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23 Maggio 2007

 

Qualche questione, avete qualche cosa da dire?

Intervento: Ho pensato qualche giorno fa alle conferenze, al modo di condurle e mi chiedevo come poteva funzionare sarebbe utile che due persone, però anziché un intervento di tre quarti d’ora fare una sorta di dibattito fra le due persone, intervallando cioè una persona pone una questione anziché…per dare un po’ di movimento e di interesse, dopo un po’ che uno parla…

C’è Daniela che mi ha proposto una cosa simile a quella che lei sta dicendo, riguardo al suo intervento, la sua proposta era questa, iniziare a parlare…dopo di che in qualche modo inserire me all’interno di questo discorso può essere anche sotto forma di questione da parte sua in un certo modo una questione argomentata appena abbozzata, qualcosa di simile a quello che ha detto.

Intervento:…per me sarebbe più facile mi accorgo di essere più efficace nel dibattito che non nell’intervento…

È una modalità che può essere adottata già perché no?

Intervento: Ne parlavamo qualche anno fa di fare una specie di dibattito

Quella era un’altra cosa

Intervento: era tesi contro tesi

Abbiamo messo questi titoli sperando di coinvolgere gli studenti poi abbiamo visto che il coinvolgimento è stato quasi nullo quindi dobbiamo mettere i titoli che attirano la folla, quelli di qualche anno fa

Intervento: stavo pensando a qualche titolo

Intervento: quello che và per la maggiore sul giornale dal sesso al bullismo

Intervento: una cosa curiosa mi è capitato di leggere un allegato delle Repubblica e c’era un argomento che parlava della psicanalisi che c’è un grande rifiorire della psicanalisi addirittura alcune persone che si sono spostate per lavoro a Londra…hanno messo a disposizione il loro budget di 1200 euro per prendere l’aereo due volte alla settimana oppure dirigenti che non vogliono far sapere e da Milano vanno a Torino e viceversa…

Intervento: ci sono degli argomenti che noi manco consideriamo per esempio lo stress è sulla bocca di tutti, il lavoro questioni riguardanti il lavoro.

Intervento: sui Dico le coppie di fatto… come se fosse una questione atavica quella dell’omosessualità,

Sì certo perché fanno sesso non procreativo e la Chiesa non vuole, se il sesso è fatto solo per piacere non è buono e giusto. Sì certo si può mettere qualunque titolo posso mettere il godimento della donna e poi parlare di logica formale trovando una connessione ad hoc, però muovendo chiaramente dai luoghi comuni…

Intervento: Anche quella di Internet…

Sì sarebbe potuta essere interessante però non c’era sesso, “Freud Internet e sesso” allora avrebbe riempito la sala, però ci vuole qualcosa che l’alluda.

Intervento: ..luoghi comuni

Intervento: a me interessa la creatività…tipo l’arte nella psicanalisi o la psicanalisi dell’arte

Intervento: sì l’arte di pensare

Intervento: io intendo arte come pittura scultura ecc…

 Un discorso sull’arte non l’abbiamo fatta sulla poesia sì

Intervento: sui testi, la metamorfosi di Kafka…

Intervento: Diciamo che la domanda iniziale è un po’ sempre la solita vale a dire qual è la condizione della sofferenza? Ci sarebbe un accenno a quella che è la differenza tra psichiatria,psicoterapia e psicanalisi. Perché nel discorso comune queste tre discipline sono accomunate quanto meno dall’oggetto di cui si occupano vale a dire il tipo di sofferenza che viene chiamata sofferenza psichica o disagio ecc.. e rispetto al quale la risposta è abbastanza semplice no?La differenza sta essenzialmente in quello che è il punto di partenza vale a dire in quella che è la considerazione intorno alla sofferenza. La psichiatria , la psicoterapia considerano la sofferenza come un elemento negativo che si deve eliminare attraverso …per giungere ad una guarigione. La psicanalisi si occupa di altro. L a psichiatria si avvale di psicofarmaci, la psicoterapia non si allontana dall’altra per quanto riguarda l’azione di partenza si allontana semplicemente per il metodo vale a dire utilizza la parola come psicofarmaco …vale a dire che è la parola buona dello psicoterapeuta che scaccia quella cattiva La psicanalisi interviene come una sorta di rivoluzione copernicana della sofferenza in quanto non considera la sofferenza come il male, ma la considera come un effetto che può derivare da un discorso, per la psicanalisi la sofferenza può essere intesa di più come una sorta di figura retorica vale a dire del modo in cui il discorso si esprime, nel senso che il discorso che esprime questa sofferenza ma come un modo di dire quindi come una figura retorica non considerandola come un male non deve intervenire per eliminarla ma deve intervenire per fare vedere quello che ha da dire perché la sofferenza per la psichiatria, la psicologia e la psicoterapia così come è intesa nel discorso comune viene intesa come qualcosa che la persona non vuole e quindi è in qualche modo subita e quindi in quanto tale deve disfarsene così come ci si disfa del dente cariato che fa male. Per esempio nella psichiatria e nella psicoterapia ci si chiede da dove viene la sofferenza e ognuna delle due una risposta a suo modo, la psicanalisi considera invece l’ulteriore domanda … a cosa serve la sofferenza? In effetti la sofferenza è una questione assolutamente paradossale perché se la persona che soffre dice di non volere la sofferenza ….come se si fosse prodotta in modo magico all’improvviso interviene un pensiero che produce sofferenza senza chiedersi come funziona questo pensiero a che cosa serva…quindi la sofferenza è paradossale perché se nessuno vuole soffrire a questo punto occorrerebbe immaginare una sorta di non responsabilità per la persona ma questo diciamo è quanto meno discutibile perché nella ricerca delle cause sia di carattere organico sia di carattere non organico ma bensì psicologico non è mai stato possibile provare una cosa del genere . È la psicanalisi che affronta per prima la sofferenza nei termini di quella che è una responsabilità della persona. Dicevo del fatto che la sofferenza è funzionale che non sparisce d’incanto ma può durare forse anche tutta la vita e dipende dal fatto che questa sofferenza è in qualche modo costruita dal discorso della persona e si è costruita per un qualche motivo.

Si tenga pronto perché sicuramente ci saranno delle domande, delle obiezioni ma se la fanciulla dice che soffre perché il suo fanciullo l’ha abbandonata è a causa sua che soffre non per se stessa lei avrebbe preferito che rimanesse con lei non che andasse con qualcun’altra. Questa sofferenza non solo non è voluta ma è rigettata con forza perché sarebbe sufficiente che il fanciullino rientrasse all’ovile ecco che la sofferenza ….

Intervento: Ci sono dei fatti contingenti…

Si aspetti una domanda del genere: non è colpa mia perché se lei non se ne fosse andata ecco che io starei benissimo invece se ne è andata allora sto malissimo ritorna e sto benissimo se se ne và sto malissimo …

Intervento: la sofferenza inevitabilmente c’è, perché ci sia questa sofferenza occorre che per questa persona per la persona che soffre sia estremamente importante se non è importante….

Occorre che sia demandato all’altro la condizione della propria felicità…

Intervento: in alcuni casi si è fatto di tutto perché una persona magari arrivasse a questa decisione non avendo il coraggio di farlo ha creato le condizioni perché fosse l’altra persona a prenderla questa decisione

Sì anche questo è possibile…

Intervento: in alcuni casi si vuole vivere quello stato di sofferenza…

Intervento: È una questione di responsabilità, non sono io responsabile non ammettere la responsabilità del fallimento di una relazione ma accusare l’altro e quindi sollevarsi da qualsiasi senso di colpa o di responsabilità quanto meno e quindi nel caso in cui la sofferenza rasenti la tragedia occorre che questa persona …perché c’è una responsabilità nella sofferenza perché c’è una responsabilità nella costruzione di quel pensiero che ha fatto sì che in qualche modo si potesse giungere alla conclusione che quella determinata persona era la condizione della sua felicità. È questo che in qualche modo può scottare la questione, la questione non è più semplicemente il fatto che questa persona mi ha lasciato ma la considerazione a questo punto si dirige rispetto al proprio discorso considerando per quale motivo questa persona doveva essere considerata la condizione della sua felicità e quindi attraverso quali costruzioni è giunta a certe conclusioni e quindi il potere pensare che se è giunta a tale conclusioni è perché sono intervenute altre cose, che possono essere le sue idee i suoi valori i suoi pregiudizi sono intervenuti a far sì che questa conclusione si affermasse come assolutamente vera e da lì e poi partita tutta una serie di considerazioni che hanno costruito questa figura come assolutamente essenziale per la sua esistenza…

Poi c’è la descrizione di un caso clinico, ripreso dalla lettura della lettera al padre di Kafka: devo arrivare alla considerazione che nessuno vuole abbandonare la sofferenza perché altrimenti significherebbe perdere quelle forti sensazioni che la sofferenza produce…

E anche l’interesse che suscita nel prossimo…

Riferendomi al caso clinico dirò che la sofferenza è l’altra faccia del godimento perché lui nello stesso tempo soffrendo godeva, la sofferenza era un modo per non ammettere di non accogliere questo godimento. In questo caso clinico: “La mancata promozione sul lavoro…provoca depressione una sensazione di fallimento…trasformata in una tragedia, lungo l’analisi emerge questo assioma sono un incapace” Il suo motto è vorrei ma non posso non ci riesco” Questa consapevolezza lo perseguita… lavora moltissimo non ha mai raggiunto un risultato soddisfacente…una sofferenza silenziosa mugugnante…chi è questo altro? C’è una sofferenza per l’autorità in genere…suo padre. L’ambivalenza emotiva , teme di essere rifiutato e si presenta come impotente, questa incapacità è un omaggio al padre c’è un desiderio di riconoscimento, ma da chi? Da qualcuno, da qualcosa che sia autorevole da un padrone, ha bisogno del padrone per sapere chi è per garantirsi un’identità in che cosa consiste questo riconoscimento? Consiste nel divenire partecipe di questa verità, anch’io ho la verità…ha bisogno del padre per avere un potere a cui adeguarsi, perso il padre perso il suo amore la sua stima la sua considerazione si ritrova smarrito perché ha perso la verità, non sa più che cosa è vero sempre perso nella morsa del dubbio, l’amore del padre doveva intervenire come una sorta di assoluzione, assoluzione che non doveva mai arrivare e cercava il suo amore perché cercava l’autorizzazione a fare, senza questo amore non c’era più alcuna possibilità di fare ma perché mai il padre avrebbe dovuto amarlo e di fatti lui non sentiva il suo amore perché veniva negato dal suo senso di colpa…

Il padre non è mai contento…è per lui un persecutore, severo… e lui si sente inadeguato mai all’altezza immagina che gli altri si aspettino qualcosa da lui ma questo gli consente di supporre di essere al centro dell’attenzione..vincere significherebbe mettere a morte il padre e questo non può farlo…perché immagina che il padre lo disprezzi…è il senso di colpa che gli fa pensare questo…immagina un grande successo alla faccia di chi gli ha voluto male ma al risveglio dal suo sogno non può far altro che constatare la miseria e la modestia la nullità del proprio esistere. Il discorso ossessivo cerca un padrone da cui emanciparsi mentre il discorso isterico cerca un padrone da servire da amare e quindi da abbattere. In questo caso la sofferenza era causata dalla constatazione che la sfida era sempre perdente ma nel contempo non poteva rinunciare alla sfida..quanto al godimento che provava immaginandosi vincente si vedeva ciascuna volta protagonista di un trionfo, pensando a questa sfida poteva immaginare una serie infinita di storie..immagini di potere e di godimento assoluto… dire che il tornaconto sta nel non perdere questa continua immaginazione di scene, di potere di vincere l’altro ecc…senza questo altro che deve in qualche modo sfidare

È una possibilità, non è necessario che sia così però è una possibilità poi il tornaconto che ha ciascuno è quello di costruire proposizioni, in quel caso è possibilissimo che sia così…

Eleonora leggi…

Eleonora legge il suo testo sull’esperienza psicanalitica…

In fondo tu stai parlando dell’esperienza psicanalitica e l’esperienza psicanalitica è quel percorso che una persona intraprende quando decide di mettere in discussione la propria storia, quindi di fatto le cose che crede essere vere e quindi la verità c’entra anche perché le difficoltà che incontra e di cui tu parlavi, angoscia timori e tutti i vari accidenti sorgono quando una di queste o più di una verità viene messa in discussione e in modo tale da non potere più comporre la vertenza e rimane aperta, e allora a questo punto non sa più cosa fare e quindi è sempre e comunque un problema di verità anche nel caso della fanciulla abbandonata dal fanciullo, comunque è una questione che mette in gioco la verità e cioè le cose che lei crede vere, ché se lei non credesse vero il fatto che il fanciullo è la causa del suo benessere per esempio ecco che non diventerebbe più una necessità lo stare male ma qualcosa cioè che è arbitrario e che pertanto dipende da lei…

Intervento: come posso collegare le verità con le paure…

Questo puoi porlo come una sorta di pregiudizio e cioè se gli umani non avessero più i valori, cose in cui credere, allora sarebbero degli sbandati nell’universo che vagherebbero senza meta, ma è proprio così? Siamo sicuri? Oppure non vagherebbero affatto senza meta perché c’è un’altra meta che non è data né dalle religioni né dalla filosofia né dalla scienza. Gli umani possono venire pilotati in realtà da quell’unica cosa che dà loro la certezza, che è quella stessa cosa che costruisce il concetto stesso di certezza e quindi non vagano più sperduti abbandonati e orfani della verità perché posseggono ciò stesso che è la condizione per costruire e per creare qualunque verità possibile e immaginabile e cioè posseggono la verità assoluta.

Vedi Eleonora ciascuno in un’analisi cerca, parlando, di concludere come fa sempre in qualunque discorso mettendo un punto e arrivando a questo qualche cosa che deve essere vero anche se è in stato confusionale cercherà di fare questo, ciò che fa l’analista è di impedire che quel discorso si chiuda lì a quel punto ma da quel punto invece si rilanci, cioè non si chiuda; l’analista fa in modo che il discorso continui, che le questioni non si chiudano. Molto bene, brava, ci vediamo domani.