “formalmente” significa restando nell’ambito di una teoria puramente matematico concernente stringhe di fonemi, più esplicitamente “non dire nulla più di quello che può essere detto per mezzo di un vocabolario che si comprenda”. – tutto qui – le stringhe di fonemi che possono essere ottenute dal lessico mediante l’uso reiterato delle costruzioni, debbono poter occorrere tutte nel discorso normale e viceversa ogni stringa che possa occorrere nel discorso normale deve poter essere ottenuta dal lessico mediante reiterato uso delle costruzioni – cioè la stessa cosa di prima, il compito del grammatico è trovare quelle stringhe di fonemi, sono la minima unità di suono, tutte quelle stringhe che vengono effettivamente emesse, quelle e solo quelle che vengono emesse o possono essere emesse, tenendo conto ovviamente delle regole di costruzione che sono quelle che dice la grammatica – le categorie per esempio sono ciò che si usava chiamare le parti del discorso, ciò che la grammatica ci dice indirettamente tramite il suo lessico, le sue categorie, le sue costruzioni, non è che quest’ultimo enunciato è vero ma piuttosto che esso appartiene alla lingua italiana – cioè la grammatica si occupa di stabilire quali sono le sequenze, le stringhe, le parole che appartengono a un certo linguaggio e individuare le regole di costruzione per costruire quelle e solo quelle e nient’altro. La grammatica non si occupa di verità, non è affar suo, definisce la categoria di un’espressione come la classe di tutte le espressioni che sono intercambiabili con essa “salva congruitate” cioè devono essere congrue con le premesse, quindi una categoria è una classe di tutte le espressioni che sono intercambiabili con essa … a un certo punto visto che parla di uso del linguaggio e quindi di abitudine e di conseguenza di normalità dice – ci viene il sospetto che sia la nozione di “normalità”, nel senso pertinente, a dipendere da quella di grammaticalità e non viceversa – questo già incomincia a interessarci, come dire che la “norma” incomincia a dipendere dalla struttura grammaticale, cioè dalla ricorsività di elementi grammaticali che sono quelli che stabiliscono qual è la norma, ma poi sarà più preciso – l’obiettivo del grammatico è questo: (riprende la questione) tracciare una demarcazione formale in modo ragionevolmente semplice e naturale della classe di stringhe di fonemi che includa in pratica tutte le emissioni verbali effettivamente riscontrate ed escluda il più possibile quelle che non si sentono mai pronunciare – vi rendete conto che è molto semplice in effetti, ora Grammatica logica, nello specifico, dice: – consideriamo più da vicino l’analisi grammaticale in un contesto più limitato quando si applica alle notazioni della logica simbolica – tutto sommato è questo che interessa a lui cioè costruire una grammatica della logica simbolica – sono notazioni che grazie alla loro artificialità ammettono una grammatica abbastanza semplice, il lessico e le costruzioni sono sufficienti senza alcun bisogno di trasformazione – quindi sono il lessico e costruzioni, visto che le costruzioni sono quegli elementi che vengono posti in essere dall’applicazione reiterata delle regole grammaticali – la più comune forma artificiale di notazione che compare nella moderna teoria logica basa la propria grammatica sulle seguenti categorie: una categoria di predicati monadici o verbi intransitivi, una categoria di predicati diadici o verbi transitivi, talvolta anche una categoria di predicati triadici – ma questo a noi non interessa – oltre a queste categorie di predicati c’è una categoria infinita di variabili, le variabili nella logica simbolica sono tre generalmente x, y, z poi x’, y’, z’, x’’, y’’, z’’ e così via all’infinito. L’apice applicato a x per formare x primo non indica relazioni ma serve a aumentare la quantità delle variabili – questo si era inteso – il resto della grammatica consiste di ulteriori costruzioni grammaticali, una di queste è la predicazione di un predicato monadico che si ottiene combinando questo predicato, poniamo il verbo “cammina”, con una variabile per formare un enunciato (x cammina) il risultato è un enunciato atomico nel senso che non contiene enunciati subordinati – solo questo – possedendo una variabile e anche un enunciato aperto – questo è importante: l’apertura dell’enunciato avviene quando l’enunciato contiene una variabile, se contiene invece un nome l’enunciato è chiuso, perché la variabile può essere applicata a qualunque cosa teoricamente, entro certo limiti ovviamente che vedremo, mentre se è un nome la questione finisce lì. Poi aggiunge: – un enunciato aperto aggiunge è vero per alcuni valori della variabile, – nel caso del suo esempio “quelli che camminano”, falso per altri valori, ma in se stesso l’enunciato x cammina, dice, non è né vero né falso, non significa niente. Quindi abbiamo il predicato monadico, quello diadico sarebbe “x ama y”, per esempio , poi le variabili, poi dice – le costruzioni rimanenti sono costruzioni di enunciati da enunciati – quindi dall’enunciato atomico costruiamo enunciati complessi e da enunciati altri enunciati e così via – per esempio la negazione che consiste nel far precedere un enunciato dal simbolo “non” per formare un altro enunciato, la congiunzione, nel senso logico della parola, è un’altra di queste costruzioni consistente nella combinazione di due enunciati per mezzo della particella “e” rappresentato in notazione da un punto –può essere rappresentata in vari modi, lui usa questa notazione – e infine una terza costruzione su enunciati la quantificazione esistenziale che si applica a un enunciato aperto, quindi con una variabile per formare un altro enunciato. La variabile poniamo la lettera “x” viene inserita in un così detto “quantificatore” nel modo seguente: vi è una x. Questo quantificatore viene poi premesso all’enunciato aperto nel modo seguente: vi è un x tale che x cammina, l’enunciato che abbiamo ottenuto dice che esiste un qualche cosa e che questo qualche cosa cammina. Questa è tutta la grammatica logica che mi ero proposto di esporre, manca ora solo la lista dei predicati che può comprendere predicati monadici come “cammina” e “bianco”, predicati diadici come “ama” “maggiore di” “più pesante di …” eccetera – ecco dice lui, tutto il resto è superfluo e lo liquida rapidamente. Però in questa architettura che sta costruendo per una grammatica della logica fa notare giustamente che in tutto ciò mancano i nomi, ci sono solo variabili, predicati, e particelle come il “non” la “e” e un “quantificatore esistenziale” e i nomi? Non ci sono, dice – l’omissione più importante in tutto ciò è quella dei nomi – a lui interessa eliminarli perché costituiscono un problema e vedremo perché – ancora una volta si tratta di una mera comodità a rigore superflua, supponiamo che a sia un nome, e fda un enunciato che lo contiene – per esempio a un nome, qualunque cosa per esempio “penna”, fda “penna che scrive”. Ora fda è ovviamente equivalente a “vi è una x, tale che a = x” cioè vi è almeno una x tale che la a sia x cioè una variabile e su questa variabile, noi applichiamo una funzione fdx cioè la penna è uguale a x e x scrive, cioè la penna scrive. – da questa semplice considerazione segue che non vi è alcuna occorrenza essenziale di a se non nel contesto a =, cioè nella necessità di dire che questa a = x e questa x fa questa cosa. Ma a = si può sempre interpretare, tutto questo per eliminare i nomi, si può sempre interpretare come un predicato semplice A (maiuscolo) facendo a meno del nome “a”, quindi fda viene così sostituito da vi è un x tale che Ax fdx dove il predicato A è vero unicamente dell’oggetto a, ––e a questo punto ha eliminato i nomi, non servono più, li ha sostituiti con il predicato cioè con ciò che quella cosa fa. Ecco poi un altro problema un’altra cosa che occorre eliminare il “tempo”. Una cosa può essere vera adesso ma può essere falsa fra cinque minuti. Quindi occorre trovare un qualche cosa che trasformi questa incidenza della temporalità nel concetto di verità in qualche cosa di eterno, cioè di fisso. – un oggetto fisico nel senso più generale e più lato può essere pensato come l’intero contenuto materiale quadridimensionale (quindi c’è anche il tempo) non importa quanto sporadico ed eterogeneo di qualche porzione di spazio tempo. Quando questo oggetto fisico è solido e compatto internamente ma aderisce poco in modo irregolare i suoi dintorni spazio temporali tendiamo a chiamarlo “un corpo”, altri oggetti fisici si possono chiamare in modo meno innaturale “processi” “avvenimenti” “eventi” altri ancora non hanno un termine caratteristico … Basti pensare a come sarebbe difficile dare un senso all’applicazione di un predicato, a qualche cosa che non esiste più o alla quantificazione su oggetti che mai in nessun momento sono esistiti contemporaneamente e alla loro riunione in insiemi, – se noi affermiamo che esiste una x ma questa x non c’è, diventa complicato –forse dice se ci ingegnassimo a costruire dei nuovi predicati da aggiungere al lessico – perché i predicati fanno parte del suo sistema – ed aggiungessimo alla serie di valori delle variabili quantificate un nuovo dominio di oggetti appositamente studiato, potremmo ottenere quelle desinenze avverbiali senza uscire dai limiti della nostra grammatica standard, studiando questa possibilità Davidson ha individuato negli eventi il nuovo dominio di oggetti adatto allo scopo, esempio x cammina rapidamente in un qualsiasi momento, diventerebbe così all’incirca: vi è una y tale che y è un camminare di x e y è rapido. Un innocuo predicato “è rapido” ha così preso il posto dello scomodo avverbio “rapidamente”. Il predicato unario “cammina” o meglio il predicato binario di “camminare”, in un certo istante di tempo, è stato sostituito da un diverso predicato binario che mette in relazione l’evento del camminare con colui che cammina. Interpretando in questo modo non esistono due eventi che abbiano gli stessi confini spazio temporali. – poi elimina anche gli “atteggiamenti proposizionali” eccetera ecco: – dato un insieme grosso modo generico della sua grammatica standard … –che ricordatevi sempre che serve a costruire una logica, la quale serve a stabilire le condizioni di verità degli enunciati. Adesso parla di verità e soddisfacimento, perché cerca un rapporto tra la grammatica e la logica – il modo in cui comunemente logici e grammatici parlano di enunciati è molto simile, abbiamo visto però una differenza, il logico parla di enunciati come mezzo per raggiungere la generalità lungo una dimensione che non può essere coperta dalla quantificazione – quindi il predicato di verità gli serve per mantenere il rapporto con il mondo ma il legame tra logici e grammatici è ancora più stretto del comune eccetera – in particolare prendiamo la grammatica artificiale che abbiamo costruita prima lo stretto rapporto di una grammatica di questo tipo con la logica sta nel fatto che la logica studia le condizioni di verità degli enunciati alla luce della loro costruzione grammaticale –– questo è fondamentale perché dicendo che la logica studia le condizioni di verità degli enunciati alla luce della loro costruzione grammaticale, incomincia a fare dipendere la verità dalla grammatica cioè dal modo in cui qualche cosa è costruito, da una grammatica che può essere qualunque, lui ne ha costruita una, possiamo costruirne quante vogliamo, quella che ha costruita è grosso modo la grammatica standard che i logici utilizzano ma questo non ci impedisce di costruire tutte quelle che vogliamo – in particolare la logica delle funzioni di verità cerca la verità attraverso due costruzioni la negazione e la congiunzione, determinando il valore di verità del composto a partire da quelli dei costituenti – sarebbe la teoria composizionale – che nelle teorie semantiche è quella che dice che il significato, quindi, indirettamente, la verità di una proposizione è determinata dalla verità dei suoi componenti – se la logica ricostruisce le condizioni di verità attraverso le costruzioni grammaticali e tra queste vi sono le funzioni di verità, la logica delle funzioni di verità ottiene una sua precisa collocazione. La grammatica che noi logici chiamiamo tendenziosamente standard è una grammatica costruita al solo scopo di facilitare l’individuazione delle condizioni di verità e si tratta certamente di un ottimo scopo –a questo punto invece dice che la grammatica è costruita allo scopo di facilitare l’individuazione delle condizioni di verità, come se queste condizioni di verità fossero già presenti, la grammatica serve solo a individuarle più facilmente; vedremo che andando avanti le cose diventano un po’ più complicate– in questa grammatica, sempre quella che abbiamo costruita prima, la predicazione consiste sempre nell’aggiungere predicati a variabili mai a nomi, dunque tutti gli enunciati semplici sono aperti –– perché questa grammatica se deve essere utilizzata ricorsivamente per costruire delle cose, deve contenere delle variabili per potere metterci di volta in volta quello che ci pare, se fossero enunciati chiusi non potremmo più utilizzarli per costruire altre cose ricorsivamente – dunque tutti gli enunciati semplici sono aperti come (x cammina) e (x maggiore di y) , perché le loro variabili sono libere di conseguenza essi non sono né veri né falsi ma solo soddisfatti da certe cose, l’enunciato (x cammina) è soddisfatto da ogni individuo che cammina e niente altro, occorre aggiungere che la negazione di un enunciato aperto con una variabile è soddisfatta proprio dalle cose che non soddisfacevano l’enunciato prima della negazione – ovviamente se io nego x questa negazione dice che tutte le cose che prima era x, vengono negate. La negazione di un enunciato aperto con una variabile è soddisfatta dalle cose che come se significasse non soddisfacevano l’enunciato prima della negazione – sta dicendo le stesse cose, cioè l’enunciato negato è soddisfatto da tutto ciò che prima, allo stesso modo, la negazione soddisfaceva. Consideriamo dunque l’enunciato aperto x conquistò y, dovremo pensare al predicato “conquistò” come se significasse atemporalmente “conquista in qualche tempo” – tenete sempre conto che lui vuole eliminare la temporalità dagli enunciati – questo enunciato è aperto e soddisfatto dalla coppia “Cesare Gallia”, non solo ovviamente, – qualunque cosa possa essere sostituita a x e y e che appartenga al “conquistare da parte di qualcuno qualcosa – quindi un enunciato è vero quando è vero per tutti i valori delle sue variabili libere e quindi è soddisfatto da tutte le sequenze, x = x si considera dunque vero perché x = x – perché x = x è soddisfatto da qualunque cosa ci si metta al posto della x, se io al posto della x metto orologio, orologio = orologio: è soddisfatto. Sulla questione di “soddisfazione” ovviamente ci sono dei problemi che tra poco cercherà di risolvere, spostandoli soltanto perché anche questo concetto “soddisfazione” non è così preciso, “soddisfatto” cosa vuole dire? Letteralmente che è sufficiente, però è un termine ancora vago e infatti cercherà di eliminarlo tra breve, come? Intanto dice che definire la verità in termini di soddisfacimento è molto semplice, essa è soddisfacimento per tutte le sequenze, quando tutte le sequenze sono soddisfatte allora questa serie di sequenze è vera, nient’altro che questo, ecco poi la definizione di verità di Tarski – un modo ragionevole di spiegare un’espressione è dire quali condizioni rendono veri i suoi vari contesti – questo secondo lui è il modo ragionevole di spiegare un’espressione “quali sono le condizioni che rendono veri i suoi contesti” – di qui la tentazione di considerare le condizioni di soddisfacimento come spiegazioni della negazione, congiunzione e quantificazione esistenziale. Le condizioni di soddisfacimento formulate per la negazione, congiunzione e quantificazione presuppongono una comprensione dei segni stessi che esse dovrebbero spiegare o di altri che danno gli stessi risultati, la spiegazione della negazione è infatti che essa è soddisfatta da una sequenza quando questa sequenza non soddisfa l’enunciato costituente della negazione – come dire che stiamo dicendo, spiegando la negazione utilizzando la negazione, in retorica si chiama “petizione di principio” – Verità logica: la nostra ricerca sulla nozione di verità – quindi a questo punto non è nient’altro che il fatto che una sequenza sia soddisfacibile da un qualche cosa, anche se “soddisfacibile” rimane ancora vago, perché poi lui in effetti sostituisce la “soddisfacibilità” con l’“appartenenza” e cioè “una sequenza è soddisfatta da un qualche cosa” significa che questo qualche cosa appartiene alla sequenza, ma come dicevo prima questo sposta solo la questione sul termine “appartenenza” – la nostra ricerca sulla nozione di verità si è trasformata in ricerca sulla nozione di soddisfacimento, la verità è il caso limite del soddisfacimento come l’enunciato chiuso è il caso limite dell’enunciato (aperto ovviamente) cioè il caso limite del soddisfacimento di un enunciato aperto è l’enunciato chiuso perché la variabile non è più variabile ma diventa individuata. Dunque – non spetta alla logica stabilire quali sequenze soddisfano gli enunciati semplici ma volta a volta sulla base di questa informazione stabilisce piuttosto quali enunciati composti saranno veri o quali sequenze li soddisferanno – quindi non spetta alla logica stabilire quali sequenze soddisfano enunciati semplici, cioè se le cose stanno proprio così, che è vero se è vera una certa cosa, ma di volta in volta stabilisce quali enunciati composti saranno veri e quali sequenze li soddisferanno, e cioè la logica si occupa di enunciati anche se esiste una logica dei termini ovviamente ed è antichissima però secondo lui, quindi secondo Quine, non si occupa di enunciati semplici perché questi enunciati semplici fanno parte della fisica, della natura, della psicologia eventualmente non della logica, la logica si occupa di come si combinano questi enunciati formando enunciati complessi, e quali sono le condizioni di verità di questi enunciati complessi. In questo non sarebbe propriamente una metafisica, nel senso che la metafisica invece si occupa proprio di enunciati semplici, come dire che cos’è quella certa cosa, la logica, dice Quine, non si occupa di stabilire, di cercare di sapere che cos’è una certa cosa ma quali sono i modi in cui certe affermazioni si combinano tra loro e che cosa si produce da queste combinazioni, ovviamente per potere costruire costruzioni più complesse e potere lavorare su queste costruzioni occorre esattamente quella grammatica che prima ha descritta, se no non si fa niente. Ecco l’ultimo capitoletto dove trae le sue conclusioni, dice – quindi una verità logica è un enunciato la cui struttura grammaticale è tale che tutti gli enunciati con quella stessa struttura sono veri. – che in effetti è la definizione stessa di grammatica poi tutto sommato, dicendo che la verità logica è un enunciato la cui struttura grammaticale è tale che tutti gli enunciati di quella stessa struttura sono veri, dice che se la grammatica dice che si costruisce così una certa cosa e io mi attengo a questa regola e la reitero all’infinito otterrò sempre enunciati corretti – che enunciati hanno la stessa struttura grammaticale quando sono intercambiabili mediante sostituzioni lessicali – il lessico è la lingua parlata – la nostra nuova definizione di verità logica allora può essere anche espressa così: una verità logica è un enunciato che non può diventare falso per sostituzione di lessico, quando sostituiamo ai suoi elementi lessicali qualunque altra stringa appartenente alle stesse categorie grammaticali, l’enunciato risultante è vero, cioè se sostituisco “scapolo” con “non sposato” l’enunciato rimane vero per farla breve. Viste così appaiono tutte cose banali in effetti e in buona parte lo sono, però sono importanti per il logico per attenersi scrupolosamente e unicamente alle regole di costruzione che lui ha stabilite, usando quelle e nient’altro che quelle. Adesso a questo punto dice, siamo alla fine e fa una sua considerazione finale –la grammatica è un fatto puramente linguistico, la verità non lo è – però dice anche – un enunciato è logicamente vero se tutti gli enunciati con quella struttura grammaticale sono veri – in altre parole si sarebbe tentati di dire questo “un enunciato è logicamente vero se è vero puramente in virtù della sua struttura grammaticale” – questo è notevole visto che era partito dalla verità come adeguamento della parola alla cosa – adesso siamo arrivati a questo ciò nonostante io evito questo modo di dire che suggerisce che è il linguaggio e solo il linguaggio a rendere vera la verità logica e che la natura del mondo non c’entra per nulla – sembra che gli secchi questa cosa – questa dottrina che chiamo “teoria linguistica della verità logica” è quella sottoscritta da Carnap –Carnap nella sua prefazione al testo, un testo del 66 “La sintassi logica del linguaggio” dice – che cos’è la sintassi logica? Per sintassi logica di un linguaggio intendiamo la teoria formale delle forme linguistiche di quel linguaggio, lo stabilimento sistematico delle regole formali che lo governano e lo sviluppo delle conseguenze derivabili da queste regole, una teoria, una regola, una definizione e simili sono denominate formali quando in esse non viene fatto alcun riferimento sia al significato dei simboli (delle parole) sia al senso delle espressioni cioè delle proposizioni ma semplicemente e soltanto ai tipi e all’ordine dei simboli di cui sono formate le espressioni e aggiunge “linguaggio come calcolo” se per calcolo si intende un sistema di convenzioni o regole del tipo seguente esse sono inerenti a elementi così detti simboli sulla natura e sulle relazioni dei quali non si assume altro che sono distribuiti in varie classi,– questa è l’unica cosa che si dice dei simboli che sono distribuiti in varie classi, tutto qui. – ogni serie finita di tali simboli è considerata un’espressione del calcolo in esame. Le regole di un calcolo determinano in primo luogo le condizioni secondo cui un’espressione risulta appartenente a una certa categoria di espressioni e in secondo luogo le condizioni secondo cui la trasformazione di una o più espressioni in un altro o in altre è lecita. –Vedete come siamo già molto vicini a qualche cosa che si è sviluppata negli anni successivi fino ai linguaggi di programmazione, dove in effetti si tratta semplicemente di regole di connessione. Proseguiamo con Quine che dice ancora una cosa, dunque a un certo punto, messo alle strette dalle cose che lui stesso dice che – la logica è ovvia, è potenzialmente ovvia, le verità logiche sono legate alla traduzione in un senso non più profondo mi pare di quello di altre verità ovvie, per esempio a emissioni verbali di “piove” sotto la pioggia. – qui con “traduzione” indica semplicemente un metodo di costruzione di teorie logiche, cioè come si impara per esempio un'altra lingua o meglio ancora quando ci si trova di fronte a un’altra popolazione che parla un’altra lingua, si cerca di tradurre le espressioni, i gesti che fa l’altra persona nella nostra lingua quindi nella nostra logica, questa sarebbe la “traduzione”. Poi considera la matematica perché anche la matematica ha un suo lessico privilegiato – la matematica si presenta imparziale di fronte alle scienze naturali proprio come la logica – sono le uniche due scienze per Quine assolutamente imparziali nei confronti di ciò che studiano – in virtù di queste caratteristiche della logica e della matematica, la loro pertinenza a tutte le scienze e loro imparzialità verso di esse è diventato abituale tracciare una netta linea di confine per separarle dalle scienze naturali. – le scienze naturali parlano di cose, la matematica e la logica parlano di relazioni, connessioni – a queste ultime, scienze naturali, si attribuisce il monopolio dell’informazione mentre la logica e la matematica servono solo per elaborarla. Questa spiegazione è seducente ma il guaio comincia se si spinge oltre la metafora. – infatti perché dice e torna un po’ alla questione del “come si apprende” come si apprende per esempio l’aritmetica – dice – l’apprendimento dell’aritmetica è suffragato dall’osservazione? Per alcuni sì, metti sette conigli in una conigliera aggiungine cinque e per qualche tempo il totale è dodici, ma quando parlo di affinità tra matematica e scienze naturali non intendo questo, il segno + di 7 + 5 non connota un raggruppamento spaziale di oggetti, lasciando perdere poi considerazioni sulla stabilità di conteggio dei conigli nel tempo, se in certo momento ci sono 7 conigli in un certo luogo e 5 conigli in un altro e le due zone non si sovrappongono allora in quel momento vi sono 12 conigli nella zona molto probabilmente discontinua che consta di quelle due zone, questo è il massimo che si può dire dei conigli sulla base di 7 + 5 = 12. – dice– Apprendiamo la logica apprendendo il linguaggio. Questo è tutto ciò che si può dire a favore della teoria linguistica della verità logica – che sia il fondamento non è tutto ciò che si può dire, se apprendiamo la logica apprendendo il linguaggio vuole dire che le due cose avvengono simultaneamente, e cioè che non si dà una senza l’altra.dice Carnap nella sua teoria linguistica della verità logica ha rappresentato il linguaggio come analogo a un sistema formale deduttivo, ci sono regole di formazione e regole di trasformazione, le regole di formazione ci danno la grammatica e il lessico, sono il corrispondente delle regole di un sistema formale deduttivo che specificano la nozione di sistema, le regole che specificano quelle che Church chiama le formule ben formate – cioè la grammatica della logica ci dice in definitiva quali sono le formule ben formate cioè quelle composte da variabili individuali, variabili enunciative, parentesi, segni di interpunzione e connettivi “e”, “o”, “non”, “se … allora”, questa è tutta la grammatica della logica generalmente, le regole di trasformazione ci danno le verità logiche e anche le verità matematiche, anzi le verità analitiche in generale, esse sono il corrispondente degli assiomi e delle regole di inferenza di un sistema formale deduttivo, dunque secondo Carnap la grammatica e la logica sono sullo stesso piano, un linguaggio ha la sua grammatica e la sua logica, Carnap considera l’analogia tra linguaggi e sistemi formali deduttivi solo come un’analogia e sostiene che né le regole di trasformazione, né le regole di formazione sono esplicite nella mente di chi apprende un linguaggio da nativo, ma la mia posizione nonostante l’enfasi che ho messo sulla stretta connessione fra grammatica e logica è che questa analogia sia nel migliore dei casi inutile. – Carnap è un logico quindi si appoggia a qualcosa che immagina sia stabile, però quando dice che né le regole di trasformazione, né quelle di formazione sono esplicite nella mente di chi apprende un linguaggio da nativo, dice qualcosa di importante: non sono esplicite: in effetti non vengono dette e qui interviene una questione molto più complessa, perché come si trasmettono a questo punto, visto che ci sono? La questione dell’apprendimento del linguaggio qui è centrale, ciò che vado sostenendo è che l’apprendimento del linguaggio, appunto, avviene esattamente così come una macchina apprende ciò che il programmatore gli mette dentro. Non sono solo io a pensare questo anche altri lo pensano ma a questo punto risulta abbastanza evidente, nonostante ciò che ha cercato di fare Quine, che la connessione tra la logica e la grammatica e cioè il fatto che le verità logiche dipendano dalla grammatica e soltanto dalla grammatica è sempre più forte ed è ineludibile, dal momento che per costruire, basta pensare un attimo a quello che ha fatto Quine per costruire la possibilità di reperire le condizioni di verità di enunciati, ha dovuto costruire una logica, per costruire una logica si dovuto avvalere di una grammatica, che ha costruito ovviamente, tutte queste cose le ha costruite passo per passo come abbiamo visto, quindi la questione che può ancora essere posta è se esistono soltanto verità logiche oppure esistono verità che non sono logiche, cioè verità fuori dal linguaggio, se appartengono al linguaggio sono verità logiche, perché dipendono dalla struttura stessa del linguaggio.