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23-6-2010

 

Ci sono questioni?

Intervento: negli ultimi incontri si parlava della fantasia ossessiva e cioè del rendere tutti uguagli, il valore dell’uguaglianza e abbiamo detto che molto probabilmente è uno dei motivi per cui si è inventato dio, un dio che sovrintende all’uguaglianza e quindi alla giustizia … sono i fondamenti della morale, del diritto la giustizia e tutte queste cose qua e questa avevamo detto che era una fantasia del discorso ossessivo quella del livellamento e pare per un certo verso un contro senso per il funzionamento del linguaggio, è una legge che si è istituita dalle varie religioni quindi il linguaggio funziona comunque benissimo ecco la questione di questa fantasia quale tornaconto ha? la mancanza di responsabilità, il dover immaginare, per esempio Freud ne parla nella Psicologia delle masse, l’orda primitiva la colpa determina la legge … tutti quanti amano sentirsi uguali nel senso …

Non tutti, per esempio l’isterica non lo sopporta, cioè tutti gli altri sono uguali ma lei no …

Intervento: ma neanche l’ossessivo a quel punto, vuole che tutti quanti siano uguali ma immagina sé differente dagli altri perché detiene la sua verità …

L’ossessivo non si espone mai ma deve diminuire, mettiamola così, il prossimo per convincersi che nessuno ha ragione, nessuno ha la verità, neanche lui …

Intervento: ma questo vuol dire che lui conosce questa verità …

In un certo senso sì, in ogni caso questo è ciò che gli dà l’importanza, il sapere che nessuno conosce la verità e lui sa, però il suo sapere non lo espone perché l’esporlo comporterebbe l’eventualità che anche questa che lui suppone essere la sua verità non lo sia, cioè non sia sostenibile, per cui si astiene, poi ciascun altro discorso punta a reperire la propria importanza e quindi in definitiva trovare quegli elementi, come dicevamo la volta scorsa, quella scena, quel film dove lui è importante e cioè le cose che dice, che pensa hanno valore per il mondo intero. Rispetto alle varie strutture di discorso cambia solo il modo in cui questo si verifica, ciascun discorso, anche il discorso paranoico, per questo il paranoico non sopporta la logica perché la logica è ferrea, costringe ad attenersi a delle sequenze e questo lo infastidisce perché essendo lui a sostenere la verità, qualcuno o qualche cosa che in questo caso che mostri la ineluttabilità di un’altra verità, è una cosa assolutamente intollerabile …

Intervento: ne va della sua vita, del suo pensiero se non riesce a imporre …

Sì, per questo messo alle strette di fronte ad una argomentazione logica si sottrae immediatamente, anche fisicamente, certe volte cioè se ne va proprio …

Intervento: forse per via della sua incertezza perché la necessità di avere confermata la sua verità  Deve essere confermata, ma è sufficiente per un paranoico che altri non mettano in discussione ciò che lui dice, questo gli basta per potere essere al sicuro da ogni pericolo e il pericolo consiste nell’eventualità che qualcuno gli mostri logicamente la falsità delle sue affermazioni e allora è una catastrofe per il paranoico, però rientra immediatamente perché si sottrae e cessa di ascoltare qualunque cosa …

Intervento: non ho capito la questione del livellamento …

Intervento: nessuno deve emergere, in qualche modo l’eliminazione di chi detiene la verità assoluta poi tutto sommato, anche proprio nella questione intellettuale e cioè l’intelligenza questo livellamento che avviene a partire dalla necessità di essere tutti uguali come dei buoni figli ma al momento in cui uno si trova a illustrare, per esempio, come stiamo facendo noi quella che può essere definita l’unica verità e cioè il linguaggio ecco che allora c’è da parte delle persone questo automatico livellamento dell’intelligenza, del pensiero direi uno dei motivi per cui troviamo tanta difficoltà a portare avanti il nostro discorso che illustra abbastanza facilmente quello che è il fondamento di qualsiasi legge o istituzione ha a che fare con questa necessità del non fare emergere nulla che vada a contrastare quelle che sono gli usi e i costumi delle persone. Per questo mi interessava questa necessità di livellamento che poi prende infinite configurazioni, per esempio la necessità mostrare di essere buoni con l’altro, di essere gentile, di trattarlo bene tutti gli inganni madornali legati a questo modo di pensare laddove tutto gira a partire dai valori, dalle cose importanti, si parlava anche dell’invidia, cos’è l’invidia? Questa necessità di essere importanti, per esempio l’accumulo di ricchezze perché gli altri mi possano invidiare, mi possano in qualche modo vedere, sono tutti inganni allo stesso modo, così come la necessità di istituire la legge, perché? Si giustifica con l’idea che se no gli umani si scannerebbero l’uno con l’altro ma se ci fosse dignità dell’ intelligenza non ci sarebbe bisogno di mostrarsi a qualunque costo …

L’etimo di valore è abbastanza incerto, comunque sembra avere a che fare con la forza, la sicurezza. Sembra che il valore in effetti si riferisca all’idea di qualche cosa che è stabile, che è sicuro, che è forte, che è certo, qualcosa che offre una garanzia assoluta, qualcosa su cui ci si può appoggiare, qualcosa da cui partire, una premessa vera. Potrebbe essere in effetti che tutto ciò che per gli umani ha un valore sia qualcosa che è riferito direttamente o indirettamente a una fantasia antica, una fantasia diciamo infantile, ma nel senso di antico e cioè una fantasia che attribuisce il maggiore valore a quella prima affermazione, il famoso “questo è questo” che ha dato l’avvio, ché da quel momento tutto è incominciato a esistere. Dunque il valore pare sorgere da qualche cosa che ha dato origine al discorso cioè a quella o a quelle serie di affermazioni che valgono, per dirla alla Vico, sono delle degnità, cioè degli assiomi, degnità o assiomi sono la stessa cosa, quegli elementi che hanno appunto la dignità di essere posti come premesse e che danno l’avvio a tutto ciò che segue. La questione centrale in tutto ciò è che chiaramente un discorso viene costruito a partire da questi assiomi o valori, e sono appunto le fantasie; se una persona pensa cose di valore o se si attiene a cose di valore allora anche lui chiaramente sarà persona di valore, e cioè importante e cioè quello che dice sarà considerato vero e a questo punto il suo discorso è soddisfatto, e lui di conseguenza. Questo appare, dicevamo anche la volta scorsa, inevitabile, cioè è il linguaggio stesso che costringe costruendo il discorso in questo modo, costringe il discorso a reperire la verità e quindi tutto ciò che ritiene essere vero deve anche essere degno, importante, considerevole etc., non è tanto la persona in quanto tale, che non significa niente, è il discorso di cui è fatta la persona che ha questa esigenza di essere importante per qualcuno, la necessità del vero.

 

Proposizione 23

 

Consideriamo le regole di formazione e cioè che cosa è necessario per la costruzione di proposizioni. Intanto è compito della logica costruire proposizioni vere? E che cosa dobbiamo intendere con proposizioni vere? Possiamo soltanto affermare che una proposizione è vera quando soddisfa i criteri stabiliti per potere affermarla come tale questo è molto alla Wittgenstein niente più di questo, i criteri stabiliti sono le regole da applicare al fine di verificare se una proposizione è vera, se non soddisfa tali criteri allora si chiama falsa.

 

Proposizione 24

 

Ma perché esistono delle proposizioni vere e altre false? Qui ancora sarebbe stato opportuno inserire “perché esistono proposizioni che chiamiamo vere e altre che chiamiamo false?”serve a qualche cosa stabilire una cosa del genere? La questione ci riporta alla struttura della domanda. Cioè a cosa ci stiamo chiedendo a una domanda segue generalmente una risposta ma non una qualunque risposta, non tutte solo alcune sono accolte come risposte e cioè occorre che abbiano dei particolari requisiti riconosciuti dalle regole del gioco, il quale gioco è strutturato in modo tale da richiedere che la risposta sia vera in modo da potere proseguire il gioco, cioè se stesso, potremmo sintetizzare in questo modo una risposta è vera se consente al gioco di proseguire, è falsa se non consente al gioco di proseguire …

 

In parte la bellezza di questo scritto consiste anche in questo e cioè il suo essere adamantino, perfetto, il funzionamento di questa struttura è tale che ogni volta che si pone una domanda verifica la correttezza della risposta a tale domanda, proprio dalla possibilità di rispondere a una domanda, esattamente come ha fatto adesso, prima ci siamo chiesti, per esempio, che cosa dobbiamo intendere con proposizioni vere? Cioè ci siamo fatti una domanda, è importante che la risposta a questa domanda sia vera o falsa? Sì, abbiamo risposto di sì, perché soltanto se è vera la risposta a questa domanda il discorso può proseguire, se no non prosegue, ecco perché è importante stabilire un criterio che decide quali proposizioni saranno vere e quali false

 

Proposizione 25

 

Affermando per esempio: “quelle (proposizioni) che all’interno di un certo gioco devono essere accolte sono quelle che vengono chiamate vere”tutta questa proposizione qua, questa proposizione è vera o è falsa? È importante sapere se è vera? se fosse falsa il gioco potrebbe continuare? Sicuramente non in questa direzione ed è per questo motivo che è importante reperire quelle che sono vere e quelle che sono false perché quelle che sono vere saranno utilizzate, potranno consentire al discorso di proseguire, verranno utilizzate e quindi consentiranno al discorso di potere costruire altre proposizioni e cioè di soddisfare il linguaggio …

 

Intervento: mi può spiegare per favore …

Non è proprio esattamente così, e cioè la risposta è corretta se soddisfa i requisiti del gioco che sono quelli che sta ponendo la domanda, come se la domanda imponesse delle regole, avesse già le regole per potere farsi, la risposta deve soddisfare queste regole, rientrare all’interno di queste regole, se no non può essere utilizzata …

Intervento: è la domanda che individua quali sono le regole che deve soddisfare perché la risposta sia soddisfacente oppure no?

Qui io stavo chiedendo se è importante che una risposta sia vera o falsa e mi sono chiesto a quali condizioni una risposta è vera, perché mi sto chiedendo se è importante che una risposta sia vera o falsa, perché? Se è vera allora posso continuare a elaborare cose, nel caso fosse falsa no, per questo me lo sto chiedendo e allora rispondendomi a questa domanda cioè se è importante che una risposta sia vera o falsa, nel domandarmelo stesso, in qualche modo ho già risposto, perché me lo sto chiedendo per continuare a parlare, è per questo che è importante sapere se una risposta è vera o falsa, perché se è vera mi consente di continuare a parlare …

Intervento: ed è per questo che se è falsa quella risposta devo proseguire in quella direzione finché trovo la risposta vera che consente di proseguire quel gioco, per questo viene respinta una risposta che si chiama falsa?

Sì, se all’interno del gioco questa risposta viene individuata come falsa e cioè, per esempio, contraddice le premesse da cui è partita allora non può essere accolta …

Intervento: per esempio se uno chiede “che ore sono?” e l’altro “alla mattina sorge il sole” è una risposta che non si attiene alla domanda?

No, certo che no, a meno che non sia un codice. Però qui la questione era posta in termini più radicali, la domanda era “perché esistono delle proposizioni vere e altre false?” perché? Che è lo stesso che domandarsi perché agli umani interessa sapere cosa è vero in definitiva e dicevo che la questione ci riporta alla struttura della domanda, questa è la questione che poneva lei, a una domanda segue generalmente una risposta ma non una qualunque. Occorre che questa risposta perché sia accolta abbia dei requisiti riconosciuti dalle regole del gioco, qualunque gioco sia naturalmente, ora se stiamo facendo il gioco della logica, come stiamo facendo qui, quello che potremmo chiamare il metagioco che consente di costruire tutti i giochi, la questione è posta in termini più radicali ovviamente e cioè a questo punto la risposta che viene accolta è quella che consente o più propriamente che si porta appresso le condizioni stesse per potere porre la domanda. Se lei pone la questioni in termini più radicali è chiaro che l’esempio che ha fatto Cesare è un gioco dove ci sono delle regole ma queste regole non sono regole strutturali, sono regole utilizzate negli infiniti giochi linguistici che si fanno ma se si parla del linguaggio come gioco allora la questione è differente, perché a questo punto il linguaggio riconosce come vere unicamente quelle proposizioni che mantengono la sua struttura e cioè che non negano, per dirla proprio tutta, non negano di essere elementi linguistici, cioè continuano a confermare di essere elementi linguistici e cioè di essere quelle cose che consentono anche di fare una domanda …

Intervento: non negano le istruzioni di partenza …

Certo, non negano le istruzioni del linguaggio, questo è riferito alla logica, stiamo parlando della logica e quindi al linguaggio stesso, dicevamo che il linguaggio è la logica, e cioè il fondamento, ciò che viene accolto è tutto ciò che non nega il funzionamento del linguaggio e quindi a una domanda del genere “perché è importante che sia vera” l’unica cosa che possiamo rispondere è perché se è vera consente al linguaggio di proseguire, cioè di funzionare, se è falsa no …

Intervento: mantiene a ogni passaggio la necessità …

Non può farlo, in effetti abbiamo detto che in ambito prettamente teorico per quanto riguarda unicamente il linguaggio, non il discorso ma il linguaggio cioè il fondamento, non c’è, nel linguaggio, non c’è contraddizione: la contraddizione esiste nel momento in cui una volta costruito il discorso allora questo discorso può affermare una cosa e il suo contrario, retoricamente può farlo perché in ambito retorico si può fare anche questo …

Intervento: …

Brava, è come se il linguaggio dicesse che un elemento linguistico non è un elemento linguistico. Il linguaggio non può contraddirsi perché non può arrestarsi, contraddicendosi si bloccherebbe, affermare che un elemento non è un elemento linguistico, supponiamo che il linguaggio faccia questo per assurdo, sta affermando qualcosa che è paradossale perché se dice che non è un elemento linguistico, lo sta dicendo, e quindi lo sta ponendo all’interno di una combinatoria e quindi è un elemento linguistico, ma questo il linguaggio non lo fa, non lo può fare, è un sistema che esclude la possibilità di arrestarsi, bloccandosi il linguaggio non può più costruire discorsi, si ferma tutto, mentre il discorso può costruire contraddizioni, paradossi, perché non arresta il linguaggio, perché questa contraddizione non è nel linguaggio …

Intervento: non può tornare indietro e quindi rimane lì … questo il discorso, il linguaggio non potendo non costruire senza elementi linguistici non può contraddirsi …

Il linguaggio in effetti non può contraddirsi, che è ancora più radicale di quello che ho esposto prima, e cioè che il linguaggio è una breve sequenza di istruzioni, queste istruzioni non sono né vere né false perché sono le istruzioni per costruire il vero e il falso, ora perché ci sia contraddizione occorre che una cosa neghi un’altra cioè che una sia falsa rispetto a una vera, e questo non può verificarsi se sono istruzioni, le istruzioni non sono né vere né false ma sono comandi. Per questo non c’è nessuna contraddizione possibile, queste istruzioni non possono contraddirsi, sono la condizione per potere costruire una contraddizione, di per sé non sono niente, sono istruzioni e basta e questo è importante, occorre tenere sempre conto che alla base, a fondamento ci sono solo istruzioni e nient’altro che istruzioni che sono la condizione per potere costruire il concetto stesso di vero e di falso e quindi di contraddizione e quindi anche il concetto stesso di negazione, e questa è un’altra questione che dobbiamo porci “esiste la negazione nel linguaggio?” se sì, come? Cosa se ne fa il linguaggio della negazione? Assolutamente niente, essendo una sequenza di istruzioni, la negazione così d’acchito direi che non c’è …

Intervento: a questo proposito parlando del principio di identità è ciò che stabilisce che se A è uguale ad A non è altre cose, la questione della negazione è anch’essa in qualche modo una negazione …

Non è necessaria come istruzione, nel senso che viene dedotta, viene considerata attraverso il discorso in seguito all’identità, una volta che ha stabilito l’identità allora può negare tutto ciò che non è quello. Portiamo la cosa alle estreme conseguenze, nel senso che come istruzione, come prima istruzione non è necessaria l’esistenza della negazione, che interviene dopo, in seconda battuta …

Intervento: diciamo che la negazione è sempre un appello all’identità … al principio di identità la negazione direi che è un derivato …

Possiamo porre come originaria anche la negazione, però la questione che più interessa è intendere se in queste istruzioni è necessaria la presenza della negazione, in altri termini se è necessaria la negazione per fare funzionare il sistema, cioè il linguaggio …

Intervento: a livello di discorso …

Questa è un’altra questione, però può il linguaggio negare l’identità?

Intervento: nel senso che rafforza il concetto di identità …

Ma ha bisogno di essere rafforzato? Stavo considerando che non è possibile nel linguaggio la contraddizione, perché se non c’è contraddizione cioè se è impossibile che un elemento neghi se stesso come elemento linguistico verrebbe da pensare in una prima approssimazione che la negazione non appartenga necessariamente alle istruzioni che fanno funzionare il linguaggio …

Intervento: nello scritto si parlava di regole di esclusione e regole di formazione, e quindi adesso andiamo ad inficiare in qualche modo quelle regole di esclusione?

Stiamo considerando se queste regole sono effettivamente quelle istruzioni necessarie al funzionamento del linguaggio oppure no, la domanda che ci stiamo ponendo è qualcosa di assolutamente radicale e cioè stiamo considerando che le istruzioni non possono negare se stesse ché se no si arresta tutto, si blocca tutto, da lì abbiamo considerato che fra queste istruzioni non ci sia negazione, abbiamo considerato solo questo per il momento. Mi rendo conto che la questione è complessa però parrebbe così, che la negazione non ci sia per il semplice fatto che un’istruzione non può negare se stessa, dopodiché chiaramente ci rifletteremo meglio però intanto questo, che succede se una negazione nega se stessa? Ammesso che ci sia tale istruzione questa istruzione nel linguaggio può valere un’affermazione, e cioè afferma che un elemento linguistico è fuori dal linguaggio quindi nega che sia un elemento linguistico e cioè esiste almeno un x tale per cui questa x è fuori dal linguaggio, è extralinguistica …

Intervento: effettivamente però abbiamo detto che il discorso si produce, va avanti lo stesso …

Sì certo, ma lei non sta inficiando la struttura che fa funzionare il tutto, sta compiendo un’operazione che potremmo definire retorica, nella retorica avviene molto spesso che un elemento neghi se stesso oppure affermi il suo contrario …

Intervento: sì però il discorso prosegue …

Ovviamente, ma stavamo parlando non del discorso ma del linguaggio, cioè del fondamento cioè di quella sequenza di istruzioni che consentono la costruzione di tutto, e la domanda era se in queste istruzioni è necessario che ci sia la negazione e abbiamo considerato che un’istruzione non può negare se stessa, quindi apparentemente sembrerebbe che non ci sia negazione cioè non sia necessaria. Interviene dopo ovviamente, nella costruzione del discorso, allora sì, ma queste istruzioni pare che non contemplino la negazione così come non contemplano nessun paradosso, nessuna contraddizione, perché appunto un’istruzione non può contraddire o negare se stessa, poi una volta che ha costruito dei giochi allora può stabilire anche un gioco tale per cui per fare funzionare questo gioco c’è una regola che consente di negare ciò che sta affermando, come avviene nella retorica, una litote in fondo è una negazione, la negazione di un iperbole propriamente. Ciascuno parlando utilizza la negazione continuamente è ovvio, per indicare qualche cosa che è escluso da un certo insieme cioè che non partecipa di un insieme, diciamo che è fuori da quell’insieme, se considerassimo il linguaggio come un insieme, questo a scopo prettamente didascalico, allora fuori da questo insieme non c’è nulla. In questo senso non c’è negazione, mi rendo conto che non è semplice la questione ovviamente però eventualmente può aggiungere qualche cosa a ciò che stiamo considerando per intendere meglio il funzionamento di queste istruzioni, istruzioni molto semplici, e la negazione potrebbe sorgere nel momento in cui queste istruzioni costruiscono delle proposizioni e interrogano queste proposizioni per sapere se fuori da queste proposizioni c’è qualcosa oppure no, così come è possibile costruire una domanda anzi un’affermazione che dice che non tutto è linguaggio, il discorso può costruire questo e l’ha fatto ma non lo può provare, non lo può provare con i criteri che appartengono al linguaggio e solo il linguaggio costruisce strumenti di verifica. L’affermazione che dice esiste che un x non è linguaggio è problematica certo, lo si può affermare ma non lo si può provare, per questo, dicevamo che questa teoria che abbiamo costruita, a differenza di quella di Gödel, è completa e coerente perché contiene anche un’affermazione che la nega ma questa affermazione non è provabile, può costruirla quindi è completo ma non è provabile quindi è coerente. Rifletteteci su questa questione e cioè se è ammissibile, nelle istruzioni che fanno funzionare il linguaggio, che sono il linguaggio, la negazione oppure no, o se la negazione sorga da una costruzione e cioè da un gioco linguistico che dice che qualcosa è fuori dal linguaggio, lì sorge la negazione certo, torno a dirvi nella logica degli insiemi potrebbe rilevarsi che la negazione non è nient’altro che l’affermare che qualche cosa è fuori da un certo insieme, non appartiene all’insieme. È difficile definire la negazione senza utilizzare la stessa negazione …

Intervento: le istruzioni … la prima cosa che mi viene in mente è che il linguaggio sia come un’affermazione … qualcosa comincia a esistere, ovviamente il linguaggio non può avviarsi con una negazione …

Che non possa avviarsi con una negazione questo è fuori di dubbio. Occorre riflettere su che cosa è necessario che ci sia per potere negare qualcosa, cioè per potere costruire una negazione.